Coppi Night 23/12/2012 - La sposa cadavere

La minaccia di cenoni e pranzacci festivi non ci ha impedito di portare avanti la mission del Coppi Club. E per mantenere un appropriato clima natalizio, è stato scelto un film che parla di morti, sortilegi, matrimoni forzati e inganni! Per la verità, La sposa cadavere lo volevo vedere da parecchio ma non avevo avuto occasione, per cui l'ho accolto con entusiasmo. E devo dire che alla fine sono rimasto soddisfatto.

Partiamo premettendo che non sono un grande fan di Tim Burton. Sia per quanto riguarda i film che l'animazione, la sua vena fantastica, per quanto apprezzabile, a volte mi sembra troppo tendente al favolistico. E va bene che di favole si tratta, con roba tipo Nightmare Before Christmas e La fabbrica di cioccolato, ma anche altre cose tipo i Batman da lui realizzati mi sono parsi inopportunamente slegati dalla realtà. Predisposizione mia, lo ammetto, perché che sia un grande artista non c'è nessun dubbio. Quello che intendo è che non ho quell'adorazione zelota di alcuni suoi seguaci, e se un suo film mi fa cagare lo dico senza problemi.

Mentre invece La sposa cadavere, per buona parte, mi è piaciuto. Questo accavallamento dei regni dei mortali e dei morti, questro intreccio di promesse e sentimenti, riesce a creare un racconto che, se anche non brilla certo per originalità, ha comunque una buona presa. I personaggi, per quanto stilizzati, appaiono credibili nelle loro azioni e motivazioni, in particolare proprio la sposa del titolo, che pare il più tormentato (e giustamente) di tutti, assieme ai due giovani promessi ostaggi delle rispettive famiglie. Come la storia procede e si conclude non serve dirlo, e quelle due-tre sorpese che vengono fuori, anche se intuibili, danno un tocco in più di sapore al tutto. Quello che mi interessa sottolineare è come l'ambientazione nelle due diverse "dimensioni", quella dei vivi e quella dei morti, appaia capovolta: grigio (letteralmente) e noioso il mondo terreno, colorato e festoso quello ultraterreno. Dove da una parte i genitori dei due rampolli complotanno un matrimonio di interesse, fregandosene della felicità dei rispettivi figli, dall'altra bande di scheletri si suonano a vicenda le clavicole e festeggiano i nuovi arrivati. Penso che il significato del film risieda più o meno tutto in questa contrapposizione: una forma di esorcismo nei confronti della morte, si potrebbe dire, o un'accettazione serena di quello che, presto o tardi, ci attende tutti.

Quello che ho gradito meno sono state le canzoni, che non sono molte, ok, però i musical non mi sono mai piaciuti quindi le ho sopportate male. Ma anche qui, problema mio. Mi chiedo sempre in questi casi come abbiano fatto i traduttori ad adattare il testo originale all'italiano mantenendone il senso, problema che mi assilla dai tempi di Aladdin. Ma questo è un altro discorso. Un altro particolare forse un po' superficiale è la volatilità del protagonista, che sembra accettare con troppa facilità il giuramento (involontario) e sembra cambiare direzione del suo amore troppo alla leggera. Ma forse più che di amore in questo caso si parla della dedizione che il giuramento comporta, nei confronti di chiunque sia pronunciato. A fronte di queste imperfezioni ci sono però alcune scene davvero belle, poetiche e commoventi, come il ritrovamento del cane e il finale, in cui la sposa si allontana. Per cui la bilancia pende decisamente verso il positivo, e La sposa cadavere risulta come un buon film.

Rapporto letture - Novembre 2012

Arrivo un po' in ritardo, siamo praticamente a fine mese e devo ancora fare la lista di quel che ho letto il mese scorso! Ma tanto in questi giorni di feste immagino che molti di voi, affaticati dai pranzi e dai cenoni e dagli avanzi consumati nei giorni successivi, avrete poco di meglio da fare che ciondolare per i blog, e magari trovare il tempo per leggervi il mio resoconto delle letture di novembre.


More about Corti - Terza stagioneIl primo minilibro da registrare è Corti Terza Stagione: Il ritorno dei Corti viventi, di cui ho già parlato all'epoca dell'uscita, trattandosi di una raccolta che include tre miei racconti. All'interno di questo volumetto tascabile (in senso )letterale si trovano una sessantina di racconti, di vari autori italiani, di lunghezza variabile ma sempre ridottissima: 200, 900 o 1800 caratteri, tutti "di genere". Come nelle due precedenti istanze della raccolta, il gusto di queste storie sta nel saper cogliere i sottintesi, le suggestioni e i suggerimenti che gli autori hanno inserito senza poter rendere esplicite. Non tutte le storie sono così "profonde", alcune sono più leggere e si riducono a semplici battute, ma l'amalgama risulta buono, e se pure la lettura è veloce, è quasi impossibile non tornare sui racconti già letti, per cercare di capire ogni singola parola e trarne il più possibile. Per inciso, questo è anche l'ultimo libro pubblicato da Edizioni XII. Voto: 8/10


