Coppi Night 26/06/2011 - The Machinist

Partiamo dal presupposto che adoro i film di questo tipo, in cui fin dall'inizio si intuisce la presenza di un msitero di fondo, al quale si aggiungono piccoli indizi poco per volta, parziali rivelazioni che si può cercare di anticipare prima di arrivare alla soluzione finale. Forse, anzi, è proprio il tipo di film che mi piace di più, se penso ad esempio a Eternal Sunshine of the Spotless Mind e Memento e 12 Monkeys...

Però, nel realizzare un film così, si corre un rischio, che è quello della disonestà. Ovvero, la sceneggiatura, nel suo tentativo di rivelare ma non troppo, di rimanere criptica ma fornire appigli, rischia di incappare in quelle che, col senno di poi, risultano come vere e proprie contraddizioni, o deliberati falsi indizi non giustificabili in altro modo. The Machinist soffre di questo problema. Non leggete le prossime frasi se non l'avete visto, per non rischiare spoiler. Ma intere sequenze come quella del luna park, in cui il protagonista trascorre un'intera giornata in compagnia del bambino che ha ucciso e di sua madre che non conosce, non trovano alcuna spiegazione. Si fa presto a dire "si è immaginato tutto", ma ci sono livelli diversi di "immaginabilità", e figurarsi una cosa così complessa, con tanto di estranei che accorrono in seguito alla crisi epilettica del bambino (che non c'è!) non è possibile. Questo trucco del "si è immagianto tutto" viene sfruttato forse troppe volte (la tizia al bar, la foto, l'amico invisibile), tanto che verso la fine ho temuto che si potesse davvero arrivare al terribile risultato "è tutto un sogno!" Fortunatamente questo viene evitato, e anzi il finale compensa alcuni di questi dubbi.

Nonostate le perplessità di sopra, si tratta di un buon film, che riesce a inquietare se non altro mostrando un Christian Bale, che ne' su cenci aveva anche un discreto fisico, ridotto letteralmente pelle e ossa, in condizioni davvero disgustose. L'attore si rivela bravissimo nell'interpretare la paranoia del protagonista, e forse la validità del film va in buona parte a lui.

Inoltre, possiamo dare il benvenuto The Machinist nel club dei titoli improponibilmente trasposti nella versione italiana!

Ultimi acquisti - Giugno 2011 (parte 1)

Questo è solo il secondo post riguardante i miei ultimi acquisti musicali, e già devo fare un'eccezione. Infatti, mentre ad aprile i cd comprati erano solo quattro, stavolta sono un quindicina. Troppi per poterli mettere in un solo post, e, in effetti, anche per essere ascoltati e microrecensiti in poco tempo. Quindi suddivido il post in più parti, almeno due, ma se ci sarà molto da chiacchierare potrebbero essere anche di più.

In questa prima parte parlerò dei cd di musica non dico "normale", perché credo sia ormai chiaro se avete letto gli altri post che i miei ascolti sono piuttosto lontani dagli standard, ma almeno più variegata, lontana dal tipico unzunz techno che contraddistingue buona parte della mia musicoteca. Roba quindi che anche un ascoltatore casuale potrebbe ritenere orecchaibile. Non ci sarebbe bisogno di specificarlo, ma come al solito tutto proviene da Disco Mastelloni.


Iniziamo con Africa Caribe, un doppio cd realizzato da Joaquin Joe Claussell. Si tratta di una raccolta di pezzi di quel genere indefinito che viene chiamato a volte "world music": un misto di suoni tribali, latini, folk eccetera. Claussell ha ripreso per l'etichetta Fania alcuni brani tradizionali e li ha reinterpretati a modo suo, sia con l'utilizzo di strumenti tradizionali che elettronici, conservando alcune parti e reinventandone altre, come viene spiegato, traccia per traccia, nel corposo libretto. Uno dei cd contiene i singoli, mentre l'altro è un mix degli stessi registrato in un'unica sessione. C'è dietro un grande lavoro, e si riesce ad apprezzarlo, anche se alcune canzoni sono decisamente troppo folk per i miei gusti.


Di impronta sicuramente più elettronica le Reekin' Structions operate da The Revenge costituscono una buona raccolta di pezzi in stile electro-funk. Il dj inglese ha riunito in questo album una serie di remix e/o edit da lui operati su pezzi di altri autori, riuscendo a mettere insieme una raccolta di qualità dalla quale emerge chiaramente il suo stile. Un buon lavoro che si addice a fare da sottofondo non troppo impegnativo ai vostri prossimi aperitivi.



Affine per sonorità al precedente, Runaway è il primo album dei Minimono, duo di dj fiorentini che in una loro recente intervista su Dj Mag Italia hanno affermato di considerare proprio The Revenge uno dei loro più validi ispiratori. Questo disco fresco fresco di stampa sul'etichetta Bosconi è così underground che per il momento non ne esiste ancora un record su Discogs, che utilizzo di solito per linkare le schede dei cd. Nonostante questo Mastelloni lo aveva già in catalogo, e mi è sembrato il caso appropriarmene. Anche qui lo stile è principalmente funk, ma si sente l'influenza del suono da club che costituisce la formazione dei due. Un ottimo disco border-line che dimostra il valore degli autori di casa nostra.

I Nôze hanno uno stile molto particolare, che mi trovo in difficoltà a descrivere. Penso che il metodo più efficace sia un esempio: avete presente quel pezzo che costituisce il theme della colonna sonora di Borat? Francamente non mi ricordo nemmeno come si chiama, ma Dring propone qualcosa del genere: pur rimanendo in un contesto elettronico, si hanno ritmi serrati supportati cadenzati con trombette, e testi del tipo "pa papapapa pa papapapa papa", riportati fedelmente sul libretto. A questi si aggiungo un baio di electro-ballate, e il quadro è completo. Una scelta insolita per Get Physical, ma sicuramente efficace: questa è musica soprattutto divertente, che fa venire voglia di zompettare.


Non potete dire di non conoscere Trentemoller! Ci ho speso un post piuttosto lungo, quindi ripassatevi quello prima di continuare. In questo Harbour Boat Trips - Copenhagen, il dj effettua una selezione dei pezzi che preferisce ascoltare durante le sue passeggiate per la città. E sto parlando di roba "mainstream", quindi canzoni rock, pop e similari, anche se naturalmente c'è qualche contaminazione elettronica che da lui ci si doveva aspettare. Si tratta quindi di un acquisto insolito per me, ma se è Trentemoller a garantire mi fido in pieno.



Mi fido così tanto che mi permetto di acquistare addirittura due suoi cd in una sola occasione. Per la verità, avevo richiesto a Mastelloni proprio The Trentemoller Chronicles, e lui mi ha fatto trovare come sorpresa in più il precedente Harbour Boat Trips. Questo album uscito su Audiomatique nel 2007 consiste in due cd: nel primo l'autore ha raccolto alcuni dei suoi pezzi migliori prodotti fin dall'inizio della sua carriera, mentre nel secondo sono presenti alcuni suoi remix di canzoni di artisti come Royksopp, The Knife, Moby, eccetera, incluse un paio di tracce o mix prima inedite. C'è una differenza nei due cd: i pezzi originali di Trentemoller rispecchiano il suo tipico sound caldo ma decisamente elettronico, mentre i remix del secondo cd possono essere definiti più "commerciali", con suoni e strutture meno impegnative, ma non per questo scontate, come se l'autore volesse dimostrare di saper gestire anche la musica più "leggera". E lo dimostra.

E con questo Trentemoller siamo entrati gradualmente nell'ambito più techno degli acquisti, che sviscererò con calma e dedizione nel prossimo post riferito agli acquisti di giugno.

