I choose to see the beauty, ovvero le cose buone che ha portato la pandemia

Sta per finire quello che tutti definiscono come "il peggiore anno di sempre" e anche su Unknown to Millions è tempo di bilanci, nella tradizione nata e morta oggi del post di fine anno.

Chi mi segue sui vari social, da facebook a youtube (nato da poco) a instagram (nato da pochissimo), avrà notato che negli ultiimi dieci mesi ho perso parecchie occasioni per parlare di covid, lockdown, pandemia. Qui sul blog l'ho fatto solo in riferimento a libri che trattavano l'argomento, e su youtube ho voluto dedicare un video a un tema collaterale, ovvero "come scrivere una storia sulla pandemia", che per comodità ripropongo qui, anche perché il trucco è che nemmeno qui parlo di pandemia in sé ma di come affrontarla in veste di narratori.

Il senso di tutta questa premessa è che, in tutto questo tempo, non ho mai trattato l'argomento, per l'evidente ragione che non ho niente di interessante da dire, nessuna acuta analisi dei dati che nessuno ha pensato di fare prima di me (ma seriamente pensate che l'OMS abbia bisogno delle vostre tabelline excel?), zero suggerimenti per come gestire la pesante crisi economico-sociale che questo evento ha scatentato in tutto il mondo. Insomma, cosa volete da me, perché dovrei essere io a darvi queste risposte? So di perdermi il posto nei #trends, ma preferisco parlare di ciò che mi compete piuttosto che aggiungere nulla al nulla.

Quindi questo post, che lascio qui in casa mia perché se ci entrate vuol dire che di base vi interessa leggere ciò che penso, è il mio unico contributo al dibattito sul 2020.

Inizio col dire che, sotto sotto, tutta questa cosa non mi ha sorpreso più di tanto. Non perché "avevo previsto" la pandemia ma perché già da anni, sicuramente per l'influenza delle letture e degli ambienti in cui mi trovo, ritenevo plausibile che ci aspettasse uno shock profondo a livello socio-culturale. Chi mi frequenta di persona può confermare che già da diversi anni paventavo l'imminente arrivo di una crisi ambientale/sistemica nel giro di qualche decennio, ma senza toni drammatici, come una semplice constatazione. Che il paradigma postcapitalista globalizzato fosse fragile e avrebbe cominciato a vacillare alla prima scossetta non me lo sono inventato io, non mi prendo nessun merito. È una nozione che chiunque abbia mai pensato di puntare lo sguardo appena oltre la propria quotidianità ha assimilato da tempo. Se non c'era la pandemia oggi, avremmo avuto la siccità tra tre anni, in assenza di quella la crisi energita tra quindici oppure il default pensionistico tra ventidue (e non è detto che tutte queste altre cose non si realizzino). Questa idea è talmente basilare nella mia concezione che praticamente in tutte le mie storie che parlano anche solo tangenzialmente del "futuro" c'è sempre un accenno diretto a una crisi di questo tipo. Giusto per fare qualche esempio posso citare i racconti Nimby, Locuste, Infodump, Spore, CETI, La staffetta. Evito di nominare Diario dal tempo profondo perché in effetti è stato scritto a pandemia già iniziata, ma posso assicurare che se lo avessi scritto unanno fa i riferimenti al collasso ambientale sarebbero stati esattamente gli stessi.

Ripeto, non riporto tutto questo per affermare che io sono bravo e lo sapevo già, mentre voi siete una manica di sprovveduti. Ma sicuramente in un certo senso ero preparato a trovarmi di fronte a qualcosa del genere, almeno a livello intellettivo. A livello pratico, certamente un altro discorso. Comunque, di questo parlo più in dettaglio proprio nel video che ho messo qua sopra, quando faccio il confronto tra narrativa speculativa e literary fiction (indovinate per chi tifo?).

Ora, siccome come ho detto non sono rimasto stravolto psicologicamente dal primo indizio del crollo della civiltà, mi piace pensare a tutto questo a un'occasione più che a una catastrofe. Come insegna il capitano Jack Sparrow, il problema non è mai il problema. In questo anno terribile sono successe tante cose brutte, e (spoiler alert) il prossimo anno continueranno a succedere. Ma io non voglio mettermi a evidenziare quelle, perché ognuno ha il diritto di vivere le difficoltà in modo personale, senza l'inutile gara a chi è più sciagurato. Al tempo stesso, non voglio ostentare ottimismo o promuovere un atteggiamente di denial alla Welcome! Everything is fine. Piuttosto, in questo clima di disfacimento, di fronte alle morti alle sofferenze e alle nefandezze, io voglio fare come Dolores alla fine della terza stagione di Westworld. I choose to see the beauty.

 

Io scelgo di vedere la bellezza, ciò che di buono questa situazione ha portato. E non mi riferisco alle grandi questioni esistenziali, agli shift paradigmatici che possono aprire una nuova consapevolezza, ma alle piccole cose, quelle di tutti i giorni che davvero ci cambiano la vita. Alla fine del 2020, ecco i cambiamenti dovuti alla pandemia che mi hanno reso la vita migliore.

La spesa al supermercato: solo io la trovo immensamente più vivibile? Quasi (e non voglio sbilanciarmi) piacevole? Passata la paranoia iniziale con le file lunghissime e l'inutilità dei guanti in politene, è rimasto ancora adesso un certo senso della misura per cui da una parte il negozio non ammette più di tot persone alla volta, dall'altra i clienti stessi mantengono un rispettoso ossequio verso gli altri, lasciando spazio per passare, non appicicandotisi addosso mentre sei a uno scaffale, e così via. Anche la musica è diventata più discreta, mentre prima era opprimente. Per me fare la spesa è sempre stata una situazione di stress, ma negli ultimi mesi invece riesco ad affrontarla con più serenità. Poi sicuramente non sarà così dovunque e sempre, ad esempio non mi sono avvicinato ai negozi in prossimità delle feste, ma in media mi sembra che l'atteggiamento sia questo.

Le code ordinate: parzialmente collegato al punto di prima, perché spesa e coda sono due concetti molto affini, ma in questo caso la cosa si manifesta anche in altri ambiti. Per esempio mi è capitato di vedere code ordinate addirittura alla posta. Una cosa che un anno fa sarebbe stata impensabile, con la gente che prende il numero, esce a fare colazione e torna quando il numero è già stato chiamato e vuole passare avanti, oppure quelli che si avvicinano "solo per una domanda". Adesso invece ci siamo abituati a metterci in fila senza fare tante storie, a non accalcarci addosso a quello prima e meno che mai tentare di passare avanti perché sarebbe evidente. Qualcuno potrebbe obiettare che questo sia un indizio della nostra omologazione, di come ci hanno manipolato a seguire gli ordini ma boh, a me sembra naturale buon senso e rispetto per gli altri.

Il pubblico in studio a Chi l'ha visto. Premessa: Chi l'ha visto è praticamente l'unico "programma televisivo" che seguo, intendendo quelli che passa sui canali tradizionali della televisione con palinsesto. Seguo decine di canali, programmi in streaming, serie e così via, ma la classica televisione con i canali da 1 a 6 non la guardo ormai da una decina di anni, o almeno non regolarmente. A volte capita, ma senza intenzione. L'unico programma per cui ogni tanto dico "oh, stasera mi potrei guardare quello" è Chi l'ha visto. Questa non è la sede per parlare del perché mi interessi, ma insomma è così. E seguendolo da anni, mi ha sempre fatto uno strano effetto vedere il pubblico in studio, quella gente seduta sulle tribune con espressione neutra, inquadrata sul retro mentre la presentatrice annuncia il ritrovamento del cadavere di un'adolescente scomparsa otto anni prima. Era qualcosa di grottesco, dissonante. Mi sentivo io a disagio per loro. Adesso che in trasmissione non ci sono più, mi sento anch'io più sereno nel guardarla.

Stay Safe. Forse questo non si vede così tanto qui da noi, ma seguendo e avendo contatti con gente di tutto il mondo, ho visto il diffondersi di questo nuovo saluto: stay safe. Che a me piace molto. Significa "stai al sicuro, prenditi cura di te". Ci sento molto calore, molta più vicinanza di quel generico best regards che si usava prima. Secondo me rappresenta bene il periodo: siamo tutti in difficoltà, ma tu abbi cura di te, mi raccomando. Lo trovo molto confortante e mi provoca empatia immediata.

Ci sarebbero anche altre cose, ma si va su tematiche più universali e meno immediate, per cui limito la lista a questo. Sono pochi 4 elementi positivi per compensare la catastrofe intorno a noi? Indubbiamente. Ma scegliere di vedere il buono non significa ignorare il resto. Vuol dire che, le cose buone sono quelle che vogliamo conservare, con la consapevolezza di doverci impegnare per migliorare le altre.

Se ne riparla tra un anno, magari. Nel frattempo, stay safe.


Diario dal tempo profondo

E così ci siamo. Il "progetto misterioso" al quale ho accennato in diverse occasioni sia nei post precedenti che sui social è finalmente pronto a essere svelato. Senza mesate intere di hype, ché a noi ci piace parlare delle cose quando sono fatte e pronte. Ecco a voi il Diario dal tempo profondo.

 


 

DIARIO DAL TEMPO PROFONDO - Viaggio illustrato nell'era dei mammiferi preistorici è un libro illustrato pubblicato da Moscabianca Edizioni, con cui era già uscita la mia raccolta Il lettore universale. Le illustrazioni realizzate da Gabriele Operti raffigurano una trentina di specie di mammiferi o protomammiferi o mammaliformi preistorici oggi estinti, in un arco temporale che va dall'attuale era fino al Permiano. La parte narrativa da me scritta racconta del viaggio di un team di scienziati indietro nel tempo, e di come Tabitha Aaronovich, l'autrice delle illustrazioni e del diario stesso, abbia affrontato questa esperienza. È un libro che cerca di dare pari valore alla storia, alle illustrazioni e alla divulgazione, concentrandosi su alcune creature che troppo spesso sono messe in secondo piano rispetto ai più fotogenici dinosauri (e se lo dico, che sapete quanto mi eccito per i dinosauri, ci potete credere). Il libro è scritto "per adulti", ma visto anche l'intento divulgativo è stato pensato anche per un target di ragazzi curiosi di imparare qualcosa sulla storia della vita sul pianeta, un po' come lo ero io all'epoca.