More about AnathemE qui mi trovo in estrema difficoltà a parlare del secondo libro consumato nel mese (in realtà già cominciato a ottobre, ma completato solo a metà novembre, data la corposità). Perché Anathem, terzo libro che leggo di Neal Stephenson, è talmente complesso e onnicomprensivo che affrontarne i singoli aspetti è riduttivo in modo offensivo; d'altra parte, parlarne ampiamente, in un post dedicato, sarebbe superfluo, perché molti, prima di me, l'hanno già fatto. Per cui, se volete sapere meglio della storia e del mondo di Anathem vi rimando a chi lo ha già fatto, e io qui cerco solo di riferire le mie impressioni. Si tratta di un libro assolutamente completo, nel senso che contiene praticamente ogni cosa che dovrebbe avere una "grande opera": dall'avventura alla scoperta, da personaggi credibili e coerenti a misteri e colpi di scena, dal sentimento al sense of wonder. I temi poi che vengono inclusi nella lunga narrazione sono vari e tutti affrontati in modo acuto e coinvolgente: dalla matematica alla religione, dalla cultura alla filosofia, dalla scienza alla politica. Stephenson non ha solo creato un mondo (o meglio: una worldtrack), ma lo ha dotato di una sua storia, che presenta chiari parallelisimi con la nostra (non solo perché il lettore si possa divertire a trovare l'equivalente arbrano del Teorema di Pitagora e del Rasoio di Occam, c'è un motivo per cui accade), e si mostra determinante nello svolgesi degli eventi. Anche quando sembra che le "lezioni" impartite dall'autore (alcune davvero illuminanti sulla percezione della realtà e le dimensioni parallele) siano fini a se stesse, si scopre in seguito che il tempo speso ad assimilar queste nozioni viene ripagato nel corso della narrazione, e niente di ciò che si legge va perso. Stephenson stesso sapeva comunque di aver creato un libro complesso, per questo ha fornito un glossario e una cronologia del suo mondo, per aiutare il lettore a districarsi, soprattutto nelle fasi iniziali. Ma davvero, è veramente difficile riuscire a fornire un quadro esaustivo dell'esperienza che costituisce Anathem. Si può solo provarla, per capire. Non per niente, nel mio sondaggio Locus riguardo i migliori libri di fantascienza del decennio, lo avevo messo al rimo posto pur non avendolo ancora finito. Avevo già capito di trovarmi di fronte a un capolavoro, che non può meritare altro che un voto 10/10.


The Science Fiction Megapack è il primo libro acquistato sul kindle store direttamente dal mio aggeggino! D'altra parte 70 centesimi per 25 classici della sf mi sembrava un buon affare, per cui l'ho tirato giù subito e l'ho letto, procedendo spedito nella lettura grazie anche alle 10 ore di attesa al pronto soccorso quando mi hanno distrutto la macchina, il giorno dopo il mio compleanno... ma questa è un'altra storia. Il libro contiene racconti di autori storici come Fredric Brown, Mack Reynolds, Eando Binder, C.M. Kornbluth, Ben Bova, Lester Del Rey, Harry Harrison, Robert Silverberg... e vabbè mi fermo qui. Si tratta di racconti "classici" del genere nel senso che hanno una prospettiva avventurosa, a cui viene aggiunta la componente di mistero o di scoperta dell'elemento fantascientifico. Non tutti sono eccellenti, alcuni sono forse un po' lunghi per quello che hanno da dire, ma altri invece sono un concentrato di idee pure, proposte al lettore senza fronzoli. Una lettura ghiotta per farsi un po' di cultura di base, considerando che la traduzione italiana (se esiste) difficilmente si riesce a reperire. Voto: 8/10


More about Strani nuovi mondi 2012Ultima lettura del mese, alquanto in ritardo sui tempi di pubblicazione, è Strani nuovi mondi 2012, l'antologia che raccoglie i cinque racconti premiati al Premio Giulio Verne 2012, in cui mi sono classificato secondo con il mio Sinfonia per theremin e merli (la recensione si considera quindi al netto del mio lavoro, che non valuto). I racconti sono buoni, e incarnano anime diverse della sf: dall'ucronia di Simone Conti al pasticcio di x-files di Samuele Nava, dall'approfondimento tecno-sociologico di Ida Vinella alla descrizione di civiltà aliene di Vito Introna. Forse questa varietà è il pregio maggiore del libro, che offre stili e temi diversi in grado di soddisfare pressoché tutti i lettori. Certo c'è una considerevole differenza tra Troppo futuro per un uomo solo, frenetico e sgangherato, e La costumanza di Syulut, lento e ponderoso... ma appunto per questo dovrebbe andare bene a chiunque si trovi il volume per le mani. Voto: 7.5/10

Coppi Night 16/12/2012 - I mercenari 2

Non avevo visto I mercenari, quindi non ero troppo entusiasta della vittoria di questo film, perché mi sembra stupido partire da metà di una storia, anche quando, come in questo caso, non ci sono in realtà collegamenti solidi tra i due capitoli. I mercenari 2 si può infatti godere liberamente senza aver visto la prima parte, dato che tutte le (poche) nozioni di cui c'è bisogno vengono fornite nella prima parte del film. Che poi, alla fine dei conti, la "trama" è così essenziale che è difficile anche da riassumere: c'è una squadra di superuomini che deve vendicarsi, e lo fa. Fine. Tutto il gusto del film sta nello svolgimento: l'intento è quello di un film d'azione spropositato, esagerato fino al limite del realistico, ma non per questo pacchiano.

