Ultimi acquisti - Novembre 2011 (parte 1)

Ehi, ma era da agosto che non mi facevo una paccata di cd nuovi! La settimana scorsa ho provveduto a rimpolpare le mie riserve di suoni, accaparrando 13 nuovi oggetti da aggiungere alla mia collezione che è molto prossima alla massa critica di implosione. Trattandosi di parecchia roba, suddividerò il resoconto in tre parti: un primo post (questo) per gli album techno/electro, uno per gli album di genere diverso, e uno per le compilation.


Cominciamo con un album da poco pubblicato sull'etichetta M_nus (leggi "minus"), che come si evince dal nome si dedica principalmente alla minimal. After the Storm rispecchia in pieno la definizione dell'etichetta, con dieci tracce di pura techno minimale, di quella che sicuramente a voi profani viene a noi ad ascoltare, ma che un appassionato del genere riesce a gustare appieno. Il primo album di Barem si rivela quindi una buona prova, e sarà sicuramente interessante seguirne le prossime produzioni. Come nota a margine aggiungo solo che ho apprezzato molto (da fissato dei titoli quale sono) la scelta di nominare le tracce in sequenza con le parole che compongono la frase: there is nothing bettere than a clear blue sky after the storm.


Altra novità è Tridact, album sulla cui copertina non è riportato nemmeno l'autore ma che all'interno si scopre essere Brandon Johnson. Chiunque esso sia. Un nome che in effetti non dice nulla, ma un disco a cui non ho saputo resistere dopo un primo assaggio. Sonorità electro che ricordano una italo disco declinata in una struttura più moderna, con l'aggiunta di qualche corda nei punti giusti, che riescono a creare una serie di pezzi che in qualche modo ricordano le sere estive appena trascorse. Un album che forse non si presta al clubbing, ma che riesce a riscaldare il cuore durante l'ascolto, facendo affiorare qualche sorriso di compiacimento.


Sapevo già dell'uscita del nuovo album degli Extrawelt, e vedermelo davanti mi ha fatto aumentare abbondantemente la salivazione, anche più del profumo di lampredotto proveniente dal banchetto poco lontano da Mastelloni. Le aspettative per In Aufruhr, che google translate mi ha rivelato significare "in rivolta", erano alte, e posso dire che non sono state disattese. Le tracce sono tutte in perfetto stile Extrawelt, con ritmi incalzanti, bassi forti e un sapiente uso delle distorsioni del suono, e si riconosce il tocco presente anche in vecchi dischi come Titelheld e Doch Doch. Un paio di pezzi mi si sono fissati in testa già dopo il primo ascolto, come Aufwind e Swallow the Leader, e questo indica che il duo tedesco ha fatto bene il suo lavoro. Se proprio si vuole muovere una critica, devo dire che In Aufruhr non mi ha sorpreso come il precedente Schone Neue Extrawelt (anch'esso pubblicato da Cocoon): il gruppo si è forse stabilizzato su uno stile che padroneggia, dal quale non intende allontanarsi. Il che può andare bene, ma lascia l'aspettativa per qualcosa di innovativo, che sicuramente da loro ci si può aspettare.


Abbandoniamo il 2011 e passiamo a un paio di album più datati, ma non per questo meno validi. Paul Kalkbrenner potrebbe essere un nome non del tutto sconosciuto, che ha raggiunto un notevole livello di fama per aver interpretato nel 2008 Berlin Calling, uno dei pochi film dedicato al mondo della musica elettronica (dico "uno dei pochi" perché la mia cultura cinematografica non è così vasta, ma può darsi benissimo che sia proprio l'unico), di cui lui è sia attore che compositore della colonna sonora. Zeit risale al 2001, quindi antecedente al film, ma all'epoca Kalkbrenner era già un dj e produttore largamente affermato. Undici tracce, tra le quali un paio di interludi strumentali, e per il resto buona techno con una componente melodica importante. L'album è più che discreto, ma volendo trovare anche qui un difetto, si può obiettare che in effetti è troppo corto! Anche escludendo gli interludi, le stesse canzoni non sono molto lunghe, raggiungono al massimo i 5 minuti, e l'album intero dura forse meno di un'ora.