In queste settimane ci saranno annunci e comunicati e live dedicate a presentare il libro, quindi non mi dilungo troppo qui, ma siccome siamo a casa mia faccio qualche divagazione su come ho affrontato questo progetto, che per me è stato uno dei più faticosi portati a termine finora.

La proposta è arrivata direttamente da Moscabianca, che aveva ricevuto da Gabriele Operti le prime tavole raffiguranti gli animali e aveva deciso di mettere insieme un volume che le potesse raccogliere, sulla scorta del Codice delle creature estinte che avevano già pubblicato l'anno scorso (paradossalmente, le vere "creature estinte" sono quelle presenti in questo volume, ma il problema del titolo è una cosa che abbiamo affrontato in un secondo momento). Mi hanno quindi contattato chiedendomi se mi interessava lavorare alla cornice narrativa che avrebbe fatto da collante per le illustrazioni, in modo da ottenere un volume che non sarebbe stato soltanto un album delle figurine ma anche una storia vera e propria.

Chi  mi conosce sa quanto io sia appassionato di paleontologia, quanto adori i libri illustrati, gli atlanti degli animali e la paleoarte. L'occasione di diventare l'autore di un libro illustrato sugli animali preistorici mi è sembrata subito qualcosa di straordinario e irripetibile. Non dico che fosse il mio sogno fin da bambino, perché non avevo mai considerato la concreta possibilità che potesse succedere. Ma una volta ricevuta la proposta, non potevo che accettare, anche perché, a quanto ci risulta, si tratta in effetti del primo libro illustrato italiano su questi animali. I tempi erano abbastanza stretti, perché dovevamo chiudere tutto nel giro di u paio di mesi, in modo da andare in stampa in tempo per le fiere autunnali in cui presentare il libro. Tuttavia, mi sono detto, non sarà così difficile, alla fine devo solo scrivere una cornice alle illustrazioni, un racconto lungo che le connetta tra di loro.

La mia storia però doveva incastrarsi con diversi elementi già prestabiliti: gli animali scelti e le loro collocazioni geografiche e temporali; l'idea di fondo di un viaggio nel tempo che permettesse all'autore (fittizio) delle illustrazioni di vedere di persona le creature e quindi disegnarle "di prima mano", per rendere il tutto più autentico; l'intento divulgativo di fondo e il potenziale target di ragazzi; la necessità di creare una storia che valorizzasse le illustrazioni, piuttosto che lasciarle in secondo piano come complementi alla scrittura. Tutti questi paletti mi imponevano quindi di immaginare una storia con alcuni passaggi forzati intorno ai quali costruire tutto il resto. Non è stato facile.

Da subito ho scelto la forma di diario perché mi consentiva da una parte di rendere l'esperienza "diretta" del viaggiatore/disegnatore (che poi sarebe diventata la protaognista Tabitha Aaronovich), dall'altra di giustificare eventuali omissioni/incompletezze che derivavano dalla scelta degli animali rappresentati, che coprendo un arco temporale di circa duecentocinqanta milioni di anni, restituivano per forza di cose un contesto parziale della storia evolutiva del pianeta. Abbiamo anche deciso di creare una seconda cornice, il classico espediente del "manoscritto ritrovato" per dare più verosimiglianza all'operazione.

Ho completato la prima stesura a fine estate, e da lì siamo passati all'editing affidato a Fabio Hoffmann . Dal suo lavoro sono emerse alcune debolezze, di cui in parte ero già consapevole. L'adattamento ai paletti e la narrazione diaristica mi avevano imposto alcune soluzioni non ottimali nella struttura della storia, ma oltre a questo avevo commesso qualche errore nella delineazione della protagonista. Senza entare nei dettagli (magari farò un video più specifico su Story Doctor), avevo piegato troppo la storia all'idea di un pubblico di ragazzi, e ne era uscito un personaggio scostante e irritante... che era proprio quello che volevo, ma risultando insopportabile non avrebbe coinvolto i lettori. Abbiamo quindi concordato una riprogettazione radicale della protagonita e del suo arco narrativo, centrato sempre sul valore della sua arte ma con un'ottica diversa, più matura. Ho proceduto alla riscrittura pressoché totale del diario, mantenendo i riferimento spaziali/temporali che erano già stati fissati. Nel frattempo alcune illustrazioni sono state rimosse, altre aggiunte, e quindi ho dovuto anche riadattare la storia per escludere o includere questi altri animali.

Parallelamente era necessario anche documentarsi su queste creature, non tanto perché dovessi descriverne nel dettaglio i comportamenti, anche perché non mi sarebbe nemmeno piaicuto creare una storia in cui si forzava un'interpretazione paleobiologica senza prove scientifiche a sostegno di quello che descrivevo. Ma c'era comunque necessità di crare un contesto credibile di come/dove/quando gli animali sarebbero stati incontrati, quindi mi serviva avere una buona dose di informazioni su tutti. Inoltre queste informazioni sarebbero poi confluite anche nelle schede che accompagnano le illustrazioni, che riportano alcune caratteristiche di base per gli animali, la loro storia evolutiva e le condizioni del pianeta nelle varie epoche. E sono parecchie cose da tenere in conto, soprattutto quando il lavoro va completato nel giro di poche settimane. Fortunatamente a me non è toccato l'aspetto di impaginazione di tutto il materiale, ma so che è stato particolarmente impegnativo.

Comunque, con un allungo finale sugli ultimi giorni per arrivare al traguardo dei file definitivi da mandare in stampa, il Diario dal tempo profondo è stato completato e adesso lo trovate sullo shop di Moscabianca, oltre che ovviamente sui vari store.

È stato un lavoro faticoso per tutti, ma alla fine ne sono molto soddisfatto. Ero partito con l'idea di scrivere solo un "riempitivo" tra un disegno e l'altro e forse questa mia impostazione aveva causato i problemi di cui ho parlato, come se non lo sentissi un testo davvero mio ma un'operazione al limite del ghost writing. Cambiando la prospettiva sono riuscito ad appropriarmi di questa storia, viverla davvero e renderla un mezzo per veicolare un messaggio (che non vi starò a raccontare, altrimenti che l'ho scritto a fare?).

E così adesso sono l'autore del primo libro illustrato italiano sui mammiferi preistorici. Scommetto che il piccolo Andrea Viscusi che leggeva e rileggeva i fascicoli sui dinosauri che il babbo gli prendeva in edicola non se lo sarebbe aspettato.


Mondi paralleli

Segnalo con una decina di giorni di ritardo l'uscita di questa nuova antologia curata da Carmine Treanni, che raccoglie una selezione dei miglior racconti di fantascienza usciti in Italia nel corso del 2019. Già l'anno scorso era stata fatta un'operazione simile per i racconti del 2018, riuniti nel volume Altri futuri. Stavolta invece si parla di Mondi paralleli, in cui si trovano molti nomi noti dell'ambiente.



Nel mio caso il racconto incluso in chiusura della raccolta (questa cosa di avere il cognome che inizia per V inizia a farsi frustrante) è Hype, che era stato pubblciato in origine nella mia raccolta L'esatta percezione uscita con RiLL a fine 2019, durante quello che sarà ricordato come l'ultimo Lucca Comics dell'era pre-covid. Se quindi ve l'eravate perso, o non vi fidate a comprare un'intera raccolta di mie storie sulla fiducia (comprensibile), potete avere qui un assaggio e decidere se approfondire.

Peraltro Hype è un racconto che fa parte del MEMEVERSE, l'universo narrativo in cui sono ambientati alcuni altri miei racconti come Memehunter e Seocrazia uscito su Urania. Se vi foste iscritti alla mia newsletter quando ve l'ho suggerito, avreste avuto una lista di tutte le connessioni complete tra le storie del Memeverse, ma voi no, sempre a fare di testa vostra, eh? Comunque siete ancora in tempo, con il box che trovate là in alto a destra, e magari avremo l'occasione di riparlare del Memeverse.


Rapporto letture - Settembre/Ottobre 2020

Sono poche le occasioni in cui mi sono trovato a fare un rapporto letture con più mesi riuniti in unico post, ma questi ultimi due mesi sono stati piuttosto impegnativi, e in particolare ottobre in cui sono stato piuttosto assorbito da altre letture (per lavoro e perché non so se avete notato che ho aperto una rivista) e altre scritture, e quindi ho avuto zero tempo per mettermi comodo a ripensare alle cose lette il mese prima, come si nota anche dai pochi post qui sul blog. Solo adesso sto tirando un po' il fiato e quindi posso recuperare anche le letture lasciate in sospeso. Quindi a sto giro ci accontentiamo di fare due mesi in uno, ok?