Una cosa eccellente di questo film (e presumo anche del precedente?) è che non ci sono tempi morti. In molti film d'azione, gli autori per qualche ragione pensano di dover dare "profonidtà" alle loro trame con momenti di approfondimento psicologico, flashback sul tormentato passato dei protagonisti, squarci di idilliaca vita familiare... qui non c'è niente di tutto questo. Dall'inizio alla fine si assiste ad azione pura, e i momenti di "calma" sono a loro volta farciti di battute o dialoghi relativi alla trama stessa, senza inutili sentimentalismi. C'è in realtà una sola di queste scene, quando il giovane cecchino della squadra di Stallone racconta la sua esperienza di guerra, ma in questo caso il personaggio puzza da lontano di redshirt, e il suo breve monologo ha la funzione di farci capire quale grave e imperdonabile perdita sarà la sua prossima morte (sì, questo sarebbe uno spoiler, ma sfido chiunque a non capirlo un quarto d'ora prima). Per il resto, i personaggi sono così chiaramente stereotipati (nel senso che si rifanno a figure ben definite, non nel senso che sono rappresentati in modo superficiale) che c'è poco da raccontare: i buoni sono buoni (anche se ammazzano più gente dei maggiori serial killer della storia messi insieme), i cattivi sono cattivi e pure parecchio stronzi.

Volendo applicare un minimo di logica a quanto si vede, viene da chiedersi di quali fondi disponga questo dream team di eroi, visto che possono permettersi di abbandonare delle jeep ultracorazzate, usare una moto per abbattere un elicottero, partire con un aliante raggiunto tramite aquascooter dal quale sparare sette-otto missili per abbattere un unico ponte... insomma, siamo sicuri che rientrino con le spese? Ma vabbè, anche mantenendo questi dubbi le scene rimangono parecchio godibili, e anche se in pochi minuti si consumano massacri di intere cittadine (già prima dei titoli di coda credo che vengano ammazzate un migliaio di persone), lo humor dark di molte scene è davvero spassoso. In realtà il film è così denso che non c'è tempo di farsi domande, e quando si arriva allo scontro finale Stallone/Van Damme sembra che sia finito davvero troppo presto. Io ero quasi convinto che mancasse una mezz'ora buona e che sarebbe venuto fuori qualche ultimo colpo di scena... invece era proprio la fine.

Non analizzerò singolarmente i vari elementi del cast, ma va da sé che riunire in un'unica storia tutti questi nomi che hanno fatto la storia dei film d'azione concede delle grandi gioie. Certo per la maggior parte di loro fa quasi tenerezza notare quanto siano invecchiati (oddio Van Damme perché ti sei levato gli occhiali da sole?) rispetto all'immagine che si ha di loro. Ed è piacevolissimo cogliere le battute e i riferimenti che infrangono la quarta parete, come Chuck Norris che cita egli stesso uno dei suoi famosi fact, e Statham che dice a Stallone che gli insegnerà la boxe.

Futurama 7x10 - Near Death Wish / Desiderio di un quasi morto

Fin dall'episodio pilota, la connessione tra Fry e il Professore è stata identificata nel fatto che il ragazzo appartiene a qualche appendice morta dell'albero genealogico della famiglia Farnsworth, pur non essendone un antenato diretto, come deduce anche in All the Presidents' Heads, dove si scopre che esisteva già un Farnsworth (non un Fry [perché, se non l'avete notato, Fry è il cognome]) all'epoca della guerra di secessione americana. È noto quindi che i Farnsworth sono in qualche modo collegati ai Fry, ma a parte questo si sa molto poco della famiglia del Professore. Una lacuna che con questo episodio è stata colmata: Near Death Wish infatti vede apparire addirittura i genitori del Prof!

Sì, so cosa viene da pensare: ma se già lui è vecchio oltre il limite della demenza senile, come fanno i suoi genitori ad essere ancora vivi? Allora, se vi sforzate un attimo, potete ricordarvi che nell'episodio della seconda stagione A Clone of My Own, il Professore, dopo aver ammesso di avere 160 anni, viene portato su quella che appare come una Morte Nera (la "Near Death Star"), una sorta di satellite-cimitero in cui i vecchi consumano la loro vita. In realtà, più che un cimitero si tratta di un colossale ospizio, e in effetti tutti gli ospiti sono collegati a una realtà virtuale condivisa, che nel frattempo mantiene i loro corpi in vita. Per questo, i signori Farnsworth sono ancora vivi, ed è Fry ad andarli a cercare, quando sente il bisogno di quell'amore familiare che ha lasciato mille e rotti anni nel passato. Scollegati e portati via dalla Near Death Star, i due anziani vengono ad abitare alla Planet Express, e Fry se la spassa con loro come se fossero i suoi nonni. Ma si scopre anche che il Professore, in realtà, non vuole avere niente a che fare con i suoi genitori, anzi, li odia con tutto se stesso, per le cose terribili che, a suo dire, gli hanno fatto sopportare da bambino. Alla fine, com'è giusto che sia, il Prof riuscirà a chiarirsi con i suoi vecchi, ma solo dopo un'ultima rivelazione che scombinerà quello che si era creduto fino a quel momento.