Per ultimo ho lasciato la sorpresa, il disco che non mi aspettavo e che mi ha fatto innamorare. Orchestra of Bubbles è una collaborazione realizzata nel 2006 da Ellen Allien e Apparat. Della Allien ho già parlato quando ho acquistato l'ultimo album Dust (e poco dopo la relativa raccolta di remix), e ho già potuto esprimere il mio apprezzamento per questa artista. Nell'album le sue tipiche sonorità morbide e emotive si sentono tutte, così come la sua voce che interpreta i testi riportati nel libretto. Apparat si miscela alla perfezione, dando alle canzoni una carica in più che riesce a rendere le tredici tracce tanto coinvolgenti quanto avvolgenti, adatte sia all'ascolto che all'utilizzo in pista. Un album che si potrebbe definire a metà tra techno/electro, con il beat che spesso non segue i 4/4, ma la varietà e ispirazione dei suoni rendono Orchestra of Bubbles una di quelle rare opere che non può non essere apprezzata da chiunque ami la musica come forma di arte in sé, al di là delle classificazioni. Provate ad ascoltare Way Out, Retina, Bubbles, e poi fatemi sapere.

Coppi Night 20/11/2011 - Human Nature

Solitamente quando si guarda un film lo si identifica innanzitutto con gli attori presenti. In secondo luogo si pensa al regista. Raramente lo sforzo va oltre nella catena di realizzazione dell'opera, rivolgendosi agli autori veri e propri della sceneggiatura. Perché, un film va anche scritto. In molti casi le sceneggiature sono adattamenti di romanzi, racconti, o film precedenti. Ma a volte si tratta di opere originali, concepite e scritte come film. In questo caso si può pensare che il film sia stato "creato" dall'autore, per poi essere realizzato da tutta la squadra di produzione, regista e attori inclusi. Ma sono pochi gli sceneggiatori che acquisiscono fama in quanto tali.

Uno di questi però è Charlie Kaufman. Senza voler ostentare troppo la mia più completa adorazione per questa persona che esprime in ogni sua opera la più pura forma di genio che si possa riscontrare in un essere umano, mi limito a citare i film scritti da Kaufman: Essere John Malkovich, Confessioni di una mente pericolosa, Il ladro di orchidee, Eternal Sunshine of the Spotless Mind, Synecdoche New York, e, ormai l'avrete capito, il presente Human Nature. Ora, bisogna ammettere che Kaufman ha avuto dalla sua registi di grande mestiere come Spike Jonze e Michel Gondry, che hanno saputo realizzare al meglio le sue idee, così come attori altrettanto validi (Catherine Keener, Jim Carrey, Kate Winslet, John Malkvocih [ma dai!?], Philip Seymour Hoffman, e... sì, pure Nicholas Cage). Quindi forse non è tutto merito suo se i film "written by Charlie Kaufman" sono dei capolavori, ma, insomma, conterà qualcosa, no?

A voler essere onesti, ora che ho visto tutti i film di Kaufman (eccetto Confessioni di una mente pericolosa, che ho scoperto che mi mancava proprio ricercando ora la filmografia completa: mancanza che rimedierò al più presto), posso dire che Human Nature è il meno riuscito. Certo il "meno riuscito" di Kaufman lo colloca al di sopra della media dell'intera produzione cinematografica mondiale annuale, ma in un'ipotetica Kaufman Collection sarebbe quello da mettere come prima uscita al prezzo lancio di 3,90 €, altrimenti nessuno lo comprerebbe. La storia ruota intorno a tre personaggi: un uomo cresciuto nel bosco da una scimmia (o meglio, da suo padre convinto di essere una scimmia), una donna che soffre di una forma estrema di ipertricosi che la rende completamente coperta di peli, e uno psicologo che studia il comportamento animale, con l'obiettivo di insegnare loro le norme della "civiltà". I tre raccontano ognuno dal proprio punto di vista, riferendo a un diverso tribunale, e mettono così insieme la storia che li ha visti intersercarsi e scambiarsi di ruolo in più di un'occasione. Si capisce che lo scienziato troverà l'uomo-scimmia e cercherà di civilizzarlo, la donna pelosa vorrà vivere come l'uomo scimmia, l'uomo scimmia vorrà essenzialmente solo accoppiarsi. In tutto ciò si hanno diverse situazioni paradossali, al limite del surreale, e qualche riuscito colpo di scena.