Circo Massimo 2011

Di solito evito di parlare dei numerosi concorsi letterari cui partecipo, anche nel caso in cui ottenga un piazzamento, e mi limito soltanto a segnalare nel caso in cui al concorso segua una pubblicazione. Ma questa volta le circostanze sono piuttosto eccezionali, per cui mi permetto di sottrarre qualche minuto di attenzione al pubblico.

La competizione in cui sto dimostrando un'inaspettata fortuna è il Circo Massimo 2011, terza edizione di un concorso organizzato da Edizioni XII che ha già conquistato una certa fama, un po' per la fantasiosa e appassionante modalità che segue, in cui i singoli racconti partecipano come "gladiatori" all'interno di un'arena in cui si svolgono veri e propri duelli, ma soprattutto per l'elevato livello qualitativo dei racconti partecipanti. Oltre che, naturalmente, l'esclusivo Premio Massimo per il vincitore assoluto: una tavola illustrata appositamente realizzata da Diramazioni.

Anche nelle due precedenti edizioni ero riuscito a qualificarmi, ma mentre gli anni passati il mio singolo racconto aveva presto abbandonato l'arena riportando ferite mortali, stavolta dopo la prima fase a gironi entrambi i miei lavori filtrati dalle eliminatorie sono riusciti ad accedere ai quarti di finale, in cui gli scontri procedono a eliminazione diretta. Questo per inciso fa di me l'unico concorrente che parte con un vantaggio di due racconti su un totale di otto rimasti a competere per la vittoria.

I miei due racconti così agguerriti sono En prison, un racconto scritto per il Grand Prix in cui il protagonista dalla mente divisa si trova a fronteggiare una roulette che produce risultati incoerenti, e Piombo contro acciaio a Elderberry Field, di cui dovrete aver già sentito parlare da queste parti, dato che è già comparso in N.A.S.F. 6 (nella versione ridotta) e recentemente in Steampunk! Vapore Italico, e di cui pochi post fa ho iniziato a pubblicare a puntate sul blog un seguito. Pare quindi che i robot a vapore suscitino un certo interesse, là fuori.

A voler essere realistici, credo che il passaggio del turno sia per me molto difficile, visto che mi trovo a combattere contro due racconti che sono risultati primi nei rispettivi gironi, e contro cui, peraltro, mi sono già scontrato (seppur a racconti incrociati), rimediando solo una buona dose di bastonate. Non mi resta che sperare che, come mi è stato insegnato quando  ho frequentato il corso di teoria delle decisioni, la proprietà transitiva non valga interamente all'interno di un processo decisionale che rispetti comunque criteri di razionalità. Gli scontri partono proprio stasera, alle ore 20:30, per cui potrete seguire in diretta l'esito della battaglia.

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E visto che siamo a parlare di concorsi andati bene, segnalo en passant che per la prima volta sono riuscito ad aggiudicarmi un'edizione di USAM, il concorso mensile sul forum dell Edizioni XII, con Momento per momento, un racconto che aveva già dimostrato di avere un certo valore. Per festeggiare offro da bere a chiunque mi saluti presentandosi come Enrico VIII.

SESSO! E ora che ho la vostra attenzione...

Se questa è la rubrica nelle intenzioni dedicata all'attualità, parlare di qualcosa apparso sul giornale è perfettamente in tema, anche se non si tratta di una notizia vera e propria. Ma in questi giorno ho notato un paio di volte alcuni titoli piuttosto insoliti, per non dire fuori luogo, e non ho potuto evitare di pensare che fossero volontariamente stati pensati in questa formula. Il primo è apparso su La Nazione di oggi, il cui titolo centrale in copertina corredato di foto era "SESSO E MORTE", con rimando (a pagina 20 e oltre) a un recente fatto di cronaca nera; un altro faceva da civetta fuori dalle edicole qualche giorno fa, presumibilmente per Il Tirreno, e la prima riga era semplicemente un cubitale "SESSO" che nelle righe successive proseguiva "con minorenni, arrestato albergatore eccecc".

È evidente come in entrambi i casi si tratti di forzature, titoli affibbiati a forza in modo da attirare l'occhio. Che motivo ci sarebbe di scrivere la prima parola della frase "sesso con minorenni" grande quanto un braccio? E che titolo balordo è "sesso e morte" per descrivere un duplice omicidio con movente passionale? Per cui non c'è dubbi che la scelta sia stata intenzionale, l'equivalente in forma leggermente più politically correct di mettere una gigantografia di un culo in copertina. Ma, mi chiedo, è una convenzione così diffusa? Funziona davvero?

Sistemi del genere a me sembrano grossolani e obsoleti. Possibile che scrivendo una parola "attraente" in modo così eclatante aumenti le vendite? Non so nulla delle tecniche di marketing sviluppate dall'epoca di Ford in poi, e sono convinto che esistono migliaia di modi in cui loro ci manovrano senza che nemmeno ce ne accorgiamo. Ma questo, andiamo, non può essere efficace! Non riesco a credere che il pubblico di oggi sia così ingenuo da comprare un giornale solo perché in copertina c'è scritto SESSO.

Sono l'unico a credere che queste presunte tecniche subliminali siano essenzialmente una grande cazzata? C'è anche gente che ha perso interminabili ore della propria vita ad analizzare ogni centimetro quadro di tutte le pubblicità mai pubblicate e ogni frame di tutti i film Disney alla ricerca di contenuti del genere, e bisogna ammettere che ne hanno anche trovati, ma... insomma, guardate il video qui sotto e giudicate voi: a me pare solo un colossale esercizio di apofenia.




Ora, ammetto che, quand'ero piccolo, Il Re leone era forse il mio film Disney preferito, ma mi sono sempre detto che fosse per il fatto di non avere personaggi umani, che ho sempre ritenuto irritanti. Alla fine dei conti, se davvero questi "messaggi subliminali" sono presenti, più che con l'intenzione di influenzare il pubblico penso che possano considerarsi degli "easter egg" dei rispettivi autori. Riesco a immaginare due disegnatori Disney che vanno al cinema a vedere un film da loro realizzato, e indicano tutti i doppi sensi e riferimenti osceni che sono riusciti a inserire, dandosi di gomito e ridendosela della grossa per aver inserito in un film per bambini "un gran, bel, cazzo!" (cfr: Fight Club). Per cui non credo che queste cose funzioni davvero in quel modo. Insomma, non penso proprio che questo post riceverà più commenti perché ho inserito un capolettera a ogni paragrafo.

Coppi Night 19/06/2011 - Il rito

Ci sono storie che non possono più essere raccontate. Situazioni che sono state riprodotte così efficacemente che è inutile, e infruttuoso, cercare di riprodurle in altro modo. Per esempio, chi mai penserebbe oggi di realizzare un film sul Titanic? Dopo il capolavoro (massì, dai, non è certo tra i miei preferiti ma è un gran film) di Cameron, non ha senso. Lo sciagurato che tentasse un'operazione del genere sarebbe sconfitto in partenza. Con quale coraggio si continuano a fare film sulla vita di Francesco d'Assisi, dopo Fratello Sole sorella Luna?

Credo di aver reso l'idea. Uno di questi temi ormai non più raccontabili è l'esorcismo. Dopo L'esorcista, che forse (ma ammetto di non saperlo) è stato anche il primo film su questo argomento, non è rimasto altro da dire. Ci hanno anche provato, con seguiti più o meno apocrifi del primo, ma il risultato non è cambiato: l'esorcismo non ha più alcun contenuto sviscerabile.