Come tutti gli episodi a tema "familiare", anche questo punta a un coinvolgimento emotivo più forte del solito, e il nucleo della storia non è tanto la battuta, l'avventura o l'idea fantascientifica, quanto la psicologia dei protagonisti, in questo caso del Professore, che se pure è il personaggio principale in molti episodi, raramente lo è a livello personale, semmai più per il suo ruolo di inventore/scienziato. Per questo è anche piuttosto insolito vederlo piangere e disperarsi, perché per abitudine sembra quasi che sia un personaggio privo di sentimenti... almeno nei confronti di altre persone. Riesumare (in senso quasi letterale) i suoi genitori non era certo una mossa prevedibile, e forse anche a puntata conclusa può sembrare un po' forzato il fatto che dopo tutto questo tempo (dodici anni, nell'universo narrativo di Futurama!) si scopra che i coniugi Farnsworth sono ancora vivi. La cosa è parzialmente giustificata dal fatto che proprio il Professore non volesse parlare di loro, ma rimane comunque piuttosto improbabile. Più comprensibile, da questo punto di vista, l'atteggiamento di Fry, che da bambinone qual è cerca l'affetto dei due vecchietti, in contrasto all'indifferenza nei suoi confronti del Prof. I Farnsworth contesi si mostrano benevoli e comprensivi, anche se leggermente rincoglioniti (ma vabbè, come dargli torto dopo decenni e decenni in un ospizio virtuale?), tuttavia anche da parte loro non sembra esserci troppo interesse a riallacciare i rapporti con il figlio. La componente sentimentale quindi  non funziona in modo perfetto, e la puntata ne risente nel suo complesso, essendo questo il focus dichiarato. In ogni caso, anche se la storia per come viene posta presenta alcune perplessità, le scene finali sono senza dubbio commoventi.

A livello di svolgimento e struttura, è da segnalare come già detto il ritorno alla Near Death Star, che si aggiunge agli altri richiami ad ambientazioni presentate in vecchi episodi all'interno della stagione 7 (il pianeta di Kif di Butterjunk Effect e il pianeta robot in Free Will Hunting). Ci sono anche citazioni di altre opere, in particolare (e forse anche in modo eccessivo) Matrix, a cui si ispira l'intero concetto della Near Death Star (realtà virtuale condivisa e umani usati come batterie). Essendo appunto un episodio "emotivo" le gag passano in secondo piano, ma il livello è comunque accettabile. Forse una delle parti più divertenti è proprio l'introduzione, in cui viene mostrata la cerimanai di premiazione dei migliori fattorini, a cui Fry partecipa (e vince, con notevole incremento di prestigio personale!). In definitiva la puntata è sufficiente, ma con un tema così forte probabilmente se ne sarebbe potuto trarre molto di melgio. Voto: 6/10

Edizioni XII chiude

Il 12 dicembre c'è stato un gran farfugliamento in giro per i blog e i social network riguardo il fatto che fosse il 12/12/12, probabilmente più di quanto è stato fatto per il 11/11/11, il 10/10/10, 09/09/09, e mi auguro che vi siate già stufati perché io non ne ho più voglia. Naturalmente non è successo niente in questo giorno che lo abbia distinto dagli altri 345 giorni precedenti del 2012, se non il fatto che è stata una giornata di merda come la metà di quelle 345 prima, tuttavia...

Tuttavia è stato opportunamente scelto come il giorno ideale per annunciare la chiusura delle Edizioni XII. Con un annuncio pubblicato sulla loro home page, su un enigmatico sfondo di menhir e chiavi, è stata data notizia ufficiale della chiusura di questa casa editrice, che tanto si era distinta nell'uderground italiana negli anni scorsi. I motivi non sono stati spiegati, e probabilmente non ce n'è davvero bisogno. Forse, per chi seguiva il gruppo, la cosa era già nell'aria da un po', da quando è stato chiuso il forum, alla chiusura della sezione concorsi, al ritardo della pubblicazione dei Corti Terza Stagione, che sarà, di fatto, l'ultimo libro edito da XII.



Non voglio fare discorsi sulle cause e le conseguenze di questa decisione, non è mio compito e tutto sommato non credo nemmeno sia rilevante, a questo punto. L'intento di questo post è quello di offrire un dovuto tributo a quella che è stata una delle più simolanti realtà editoriali degli ultimi anni. Edizioni XII, dal 2008 in poi, è stato davvero un punto di riferimento per la letteratura di genere, con prodotti di estrema qualità, concorsi e selezioni di alto livello (cioè, ve lo ricordate il Circo Massimo?), iniziative ed eventi unici. Non si può quindi non celebrare tutto quanto è stato, e forse è meglio che la fine sopraggiunga quando ancora i traguardi e i ricordi sono positivi, prima di venire consumati da una lunga e straziante agonia.

Se ricercate qui sul mio blog "xii" (nella casella di ricerca là sulla destra) potete notare quante volte questo nome è stato citato. Infatti dobbiamo a XII la pubblicazione di libri eccezionali di autori italiani come Melodia e Malapunta, di autori stranieri (inspiegabilmente ignorati in italia) come Brian Keene, di raccolte come Carnevale, la "scoperta" di autori come Samuel Marolla, la nascita di iniziative che poi si sono spostate su altri portali come USAM e Minuti contati, che tanto hanno contribuito a formare e far emergere decine di autori, e poi vabbè, non sto nemmeno a nominare le illustrazioni realizzate per loro da Diramazioni, a cui si deve anche l'immagine conclusiva qui sopra. Per quanto mi riguarda, XII è stata innanzitutto un'ottima palestra, grazie appunto ai concorsi già citati, che mi ha spinto e motivato a scrivere sempre di più e di meglio. In senso stretto, con loro ho pubblicato solo sui Corti, ma il coinvolgimento in altri progetti mi ha motivato a scrivere racconti che poi hanno fatto successo o raggiunto la pubblicazione altrove. Ma soprattutto, grazie a XII ho conosciuto molte persone, professionisti e amatori, che pur con accezioni diverse condividono la mia passione per le storie, la scrittura, le cose fatte bene. E questo, sono sicuro, rimarrà.