Quello che non funziona in Human Nature è una direzione precisa data alla storia. Il tono è palesemente leggero, ma non si capisce se voglia essere deliberatamente comico o solo parodistico, se si sta cercando di inscenare una pantomima o un dramma. L'idea del selvaggi "corrotto" dalla civiltà e poi riportato alle sue origini di per sé è scontata, e le vicissitudini degli altri personaggi intorno a questo nucleo non riescono a dare maggiore profondità al tema centrale, quello della "natura umana" che si manifesta sempre e comunque (come nel finale a sorpresa). Un messaggio quindi troppo facile, per un film che forse non ha il coraggio di mostrarsi del tutto per quello che è, ovvero una fiaba moderna. Ciò detto, si tratta comunque di un film che riesce a intrattenere, e anche a divertire. La leggerezza non impedisce alla struttura di intrecciarsi, con i punti di vista dei personaggi che si incrociano e si accavallano, anche in luoghi e tempi diversi.

E con questo, sono riuscito a portare nel Coppi Club già tre film di Kaufman, dopo Essere John Malkovich e Il ladro di orchidee. Con Eternal Sunshine (che per inciso, è il mio film preferito in assoluto) ci proverò ancora, ma non credo che avrà una strada facile per aggiudicarsi la vittoria. Per Synecdoche New York (di cui Kaufman non è solo autore ma anche regista!) non ci provo neanche, tanto più che non è mai stato doppiato in italiano. Spero che mi abbiate sentito, distributori cinematografici: Synecdoche New York non è ancora stato tradotto in italiano! Datevi una mossa!

Flashback to Millions

Breve comunicazione di servizio: data la flebilmente annunciata imminente chiusura di Splinder, che sarà definitivamente offline a fine gennaio, tutti i contenuti del vecchio blog andranno persi. Per questo, ho intenzione di pianificare una più massiccia operazione di flashback su questa piattaforma, in modo da non perdere tutto quello che è stato il primo Unknown to Millions per oltre due anni.

Naturalmente non traslerò in blocco e senza criterio i vecchi post, ma cercherò di inserirli diluiti in mezzo ai nuovi. Inoltre non riprenderò tutti i contenuti, ma solo quelli ancora attuali e interessanti: le varie recensioni (musicali, letterarie o cinematografiche [esclusi i precedenti resoconti delle Coppi Night, sarebbero troppi]), le citazioni (bustine di zucchero, immagini e [quote]) e qualche altro post occasionale. Vecchie segnalazioni e autopromo chiaramente non hanno senso di essere riportati qui.

Per cui, se non volete perdervi nemmeno questi contributi più datati, avete un'ultima possibilità di farvi un giro sul primo Unknown to Millions. In seguito lavoreremo per rendere il vostro soggiorno qui sempre più piacevole.

Futurama 6x21 - Möbius Dick

Solo due episodi fa, Leela era la protagonista di una storia non troppo esaltante, in cui emergeva il suo animo filantropico/buonista. Ma il personaggio ha un carattere complesso, che oltre a farne una donna di ideali la mostra spesso come persona determinata, combattiva, pronta al confronto e allo scontro. È questa sua seconda natura che prevale in Möbius Dick.