 

Il primo libro letto nell'ormai lontano settembre è un titolo che ha suscitato una certa attenzione nell'ambito della fantascienza negli ultimi anni: i racconti lunghi di Martha Wells collocati nel ciclo di Murderbot sono stati indicati da molti addetti ai lavori come un lavoro fresco e innovativo. A distanza di qualche anno i primi quattro racconti sono usciti in volume per Mondadori, alla quale va riconosciuto il merito di dare molto spazio in questi anni alle novità del mercato sci-fi (oltre alle solite ristampe di ristampe, ma è un compromesso che possiamo accettare). La storia di Murderbot è in buona sostanza un'avventura narrata in prima persona dalla Murderbot del titolo, una SecUnit (unità di sicurezza) cyborg che viene noleggiata principalmente da squadre scientifiche di esplorazione su nuovi pianeti. Va da sé che le cose non procedono come previsto, la gente inizia a morire e Murderbot deve intervenire per salvare tutti (giusto per onorare il suo contratto, mica per altro) e sgominare la minaccia. La cosa più interessante dei racconti è sicuramente il punto di vista della SecUnit: Muderbot è spiritosa e autoironica e questo tono pervade tutta la narrazione rendendo la storia molto scorrevole. Inoltre Murderbot è un'unità ribelle, perché all'insaputa di tutti ha hackerato il suo modulo di controllo ed è quindi "libera" di fare quello che vuole invece di sottostare alle direttive della sua programmazione. Ma contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, non anela questa libertà per riscattare finalmente il suo diritto a una vita indipendente e al riconoscimento della sua individualità: a lei basta che la lascino in pace a spararsi migliaia di ore di serie tv. Muderbot non si pone mai il dilemma filosofico sulla sua natura più umana che robotica o viceversa (insomma, niente a che vedere con Westworld), lei sa quello che è: un costrutto artificiale in parte robotico e in parte biologico, diverso tanto dagli umani che dalle IA. Questo non le crea alcun disturpo di personalità, è contenta di quello che è. Il suo obiettivo è semplicemente trovare un posto per starsene tranquilla, lontana dalle missioni, ma chiaramente le circostanze non glielo permettono, e inoltre in una delle sue precedenti missioni c'è un malfunzionamento sospetto che l'ha portata a sterminare il suo equipaggio e su cui vuole fare chiarezza. Le storie sono indubbiamente appassionanti e il punto di vista del narratore le rende davvero "fresche", personalmente però le ho trovate un po' ripetitive. Una volta letta la prima, le tre successive non sono poi così diverse nelle dinamiche, e se posso capire che per una serie di racconti questo è un principio abbastanza chiave, significa anche che a meno di non essere proprio appassionati del genere e del setting (un planetary romance un po' più moderno di Burroughs) lo stimolo a proseguire non sia così forte. Quindi forse il bias è soprattutto mio, ma non riesco a dargli più di un voto 7/10, sono certo però che per gli appassionati della sf avventurosa possa essere molto più interessante.

 

Passiamo poi a Nerd Antizombie, scritto dal collega Francesco Nucera che ho avuto modo di incontrare diverse volte e che attualmente è uno dei rettori di quella eccellente palestra di scrittura che è Minuti Contati. Il romanzo è ben riassunto dal titolo, si tratta appunto di una storia di apocalisse zombie che si svolge nella periferia di Milano (credo si parli di Rozzano, che mi perdonino i rozzini non ho voglia di stare a controllare dove sia) e che vede come protagonisti un gruppo di amici nerd che si impegnano a combattere la minaccia. La storia è volutamente scritta con tono leggero ma senza eccessi splatter, più uno Shaun of the Dead che un Welcome to Zombieland. Il gruppo di amici, ex compagni di gioco di ruolo riuniti dalle circostanze, è ben assortito con personaggi dalle caratteristiche riconoscibili, che però in certi casi scivolano nella macchietta. Di per sé per un libro dal tono sostanzialmente umoristico questo non sarebbe un problema, la cosa che semmai stride di più è che proprio l'aspetto "nerd" dei personaggi è presentato in modo piuttosto superficiale: da una parte si ha lo stereotipo del classico nerd inetto alla vita sociale, di quelli che appena vedono una ragazza hanno un'erezione (succede un paio di volte), dall'altra però questa loro nerdezza non è portata all'estremo quanto una storia umoristica permetterebbe di fare, ma rimane abbastanza blanda. L'impressione è che Nucera sapesse come rendere i suoi nerd veri nerd, ma si sia trattenuto forse per non andare incontro al pubblico meno specializzato. Il punto è che così un lettore non-nerd li vedrà solo come una manica di imbranati, e il pubblico nerd invece li troverà irritanti per la loro rappresentazione falsta della loro sottocultura (alla Big Bang Theory). Un'altra possible causa di questo scollamento è il fatto che i protagonisti siano probailmente ispirati a conoscenze dell'autore stesso, e che quindi richiamino per lui le caratteristiche di persone che il lettore però non è in grado di riconoscere. La storia di per sé procede in modo abbastanza lineare, senza soffermarsi troppo a spiegare le ragioni e le modalità del contagio, ma questo non rappresenta un problema (nel 2020 non abbiamo bisogno di altre teorie sulla zombificazione). L'umorismo funziona a tratti, cade proprio nelle occasioni in cui cerca di fare forza sulle peculiarità nerd dei personaggi. In definitiva un romanzo leggero e simpatico, che però spreca un'occasione per una storia che poteva essere davvero qualcosa di più dell'ennesima Rivincita dei nerd. Voto: 6.5/10

 

Si cambia drasticamente tono e registro parlando di Oval, uno degli ultimi romanzi pubblicati da Zona 42. L'autrice Elvia Wilk racconta una storia estremamente contemporanea, ambientata in una Berlino futuriblissima in cui una giovane coppia deve affrontare una crisi nel loro rapporto che in apparenza parte dalla morte della madre di lui, ma che in realtà ha radici molto più profonde. I due vivono in un complesso di appartamenti a impatto zero, una sorta di esperimento socialarchitettonico sponsorizzato dalla società per cui lavora Anja, la protagonista. La prima parte del libro forse scorre un po' a rilento, con qualche elucubrazione di troppo di Anja sul mondo che la circonda, ma poco alla volta si riesce ad avvertire il messaggio di fondo, si scorge come tutto ciò che succede è dovuto alla businessization di ogni aspetto della vita, dalle relazioni sociali alle emozioni. Anja e i suoi coetanei vivono in un perenne stato di colloquio di lavoro, è come se ogni loro azione debba essere continuamente pesata e valutata da un board di cacciatori di teste. Quasi a due terzi del libro, quando viene introdotto l'ovale del titolo che è una droga capace di stimolare atti di generosità, quella che potrebbe essere un'invenzione rivoluzionaria capace di sconvolere le fondamenta della società perde quasi ogni valore propio perché le premesse su cui questa invenzione si innesta non rendono apprezzabile l'arrivo di una tale innovazione. Oval è una storia che forse si colloca appena nell'ambito della fantascienza perché si sovrappone in maniera quasi completa con la contemporaneità, ed è proprio questo a renderla straniante. Voto: 7.5/10

  

Torniamo ad autori italiani e in questo caso torniamo anche alla narrativa umoristica con Stupidistan, il romanzo  di Stefano Amato (di cui ho già parlato anche su Stay Nerd) che si può descrivere efficacemente come "Idiocracy ambientato in Sicilia". Questo fatto che lo si possa riassumere in modo così preciso è al tempo stesso la forza e la debolezza di questo libro: sicuramente avrà attirato tante persone (e un editore come Marcos y Marcos), però suggerisce anche che la storia abbia poco da dire oltre a quanto abbiamo già visto nel film cult. E infatti è proprio così: a parte spostare l'ambientazione dagli USA alla Sicilia (e non saprei perché in particolare la Sicilia piuttosto che un'altra regione) e riadattare quindi le varie specificità (invece delle armi da fuoco e il football, la carne di cavallo e le canzoni neomelodiche napoletane [che non dovrebbero essere una caratteristicha della Campania?]) lo sforzo per creare una storia interessante è davvero poco. Il libro segue le vicende di Patty, un'italiana di origini siciliane (perché la Sicilia è diventata indipendente) che per errore si trova nella sua terra natale e dopo lo stordimento iniziale ha l'occasione di cambiare le cose per far tornare lo Stupidistan un posto vivibile. Patty di per sé non è una cima e questo viene chiarito fin da subito, quindi è appropriato che basti lei a brillare rispetto ai siciliani imbrutiti*, ma il problema è che il lettore, che mediamente è più sveglio sia dei sicilian della storia che di Patty, rimane abbastanza estenuato dall'ottusità degli eventi. Non aiuta il fatto che la scrittura sia piuttosto sciatta, da saggio breve del liceo e la comicità per lo più inefficace. Il finale inoltre è fin troppo consolatorio e incoerente con le premesse della storia, perché dopo aver mostrato per cento pagine i siciliani che se ne fottono di qualunque cosa non sia ficcare/abbuffasri/scommettere non puoi farmi credere che sia bastato fare un annuncio in tv per convincerli a raccogliere i rifiuti. A mio avviso una prova davvero poco ispirata e anche poco curata, che forse già con un editing più approfondito avrebbe risolto qualche problema tecnico che rende la lettura snervante. Voto: 5/10

 

Concludo con il numero 89 di Robot, che avevo da non so quanto tempo e ho avuto modo di ripescare. Devo dire che è uno dei migliori che ricordi di aver letto negli ultimi anni: il racconto di Annalee Newitz mi ha quasi commosso per il modo in cui riese a essere attuale (parla di pandemia ma è del 2018, pensa te!) senza essere stucchevole, e riunisce in sé tematiche della cli-fi, del solarpunk, con nozioni di neuroscienze e attenzione alle disuguaglianze sociali. Anche il racconto di Alain Voudì è veramente ben scritto (e credo di non aver mai detto il contrario per niente di ciò che ho letto di lui, per esempio il suo meraviglioso racconto su Urania), anche se a mio avviso finisce un capitolo prima di quando avrebbe dovuto. Valentino Peyrano usa una premessa interessante ma sviluppata in modo un po' confuso senza un vero aggancio ai personaggi, Alex Briatico scrive una storia di sopravvivenza con un mistero di fondo che però si trascina forse più del dovuto nella parte iniziale, prima di arrivare al nucleo della narrazione. Claude Lalumière parte dai soliti esperimenti dei medici nazisti e da lì approda a una storia di supereroi, che funziona soprattutto per la capacità di creare legami significativi tra i personaggi. In questo numero sono anche riportati gli interventi nati intorno al discorso di Jeanette Ng alla cerimonia di premiazione del Campbell Award, che indipendentemente dallo schieramento di ognuno sulla faccenda hanno aperto un dibattito interssante nell'ambiente della fantascienza internazionale, in un momento in cui già si registrano forti cambiamenti nella composizione del fandom e addetti ai lavori. Ci sarebbe tra le altre cose anche il mio racconto Bootstrap, ma se leggete questo blog sicuramente già lo sapete, vero?


*(Nota per quelli che seguono le varie pagine locali come Il milanese imbruttito ed emuli: si dice "imbrutito" con una t sola, non so perché nessuno se ne sia mai accorto)


TINA - Storie della Grande Estinzione

Arrivo in ritardo di un paio di settimane con questa segnalazione, perché il mese di ottobre è stato piuttosto "intenso" sotto molti punti di vista (infatti notere la carenza di post sul blog), ma non potevo lasciare troppo indietro questa news.