Per cui, alla fine dei conti, non considero la chiusura di XII un evento terribile e insuperabile. È triste di per sé, certo, e mi dispiace scoprire che non vedrò mai un Corti Quarta Stagione e il tanto anticipato Discronia. Ma questo addio non significa fine.  Quindi se devo accodarmi a qualcuno dei tanti che hanno diffuso la notizia, penso di rientrare nella scia di gelostellato aka Raffaele Serafini. So che le persone che formavano XII, che erano XII, si affacceranno presto in altre iniziative (anzi, lo stanno già facendo), e questo mi rincuora. Quindi più che "riposi in pace", mi sento di dire "grazie, e a presto".

Coppi Night 09/12/2012 - Il grande Lebowski

Ci avviciniamo alle ultime istanze del Coppi Club del 2012, che nelle ultime settimane sta soffrendo un po' di contraccolpi e defezioni dovuti a circostanze avverse e impegni superiori dei Membri. Poi si va verso le feste, quindi forse anche qualcuna delle prossime occasioni si perderà, ma vabbè, finché esisterà la domenica sera esisterà il Coppi Club.

Per la verità, riguardo al film in oggetto, ho poco da dire. O meglio, The Big Lebowski è uno di quei film cult di cui tutti hanno parlato e sentito parlare, citato di continuo, entrato nella pop culture da così tanto da diventare quasi un archetipo. Per cui, qualunque cosa io possa dire, sarebbe già stata detta e non aggiungerebbe nulla al patrimonio dell'umanità. Quindi non mi metto a raccontare di cosa parla e come lo fa, dico solo che personalmente lo apprezzo anche non lo idolatro, e rivedendolo a diversi anni dalla prima volta ho notato che forse inizia ad accusare un po' il trascorrere dei tempi, e può darsi che rivisto tra un altro decennio non avrà lo stesso potere (almeno non per le nuove generazioni, ma rimarrà un cult per chi lo ha assimilato in questi tempi). Ma, probabilmente, questa è proprio la definizione di cult, no?

Quindi ok, invece di parlare del film, faccio un appunto in merito al white russian, la bevuta che il signor Lebowski si prepara di continuo. Per chi non ha familiarità con i cocktail, il white russian è la variante "bianca", appunto, del black russian, composto da vodka (la parte russian) e liquore al caffè (la parte black, di solito kahlua); nel white, oltre a questi due si mescola anche la crema di latte, che poi sarebbe panna, ma non quella montata. Crema di latte che, badate bene, non è latte! Questo è uno degli equivoci più frustranti che capitano quando si va in giro, e in un locale si ordina un white russian: già non sempre è possibile trovare la kahlua, ma la crema di latte è praticamente estinta per cui ti ci mischiano il latte e allora me lo potevo preparare anche a casa! Quindi mi raccomando, se vedete il film e vi fate prendere la fissa del white russian, smorzate l'entusiasmo perché uno fatto ammodo lo troverete raramente. Adoperatevi perciò affinché i vostri baristi di fiducia si muniscano di panna!

N.A.S.F. 8 + Robot Ita 0.2

Doppia segnalazione di nuove uscite di raccolte di racconti di fantascienza che includono alcuni miei lavori. La prima riguarda N.A.S.F. 8, di cui avevo già parlato annunciando di aver vinto l'ultima edizione del concorso, e che a distanza di poche settimane è finalmente disponibile per l'acquisto tramite il portale Ilmiolibro.


Come ogni edizione del premio N.A.S.F., anche questa aveva un tema preciso, che si trattava di "mutazioni". Tra i trenta racconti (e qualche illustrazione) selezionati, il mio Il raccolto, che già era arrivato in finale al XIV Trofeo RiLL, è stato scelto come vincitore. Lo si può quindi leggere all'interno del volume, il quinto della serie dei N.A.S.F. (da N.A.S.F. 4 in poi) a vedere incluso un mio racconto, stavolta però nella privilegiata posizione di vincitore assoluto!

Inoltre, è da segnalare che con l'uscita di questo nuovo libro, tutti i numeri precedenti dell'antologia sono tornati disponibili su Ilmiolibro: i volumi dal 1 al 4 infatti erano stati inizialmente distribuiti con altri canali ed erano diventati introvabili, ma adesso sono di nuovo ordinabili. Potete quindi approfittarne per completare la collezione (come farò io, del resto). Tutte le info naturalmente si trovano sul sito dell'associazione N.A.S.F., e potete interagire direttamente con gli autori e i curatori della raccolta attaverso il relativo forum.


La seconda segnalazione riguarda una novità di questo mese delle Edizioni Scudo, che cito speso in quanto sono una delle più prolifiche fucine di pubblicazioni di ambito fantascientifico, sia in formato cartaceo che elettronico. La nuova uscita di cui faccio parte è Robot Ita 0.2, la seconda antologia di racconti dedicata al tema dei robot, appunto, che segue a qualche mese di distanza Robot Ita 0.1, progetto che mirava a raccogliere cento storie italiane di robot.



Il libro, in questo caso pubblicato attraverso Lulu, è disponibile per l'acquisto dalla pagina delle Edizioni Scudo, insieme alle decine di altre pubblicazioni accumulate negli ultimi anni, e contiene una quarantina di racconti di altrettanti autori, tutti a tema "robotico", tra i quali il mio Il guardiano del faro. Fate un giro pure qui e date un'occhiata all'ampia scelta di materiale disponibile, troverete sicuramente qualcosa di vostro gradimento, che sia steampunk o fantasy, horror o erotico, fino anche alle illustrazioni.