Il titolo fa subito pensare al romanzo di Melville, con il gioco di parole che include il famoso "nastro di Möbius", una particolare costruzione topologica che risulta in una striscia bidimensionale che in realtà che scorre sulle tre dimensioni. E infatti, la storia consiste proprio nella caccia a una gigantesca balena spaziale quadridimensionale. L'equipaggio della Planet Express si trovà a confrontarsi col mostro dopo aver attraversato incautamente il "tetraedro delle Bermuda", una regione di spazio in cui molte astronavi sono andate perdute. Dopo i primi attacchi, che privano l'astronave del carico che avrebbero dovuto consegnare, Leela decide in qualità di capitano di catturare la balena, per recuperare la merce ma forse (soprattutto) per ottenere vendetta. Attivata la proplusione con le vele solari, i marinai spaziali inseguono Möbius Dick, che ha la capacità immergersi ed emergere dalla quarta dimensione, nella quale anche l'astronave si ritroverà per un breve tratto. Ma la lotta è impari, e nonostante le proteste degli altri Leela porterà avanti la sua caccia fino all'inevitabile rovina.

La puntata si fa interessante fin dalle prime battute, in cui si vede la fondazione della Planet Express risalente a cinquant'anni prima, con il primo equipaggio, la prima missione e il primo lancio nello spazio. Un giovane Zoidberg insolitamente popolare era già a fianco del Professore, e sarà l'unico sopravvissuto dell'attacco della balena che ha distrutto la Planet Express 1. La scoperta del relito della vecchia astronave, e la comparsa del mostro, aggiungono poi adrenalina alla storia, e l'inseguimento è a sua volta appassionante. In tutto questo, c'è anche spazio per una rivelazione finale, in cui Leela scopre la vera natura di Möbius Dick, apparentemente condannando se stessa e tutti i suoi compagni.

Quello di veramente notevole in Möbius Dick è come gli autori siano riusciti a rendere epica una banale consegna di merce. La determinazione e ossessione di Leela per il suo lavoro e il suo ruolo ne fanno un leader spietato ma inflessibile, ed è questo particolare a fare la differenza alla fine. Se si aggiungono a questo i flashback sulle origini dell'azienda del Professore, la breve sequenza nella quarta dimensione, e particolari geek come le budella della balena (fatte proprio in forma di nastro di Möbius) o le sue sfiatate costituite di frattali, si ottiene un episodio di grande livello, un'avventura dal passo rapido e composta di ottimi ingredienti nelle giuste proporzioni. Voto: 9/10

La fine dell'era della tv in casa Piscu

Venerdì è arrivato anche qui (una tra le ultime zone italiane) il temuto switch off. Ovvero, da quel momento tutti i segnali televisivi trasmessi sulla banda analogica (uhf/vhf) sono stati spenti, e si può ricevere solo il nuovo segnale digitale. I cinque televisori di casa Piscu, da quello stesso momento, sono regrediti alla funzione esclusiva di monitor per altri apparecchi come videoregistratori (sì, ce l'ho ancora!) e lettori dvd. Nessuno finora aveva acquistato un decoder, e nessun televisore è abbastanza nuovo da riuscire a ricevere il digitale come dote innata. A dirla tutta, nessun televisore è abbastanza nuovo da funzionare con un sistema più moderno del tubo catodico.

Per cui, da venerdì in casa mia non c'è più la televisione. Ora, io non sono un grande televisofago, anzi il tempo che passo seguendo il palinsesto è piuttosto limitato: quando sono a casa preferisco intrattenermi al computer, e se ho voglia di guardare un film lo faccio più spesso lì, o appunto guardando un dvd. Capita raramente che trovi in tv qualcosa che mi interessa. L'unico appuntamento pressoché fisso è quello dell'ora di pranzo, che passo volentieri seguendo i cartoni su italia 1, a patto che si tratti di classici come Simpsons, Dragon Ball, Lupin, e in periodi fortunati pure Futurama. Allo stesso tempo però, non sono un integralista anti-tv, e sono molto scettico quando sento quei discorsi da bar secondo cui tutti i presunti mali della società attuale, dal consumismo alla superficialità, dai cani assassini alle stragi del sabato sera, provengano dall'influenza malefica della televisione. Ho sempre pensato che ognuno sia libero di farsi intrattenere come preferisce, ben conscio del potere del telecomando che gli consente di zittire l'apparecchio quando si fa più invadente o più noioso.