Ecco perché Il rito è soprattutto un film vuoto. Forse non è esatto dire che sia noioso, ma lo spettatore si aspetta tutto quello che gli viene proposto, e non è nemmeno un problema di banalità, quanto una questione puramente narrativa: una storia di esorcismo non può che svolgersi in questo modo (il modo di L'esorcista), per cui non c'è niente di diverso da aspettarsi. C'è anche qualche guizzo di originalità, con l'esorcista che diventa posseduto, ma non basta a rendere la storia appassionante.

La storia del quasi-prete scettico viene forse protratta un po' troppo, e si fa pesante nel tentativo di voler dimostrare che ci sono cose che vanno "oltre" la ragione e la scienza (commettendo l'ottuso errore di prospettiva secondo cui qualcosa che non è si riesce a spiegare sia necessariamente inspiegabile). Interessante l'ambientazione "esotica" (per i produttori del film), con le strade di Roma che non appaiono tanto diverse da quelle scene da terzo mondo che capita di vedere ogni tanto in altri film, intasate di traffico, clacson e motorini fuori controllo. Un Anthony Hopkins sicuramente apprezzabile e convincente, ma inserito in un film che ne spreca le potenzialità.

Immagine # 28

Il codice non cambia


Scritto su un post-it ripiegato trovato per strada.

Vostra madre vi ha probabilmente insegnato, fin da quando avete iniziato a gattonare, a non raccogliere le cose da terra. Ecco, vostra madre sbagliava. Perché in quello che trovate abbandonato al suolo si nascondono storie inimmaginabili e preziose. Cosa mai vi potrebbe capitare a raccattare un foglio di carta, piuttosto che un sasso, o un barattolo, una padella (l'ho fatto), uno specchio, un palloncino (l'ho fatto proprio oggi), un animale morto? Di cosa avete paura, dei batteri? Già, e magari poi mangiate prendendo al bar un panino che è in vetrina da sei ore. Per contro, quegli oggetti apparentemente innocui, scartati perché ritenuti privi di importanza o forse solo per distrazione o accidente, possono aprirvi le porte di dimensioni vastissime, racchiuse solo dai confini della vostra immaginazione.

Questo bigliettino, per esempio, scritto in una calligrafia probabilmente femminile (ma non quel tipo di scrittura tondeggiante tipico delle donne), quali segreti cela? Il testo, per quanto vago, o forse proprio in virtù di questo, si presta a numerose interpretazioni. Di certo è più interessante di una lista della spesa. Qual è il codice che non cambia? Potrebbe riferirsi banalmente al PIN di un telefono o di un bancomat, ma anche a tutt'altro. Esagerando, potrebbe essere il promemoria di qualche agente segreto che deve fornire una parola d'ordine per poter entrare da qualche parte. Da un estremo all'altro le soluzioni forse sono poco soddisfacenti, ma è tutta quella gamma che sta nel mezzo di alternative quotidiane eppure fantasione, bizzarre, imprevedibili, che sono appassionanti.

Non vi darò altri suggerimenti. Vi lascio immaginare. È a questo che servono le immagini, no?

Il futuro di Futurama

Con la recensione dell'episodio 6x13 si è conclusa la prima tranche della sesta stagione di Futurama. Le puntate finora trasmesse negli USA (e in UK, Australia, Canada...) sono:


L'argomento parrebbe quindi esaurito, se non fosse che...

Che tra tre giorni Futurama ricomincia! O meglio, prosegue, con la messa in onda su Comedy Central dei 13 episodi già pronti della sesta stagione. Come era avvenuto l'anno scorso, la rete ha ampiamente pubblicizzato il ritorno della serie, pubblicando giornalmente aggiornamenti, anteprime e sneak peak delle imminenti puntate. Giovedì 23 giugno, dopo sette mesi di silenzio, lo show tornerà con una extended premiere: gli episoti Neutopia e Benderama.

E quando saranno esauriti anche questi 13 episodi, sarà di nuovo la fine di Futurama?

Pare di no. Ancora prima che la notizia fosse resa ufficiale, alcune persone coinvolte nella realizzazione degli episodi (tra cui alcuni dei doppiatori) si sono fatti scappare che sono erano preparazione altri 13 episodi con l'opzione per altri 13 (dev'esserci qualcosa di cabalistico in questo numero). In seguito Comedy Central ha confermato di aver ordinato i 26 episodi di quelal che sarà la stagione 7, che saranno trasmessi in due blocchi da 13 nell'estate del 2012 e 2013. E c'è che dice che tutto questo sia dovuto al fatto che la pagina facebook di Futurama ha superato i 10.000.000 di fan...

E in Italia? Ancora nessuna notizia ufficiale. Nonostante la replica dei vecchi episodi (inclusi i 4 film) di qualche mese fa, sembra che nessuno abbia ancora pensato ad acquistare i diritti per la nuova stagione. Può darsi che Comedy Central Italia, che probabilmente avrebbe l'esclusiva, non sia interessata; o può darsi che stanno aspettando l'ultimo momento per farci una sorpresona. In ogni caso, per il momento pare che il pubblico italiano non-anglofono dovrà accontentarsi di dei sottotitoli. Oppure, visto che a breve avremo un nuovo episodio la settimana, sintonizzarsi sul mio blog e leggere le recensioni periodiche!

Nell'attesa, potete dormire sogni tranquilli abbracciando il vostro Nibbler peluche.




La fiera di Hornet River (parte 1)

Ogni tanto mi viene voglia di riportare sul blog qualche racconto scritto in altre occasioni, e solitamente prediligo i racconti brevi, che possano occupare un unico post. Per questo, spesso le storie che compaiono qui provengono da "Minuti Contati", il concorso a tempo mensile delle Edizioni XII. Stavolta invece, ho pensato di iniziare a pubblicare un racconto più lungo, e nella più squisita tradizione pulp di inserirlo a puntate, con il duplice obiettivo di rendere la elttura agevole e findelizzare il cliente.

Piccola introduzione sul racconto che sto per presentare. Si tratta di un racconto indipendente, ma è anche un seguito di un altro precedente (e in questo senso, è il primo seguito che abbia mai scritto). Ma non solo: il racconto è stato scritto per "ULAM", un'altra iniziativa di XII dedicata però agli spin-off dei libri pubblicati dalla casa editrice. In questa edizione del concorso agli autori era richiesto di scrivere un racconto che avesse ambientazione, personaggi o temi tratti da Six Shots di Alfredo Mogavero. Il libro di Mogavero contiene sei racconti del "weird west", ovvero un western che a pistoleri, indiani e diligenze mescola mostri, demoni e sortilegi. Per capirsi, un esempio valido del genere è il film Wild Wild West.

E cosa avevo scritto io di ambientazione simile? Se avete seguito le segnalazioni recenti, dovreste aver letto del racconto Piombo contro acciaio a Elderberry Field che è stato recentemente pubblicato nell'antologia Steampunk! Vapore Italico (e che nella sua versione cut era già apparso su N.A.S.F. 6). Ecco quindi che La fiera di Hornet River non è solo uno spin-off di Six Shots, ma anche un cross-over tra i due "universi" creati da me e Mogavero. Uso paroloni e pare che stia parlando di cose serie, ma in realtà si tratta soltanto di un gioco, ma abbastanza divertente. E anche abbastanza riuscito, visto che il mio racconto si è classificato terzo tra quelli presentati.