Ultimi acquisti - Novembre 2012 (parte 3)

Terza e ultima parte delle recensioni degli acquisti di novembre. Dopo aver esaminato nella parte 1 e nella parte 2 gli album di genere techno/minimal/house, concludo esaminando le compilation e un album che non rientrava nelle categorie precedenti.


Partiamo proprio con l'album, che è l'ultimo uscito di Deadmau5. Questo è un nome che potreste aver sentito, perché è uno degli elementi che hanno contribuito all'esplosione della "house" (virgolettato perché non credo sia la definizione giusta del genere) degli ultimi anni (per dire, insieme a gente tipo Guetta, House Mafia ecc). Forse, nel gruppo di questi soggetti, è quello più valido: la sua electro-house, dallo stile ormai caratteristico, si riconosce per i bassi corposi e le sonorità elettroniche. Deadmau5 (che si legge dead mouse, "topo morto") oltre a una serie infinita di remix, ha prodotto già diversi album, e questo > album title goes here < (sì, questo è il non-titolo, ma d'altra parte già in precedenza aveva usato nomi come Random album title) è soltanto l'ultima raccolta delle sue produzioni. Uso la locuzione "raccolta di produzioni", perché l'impressione derivante dall'album è un po' questa: non un lavoro unitario e omogeneo, ma una semplice composizione di lavori già pronti. Non sto dicendo che sia brutto, i pezzi nel loro genere sono tutti di buona fattura (a parte Failbait, che per la mia avversione al rap non riesco ad ascoltare), ma non emerge nessun tema di fondo che l'album dovrebbe perseguire. Per cui un buon lavoro, con pezzi di qualità come Superliminal, There Might Be Coffee e Closer (che riprende il tema musicale di Incontri ravvicinati del terzo tipo), ma che manca di un'anima vera e propria.


Dopodiché siamo alle compilation. La prima è Full Body Workout vol. 9, compilation dell'etichetta Get Physical mixata da Simon Baker, e distirbuita in edizione limitata (la mia copia è la 395/500). Si tratta, come nella tradizione dell'etichetta, di un mix di pezzi tech-house pubblicati da poco, raccolti qui tutti insieme. Si trovano nomi come Dj T, Onno, Alexi Delano e Martin Buttrich, sia come autori che come remixer. L'ascolto è piacevole, e il mix ben eseguito, tuttavia non ci sono pezzi o passaggi straordinari, per cui la compilation rimane nella media.




Ancora della Get Physical è Body Language vol. 12, la periodica mix compilation, stavolta mixata da Catz 'n Dogz. Il duo polacco è riuscito a comprimere 21 tracce negli 80 minuti di durata, includendo una serie di nomi non troppo noti del panorama house internazionale (ammetto che oltre a Soul Clap ne ho riconosciuti veramente poco). Il risultato è efficace, però forse un po' troppo monotono. Se ad esempio lo si confronta con la Body Language precedente, mixata da Nico dei Noze, il livello è ben diverso, in quanto quest'ultima aveva una selezione di pezzi molto più particolare (anche escludendo Zanini...). Insomma, anche questa una compilation ascoltabile ma che no lascia il segno.



Ultimo pezzo è la compilation Auslander, selezionata e mixata da Jiannis Siopis. Il genere è sempre tra techno e house, e anche in questo caso ci sono alcuni nomi non proprio conosciuti (i più famosi sono Soul Clap, Fur Coat, Deniz Kurtel). In questo caso però si nota una certa ricercatezza, infatti i pezzi raccolti hanno tutti un'atmosfera particolare e intensa, che riesce a dare al set un tono molto interessante. Onestamente so poco di Siopis, ma questo disco mi ha suscitato una certo curiosità, per cui credo che cercherò di informarmi meglio sul suo conto.

Coppi Nigh 02/12/2012 - The Ballad of Ricky Bobby

Metto il titolo originale perché di nuovo, nella versione italiana, ci è stato aggiunto un sottotitolo inverosimile e ingiustificato, che nemmeno voglio citare e se vi interessa ve lo andate a cercare su mymovies e inorridite per conto vostro. Questo film è un'altra di quelle commedie a tema sportivo, specificamente automobilistico, e come qualche settimana fa il protagonista è ancora Will Ferrel, sempre apprezzato dal Coppi Club. Personalmente non sono un grande esperto di motori, quindi i particolari "tecnici" del film, se ce ne sono, non ho potuto apprezzarli (anzi, mi sono dovuto anche far spiegare cos'è la NASCAR), tuttavia il film rimane comunque godibile.

Non c'è un granché da dire sulla storia. Bene o male ricalca la trama di tutti i film di questo tipo: un campione che fin da bambino è cresciuto con l'idea di primeggiare (qui spronato da un padre carismatico ma perduto), realizza il suo sogno ma poi vola troppo alto, si trova davanti un avversario più forte e crolla, per poi riprendersi eccetera eccetera. Non sto dicendo che sia noioso, solo che lo schema è il medesimo. Come sempre gli equivoci, le assurdita e gli sketch sono di buon livello, e risplendono sopratutto per le ottime interpretazioni del già citato Ferrel e anche di Sascha Baron Coen, che è il pilota francese che ruba il primato al protagonista (sarebbe stato interessante sentire il suo accento francese in lingua originale). In più di un'occasione si ride di gusto, anche se ho notato che il ritmo di questo film non è incalzante come altri dello stesso genere. Sembra che in alcuni casi si calchi troppo l'accento su alcune sequenze o sottotrame: come il primo scontro Ferrel/Coen, quando il francese gli immobilizza un braccio costringendolo ad ammettere di amare le crèpes: per quanto divertente, la scena si protrae troppo (e ci sono altre due o tre occasioni simili); o la parte riguardante i due figlioletti turbolenti messi in riga dalla nonna, che può andare bene come gag di sfondo ma viene riportata troppo spesso all'attenzione, quando incide molto poco sulla trama.