Ma da un paio di giorni, anche il telecomando ha perso il suo potere. Con tutta la buona volontà, non è in grado di far apparire anchorman e presentatori, comici e vallette, moderatori e politicanti, predicatori e calciatori. Poco male. È mia ferma intenzione non acquistare il decoder, proposito confermato proprio ieri mattina, quando recandomi al supermercato per comprare qualche ingrediente per la cena [seppie ripiene con patate, nda], ho visto una scatolina con scritto "DECODER DIGITALE" in almeno metà dei carrelli. No, io non ne voglio fare parte. Non escludo che qualcun altro in famiglia decida di dotarsene, ma a me non interessa.

Come ho smesso di ascoltare la radio quando l'unico conduttore che seguivo è stato sospeso, adesso ho il pretesto per liberarmi anche della presenza della tv. Senza rancori, ma con determinazione. Si può vivere anche senza televisione, no? Bene, scopriamo come si sta.

Coppi Night 13/11/2011 - Ocean's Eleven

Come negli altri sporadici casi di film ampiamente noti al grande pubblico, mi pare inutile fornire la mia recensione di questo. Posso solo dire che lo ritengo brillante, ben congegnato e supportato da un validissimo cast, e che nonostante avessi bisogno (tanto, davvero tanto bisogno) di dormire in quell'ora e quaranta di domenica sera, non ci sono riuscito perché mi sono lasciato trascinare dal film, pur conoscendolo e avendolo visto già un paio di volte.

Quindi invece di parlare del film, rimuovo l'etichetta cinematografica dal post, e lo sfrutto per dare qualche gustoso quanto non richiesto particolare in più sullo svolgimento delle Coppi Night. Il Coppi Club si riunisce ormai da più di tre anni (non c'è una precisa data di inizio, è stato un processo graduale), e nel corso del tempo si sono instaurate delle tradizioni che vanno anche al di là del Regolamento vero e proprio. Per esempio, nonostante non ci siano criteri definiti per la selezione di film da proporre durante ogni serata, ogni Anfitrione ha delle caretteristiche che col tempo si sono affermate. Si hanno così tanto una "serata trash" come una "serata blockbuster", e varie sfumature e livelli di ricercatezza differenti per i vari Membri. Domenica scorsa si trattava proprio di una di queste serate blockbuster, nelle quali, da anni, l'Anfitrione era solito proporre, come ultimo film della lista, senza nemmeno preoccuparsi di aggiungere una descrizione (o limitarsi a un laconico "lo sapete"), proprio Ocean's Eleven.

Ecco che, dopo anni, questa cartuccia gli è stata tolta dall'arma. Alla vittoria del film, avvenuta peraltro con la monetina (a sua volta ritrovata da me la mattina prima, dopo che era stata dispersa per mesi in mezzo agli spiccioli in macchina) dopo un pareggio finale, si è levato un boato da parte degli altri Membri del Club, soddisfatti di aver finalmente portato alla vittoria gli undici di Ocean. Adesso, tra i "grandi successi" che Mr. Blockbuster continua a proporre quasi ogni volta, gli rimane solo Cool Runnings, che però raramente è stato votato da più di due persone.

La lunga storia della mia pressione per Pitch Black ve la risparmio invece per un'altra volta.

Rapporto letture - Ottobre 2011

Una mattinata sotto l'effetto dell'acido acetilsalicilico è l'occasione ideale per redigere il rapporto letture del mese scorso, impresa impegnativa visto che si tratta di rievocare sette libri. Sarà un post più lungo della media quindi parto subito.