Per comprendere la storia bisognerebbe quindi aver letto sia Six Shots che Piombo contro acciaio a Elderberry Field. Per il primo, non posso che invitarvi a cliccare sulla copertina e acquistare il libro; per il secondo, dovrei chiedervi di fare lo stesso, e visitando la pagina delle pubblicazioni scegliere uno dei due libri che lo contengono. Ma siete fortunati, perché proprio in questi giorni Piombo contro acciaio sta combattendo nel Circo Massimo, e per tutto lo svolgimento del torneo il pdf è liberamente accessibile qui.

Ma siccome so bene a quali livelli di accidia siete in grado di arrivare, vi fornisco qui di seguito (in spoiler in modo da non rovinarvi la lettura in caso non siate così accidiosi) un microprofilo dei personaggi presenti, in modo da darvi gli elementi di base per assimilare la storia:

Da Six Shots: 
- Twilight Jackson: cowboy-parafulmine, durante i temporali viene regolarmente colpito dai fulmini, e in seguito ha imparato a trattenere l'energia e rilasciarla a suo piacimento
- Solomon Zibakis: inventore di macchine assurde, ha già incontrato Jackson
- Patricia Hillwick: vecchia avventuriera, una con le palle
- Tip e Biggs: coppia di becchini, il primo giovane e inguenuo, il secondo sedicente filosofo

Da Piombo contro acciaio a Elderberry Field:
- Wells: scienziato e inventore geniale
- Kiddo: ragazzo leggermente ritardato, compagno di Wells, che gli ha insegnato a contare in base due
- Sam: così battezzato da Kiddo, incapace di pronunciare il nome completo di Unità Automatica Semovente, si tratta di un robot a vapore progettato e costruito da Wells

Direi che ora siamo pronti. Ecco la prima parte di:


La fiera di Hornet River

1

Correndo alla massima velocità che il dolorante piede sinistro gli concedeva, lo storpio si infilò in un vicolo polveroso che a giudicare dall'odore costituiva la latrina comune del quartiere. Mentre trascinava a passo irregolare le sue membra contorte nel profondo di quel tanfo rancido, sollevò il cappello quanto bastava per lanciare uno sguardo al cielo, una distesa azzurra e placida che lasciava presagire almeno un'altra settimana di caldo torrido.
Niente pioggia in arrivo. Niente temporali. Niente fulmini.
– Merda – imprecò tra sé lo storpio, inoltrandosi nel vicolo maleodorante, senza curarsi delle sospette chiazze umide e schiumose che si trovava a calpestare.
Dall'imbocco della stradina arrivò il suono di passi, rapidi ma non in corsa. Il bastardo che lo inseguiva non si preoccupava nemmeno di affrettarsi, sapeva che lo avrebbe preso.
Stavolta è finita, si disse. Questo vigliacco mi punterà contro una pistola e mi porterà dallo sceriffo. Stasera offrirà da bere a tutto il saloon, con ottomila dollari ad appesantirgli le tasche.
Anche lui aveva una pistola, ovviamente, perché andare in giro senza un’arma ben visibile significava finire accoppati da chi una pistola si curava di nasconderla. Ma di fatto non l'aveva mai usata, e non era nemmeno sicuro di saperlo fare all'occorrenza. La taglia che gli avevano appioppato se l'era guadagnata con altri mezzi.
Mentre cercava di sfilare l'arma dalla fondina, per mantenere un minimo di dignità di fronte al suo avversario sempre più vicino, scivolò con il piede buono su qualcosa di viscido di cui preferì non chiarire la natura, e finì lungo disteso sul terreno. A livello del suolo il fetore era nauseante, ma sfiancato per la fuga non riuscì a risollevarsi.
– Jackson? – chiamò il suo inseguitore, distante solo pochi metri. – Twilight Jackson?
Lo storpio non rispose. Era una domanda retorica: l'altro sapeva bene con chi aveva a che fare. Eppure quella voce...
– Twilight Jackson, sei tu?
L'uomo steso a terra con il naso inzuppato in una pozza di piscio compì uno sforzo notevole per girarsi a osservare chi lo aveva catturato.
– Jackson, ho bisogno di te – disse questi, che lo aveva raggiunto e si era accucciato accanto a lui. Una mano dalle dita contorte lo raggiunse per aiutarlo a sollevarsi.
Twilight Jackson seguì con lo sguardo la mano deforme lungo il braccio, fino al vecchio che ne era il proprietario.
L'umiliazione di essere stato preso svanì quando lo riconobbe: – Zibakis?

2

– ...scienziato. Il più bravo di tutti! – il torrente di chiacchiere di Kiddo aveva rotto la diga più di un'ora prima e stava inondando lo scompartimento del treno su cui viaggiava insieme al dottor Wells e un'anziana signora dai lunghi capelli bianchi che portava sciolti sulle spalle, come facevano le vecchie indiane. Il ragazzo aveva superato la fase iniziale di eccitazione per il suo primo viaggio in treno, e aveva iniziato ad annoiarsi quando il paesaggio che correva fuori dal finestrino si era fatto monotono. Ma la signora si era rivelata simpatica, e pronta ad ascoltarlo, o almeno assecondarlo. Da parte sua, Wells si era calato una mascherina sugli occhi e cercava di dormire tra i sobbalzi improvvisi della ferrovia.
– Io lo aiuto perché lui gli serve aiuto, ma io non sono bravo come lui, no proprio! Infatti non sono uno scienziato io, però ho imparato delle cose insieme a Docwells, per esempio so anche contare so leggere un termomelo, che non si legge come i libri ma...
– Un cosa? – interruppe la signora.
– Un termotero. Temmotreno. Tremo...
– Vuoi dire “termometro”?
– Sì, quello! Io so come si legge, anche se non è come leggere un libro e quello non lo so fare perché  è più difficile, ma so che posso imparare perché prima non sapevo nemmeno quello.
– E dove state andando, tu e il dottore?
– Alla fiera di Hornet River! – dichiarò entusiasta Kiddo, pronunciando il nome della cittadina come se fosse quello del Presidente.
– Oh, capisco. Molti scienziati di tutta la Nazione andranno a mostrare le loro invenzioni migliori per aggiudicarsi il premio. Voi venite da molto lontano?
– Siamo partiti da Elderberry Field. Siamo in viaggio da... – esitò un istante, intento a calcolare il tempo trascorso – da due volte due volte due volte due e due ore.
La vecchia lo fissò con lo sguardo che si riserva a un gallo che ha appena fatto l'uovo.
– Diciotto – intervenne il dottor Wells, senza levare la mascherina dagli occhi. – Siamo in viaggio da diciotto ore circa. Abbiamo fatto il primo tratto in diligenza, poi abbiamo preso il treno.
La donna annuì. – E che invenzione proporrete alla fiera? Centoventimila dollari di premio fanno gola a molti, ci sarà una gran concorrenza...
– Noi siamo venuti con Sam! – rivelò il ragazzo.
La signora non batté ciglio.
– Sam è mio amico, e si muove anche lui ma fa come il treno, che usa il carbone. Infatti è rimasto dietro dove ci sono i bagagli e anche il carbone per il treno, così poi lo possiamo portare via quando arriviamo.
– Non capisco. Chi è Sam?
– Sam lo ha fatto Docwells! Per davvero si chiama Unità Semola...
– Kiddo, basta – si intromise di nuovo il dottore. – Credo che la signora voglia riposare. E io voglio riposare. Basta chiacchiere per ora, dormi anche tu – il tono era sbrigativo.
– Uh, va bene Docwells, sissì, infatti sono stanco anch'io!
Kiddo rivolse un sorriso alla vecchia, poi si appoggiò con la testa al sedile. Lei rimase a osservare lui e il dottore, poi quando si furono addormentati lasciò lo scompartimento.