Insomma, un film leggermente sotto la media rispetto ai suoi cugini, ma sempre godibile e divertente. Se proprio ci inciampate sopra non fa male vederlo, ma non industriatevi troppo per trovarlo.

"Braid" su Il futuro è tornato

Invece di scrivere sul blog, oggi segnalo la pubblicazione di un mio post su Il futuro è tornato, il blog italiano dedicato alla fantascienza che, nonostante la giovane età, sta già facendo da punto di aggregazione per tutti gli appassionati del genere, grazie all'impegno e alla professionalità dei suoi gestori (per questo, al di là del mio articolo, vi invito comunque a seguirlo, merita davvero).

Ho deciso di passare a loro la recensione di Braid, un videogioco del 2008, perché sulle pagine del mio blog si sarebbe inserito male. Non avendo una rubrica specifica dedicata ai videogames, si sarebbe trovato fuori luogo, mentre invece su Il futuro è tornato trova il suo giusto spazio.

Braid è un prodotto indipendente, un platform che unisce alla struttura base del gioco la possibilità di riavvolgere e manipolare il tempo. Ma limitarsi a questo è molto riduttivo, perché in realtà Braid... ehi aspetta, ma è tutto scritto di là, mica devo ripeterlo? Basti sapere che sono stato profondamente toccato dall'esperienza con questo gioco, e (forse per la prima volta nei confronti di un videogame) ho sentito il bisogno di scriverne.

Vi lascio qui il trailer del gioco, così potrete valutare in un minuto se vi sembra il caso di sapere qualcosa di più su Tim e la sua Principessa rapita.



Quattro Apocalissi

Una decina di giorni fa annunciavo l'imminente uscita del mio primo e-book, e se siete in contatto con me su facebook o twitter potreste aver notato anche le anticipazioni di frammenti di copertina e brevi estratti dai racconti. Oggi, finalmente, metto fine ai misteri e calo l'asso, annunciando l'uscita ufficiale del mio primo libro elettronico. E lo faccio innanzitutto rivelando nella sua interezza la copertina realizzata da Simone Laurenzana:




Il titolo, come si dovrebbe riuscire a capire, è Quattro Apocalissi. Come avevo detto, si tratta di una raccolta di quattro racconti accomunati da un tema, e il tema è, appunto, la fine del mondo. Visto che ci stiamo avvicinando a una delle apocalissi più trendy degli ultimi secoli (anche meglio del millennium bug, direi), mi è sembrato opportuno scegliere questo filo conduttore per intrattenere il pubblico nelle poche settimane che rimangono.

Piccola digressione. A parte la copertina, ho eseguito personalmente tutte le altre operazioni necessarie alla preparazione dell'e-book, dall'impaginazione al test su dispositivo. Ora, so che a dire che questo è un e-book autoprodotto rischio di attirarmi la diffidenza di alcuni. Perché, si sa, se uno si pubblica da solo può far uscire qualunque porcheria, se non c'è un editore a fare da filtro come si fa a sapere che non si tratta soltanto di merda d'autore? Ecco, questo è il punto che preoccupava anche me, all'inizio: l'impressione di volersi "mettere sul mercato" a tutti i costi, quando non si ha ancora l'esperienza o il seguito per essere presentabile. Ma. Ma se è vero che chiunque (o almeno chiunque che abbia una minima conoscenza di formattazione testi, html eccetera) può realizzare il suo e-book, è anche vero che è il lettore a poter operare la selezione (come dovrebbe sempre essere, del resto). E personalmente, senza falsa modestia, non credo di poter essere considerato esattamente "chiunque" in questo senso. Il fatto che abbia pubblicato negli ultimi anni una quarantina di racconti in raccolte di vari editori, e abbia ottenunto circa venti menzioni/posizionamenti in altrettanti concorsi a livello nazionale, dovebbe dimostrare che non sono proprio l'ultimo arrivato. Certo non sono uno scrittore professionista (se non altro perché non ho mai riscosso nulla dalle mie opere... beh, insomma, quasi nulla), ma forse tutto sommato sono un buon artigiano. Per questo, non mi sento in difetto a raccogliere alcuni miei lavori e metterli a disposizione. L'acquisizione del kindle, e la scoperta delle sue immense potenzialità, mi ha convinto che fosse un passo meritevole di essere compiuto. Fine della digressione.

Quattro Apocalissi contiene quattro racconti di lunghezza variabile, per un totale di circa 65 cartelle. La fine del mondo è uno dei temi più ricorrenti, soprattutto in generi come la fantascienza e l'horror, e io stesso ho scritto forse una decina di racconti che trattano o si concludono con la distruzione della civiltà, della vita, del mondo, dell'unvierso. Ho scelto di accorpare questi quattro perché a mio avviso rappresentavano un buon assortimento di temi e toni, in grado di soddisfare più o meno tutti i gusti. Se da una parte infatti l'atmosfera è cupa e sinistra, altrove è surreale e grottesca, o del tutto leggera; se in una storia si gioca sulle costanti cosmiche, in un'altra si tirano in mezzo divinità e in un'altra ancora pandemie virali. Insomma, i quattro testi, anche se forse non tutti eccellenti, offrono una buona panoramica delle potenzialità del genere... e di quelle mie.