È da poco uscito TINA - Storie della Grande Estinzione, un libro che raccoglie un centinaio di microracconti e parecchie illustrazioni che propongo diversi "scenari" di collasso, estinzione, shock culturale, paradigm shift, presi dal passato remoto, dal passato storico e dal presente. Un volume programmato per la narrativa dell'antropocene, quel metagenere che sta emergendo (ritornando?) dall'inconscio collettivo dell'umanità per prepararci ad affrontare la fine che ci aspetta. Niente di melodrammatico, è solo una delle tante, come gli scenari del libro stesso dimostrano.

Il progetto è stato ideato e coordinato da Matteo Meschiari e Antonio Vena, ed è stato compilato con il nome collettivo "TINA", che sta da una parte per There Is No Alternative, il motto Thatcheriano che in origine esprimeva l'impossibilità (o incapacità) di accettare il cambiamento ma può essere reinterpretato in questa nuova epoca postliberista come l'inevitabilità del cambiamento, dall'altra è un omaggio a Tina Micheel Fontaine.

In questo volume, da qualche parte, ci sono anche due miei racconti. Nello spirito del collettivo, autori e illustratori sono elencati in ordine alfabetico, senza che nessuna delle loro opere sia direttamente attribuibile a loro. Perché davanti all'estinzione siamo tutti uguali.


I miei articoli per Stay Nerd: luglio - settembre 2020

In questo trimestre abbiamo battuto il record di articoli pubblicati sul magazine con cui collaboro ormai da un più di un anno. Ecco di cosa abbiamo parlato nei mesi scorsi:


Perché X-Files è stata una delle serie tv più importanti di sempre

Con l'arrivo di tutte le stagioni della serie cult su Amazon Prime, un breve recap dell'impatto che che Mulder e Scully hanno avuto sull'immaginario collettivo e sull'intero settore degli show televisivi


Quando i numeri diventano storie: la matematica nei libri

Una carrellata di storie che si basano sulla matematica e le sue applicazioni, da Flatlandia al Cryptonomicon


Non solo Dune: gli altri romanzi di Frank Herbert

Si parla molto di Dune (e del suo rinvio #[@##@#€!!!!) e il nome di Frank Herbert è tornato alla ribalta, ma bisogna ricordare che questo autore ha scritto altri romanzi notevoli, anche se spesso centrati su temi affini a quelli trattati nell'epica saga di Arrakis


Ediotirale - Le vostre distopie preferite non sono vere distopie

Un articolo provocatorio in cui mi permetto di segnalare come il termine "distopia" sia oggi usato con troppa leggerezza, quasi come sinonimo di "fantascienza". Non è tutta distopia quella che rabbuia, e se tutto è distopia niente è distopia.


Ray Bradbury: non solo fantascienza (per davvero)

Per il duecentanario di Bradbury, un pezzo che ripercorre la sua carriera e dimsotra come in questo caso dire che un autore acclamato dalla critica mainstream non scrive "solo fantascienza" è accurato, perché Bradbury si è cimentato con successo in molti generi diversi.


Ve lo meritate: 3% e la toxic positivity

Un bilancio a posteriori della serie brasiliana 3% conclusa con la quarta stagione (di cui avevo parlato anche qui) e il suo messaggio di fondo sulla meritocrazia tossica.


I mondi della svastica: il nazismo nella fantascienza

Spunti di lettura per storie di fantascienza che parlano a vario titolo del nazismo, tipicamente su base ucronica ma non solo.


Braid: il videogioco che ha ispirato Tenet?

Era da quando vidi il primo trailer di Tenet che volevo fare questo pezzo, e alla fine ce l'ho fatta. Un'occasione in più per citare quel capolavoro di Braid a cui avevo dedicato un post anni e anni fa.


Sci-fi (lost) in translation - Libri di fantascienza contemporane mai tradotti

Una mia personale selezione di titoli piuttosto recenti ma ormai abbastanza superati che probabilmente non leggeremo mai. L'occasione anche per portare all'attenzione di eventuali editori in ascolto Mort(e) che sto cercando di spingere da anni.


Forme di vita su Venere? Noi lo sapevamo già!

Dopo la notizia dell'alta proabibilità di vita batterica nell'atmosfera di Venere, ecco un excursus su come la fantascienza ha ipotizzato potesse svilupparsi l'ecosistema del nostro vicino di casa, a partire dall'ipotesi della palude venusiana fino a teorie più credibili.


Da Asimov a Murderbot - Filosofia e pratica delle Leggi della Robotica

Qualche riflessione sulle Leggi della Robotica suggerite da Asimov e ormai diventate quasi scontate, e un breve commento a Murderbot di Martha Wells, di cui parlerò più nel dettaglio qui sul blog nel prossimo rapporto letture.


Axolotl - Numero Zero

Sì ok, tre post di file dedicati a riviste, dopo l'annuncio di SPECULARIA e la segnalazione (in ritardo) di Global Science. Stavolta invece parliamo di Axolotl, un magazine digitale letterario-scientifico ideato da Danilo Zagaria, autore e divulgatore che collabora con molte riviste e scrive sul suo blog La linea laterale.

 Nei giorni scorsi è uscito il Numero Zero di Axolotl, intitolato Micelio.

Se mi seguite fin dai miei primi vagiti siete al corrente della mia storia d'amore coi funghi, iniziata più o meno all'epoca in cui la mia prima raccolta di racconti Spore è uscita nel 2013, con il racconto eponimo in apertura. Ultimamente c'è un certo interesse intorno al mondo fungino, culminato con la pubblicazione del libro L'ordine nascosto di Merlin Sheldrake, che illustra proprio come il mondo che conosciamo sia stato in buona parte plasmato dai funghi (devo ancora leggerlo, ma sicuramente ne parlerò). Così a distanza di tanti anni, la mia storia continua a dimostrarsi sul pezzo, e proprio per questo preparando questo volume Zagaria mi ha contattato per includere un estratto del racconto, e come potevamo rifiutare?

Ma nel Micelio ci trovate tanta altra roba di autori ben più autorevoli di me, con contributi sia narrativi che saggistici. Tra gli altri in questo numero sono inclusi Vanni Santoni ed Elisa Emiliani, nomi che in questo blog sono saltati fuori ogni tanto.

Peraltro Axolotl è gratuita e liberamente scaricabile, oppure sfogliabile su Issuu. Quindi potete imparare tutto sul Rinascimento Micotico senza cacciare uno spicciolo, meglio di così...

Se poi leggendo l'estretto di Spore vi viene voglia di sapere come prosegue, non andate a cercare quella vecchia raccolta ormai fuori catalogo (le ultime 5-6 copie le ho io), ma recuperate Il lettore universale pubblicato da Moscabianca, che contiene la versione aggiornata del racconto.

Viva la Micosfera!


Global Science n. 23

Tra un progetto e l'altro mi era sfuggito, quindi rimedio in ritardo: sul numero 23 di Global Science, la rivista dell'ASI (l'Agenzia Spaziale Italiana, mica cotiche) è presente il mio breve racconto Black Swan:

"Dai fra, bello ma in edicola non ho trovato il Millemondi Urania figuriamoci se trovo questo!"

Say no more.

Global Science si può sfogliare online su issuu. Quindi basta che seguite il link e potete leggervi tutto quanto, articoli e racconti inclusi.

Io però vorrei sapere una cosa. Quando mi verrà restituito tutto il bene che faccio per gli altri.



SPECULARIA - Rivista di speculative fiction

 Negli scorsi mesi avrete notato che la menavo spesso con tutti sti "progetti" che stavo portando avanti, che mi toglievano tempo da dedicare al blog e alle letture. Uno di questi era Story Doctor, di cui avrete notate il bannerone qua sulla pagina e spero vi siate iscritti al canale, ma adesso siamo pronti a rivelare un'altra delle cose su cui ho lavorato nei mesi scorsi: SPECULARIA.

SPECULARIA è una rivista digitale di speculative fiction. Il suo payoff riflettere l'immaginario rappresenta l'obiettivo del progetto: usare l'immaginazione per riflettere, nel doppio significato di rappresentare e indurre a pensare.

L'idea per SPECULARIA mi è nata a febbraio, durante un workshop di editing tenuto da Vanni Santoni a cui ho partecipato, durante il quale si è soffermato sul panorama delle riviste letterarie. Finito l'elenco sommario delle principali riviste esistenti, ha aggiunto "comunque la cosa migliore da fare se volete arricchire il panorama è aprirne una". Beh, graziarcazzo, mi sono detto, però in effetti quell'osservazione era tutt'altro che scontata. Perché proprio tra queste riviste a cui spesso do un'occhiata notavo proprio la mancanza di una dedicata alla narrativa speculativa: c'è Spore a cui infatti ho già partecipato con un paio di racconti, ma finisce lì. In realtà molte delle riviste trattano di sfuggita anche la speculazione, perché forse si rendono conto (o forse no, ma inconsciamente sono portate a farlo) che gli strumenti della speculative fiction sono i più adatti a rappresentare il presente. Ma nessuna di queste si dichiara appartenente a quest settore.

E allora, arricchiamolo codesto panorama.

Naturalmente non era uno sforzo che potevo compiere da solo, così ho iniziato in primavera la fase di reclutamento e ho raccolto un dream team di appassionati speculatori, che provengono tutti da ambienti affini ma non sovrapponibili: Linda De Santi, Angela Bernardoni, Elisa Giudici, Stefano Tevini, Andrea Gibertoni. Se non li conoscete, andate sulla pagina della redazione e scoprite chi sono e cosa fanno.

SPECULARIA pubblicherà principalmente racconti di narrativa speculativa, senza particolari limiti di genere, ma sorretti da un potente e interessante what if, come spiegato nel manifesto della rivista. A questo si affiancheranno anche saggi e testi di critica, posto naturalmente che ce ne arrivino di interessanti. Nelle nostre intenzioni faremo uscire almeno un articolo al mese, ma se il tempo ce lo permetterà magari anche qualcosa di più.

La cosa stupefacente è che i testi li paghiamo.

Sì, cioè, uno ci manda un racconto (in realtà deve mandarci prima un pitch), e se ci piace e lo vogliamo pubblicare noi gli diamo 15 euro. Che dite? È una miseria? Concordo. Ma andate a vedere quanto pagano in media le altre riviste e noterete una differenza media di circa 15 €.