(continua qui)

Coppi Night 12/06/2011 - Le regole dell'attrazione

In questa serata bonus si sono avute votazioni anomale, con spareggi alla monetina già per l'ingresso alla semifinale, e alla fine è stato premiato un film per tutte le occasioni, valido per grandi e piccini. Beh, oddio, forse non proprio per i piccini, dato che a cinque minuti dall'inizio si vede una ragazza penetrata da uno sconosciuto che nella concitazione del momento le vomita anche addosso. Ma alla fine dei conti questo film è una sorta di Trainspotting ambientato in un college: un lungo racconto di sesso e droga, speranze e illusioni, sospeso tra drammatico e humor nero.

Il film segue principalmente le vicende di tre studenti le cui storie si incrociano in più occasioni: la ragazza di cui sopra, che nonostante si riveli esperta in fellatio sta mantenendo la sua verginità per qualcuno di "speciale", un fuori corso cinico che si trascina senza passione di festa in festa, e Boone di Lost che se sull'isola indulgeva nell'incesto, qui si rivela omosessuale convinto (cosa che tutti i losters avevano sempre sospettato). In effetti c'è poco da raccontare, perché al di là dei rapporti tra i personaggi non esiste una vera e propria trama, ma vedere come le situazioni si evolvono e si intrecciano, cogliendo qua e là qualche piccolo indizio per rivelazioni concesse in seguito, è comunque soddisfacente. Ai momenti più drammatici in cui la violenza o la meschinità del mondo colpiscono in modo diretto si alternano alcuni grotteschi e quasi surreali, in un buon mix che riesce a mantenere il tono giusto per non annoiare lo spettatore.

Se a questo si aggiunge qualche buona scelta di montaggio, come le sequenze all'indietro (che poi si ripete nei titoli di coda, e questo è geniale!) o quelle accelerate del viaggio in Europa, si ottiene un film non certo originale, ma valido nel descrivere, se pur con qualche stereotipo, una generazione persa tra un estremo e l'altro.

E forse sarò io un romanticone, ma la scena del fiocco di neve che cade dal cielo e si posa sulla guancia, sciogliendosi sulla pelle fino ad assumere l'aspetto di una lacrima, mi ha davvero catturato. Per compensare questa melensaggine, faccio anche notare che questo è il primo film in cui vedo un personaggio che si sveglia e per prima cosa si gratta le palle, poi si siede sul cesso per cacare, e si scaccola mentre cammina per strada. Era da un po' che ci pensavo, al fatto che mentre la minzione è un atto ormai cinematograficamente sdoganato, la defecazione è invece ancora semi-tabu. Ma non in questo caso!

Rapporto Letture - Maggio 2011

Mi vergogno quasi a rilevare che a maggio ho letto solo quattro libri. Certo non è un'onta irrecuperabile come quella volta che ne ho letti solo due. Ma i miei quattro libri in un mese mi collocano già a un ritmo di lettura che corrisponde a circa il 5000% della media nazionale. Quindi non dovrei giustificarmi, no?

Eppure per me assimilare solo quattro titoli, quando ne ho sempre cento e passa in attesa di essere aperti, sembra quasi uno spreco. Quindi a posteriori ne analizzo le cause. A maggio la piccola defaillance è probabilmente dovuta a due libri piuttosto lunghi e uno la cui lettura si è rivelata difficile e quindi più lenta. E in più, nella seconda metà del mese ho letto "in parallelo" anche Steampunk!, ma avendolo terminato i primi giorni di giugno rientrrerà nel prossimo rapporto letture. In conclusione: io mi sono comportato bene, sono stati i libri stessi a mettermi in difficoltà più del solito.


More about San Leibowitz e il papa del giorno dopoEcco il primo dei due libri lunghi: San Leibowitz e il Papa del giorno dopo, opera postuma di Walter M. Miller Jr. In realtà il libro conta meno di 400 pagine, niente di sconvolgente, ma il formato e l'impaginazione fanno sì che queste corrispondano probabilmente a oltre 600 pagine in un libro di dimensioni "standard". Inoltre, si tratta di un libro davvero denso, in cui ogni pagina contiene molte informazioni, per questo richiede una notevole concentrazione. Mi sembra inutile parlare più nel dettaglio del libro, dato che gli ho già dedicato un post intero, quindi vi rimando a quello per sapere cosa ne penso. Aggiungerò solo che è una lettura molto coinvolgente, che soffre del confronto con l'immortale capolavoro dell'autore Un Cantico per Leibowitz, ma soddisfa pienamente. È quasi romantico pensare che ho terminato di leggerlo in una chiesa arroccata su una collina, durante la celebrazione della prima comunione di mia nipote. Probabilmente chi mi ha visto commosso ha pensato che fossi preso dalla cerimonia. Voto 8.5/10



More about Il quinto elemento E ora un quiz: che cos'hanno in comune il libro di sopra e la novelization de Il Quinto Elemento? Se leggeste i libri fuori da qualunque contesto, la risposta sarebbe inevitabilmente "niente!", col punto esclamativo, perché uno è un grande libro e l'altro è una schifezza totale. Ma in realtà, entrambi sono stati "scritti" da Terry Bisson. Ho messo le virgolette perché, in tutti e due i casi, il suo contributo è più quello di un ghost writer che quello di un autore vero e proprio. Infatti, nel Papa del giorno dopo Bisson è stato contattato per mettere insieme il manoscritto incompleto e scrivere solamente alcuni capitoli mancanti (la differenza si nota, ma è assimilabile), e ne Il Quinto Elemento gli è stato chiesto di mettere su carta la storia del famoso film di (brutta) fantascienza di Luc Besson. D'altra parte, guardando il curriculum di Bisson, pare che lui lavori principalmente in questo modo, con novelization, fanfiction e adattamenti, da Star Wars a Star Trek a Superman. Il problema è che, in questo caso, il risultato è improponibile. Più che una novelization, questo sembra un libretto d'opera, che segue fedelmente le sequenze del film e le riporta pari pari, con tanto di stacchi di scena e cambi di prospettiva da una riga all'altra. Insomma, già il film è brutto (uno degli esempi più disgustosi di fantascienza che è tale solo perché siamo nel futuro e ci sono i mostri, ma si svolge come una favoletta insipida), ma il libro, a cui mi ero rivolto appunto alla ricerca di maggiore significato è del tutto inutile. Fortunatamente è corto e scivola via senza provocare traumi. Voto: 3/10


More about Millemondi Primavera 2010: Il sogno del vuotoEd ecco il secondo libro più lungo del normale: Il sogno del Vuoto di Peter F. Hamilton. Hamilton è uno dei maggiori esponenti di quella che viene definita "nuova space opera", cioè la riproposizione in chiave più moderna delle epopee galattiche in cui umani ed extraterrestri si trovano ad affrontare qualche minaccia cosmica, che andava forte agli esordi della fantascienza e poi si è assopita con l'emergere di altre tendenze. Negli ultimi anni la space opera è tornata, ed è "nuova" perché oggi basta infilare al punto giusto la parola "quantico" e si può tirare su una storia complessa senza necessità di doverla del tutto spiegare. Vabbè, in realtà questo è un genere che riesce a catturare, e alcuni dei migliori romanzi che ho letto ultimamente fanno proprio parte di qusesto genere. Penso a The Algebraist di Iain M. Banks, A Fire Upon the Deep di Vernor Vinge, Hyperion di Dan Simmons. In particolare, Hamilton è famoso per le sue opere ciclopiche, e questa non è da meno: la trilogia del Vuoto da poco completata è composta di tre libroni che Urania pubblicherà in seguenza (a maggio è uscito il secondo, Il tempo del Vuoto), ed è incentrata sul mistero del "vuoto" che occupa il nucleo della nostra galassia, una zona insondabile in cui, a quanto pare, alcuni umani sono riusciti a penetrare e costruire una sorta di mondo utopico in cui esistono telepatia e telecinesi. Da questo sottouniverso i sogni di uno degli abitanti del Vuoto raggiungono un umano, e dalla loro diffusione sorge un movimento pseudoreligioso che mira a un pellegrinaggio di massa all'interno del Vuoto. Il problema è che, a quanto pare, questo potrebbe "risvegliare" il Vuoto, che in passato ha già divorato parte della galassia e potrebbe rifarlo. La storia segue diversi personaggi, mostrandone le vicende che, a livelli più o meno evidenti, si incrociano, e nonostante sia sicuramente prolissa è comunque appassionante. C'è solo un grosso problema: questo non è il primo libro di una trilogia, ma al massimo la prima parte di un libro molto più lungo, perché non è conclusivo in nessun senso. Buona lettura, anche se lunga, ma da sostenere solo se si pensa di farcela anche con le 1200 pagine che mancano per completare la saga. Voto 7.5/10