Dei quattro racconti, tre sono del tutto inediti. Il primo è Il giorno più importante, l'unico direttamente legato all'apocalisse prevista per il 21 dicembre 2012, che mostra la giornata non proprio comune di un normalissimo ragazzo, che si confronta con situazioni sempre più strane che lo porteranno a capire (forse) come il mondo sta andando in rovina. In En prison, racconto che si è piazzato al terzo posto nel Circo Massimo 2011, il protagonista scopre di avere un'inconscia compulsione al suicidio, ma dietro ad essa si nasconde una minaccia ben più grave, che coinvolge l'intero pianeta, e anche oltre. Il Giorno del Giudizio è stato di fatto il primo racconto che ho pubblicato su Short Stories 5 nel 2008, e che ho deciso di riproporre qui: il racconto appunto del Giudizio Universale, che però si rivela ben diverso da quello che avevamo capito diversi millenni fa (se preferite, potete leggerne anche la versione tradotta in francese!). Chiude il libro Mal d'amore, un breve excursus sulle tecniche riproduttive sviluppate nel corso dell'evoluzione e di quali imprevisti queste possono comportare.


L'e-book è scaricabile dall'apposita pagina sull'altro mio blog-vetrina, in formato mobi, epub, pdf o in uno zip che li raccoglie tutti. Ho testato la leggibilità sul kindle e mi pare che funzioni tutto a dovere, ma si tratta pur sempre del primo che preparo, quindi qualcosa potrebbe essermi sfuggito. Eventuali segnalazioni in merito saranno estremamente gradite, così come feedback e commenti di qualsiasi tipo, anche direttamente qui sul blog. Ringrazio per la fiducia chi vorrà scaricarlo e concedergli le poche ore di lettura che richiede, sperando di riuscire a fornire una giusta dose di intrattenimento intelligente in attesa del compiersi delle profezie. E se verrà fuori che mi sono sbagliato, e il mondo non finisce in nessuno di questi modi, magari l'anno prossimo potrei pensare di farvi leggere anche qualcos'altro. Quale prospettiva vi spaventa di più?

Ultimi acquisti - Novembre 2012 (parte 2)

Dopo aver esaminato nella parte 1 gli album techno/minimal, in questo secondo post passo in rassegna gli album techno/house e derivati. Nella terza e ultima parte ci saranno invece compilation e un album di altro genere.

Cominciano con un album che viene dai Crosstown Rebels, etichetta già citata più volte su queste pagine, e che costituisce probabilmente il più fulgido esempio di house contemporanea. I Fur Coat si inseriscono perfettamente all'interno del solco tracciato qualche anno fa da Damian Lazarus, con suoni e vocal leggeri ma efficaci. Tuttavia, in Mind Over Matter manca forse qualcosa. Se i pezzi sono buoni e di facile ascolto, non si nota però nessun guizzo di originalità, nessuno spunto particolare in grado di elevare l'album da una semplice raccolta di pezzi a un lavoro completo.



Di matrice opposta è invece Death by Misadventure, primo album di Chymera. Pur avendo pubblicato un album già nel 2005, il dj irlandese ha raggiunto notorietà a partire da qualche anno, grazie soprattutto ai suoi dischi usciti su Cocoon (come Fierenix e Pump). Qui, se pure rientramo a grandi linee nell'ambito techno, lo stile è personale, i temi evocati profondi, e ci si perde facilmente nell'ascolto di titoli come An Island in Space o The Chase. Chymera si conferma così un autore in grado di trasmettere una forte emotività attraverso i suoi pezzi, come alcuni singoli usciti negli anni precedenti facevano intuire. Un disco, questo, che rientra probabilmente tra i migliori usciti nel 2012.
 

Di Kalkbrenner si è già parlato in altre recensioni musicali, ma attenzione: in questo caso non si parla di Paul, dj conosciuto a livello internazionale anche grazie all'interpretazione del film Berlin Calling, ma di suo fratello Fritz. Questo suo primo anno, uscito nel 2010, dimostra le evidenti affinità con lo stile del fratello, ma conserva comunque una sua identità. In Here Today Gone Tomorrow si trovano pezzi techno-electro, per buona parte arricchiti da testi scritti e cantati dallo stesso Fritz (a proposito: anche la famosa Sky and Sand è stata scritta e cantata da lui, non da Paul!). Si nota però anche una componente che riprende suoni e metriche della musica country/folk, in particolare in pezzi come Right in the Dark, Wichita Lineman, Facing the Sun. Ogni canzone dell'album viene anche accompagnata da un commento dell'autore che ne illustra le origini e il significato, e aggiunge così valore al lavoro complessivo.
 

Sempre di Fritz Kalkbrenner (perché, c'erano entrambi, non dovevo prenderli?) è Sick Travellin', uscito a ottobre di quest'anno. Lo stile, rispetto all'album precedente, è pressoché lo stesso, anche se qui si nota un'evoluzione verso i suoni più da club, che comunque non snatura l'indole già mostrata in Here Today Gone Tomorrow. Si trovano quindi tanto pezzi costruiti intorno al testo come Little By Little e Get a Life, quanto tracce più rivolte all'ambito techno come Make Me Say e Monte Rosa. Le due componenti tuttavia non cozzano tra loro, anzi si riesce comunque a percepire una comunione di intenti, un messaggio di base che emerge da tutte le canzoni che formano l'album.