Questi soldi li mettiamo noi a fondo perduto, proprio per dare riconoscimento al lavoro degli autori. In futuro potremo prevedere piani di abbonamento o patreon o crowdfunding o chissà che altro per finanzairci, ma siamo partiti comunque con l'idea di investire, oltre al nostro tempo anche un po' dei nostri soldi. Se non è dedizione questa...

I primi due racconti online sono di Federico Guerri e Alessandro Forlani, due autori quasi agli antipodi per tematiche, formazione e approccio alla scrittura, ma che proprio per questo rappresentano bene le nostre intenzioni: niente limiti, quando le cose sono buone e ci portano a riflettere.

Se volete provare a pubblicare su SPECULARIA leggete bene la pagina delle submission, poi leggete le FAQ e poi siate pazienti. E naturalmente seguite la pagina facebook e twitter.

Buona speculazione a tutti!


Rapporto letture - Agosto 2020

Il mese scorso il rapporto letture è stato piuttosto scarno perché avevo un unico libro di cui parlare (fortunatamente la discussione si è animata nei commenti), e per il mese di agosto a malincuore devo replicare la prestazione scadente per di più di nuovo con un'antologia di racconti di fantascienza italiani. In realtà, come ormai vado raccontando da tempo, ho letto anche altro nel frattempo (tra cui un libro abbastanza corpo iniziato a metà mese ma finito a settembre) però non mi metto a riferire qui di manuali e altre letture tecniche di scarsa attinenza con i fini del blog.


Il libro di cui parliamo è Prisma vol. 2, seconda antologia/rivista pubblicata da Moscabianca, con l'obiettivo di proporre una selezione di "nuove voci" della fantascienza italiana. Questo volume è uscito durante il lockdown e l'ho acquisito di recente, ed ero abbastanza curioso di vedere cosa conteneva quindi gli ho fatto saltare la fila. Il volume 1 conteneva un paio di ottimi racconti e una qualità media discreta, anche se alcune idee non proprio originali, quindi le premesse sono buone. Visto che appunto ho un solo libro di cui parlare, cerco di farlo per bene e dedicherò qualche riga di commento a ogni racconto, proprio come avevo fatto il mese scorso.

La raccolta è aperta da Veronica De Simone con il racconto Fanghiglia, una storia insolita che in pratica sono gli Hunger Games ambientati nell'inferno dantesco. Il protagonista è un Dante in versione gladiatore cibernetico che deve affrontare altri avversari nell'arena sotto lo sguardo del pubblico e degli sponsor. L'incontro con Beatrice però lo porta a farsi domande più profonde sulla situazione. Il mix di generi e situazioni riesce a catturare l'attenzione, ma credo che se si fosse concentrato meno sui combattimenti e di più sul tema più profondo ne sarebbe uscito qualcosa di più incisivo. Ctrl+Z di Stefano Spataro prende un tema affrontato in molti romanzi/film/videogiochi: la possibilità di annullare le proprie azioni e tornare a un punto precedente della propria vita (vedi ad esempio Meanwhile, il series finale di Futurama, oppure L'episodio della vasca di acido di Rick&Morty o anche Braid). Lo svolgimento della storia è abbastanza buona e arriva efficacemente al momento di crisi finale, ma la soluzione sembra un po' improvvisa, nel senso che non sembra essere stata preparata adeguatamente come se si volesse puntare più sull'effetto sorpresa. Di Linda De Santi ho letto varie cose e in genere sono buone, il suo La risposta della bestia parte da una premessa abbastanza classica, la società postapocalittica regredita a livello tribale che venera gli artefatti tecnologici, in questo caso gigantechi mecha. La protagonista riesce a scoprire la vera natura della divinità e dovrà quindi scontrarsi con le credenze del suo villaggio, già minacciato da altri pericoli. Mi ha ricordato qualche episodio del Doctor Who classico (forse The Face of Evil, ma non ci giurerei, ne ho visti troppi per ricordarmeli tutti). Poi arriviamo al racconto di Axa Lydia Vallotto, autrice che non conoscevo ma che ho scoperto essere arrivata in finale anche Premio Urania Short. Ora, so che non è educato prendere posizioni così nette, ma devo ammettere che se anche ci sono dei racconti di buonissimo livello in questa raccolta, Conta fino a tre se li magna tutti. Credo siano anni che un racconto (e non sto dicendo "un racconto italiano di fantascienza") non mi colpiva così. Che poi tutto sommato non è una storia così complicata: il protagonista è un viandante solitario in un mondo postapocalittico, in cerca della sorella rapita anni prima dalle bande di razziatori. Seguiamo le ultime tappe del suo viaggio quando finalmente ha individuato dove si trova la sorella, intervallato da alcuni flashback dell'infanzia insieme a lei. Mi ha riportato un po' alle atmosfere dei primi volumi della Torre Nera di King, con il pistolero che vaga nel deserto all'inseguimento di qualcuno che gli darà risposte che lui sa già ma non vuole sentire. Un racconto vivo, crudo ma caldo, che ti porta davvero a vivere con il protagonista. Un finale che è una coltellata nelle costole. Segnatevi il nome, sta ragazza è da tenere d'occhio. Passiamo ad Antonino Fiore con Pellegrino Nove: qui devo dire che ho trovato il racconto un po' confuso e forse sovradimensionato. In un certo senso la storia è un tentativo di sovvertire le leggi della robotica di Asimov, e in questo riesce a essere efficace, ma la trama mi è sembrata ingiustificatamente complicata, con questi nove robot ognuno dei quali incarna una "qualità" separata dell'individuo completo, a cui gli umani danno la caccia all'interno (anche qui) di una sorta di reality. Diversi elementi accavallati che secondo me portano fuori strada rispetto a quello che dovrebbe essere il nucleo della storia. Mala Spina la conosco già, anche se in genere scrive fantasy ad ambientazione più o meno storica. In Malena ha trovato il modo di scrivere una storia delle sue in un'ambientazione borderline, perché si tratta di una space opera steampunk in cui le potenze europee hanno colonizzato il sistema solare. Pirati, gendarmi, spie, figli illegittimi dei sovrani che possono sconvolgere l'equilibrio dei pianeti: ingredienti amalgamati bene in un racconto avventuroso senza troppe pretese che raggiunge il suo obiettivo. La leggenda di Macmet di Boscoruggine mi aveva scoraggiato dal titolo perché dava l'idea di quelle cose fantasy-ish che sono le traduzioni delle campange D&D, invece è un racconto ben scritto (L.K. Peka era anche nel primo Prisma), anche questo ambientato in un mondo postapocalittico che ha perso la memoria della tecnologia. Qui il protagonista cerca di ripopolare il mondo con le piante quasi estinte, in una forma combinata pianta-macchina. Anche questa è sostanzialmente un'avvenutra, avvalorata soprattutto dal prologo ed epilogo che ne mostrano le conseguenze a lungo termine. Slittamento è un racconto che inizia con un WTF!? assoluto che mi aveva subito agganciato. Lo straniamento continua per una buona metà, grazie anche allo stile secco e incisivo, in seconda persona. A un certo punto però Guido Bertorelli si è reso conto che doveva fare un infodump di quelli maestosi e la storia viene un po' schiacciata da questa zavorra. Il climax comunque è buono, c'è però un ultimo capitolo di epilogo che onestamente mi è sembrato del tutto superfluo e anzi toglie quasi valore alla storia precedente, anche perché fa affidamento su uno dei cliché fastidiosi per un lettore. Quello che gli uomini lasciano indietro comincia con una premessa interessante, un team di ricercatori che deve esplorare un pianeta e per farlo si affida alle storie che da quel mondo sono state estrapolate. Il protagonista è il figlio di uno di questi ricercatori morto proprio nel tentativo di esplorare un tempio al cui interno dovrebbe trovarsi qualcosa di determinante. L'autrice Diletta Crudeli costruisce molto bene questo personaggio incastrato nel conflitto tra i doveri verso la sua squadra e il desiderio di seguire le orme del padre. Nella parte finale poi le cose prendono una direzione impreviste, le rivelazioni arrivano tutte nello spazio di poche righe e la conclusione rimane difficile da inquadrare come lieta o tragica. Infine Daniele Nadir chiude il volume con Radio Ga-Ga, e anche qui il titolo mi aveva fatto temere qualcosa di scontato, quando invece questo si è rivelato come un altro dei racconti migliori. Una storia molto dolce di contatto con gli alieni tramite le trasmissioni radio, che prende elementi sia da Contact che da Incontri ravvicinati del terzo tipo. Anche qui a fare la differenza è la cura e la profondità con cui i personaggi sono costruiti, che riesce a trasportarci dentro la storia di cui alla fine l'esito non è del tutto chiaro, ma quello che ci importa davvero lo abbiamo già imparato.

In definitiva posso dire che Prisma vol. 2 è un'altra raccolta di buon livello. Nel complesso gli assegno un voto 7.5/10, mezzo punto in meno del primo volume, ma la differenza è motivata dal fatto che mi aspettavo un gioco al rialzo rispetto a quello dell'anno scorso, invece siamo pressoché sullo stesso livello. In ogni caso rimane meritoria la ricerca di nuovi autori che si approcciano al genere (e infatti ho fatto un paio di scoperte interessanti), e si riconosce la cura messa nella compilazione dell'antologia, quindi ben venga Prisma vol. 3.


Distòpia @ Loving the Alien Fest (Torino) - 19 settembre 2020

Era da febbraio che non mi capitava di andare in giro a parlare di libri imbucandomi nei discorsi di altre persone più titolate, e un po' mi mancava. La situazione chiaramente è sempre un po' traballante e già si sa che molti dei maggiori eventi previsti per l'autunno (da Stranimondi al Lucca Comics) sono praticamente saltati, ma qualcosa ancora si riesce a fare.

In questo caso la manifestazione è il Loving the Alien Fest, un evento di tre giorni dal 18 al 20 settembre organizzato dal Mufant - Museo del fantastico e della fantascienza di Torino in collaborazione con l'associazione AltraMente, in cui il tema dell'"alienità" verrà affrontato da più prospettive, con interventi dedicati al mondo del fantastico (narrativa, cinema, fumetto, cosplay), all'inclusione sociale, alla riqualificazione urbana. Quindi anche se so che si dice sempre, in questo caso è vero che non è solo una roba con i libri e gli scrittori che parlano tra loro. Il progetto mi era piaciuto fin dall'inizio, tant'è che mesi fa, quando ancora la manifestazione era programmata per giugno, avevo contribuito al crowdfunding.