More about IncandescenceE questo è invece il libro che mi è risultato difficile. Al pari di Hamilton, anche Greg Egan è il maggiore esponente di qualcosa: in questo caso la fantascienza hard SF, ovvero quella che si concentra sugli aspetti prettamente scientifici e speculativi. Il romanzo Incandescence ne è un perfetto esempio. Finora di Egan avevo letto principlamente racconti, e alcuni mi avevano sorpreso per la grande immaginazione e la potenza delle idee dell'autore; questo romanzo probabilmente è altrettanto ambizioso, ma forse si spinge troppo nell'illustrazione scientifica, mostrando per metà libro una razza di alieni insettoidi che, in pratica, scoprono le leggi della gravitazione e della relatività. Si assiste letteralmente ai loro esperimenti, agli errori, all'esposizione e verifica di teorie diverse... il che comporta alcune difficoltà, se si pensa che tutto avviene all'interno dei cunicoli scavati in un frammento di un pianeta, e tutto viene spiegato nella terminologia degli alieni. L'autore stesso deve essersi reso conto che era difficile immaginare quello che descriveva, e per questo ha creato un'applicazione che riproduce le condizioni degli esperimenti. Parallelamente agli insettoidi si svolge la vicenda di un umano e di quella che credo sia un IA, ingaggiati dalla razza più antica e potente della Galassia per scoprire la provenienza di un meteorite infestato di DNA. Anche qui, le due vicende (umana e insettoide) non si incrociano, e se si intusice il collegamento non è dato di sapere come ognuna delle due si concluderà. In definitiva, si tratta di un libro davvero impegnativo, che sicuramente ha del valore, ma che non sono riuscito ad apprezzare, forse perché mi ha fatto sentire stupido. Voto: 5/10

Coppi Night 05/06/2011 - Blades of Glory

Il 5 giugno qui pioveva. Quindi non si può accusare l'afa se i convenuti alla Coppi Night hanno deciso di premiare, all'interno di un'ampia e variegata selezione di titoli anche ricercati, un film di questo genere: non ci sono scuse, è che siamo proprio dei cretini.

Blades of Glory si inserisce nel filone di quei film comico-demenziali incentrati su uno sport, in cui l'eroe (o gruppo di eroi, se trattasi di sport di squadra) parte da una posizione disastrata per arrivare alla vetta della disciplina. Esempi simili possono essere Dodgeball, Semi-pro (anche questo con Will Ferrell), Shaolin Soccer, Zoolander, School of Rock (tecnicamente questi due non sono sport, ma la struttura è la stessa) e tanti altri che ora non riesco a richiamare. Pare quasi che sia un genere a sé, questo dello stupido-sportivo, tante sono le istanze e le variazioni che si trovano. Forse, il fatto di prendere come base una disciplina sportiva consente di suddividere la storia in alcune fasi precise (allenamento, selezione, competizione, tracollo, riscatto, vittoria) e inserire alcuni personaggi-chiave (eroe, antieroe, antagonsita, maestro, giudice) che una volta combinati insieme generano da soli il film. Non resta poi che aggiungere le gag appropriate al momento giusto.

Qui lo sport affrontato è il pattinaggio su ghiaccio, una scelta sicuramente insolita ma che permette di sbizzarrirsi sulle regole del gioco: infatti, chi è che conosce le regole del pattinaggio? Tutto sommato, considerata la dichiarata idiozia del film, non mi è sembrato male, anche se (al contrario di quanto avviene di solito) la prima metà si è rivelata più noiosa, mentre dal momento in cui inizia l'addestramento dei due ex-avversari il film si risolleva e riesce in diverse occasioni a far ridere sul serio. Mi riferisco per esempio all'ottima scena della riunione dei sessodipendenti (un po' alla Soffocare ma decisamente meno pulp), al grido nello stadio olimpionico "lei non è una troia!" o all'arresto finale del villain. E bisogna ammettere che le scene di danza sul ghiaccio riescono comunque a essere spettacolari, nonostante l'intento parodistico.
Buon film quindi, anche se il Ben Stiller di Dodgeball per me rimane irraggiungibile.

Il magazzino dei mondi

Mica credevate che fosse troppo presto per un'altra segnalazione? Il vapore punk si sta già dissipando, ed ecco che per rimanere sulla cresta dell'onda rendo nota un'altra recente pubblicazione:

 


Il magazzino dei mondi è una raccolta di 180 miniracconti di fantascienza. Ora, sapete che quando io parlo di racconti brevi intendo davvero brevi, ma qui non siamo al livello dei Corti di Edizioni XII. La misura è circa quella di una sola pagina, più paragonabile ai 365 racconti erotici/horror per un anno, sempre editi da Delos Books. In effetti, la genesi di questo libro è simile ai due citati sopra, con gli autori che proponevano i propri racconti sul forum del Writers Magazine Italia. L'intento iniziale era quello di  selezionare 50 buoni raccontini di fantascienza per proporli in uno speciale della rivista. I 50 racconti SF sono stati effettivamente trovati (e io ci sono andato vicino, ma non ce l'ho fatta...), ma per vista la nutrita partecipazione e l'elevato livello qualitativo di tutti i racconti, la redazione ha deciso di realizzare un volume che contenesse pressoché tutti i racconti.

Messo insieme a tempo di record, il libro si può acquistare in libreria, o direttamente dal Delos Store. Dentro ci trovate il primo racconto proveniente da Minuti Contati che sia riuscito a pizzare altrove, pur con qualche revisione. E ormai non lo potete più leggere sul forum, tanto meno nelle mie storie pubblicate qui: cacciateli fuori questi 13 euro!

Futurama 6x13 - The Futurama Holiday Spectacular / Una festa spettacolare

Il tredicesimo episodio della sesta stagione è stato trasmesso a una certa distanza da quello precedente. Infatti, The Futurama Holiday Spectacular è stato realizzato e trasmesso con l'intenzione di essere uno "special", una puntata particolare a tema natalizio/festivo, che è andata in onda proprio in prossimità delle festività invernali. L'episodio è suddiviso in tre sottotrame tra loro indipendenti, e in questo senso lo si può paragonare alle due Anthology of Interest in cui i personaggi ponevano domande alla What-if Machine e veniva mostrata la storia conseguente. Qui invece abbiamo tre minipuntate dedicate ognuna a una delle maggiori festività religiose (o almeno la loro versione nel continuum di Futurama): Xmas per il Natale, Robanukah per Chanukah, e il Kwanzaa che mantiene il nome, forse perché è già abbastanza sconosciuto. In ognuno dei tre atti è presente la "mascotte" della festa e un pezzo musicale che ne illustra le caratteristiche.

In realtà, più che alle Anthology of Interest, l'episodio si può paragonare agli "special di Halloween" dei Simpson. Infatti, non solo le storie sono tra loro scollegate, ma anche totalmente avluse dal canone, tanto che i personaggi (o i pianeti) muoiono senza criterio. In effetti, quando ho visto Scruffy morire mi è preso un colpo, e solo in seguito ho capito che alla fine di ogni miniepisodio veniva premuto il RESET. Questa particolarità rende, di fatto, The Futurama Holiday Spectacular il primo episodio estraneo alla continuity della serie. Le stesse Anthology of Interest erano comunque contestualizzate all'interno dell'universo di Futurama, e grazie all'uso della What-if Machine i personaggi stessi erano spettatori e commentatori delle vicende. Qui invece i miniepisodi sono strutturati tutti nello stesso modo: ambientati nel periodo della festività in questione, dopo la canzone l'equipaggio scopre di dover andare alla ricerca di una risorsa pressoché esaurita per poter festeggiare degnamente; l'approvvigionamento conduce, in qualche modo, alla morte di tutti.

Se anche si riuscisse a sopportare il fastidio di una puntata dichiaratamente estranea alla continuità (che è uno degli elementi più apprezzabili in Futurama), purtroppo le storie stesse non offrono molto. La ridondanza delle trame ammazza l'effetto sorpresa, i numeri musicali non sono abbastanza frizzanti, gli ospiti (Al Gore, Coolio) non aggiungono molto, e in genrale le battute sono piuttosto fiacche. Insomma, tutti gli elementi concorrono a rendere The Futurama Holiday Spectacular molto deludente, soprattutto se paragonato al precedente episodio n° 100 che era al contrario eccezionale. La cosa è scoraggiante, se si considera che questo è il saluto che la serie ha dato ai fan prima di riprendere l'anno successivo.

Penso di poter affermare che questo sia, in assoluto, l'episodio più brutto mai realizzato. Voto: 4/10

Il 100° post!

Questo è il centesimo post della seconda incarnazione di Unknown to Millions! E come tradizione, il traguardo viene festeggiato con un breve riepilogo delle attività del blog. A dir la verità, non credo che esista davvero una tradizione del genere, tanto più che io stesso nella prima incarnazione del blog non l'ho fatto né raggiunto il centesimo né al duecentesimo, ma stavolta mi sembra appropriato farlo, per cui mi invento che sia una pratica diffusa. Quindi, facciamo due conti.


Unknown to Millions è rinato nel novembre del 2010, e dal post inaugurale sono passati poco più di sei mesi. Con qualche approssimazione si può affermare che sia stata mantenuta una media di un post ogni 2 giorni. In realtà a volte sono consecutivi e a volte distanziati anche di 4-5 giorni, ma di solito ne vengono pubblicati almeno un paio la settimana, non fosse altro per la presenza di rubriche periodiche come il Coppi Club. È infatti grazie all'apporto di questa che la rubrica cinematografica è la più numerosa, nonostante, in effetti, non credo di essere la persona più adatta per recensire film e affini. Segue per frequenza la rubrica letteraria, e in questo caso invece mi sembra di poter dare un apporto interessante con le recensioni che mi impegno a scrivere di tanto in tanto, le panoramiche offerte dai rapporti letture e le segnalazioni di pubblicazioni (principalmente mie!).

Questo è quello che io ho scritto. Ma che cosa il pubblico legge?

Da tempo, come si può vedere qui accanto, il post più popolare è quello in cui segnalavo la ripresa di Futurama sui canali mediaset, nonostante, da allora, la situazione sia cambiata e in effetti quanto dico lì non è più esatto. Il post sfiora i 1000 accessi diretti, e ne riceve alcuni ogni giorno. Sarà forse l'invitante immagine ad attirare particolarmente il pubblico, più del contenuto? Paradossalmente, le recensioni degli episodi della stagione 6 di Futurama non hanno incontrato un grande seguito, forse perché nonostante tutto, in Italia l'esistenza di una nuova stagione della serie non è ancora nota.

Il secondo post in ordine di popolarità è quello in cui illustro dettagliatamente la mia avversione agli ultimi Premi Urania, e si tratta anche del post che ha ricevuto più commenti, anche da personaggi di un certo rilievo. A sorpresa (ma forse non così tanto...), la medaglia di bronzo va alla mia dissertazione (via Richard Dawkins) dell'assenza del baculum negli esseri umani. Le statistiche di blogger consentono anche di scoprire con quali chiavi di ricerca il post è stato raggiunto, e, beh... non volete sapere cosa gli internauti stavano cercando. Mi scuso con tutti quelli che sicuramente saranno rimasti delusi dal post, che è a carattere puramente scientifico.

Un buon successo l'hanno ottenuto anche i miei post del Survival Blog, soprattutto il primo. Un'altra sorpresa è il numero di visite del regolamento del Coppi Club, un post che avevo inserito più per uso personale che per il pubblico, ma, insomma, non sai mai cosa il pubblico vuole davvero...

Quanto alle pagine, noto con piacere che la più visitata è quella delle mie pubblicazioni. Se questo si traduca poi in una diffusione delle mie opere non posso esserne sicuro, ma un minimo di visibilità dovrebbe venirne fuori.

Per quanto riguarda la provenienza dei lettori, la maggioranza molto più che assoluta arriva qui direttamente da google attraverso qualche ricerca, mentre per il resto molti approdano seguendo i collegamenti da altri blog, che, incidentalmente, ringrazio per la fiducia concessami.

Tutto ciò ha portato al raggiungimento di 5000 e passa visiste dalla sua apertura, circa una ventina al giorno, anche se in alcune inspiegabili occasioni ci sono stati picchi di oltre cento visite nell'arco di una giornata. I lettori affezionati attualmente sono solo 13, i commenti non molti, ma ho avuto conferme da più parti che esiste un buon numero di lurker.


Quali sono i progetti per i prossimi 100 post?

Nessuno in particolare. Non ho elaborato dei piani quinquennali per la gestione del blog, e per il momento mi ritengo soddisfatto, soprattutto se si considera il notevole passo in avanti rispetto alla piattaforma splinder. Le rubriche dovrebbero rimanere le solite ancora per un po', in questo senso ho già provveduto poco tempo fa a introdurre una rubrica periodica di carattere musicale per rimpolpare un po' questo filone del blog, che finora era rimasto un po' scarno. Forse, nei prossimi tempi, recupererò qualche altro post dal vecchio blog, segnalando la sua riproposizione, dato che ritengo che ci fossero dei contenuti interessanti che meriterebbero di essere rivitalizzati.


Il primo bilancio semestrale termina qui. Da domani riprenderanno le normali attività. E, alla fine, there will be the Word.

[quote] # 12

Il [quote] che segue è tratto da Le Sirene di Titano di Kurt Vonnegut, un libro che avevo già trafugato per una citazione in una bustina di zucchero. Ma come ho spiegato a suo tempo, Vonnegut è uno degli autori che più riescono a ispirarmi, per cui non è raro che una sua opera mi coinvolga intensamente in più momenti.