 

 

Nello spazio dei tre giorni si svolgeranno parecchi panel, conferenze, presentazioni, inaugurazioni, e il programma completo si può trovare sul sito del Mufant. La mia presenza nello specifico sarà richiesta sabato 19 alle 14:30 per il panel "Il fantastico italiano", che partirà dall'Urania Distòpia per fare un discorso più ampio sulla narrativa di fantascienza italiana, introdotto da Franco Forte (curatore dell'antologia e direttore di Urania) e con la presenza di altri autori (Aresi, Debenedetti, Cavallero, Del Popolo Riolo).

Spero di fare in tempo perché arriverò in treno alle 13:40 (salvo probabili ritardi) e dovrò attraversare tutta la città, quindi vabbè, nel caso farò l'entrata a effetto. A parte questo singolo evento comunque già che ci sono mi aggirerò per le altre conferenze previste nella giornata di sabato e nella mattinata di domenica.

Se siete nei paraggi fatevi vedere, e se non lo siete fate uno sforzo come lo faccio io, anche perché quest'anno di occasioni di incontro live ce ne saranno ben poche, per cui è bene approfittarne finché si riesce.


3%

Come ormai dovreste sapere, mi piace quando sono abbastanza motivato dedicare attenzione alle serie tv non anglofone, infatti anche qui ho parlato per esempio di Leila e Beforeigners, ma ne ho altre all'attivo su cui poi non ho diffuso commenti, come Si no te haguo conegut che non so se si scrive così in catalano ma non ho voglia di controllare ora lo spelling. Comunque, tra le serie dal mondo seguite negli ultimi anni c'è anche 3%, produzione brasiliana iniziata nel 2016. Non ne avevo parlato finora perché non avevo trovato l'occasione, adesso però dopo la visione della quarta e ultima stagione penso valga la pena fare un riepiloghino.

 

3% è una serie distopica che si basa su un ottimo concept: in un mondo che è un'unica vasta favela, il 3% della popolazione vive su un'isola al largo della costa (chiamata Maralto, oppure offshore nella traduzione) con tutti i lussi immaginabili. Per far parte di questo 3%, ogni anno tutti i ventenni possono partecipare a una selezione (il Processo), che prevede una serie di prove volte a stabilire le qualità dei candidati (intelligenza, velocità, pensiero laterale, stabilità psichica) affinché a Maralto arrivino solo i migliori dei migliori. Il Processo si può tentare una sola volta: o passi ed entri a far parte dell'élite, o rimani nelle favela con l'altro 97%.

Il format quindi assomiglia un po' a quello di Hunger Games, con orde di ragazzi poco più che adolescenti che si presentano a questa selezione e si scontrano nelle varie prove. Ma almeno, si può pensare, non sono costretti ad ammazzarsi: fai il tentativo, se ti va bene passi altrimenti torni a casa. La questione semmai è che se inizialmente le prove possono sembrare abbastanza innocue (un colloquio di persona, un puzzle 3D) poco per volta aumentano di complessità e ambiguità morale, arrivando a testare le capacità di mentire, l'aggressività, la manipolabilità. Ci si rende presto conto che per essere meritevoli di entrare nel 3% non basta essere brillanti, bisogna essere spietati. 

Naturalmente non tutti sono così favorevoli a questo stato delle cose. Esiste infatti un gruppo clandestino di oppositori, "la Causa" che intende infiltrare il Processo e distruggerlo dall'interno. Parallelamente gli agenti di Maralto diffondono propaganda nell'entroterra per alimentare il mito della vita perfetta del 3%, così che la promozione al Processo ha lo stesso valore di un passaggio nell'Aldilà. Tanto più che una volta stabiliti sull'isola, i selezionati devono interrompere qualunque contatto con il continente, e non potranno più avere notizie di famiglia e amici.

Nel corso della prima stagione seguiamo principalmente un gruppo di ragazzi, e puntata dopo puntata scopriamo le loro storie personali. Ci sono alcuni che fanno parte della Causa, qualcuno che ha già tentato il Processo e lo sta facendo di nuovo clandestinamente, rampolli di famiglie che per tradizione passano sempre la selezione, figli di predicatori che promuovono il Maralto come il paradiso. Vediamo anche il Processo dal lato degli organizzatori, in particolare del direttore della selezione che ha messo a punto le varie prove. Tutta la stagione si snoda tra le prove che i ragazzi affrontano, muovendosi sul filo della contrapposizione continua tra i protagonisti e dal sospetto reciproco, visto che man mano che si conoscono scoprono i rispettivi segreti e sono sempre più a rischio di venire eliminati.

La prima stagione è senza dubbio ottima, perché riesce ad allineare il tema di fondo con una dinamica appassionante e la progressiva conoscenza dei personaggi, con numerosi ribaltamenti di prospettiva. Ma è altrettanto fuor di dubbio che le stagioni successive non mantengono lo stesso livello. Nella seconda stagione alcuni dei protagonisti hanno passato la selezione e abbiamo quindi l'occasione di seguirli a Maralto e scoprire quindi come funziona questo paradiso in terra, scoprendo che l'utopia è fondata su una menzogna e si serve di mezzi di coercizione sulla sua stessa popolazione, cosa che però mina fortemente il principio di fondo che l'elite del 3% viva una vita perfetta. La terza stagione perde tanto tempo dietro la creazione di una società alternativa e i tentativi di mantenerla in piedi, resistendo ai tentativi di sabotaggio e alla tentazione di prendere una strada simile a quella del Processo. La quarta stagione riannoda i fili con lo scontor finale tra entroterra e Maralto, arrivando a una conclusione dovuta che però non offre davvero una soluzione al problema.

C'è da dire che la serie deve aver sofferto anche di complicate vicissitudini di produzione, e che probabilmente la scarsa disponibilità del cast principale ha influito sullo sviluppo della storia. Già molto presto nella seconda stagione, quello che era il principale antagonista della vicenda viene tolto di mezzo, e bisogna così investire tempo e credibilità nel tirare su un nuovo villain degno, che però appare sempre inferiore perché più brutale ma meno subdolo. La terza stagione vede l'abbandono offscreen di uno dei protagonisti (che a quanto pare è una vera e propria star in Brasile, e non aveva più modo di lavorare su un progetto di livello così basso), la cui fine ci viene solo raccontata. E anche nella quarta stagione l'impressione è che la protagonista assoluta della serie (l'attrice Bianca Comparato) avesse di meglio da fare, perché la sua presenza su schermo è limitata rispetto a quella dei comprimari. Parallelamente per colmare questi vuoti vengono inseriti sempre nuovi personaggi e si cerca di dar loro una backstory e introdurre dinamiche relazionali, ma il tentativo non riesce in pieno e così ci si trova a dover seguire le vicende melodrammatiche di gente di cui tutto sommato ci frega ben poco.

Infine le stagioni dalla due alla quattro soffrono di un altro problema: una delle parti più avvincenti della prima stagione era proprio il Processo, e vedere come i protagonisti affrontavano le prove. Una volta però che i protagonisti hanno svolto il Processo, non li si può più coinvolgere di nuovo nella selezione (infatti, per esempio, anche nel secondo Hunger Games  si sono inventati quella cosa di rifare la battaglia tra tutti i vincitori, ma qui non era applicabile). Gli autori si devono essere accorti che mancava questa componente che aveva decretato il successo della serie, e quindi hanno fatto in modo di inserire altre prove di quel tipo, forzandole in qualche modo nella storia, senza però ottenere lo stesso effetto dato che la posta in gioco non è più quella iniziale.

In definitiva, 3% è una serie interessante soprattutto per il suo concept, le cui implicazioni vengono esaurite più o meno tutte già nella prima stagione. Le stagioni successive trascinano l'idea e le relazioni tra i personaggi fino alla naturale conclusione, ma non sono altrettanto incisive. Se non l'avete vista, a mio avviso la cosa migliore da fare è limitarsi alla prima stagione ma non investire troppo tempo nel resto, al limite vi racconto io come va a finire.


Unpunned Futurama Titles #7

Completiamo con questo post dopo soli cinque anni la mia esegesi dei titoli degli episodi di Futurama, perché in quanto maggior esperto italiano era un compito di cui mi pareva doveroso occuparmi. Non sto a rifare tutto il discorso sulla numerazione degli episodi, differenze tra stagione di produzione e stagione di messa in onda ecc, basti sapere che gli episodi della stagione 7 di Futurama sono riuniti nei DVD volume 7 e 8.

Che poi è la fine (vera) della serie. Per adesso.

Intanto se volete recuperare tutti i titoli unpunnati ecco i link agli altri post:

E concludiamo quindi spiegando i titoli degli ultimi 26 episodi della serie.

The Bots and the Bees (I robot e le api): Il discorso su "gli uccelli e le api" è quello che viene fatto ai ragazzini preadolescenti per spiegargli "da dove vengono i bambini", del tipo le api che impollinano i fiori e così via. Questo episodio tratta appunto di Bender che ha un figlio da un altro robot. In italiano non esiste un equivalente di questa espressione infatti il titolo tradotto in modo letterale non ha significato.

A Farewell to Arms (Addio alle braccia): Riferimento al romanzo di Hemingway Addio alle armi, con la variante che in inglese "arm" significa anche "braccio" e che nell'episodio Fry e Leela perdono appunto le braccia.

Decision 3012 (Verdetto 3012): "Decision 2012" è il termine con cui la stampa americana ha affrontato le elezioni presidenziali del 2012, e il tema di questo episodio è infatti quello dell'elezione del Presidente (della Terra). Da notare come il titolo dell'episodio conferma lo scorrere del tempo nell'universo di Futurama, certificando che sono passati 12 anni da quando Fry si è risvegliato nell'anno 3000.

The Thief of Baghead (Il ladro del sacchetto di carta): Unione dei film Il ladro di Bagdad e Baghead, senza nessun riferimento particolare al tema di questi film tranne il fatto che l'episodio è ambientato nel mondo del cinema.

Zapp Dingbat (La crisi del quarantunesimo anno): Lo Zapf Dingbat è un font costituito di simboli. Qui è stato usato per la sua assonanza col nome Zapp e come riferimento che la vicenda nasce da un errore di traduzione. In italiano è stato scelto di ignorare completamente questo riferimento.

The Butterjunk Effect (Il derby delle farfalle): Riferimento all'effetto farfalla, anche se la trama non ha a che fare con teoria del caos e simili.

The Six Million Dollar Mon (La capra al curry): Riferimento alla serie L'uomo da sei milioni di dollari, in cui un soldato veniva potenziato come cyborg. Qui Hermes fa lo stesso, ma la parola "man" viene trasformata in "mon" come nella sua pronuncia indo-giamaicana. Interessante la scelta italiana di ignorare del tutto la citazione.

Fun on a Bun (Oktoberfest): "Fun on a bun" è una delle catchphrase di Bender, un'espressione gergale che indica qualcosa di spassoso, dove "bun" si riferisce al panino da hot dog, e infatti nell'episodio il subplot è quello di Bender che entra in una gara di hot dog.

Free Will Hunting (Alla ricerca del libero arbitrio): Calembour ottenuto dall'unione dei titoli dei film Free Willy e Will Hunting, dove qui "free will" sta appunto per "libero arbitrio".

Near Death Wish (Desiderio di un quasi morto): Con "deat wish" si intende l'impulso suicida o autodistruttivo, in questo caso visto che gli anziani sono messi in stasi prima di morire il desiderio è di "quasi morte".

Viva Mars Vegas: Nessun riferimento particolare.

31st Century Fox: Riferimento alla 20th Century Fox (precedente produttore di Futurama), anche se qui "fox" è letteralmente una volpe.

Naturama: Nessun riferimento particolare.

2-D Blacktop (Realtà a 2D): Calembour sul titolo del film Two Lane Blacktop che tratta di gare automobilistiche qui però diventa 2D ovvero in due dimensioni.

Fry and Leela's Big Fling (Fry e Leela): Nessun riferimento particolare. Da notare però la pigrizia del titolo italiano che per una volta avrebbe funzionato come traduzione letterale.

T. the Terrestrial (T. l'umano): Riferimento al film E.T.. Anche qui notevole la superficialità del titolo italiano che invece di tradurre letteralmente va a usare la parola "umano" che non corrisponde più all'iniziale T.

Forty Percent Leadbelly (40% cantante folk): Lead Belly è un cantante folk degli anni 30-40, ma qui "lead" sta a significare anche "piombo", che riprende la gag ricorrente di Bender che afferma di essere composto al tot percento di un certo materiale.

The Inhuman Torch (La torcia inumana): Riferimento al personaggio Torcia Umana dei Fantastici 4.

Saturday Morning Fun Pit (Il divertimento del sabato mattina): Titolo che riprende le trasmissioni mattutine di cartoni per bambini.

Calculon 2.0: Nessun riferimento particolare.

Assie Come Home (Torna a casa Assie): Calembour su Torna a casa Lassie, con "assie" che sta a significare il culo di Bender.

Leela and the Genestalk (Leela e l'ingegneria genetica): Riferimento al titolo della fiaba della pianta di fagioli magica (beanstalk), qui però ottenuta con l'ingegneria genetica quindi "gene".

Game of Tones (Il gioco dei suoni): Calembour rispetto a Game of Thrones.

Murder on the Planet Express (Omicidio sulla Planet Express): Riferimento al classico giallo di Agatha Christie Assassinio sull'Orient Express. Da notare come in italiano si sia usata la traduzione "omicidio" quando da sempre il libro si è chiamato "assassinio".

Stench and Stenchibility (Puzza e sentimento): Calembour sul titolo originale di Ragione e sentimento, ovvero Sense and sensibility
 
Meanwhile (Nel frattempo): Nessun riferimento particolare.


Rapporto letture - Luglio 2020 (speciale Urania Distòpia)

Il mese di luglio mi ha piuttosto occupato con il lancio del canale youtube (sapevate che ho aperto un canale youtube, vero?) e lo studio/lavoro che questo ha comportato, quindi di fatto sono riuscito a consumare un solo libro di narrativa. Ma visto che quell'unico libro è Distòpia, il Millemondi Urania italiano in cui compare anche il mio racconto Seocrazia, questo mi dà l'occasione di dedicare un intero post al commento di questo libro.

So di muovermi su un terreno accidentato perché in quanto autore incluo nella raccolta e coinvolto in questo "rilancio della fantascienza italiana" non dovrei avere che parole di apprezzamento, ma qui su Unknown to Millions vi ho abituati male esprimendo sempre opinioni il più possibili oggettive e argomentate, quindi temo che dovrò fare lo stesso in questo caso, come d'altra parte avevo fatto anche per il volume dell'anno scorso, in cui però non ero incluso come autore e si poteva pur sempre dire che stessi rosicando. In realtà è mia ferma convinzione che il "rilancio" di un genere/settore/ambiente debba necessariamente passare da un approccio trasparente e senza sconti di parte di chi si confronta con tale genere/settore/ambiente, tanto più se ne fa parte. Non è questa la sede per riaprire questo discorso mai chiuso, ma ritengo (e non sono il solo) che uno dei mali che hanno afflitto la cosiddetta "fantascienza italiana" nei decenni scorsi sia stata proprio quell'autoreferenzialità che portava allo scambio reciproco di favori tra gli addetti ai lavori, che da una parte non ha permesso la maturazione di una critica professionale (che manca ancora oggi), dall'altra ha eretto una serie di barriere all'ingresso che hanno ristretto il genere in un ghetto autoimposto, tenuto su da fenomeni di gatekeeping che sono in uso ancora oggi, tanto diffusi che ammetto di trovarmi a metterli in pratica anch'io.

Ci sarebbe anche da fare un discorso sulla definizione di "distopia" che era il tema della raccolta. Scelta che col senno di poi si è forse rivelata infelice perché il lockdown e la pandemia hanno messo la distopia sulla bocca di tutti, spesso a sproposito. Ma il progetto era nato alla fine dell'anno scorso quindi ormai non si poteva fare marcia indietro, questa è una pura questione di sorte. Il problema semmai è che molti dei racconti mi sembrano qualificabili come distopie in modo molto marginale: magari sono anche buoni, ma di distopico hanno ben poco. Ora, se è vero che negli ultimi anni c'è stato davvero un abuso di questo termine per definire storie che semplicemente presentano un'ambientazione in una generica società poco desiderabile, io da lettore di fantascienza mi aspetto che gli autori di fantascienza presentati sulla principale collana di fantascienza sappiano di cosa parliamo quando parliamo di distopia, e potrei risentirmi un attimo se quello che mi propongono non risponde ai criteri. Dormo lo stesso la notte, figuriamoci, però ci faccio caso. Non entrerò troppo nello specifico su questo aspetto, anche perché lo farò tra qualche giorno in un editoriale su Stay Nerd. Quindi se la polemica vi appassiona, vi aspetto lì e la risolviamo da uomini.

Premesso tutto ciò, andiamo quindi a commentare i racconti uno per uno, evidenziando con la massima serenità aspetti positivi e negativi.

Hector di Paolo Aresi - Discutibile in questo caso la classificazione come distopia. Il protagonista è un androide, inteso come replicante organico alla Blade Runner, usato per i lavori in una miniera su Plutone. È sostanzialmente uno schiavo, ma è nato così e non se la passa così male, ha anche una posizione di relativo prestigio e infatti gli viene assegnato un incarico di grande responsabilità dopo un incidente nella miniera. Alla fine decide di fuggire, prende con sé un paio di colleghi e fugge. Il problema a mio avviso è che questo racconto mi è sembrato soprattutto noioso, forse anche per le paginate di wall of text che già a prima vista non sitmolano la lettura. Non si avverte mai un cambio di tensione nella narrazione, anche perché il protagonista è piuttosto piatto e a malappena risponde alle domande che gli vengono fatte. Certo si può dire che questa è proprio la sua caratteristica in quanto androide, ma allora se devi farmi appassionare a un protagonista apatico devi creargli intorno una storia che sia una bomba. A un certo punto ha una specie di visione del passato in cui scopre l'origine degli androidi e... niente, questo non ha nessun impatto sullo svolgimento della storia. Insomma un racconto che non accende particolarmente l'interesse, con situazioni e trame viste decine di volte.

Cogito ergo sum di Valeria Barbera - Racconto a mio avviso confuso, che sembra andare avanti un po' "a braccio", come se l'autrice l'avesse scritto di getto con quello che le veniva in mente e poi non lo avesse risistemato per dargli unità. Credo che gli si possano imputare due errori principali: 1- Se sei un autore di fantascienza che scrive nel 2020, non puoi scrivere del Covid19! A raccontare del Covid ci penseranno poi i bravi autori mainstream che l'hanno già annunciato come Moccia, un autore di sf deve spingere la sua speculazione oltre lo steccato dell'attualità. Non dico che non si possa parlare di cosa il Covid ha comportato, perché sicuramente il suo impatto sarà forte su tutta la società, ma inserirlo come elemento portanto della storia è una strategia pigra. 2- In questo racconto c'è troppo: così tanto che non si capisce quale sia l'argomento vero della storia. Un racconto deve parlare di una cosa sola, perché non ha la dimensione per affrontare in modo esauriente più temi. In questo la storia sembra all'inizio proseguire in un certo modo, si arriva alla rivelazione della creatrice della noosfera (l'universo virtuale a cui tutti sono connessi) che aveva visioni delle persone morte per permettere che lei realizzasse il suo progetto, e sembra che questo sia il punto di svolta della storia. Salvo che poi viene dimenticato perché entra in gioco un Memevid, cioè un virus memetico all'interno della noosfera, e allora sembra che questo sia il nucleo, e invece no perché in realtà il memevid non è un virus memetico ma un virus che attacca i corpi materiali dei partecipanti alla noosfera nei loro gusci. Tutti questi incrementi sono "cose in più che accadono" ma non aggiungono significato a un tema di fondo che appunto non si riesce a individuare. Infine anche in questo caso l'aspetto distopico è discutibile, anche perché la minaccia che poi porta il mondo al collasso è un fattore del tutto esterno (la diffusione di questo virus), e se non fosse arrivato tutti avrebbero continuato con le loro vite bellissie nel paradiso della noosfera.