Breve introduzione per poter comprendere il brano che segue. I due personaggi presenti, lo Zio e Boaz, si trovano su Mercurio, sul quale sono capitati dopo essere fuggiti dall'invasione della Terra da parte dell'esercito marziano (esercito di uomini, niente alieni). Su Mercurio vivono sottoterra in un intricato sistema di caverne, occupato, oltre che da loro, dagli Armonium, creature fosforescenti simili a stelle marine che stanno appiccicate alle pareti, e reagiscono (e si nutrono) di vibrazioni e suoni. In particolare, pare che gradiscono la musica suonata da Boaz. Quando finalmente lo Zio scopre il modo per riattivare l'astronave e tornare sulla Terra, corre dal compagno per invitarlo a prepararsi alla partenza, ma l'altro lo interrompe:

Boaz alzò la grossa mano destra, e fu un gesto tenero per chiedere silenzio, un gesto fatto da un uomo veramente grande. "Tu non dirmi la verità, Zio" disse Boaz "e io non la dirò a te." Si asciutò le lacrime col pugno.
Lo Zio non era mai stato capace di passare sopra quell'invito. Era una cosa che lo spaventava. Una parte della sua mente lo avvertiva che Boaz non stava bluffando, che Boaz conosceva realmente una verità sullo Zio in grado di farlo a pezzi.
Lo Zio aprì la bocca e la richisue.
"Tu vieni a darmi la grande notiza" disse Boaz. "'Boaz...' tu dici, 'presto saremo liberi!' E io mi faccio prendere dall'entusiasmo, mollo tutto quello che stavo facendo, e mi preparo a essere libero."
"E non faccio che dirmi che presto sarò libero" disse Boaz "poi cerco di pensare a come sarà, e tutto quello che riesco a vedere è la gente. Che mi spine di qua, poi mi spinge di là... e non le va bene niente, e si arrabbia sempre di più, perché niente la rende felice. E se la prende con me perché non l'ho resa felice, e allora tiriamo e spingiamo tutti un po' di più."
"E poi, improvvisamente" disse Boaz " mi ricordo di tutti questi strampalati animaletti che rendevo così felici, tanto facilmente, con la musica. E quando li vado a cercare scopro che sono morti a migliaia perché Boaz si era completamente dimenticato di loro, perché si era tanto entusiasmato all'idea di essere libero. E tutte quelle vite perdute io avrei potuto salvarle, se solo avessi pensato a quello che stavo facendo."
"E allora mi dico" disse Boaz "'Io non ho mai fatto nulla per la gente, e la gente non ha mai fatto nulla per me. Perché dunque voglio essere libero in mezzo a tutta quella gente?'"
"E allora ho saputo cosa ti avrei detto, Zio, quanod tu fossi tornato qui" disse Boaz.
Boaz ora lo disse: "Mi sono trovato un posto dove posso fare del bene senza fare alcun male, e io capisco che faccio del bene, e quelli cui faccio del bene sanno che lo faccio, e mi amano, Zio, più che possono. Mi sono strovato un focolare."
"E quando morirò qui, un giorno" disse Boaz "potrò dire a me stesso: 'Boaz, tu hai reso milioni di vite degne di essere vissute. Nessuno ha mai seminato più gioia di te. Non hai un solo nemico in tutto l'Universo.'" Boaz era diventato per se stesso gli affettuosi genitori che non aveva mai avuto. "'Dormi, adesso'" si disse, immaginandosi steso su un roccioso letto di morte nelle gortte. "'Sei un bravo ragazzo, Boaz'" disse. "'Buonanotte.'"

A parte la commovente immagine di queste fragili creature che soffrono per la mancanza della musica e muoiono per essa, ho voluto riportare questo estratto perché contiene un altro concetto importante. Lo Zio e Boaz, nelle caverne di Mercurio, erano prigionieri: prigioneri per definizione, perché chiusi in uno spazio in cui non avevano desiderato di arrivare, impossibilitati a uscirene e ad avere contatti col mondo esterno. Eppure, anche lì, Boaz era riuscito a trovare una ragione di vita, e non solo: "un posto in cui posso fare del bene senza fare del male". Per lui, la prospettiva di morire sapendo di aver reso felici milioni di Armonium è sufficiente a renderlo sereno. Non c'è altro di cui abbia bisogno.

È comprensiblie: perché voler essere liberi in mezzo alla gente, quando questa non ha mai fatto niente per te e viceversa? Ci può essere altro, ci può essere di più, oltre a quello che è il mondo in cui viviamo, fatto di persone, di edifici, di rumori. Ci sono cose che possono anche sembrare una prigione, ma che rappresentano l'occasione per tirare fuori tutto quello che si è in grado di dare, per quanto poco sia. E questo è un messaggio davvero confortante.

Coppi Night 29/05/2011 - Skyline

Prosegue la tendenza delle ultime settimane di promuovere film recenti. Questa volta, trallaltro, era il mio turno da Anfistrione, e nella mia selezione di film in cui alla fine l'eroe non trionfa, in finale questa recente interpretazione di un'invasione aliena ha prevalso su Un lupo mannaro americano a Londra.

Ho già avuto modo di commentare qua e là, su forum o blog altrui, questo film, per cui sono costretto a ripetermi. Partendo dall'assunto che Skyline non è un grande film, ma si tratta di un'opera realizzata solo per giocare con gli effetti speciali, divertirsi a radere al suolo le maggiori metropoli mondiali e far morire qualche compiacente redshirt, non mi sento di squalificarlo in pieno. Se ci si vuole buttare sul catastrofico, puntare sugli alieni che arrivano e fanno il cazzo che vogliono è paradossalmente più credibile di invocare improbabili catastrofi come quelle che avvengono in altri recenti film (2012, The Day After Tomorrow, The Core...) che non hanno alcuna plausibilità scientifica. Quando fai piombare un'astronave sopra le capitali della Terra, gli extraterrestri non sono tenuti a spiegare niente prima di atomizzarti che chiappe. Per questo, il film è internamente coerente.

Si possono anche rilevare alcuni dettagli positivi che lo distinguono dai soliti film a base di invasione aliena: i protagonisti sono dei deficienti qualsiasi che di quello che sta accadendo ne sanno quanto lo spettatore, e non si assiste all'usuale briefing di esperti e militari alla Casabianca per discutere l'emergenza: in questo senso, la struttura è simile più a qualcosa come Cloverfiled piuttosto che Independence Day (ok, la smetto di citare film di Emmerich, lo so che così è troppo facile...). Ma soprattutto, gli umani perdono! Eccheccazzo, bisognava arrivare nel 2010 per vedere la specie terrestre soccombere agli invasori interstellari? Forse esistono già e me li sono persi io, ma di tutti i film di invasioni aliene che ho visto o conosco, nessuno riesce ad ammettere che l'umanità, al cospetto di un'intelligenza in grado di attraversare gli spazi siderali, è inevitabilmente inferiore e non può che venire annientata, se questa è l'intenzione degli invasori. Non c'è nemmeno da discutere, è palese. Per cui, ben vengano le milioni di formichine umane risucchiate all'interno delle astronavi! E non importa se gli tirate addoso le bombe atomiche, loro si ricompongono, e se non vi sta bene avreste fatto meglio a nascere in un altro sistema solare.

Questi elementi esilmente innovativi certo non bastano a far crescere il valore del film: Skyline rimane comunque una boiata. Lo si riscontra bene nei personaggi senza spessore e ben inquadrati, nelle sottotrame insulse, nell'assenza di veri colpi di scena, e soprattutto in certi ridicolmente morbosi dettagli come quei cervelli fosforescenti di cui gli alieni sembrano essere ghiotti. Ma, nell'insieme delle boiate, questo film riesce a distanziarsi un pizzico dagli altri. Ma è bastato così, e saremo tutti grati ai fratellini Strause se non ci doneranno un seguito.