Ninfe sbranate di Francesca Cavallero - Il racconto è ambientato nella stessa Morjegrad con cui l'autrice ha vinto il Premio Urania, ma segue un personaggio secondario del romanzo (che io non ho letto). Il rischio di ambientare un racconto nello stesso universo di un romanzo è che chi non ha letto il secondo manchi dei riferimenti per capire il primo, ma fortunatamente non è questo il caso. La storia è in sostanza una trama thriller/investigativa che fila bene, con personaggi vividi e credibili. Niente di particolarmente soprendente, ma una scrittura efficace e capace di generare la tensione nei momenti giusti. Distopia purtroppo non pervenuta, a meno che non si intenda che il contesto complessivo di Morjegrad sia di per sé distopico, che però in questo racconto non emerge abbastanza.

Yamapuri di Alberto Cola - Un racconto complesso e affascinante, che non va troppo incontro al lettore spiegandogli le cose ma lascia che sia lui a mettere insieme i pezzi del disegno. La cosa purtroppo non viene facilitata dai nomi dei personaggi e dalla caratterizzazione blanda che li fa apparire tutti piuttosto simili. Peccato anche che non ci sia un vero e proprio protagonista al quale aggianciarsi per seguire la vicenda, che avrebbe facilitato l'immersione. Superati questi ostacoli però si arriva a individuare un contesto storico piuttosto articolato e la presenza di diverse forze in gioco. La distopia qui è borderline, si parla di un'ambientazione post-bellica in un'India in cui non nascono più donne ma non ci sono veri e propri regimi oppressivi di vario genere a cui opporsi. Comunque una storia che trae la sua forza soprattutto dall'ambientazione esotica e dal registro adatto a trasmettere questa suggestione.

Il distillatore di Milena Debenedetti - Una storia basata su un cacciatore/spacciatore di ricordi che parte alla ricerca di una "fonte primaria" dei ricordi dell'epoca prima della catastrofe che ha fatto crollare la società e provocato l'ascesa di un regime repressivo non meglio identificato. L'idea di fondo è interessante e i personaggi principali funzionano, la parte centrale della trama avviene però tutta con un lungo spiegone che ammazza la tensione nel momento più importante. Nel complesso comunque un racconto valido e con un finale melenso al punto giusto di quelli che piacciono a me.

Al servizio di un oscuro potere di Giovanni De Matteo - Avendo già letto di De Matteo, so che è capace di costruire una trama thriller ben fatta, e questo ne è un ottimo esempio. Un mondo che dopo una serie di disastri adesso è dominato da tre IA tra loro apparentemente complementari, ma che in realtà hanno progetti diversi, e la minaccia incombente di forze extraterrestri che spingono a dare la caccia a una bambina pesantemente traumatizzata. Tra inseguimenti, hackeraggi e sparatorie, si arriva alla rivealzione finale, se pur con qualche intermezzo di infodump spadellato in capitoli dedicati, e i fili si riannodano. Una di quelle storie che nasce già pronta per diventare un film con Keanu Reeves.

Negli occhi di chi comanda di Linda De Santi - Se ci fosse un premio per il racconto più puramente distopico all'interno dei racconti di Distòpia vincerebbe questo. De Santi racconta la vita di una "ragazza qualsiasi" che deve affermarsi in un mondo in cui abbiamo smesso di fingere che l'apparenza non conta, e che si fonda totalmente sulla bellezza. In pratica è l'estremo opposto di quel racconto di Ted Chiang in cui parla di persone a cui hanno tolto la capacità di vedere la bellezza. Qui ognuno ha un suo "benchmark", cioè la sua versione ideale da raggiungere, e il discostamento da questo deve essere mantenuto al minimo per poter accedere a servizi e lavori migliori. La protagonista peraltro sta studiando per diventare una scrittrice, ed è indicativo che per diventare una "stella della cultura" si debba comnque essere belli belli belli in modo assurdo. C'è anche un plot twist che funziona bene perché si può notare che era stato preparato con cura fin dall'inizio. Indubbiamente tra i migliori della raccolta.

La fredda guerra dei mondi di Valerio Evangelisti - Sempre se ci fosse quel premio per il racconto più distopico, il testo di Evangelisti arriverebbe ultimo. Non ci ha nemmeno provato, a scrivere una distopia, e d'altra parte si può anche permettere di fare un po' come gli pare. Ma glielo perdoniamo anche perché questo racconto è davvero spassoso. Narrata dalla prospettiva di un ladro francese di altro profilo (ma non un Lupin III, questo è un ladro tutt'altro che gentiluomo), questa storia offre una prospettiva curiosa sugli UFO e ci spiega perché come vediamo in molti film sembrano così ossessionati dal distruggere i monumenti. Sembra quasi un divertissement, si potrebbe adattare benissimo come trama per un epsiodio di Rick & Morty. Un altro dei racconti più validi, se solo fosse stato in un libro che non aveva scritto "distopia" in copertina...

Facciamo venerdì? di Caterina Mortillaro - Un racconto che gira intorno alle relazioni sentimentali, regolate attraverso algoritmi che permettono di conoscere interamente le persone con cui abbiamo intenzione di avere rapporti di qualsiasi genere. Alla ricerca di qualche brivido in più la protagonista entra a far parte di club privati di gente che si incontra da sconosciuti, come ci capita ancora di fare oggi quando ci troviamo là fuori nel mondo. Dall'aspetto in apparenza più superficiale delle relazioni la storia cala più in profondità nel funzionamento di queta società abbastanza simile alla nostra, e la protagonista è portata a scegliere come vuole vivere lei, in un finale per certi versi inaspettato. Anche questo raggiunge un buon indice di distopicità.

A scrivere distopie di Simonetta Olivo - Praticamente un meta-racconto, la storia di come è stata scritta queta storia, con il protagonista che incarna il classico scrittore tormentato e procrastinatore, ingaggiato da un editore per scrivere un racconto distopico. All'inizio si può dubitare che ci sia un qualunque elemento distopico, che emerge quasi a sorpresa nel finale per arrivare a una sorta di distopia della creatività. Personalmente mi è piaciuto parecchio, soprattutto perché ho riconosciuto molte delle dinamiche con cui mi capita di confrontarmi. Ho però il dubbio che questo aspetto non possa essere colto allo stesso modo da un non-scrittore, che quindi non potrebbe comprendere a pieno il valore del racconto. Poi però mi sono ricordato che dei 2500 lettori di fantacienza italiani, 2497 sono anche autori (non dico numeri a caso, quei 3 lettori-solo-lettori so proprio chi sono, con nomi e cognomi) quindi il target è comunque preso in pieno.

Lilia (un'estate) di Giampietro Stocco - Ho letto e apprezzato in passato altri lavori di Stocco, qui però mi è sembrato poco ispirato. Quasi due terzi della storia si basano su questo rapporto epistolare tra il protagonista e una ragazza conosciuta in chat, che è una dinamica che avrebbe potuto essere interessante nel 1996 ma oggi è ampiamente superata. Senza contare che il lettore si trova costantemente "avanti" rispetto al protagonista, perché si capisce che c'è qualcosa che non va in questa tizia ma lui non se ne accorge, così fa la figura del cinquantenne ottuso arrapato che si merita di venire fregato. Verso la fine si rivela quale sia il piano più complesso che c'è sotto la vicenda in superficie, e si scopre che tutto dipende da rancori ancora vivi da parte della ex moglie del protagonista, ma questo è un aspetto che viene accennato troppo tardi così quando si scopre che è la chiave di volta di tutta la storia sembra un'improvvisazione. E inoltre viene da pensare che quella storia sarebbe più interessante da leggere rispetto a quella del signore di mezza età che perde la testa sulle chat erotiche. Con una focalizzazione diversa avrebbe potuto essere un buon racconto ma così appare un po' stantio.

Tranne la pelle di Nicoletta Vallorani - Mi sarei aspettato che Vallorani scrivesse una storia nello stesso universo narrativo di Eva e Avrai i miei occhi che sono già una distopia bella e pronta, attuale e funzionale. Invece Tranne la pelle non c'entra nulla e mi ha quindi sorpreso, dall'altra parte però siamo su un altro di quei racconti buoni ma dalla distopicità discutibile. La storia si svolge su un pianeta minerario popolato di varie razze aliene materiali e immateriali, la protagonista vive accanto alla proiezione di sua nonna morta decenni prima. Anche qui figurano pandemie usate per controllare la popolazione, che è una cosa più che plausibile ma che forse non era proprio il momento più adatto per tirare fuori. In ogni caso la protagonista riesce nel suo piano di liberazione del pianeta, e quando dico "liberazione del pianeta" i mean it. La scrittura per immagini e le situazioni estreme, quasi paradossali, che si presentano fanno procedere bene il racconto, anche se il finale è un po' affrettato.

Naturalmente non parlerò dell'ultimo racconto, e non mi metto ad analizzare il saggio finale di Carmine Treanni che fa un'utile panoramica sull'evoluzione della distopia come tema e genere letterario. In generale, se paragonato a Strani Mondi dell'anno scorso, la qualità media di Distòpia mi è sembrata più costante, mentre in quello precedente c'erano picchi più alti e più bassi. Purtroppo però a questo giro non ho trovato le perle (come erano i racconti di Vietti e Voudì nell'altro) che compensano i momenti di stanca. Non assegno il voto finale, credo di aver fornito abbastanza elementi di valutazione nei commenti sopra. Nel complesso Distòpia è un'antologia meritevole, ma posso dire di averne lette di migliori di soli autori italiani, anche in anni recenti. Forse l'imposizione del tema così inflazionato non ha giocato a favore della creatività degli autori, visto che in molti casi come ho detto l'elemento distopico risulta labile o addirittura assente. Se la tradizione del Millemondi italiano verrà confermata di nuovo, a mio avviso sarà meglio tornare al tema libero, e lasciare così che gli autori affrontino i temi o i generi in cui si possono esprimere al meglio.