More about La scacchieraQuesto vecchissimo Urania è un romanzo di John Brunner, autore che ho già avuto modo di apprezzare intanto per l'ottimo e innovativo Tutti a Zanzibar, e poi per una serie di racconti sempre di buon livello che mi è capitato di leggere. Se di solito però Brunner si occupa di fantascienza (anche se non nella sua forma più hard), questa storia è invece un mistery/giallo, ambientato in un'ipotetica capitale di un paese sudamericano governato da un dittatore. Il protagonsita è un analista del traffico, assunto apparentemente solo per risolvere i problemi di viabilità della città, ma ben presto si scopre che la posta in gioco è molto più alta, ed egli stesso rimane coinvolto in un gioco più grande di lui. Non costituisce spoiler rivelare che La scacchiera è ingegnosamente costruito basando i movimenti dei personaggi su quelli di una famosa partita di scacchi, ma se sulle prime questo sembra più una sfida per lo scrittore che un plus per il lettore, arrivati alla fine si scopre che questa impostazione non è puramente strutturale, ma anche funzionale alla trama, e non si può che riconoscere la grandezza di questo scrittore che è riuscito a mettere insieme un meccanismo così perfetto. Voto: 8/10


More about Missione eternaGeneralmente apprezzo Joe Haldeman, ma la mia considerazione nei suoi confronti sta via via scemando. Forse perché di recente mi sono trovato sempre più spesso a leggere sue storie che sembrano scritte per inerzia, più che per ispirazione. Questo Missione eterna, che dovrebbe essere un seguito dell'eccellente (quello sì!) Guerra eterna, è un esempio chiaro di questa tendenza. A parte il fatto che con il capitolo precedente ha in comune solo i personaggi, e che la storia è completamente diversa (non sarebbe necessariamente un male, se non si pensasse maliziosamente che Haldeman abbia voluto cavalcare il successo dell'altro libro), questo è un romanzo che sembra non avere una direzione precisa, come se fosse stato scritto portando avanti idee improvvise e tra loro indipendenti. Quasi metà libro per entrare nell'azione vera e propria, e una conclusione che francamente appare ridicola, un finale che si sarebbe potuto appiccicare senza criterio a qualunque storia. Non ci siamo. Voto: 5/10


More about Il mondo nuovo - Ritorno al mondo nuovoAccostandomi a Il mondo nuovo ero leggermente timoroso. Questo perché credevo che il romanzo di Aldous Huxley, come molti "classici" fosse ponderoso e difficile da seguire per stile e temi. Invece questo romanzo distopico non è solo interessante per le sconvolgenti idee che espone, ma anche una lettura appassionante per le vicende di cui i personaggi sono protagonisti. I brevi saggi aggiunti alla fine aiutano a inquadrare in maniera più completa i problemi affrontati nel libro, dando una visione inquietante del "mondo nuovo", che oggi pare quanto mai vicino (e infatti proprio da qui ho tratto il [quote] # 14). Si associa spesso questo libro a 1984di Orwell come esempio di distopia futuristica, ma è mia convinzione che questo sia molto più subdolo e realistico: la dittatura del piacere al posto di quella della repressione; popolazioni condizionate non ad avere paura, ma a godersi la vita; sovraccarico di frivolezze invece della censura. Vi ricorda qualcosa? Voto: 8.5/10


More about Sotto la dicitura dei miracoliNon avrei mai letto questo libro (anche perché probabilmente non lo si trova in libreria), se non mi fosse stato prestato da un conoscente dell'autore Vladimir G. Londini, desideroso di avere la mia impressione sul romanzo (forse abbagliato dal titolo di Scrittore dell'Anno di cui ancora posso fregiarmi). E, a dirla tutta, se non avessi letto questo Sotto la dicitura dei miracoli non mi sarei perso niente. Pur figurandovi alieni e pianeti diversi, si può dire che sia fantascienza nella stessa misura in cui le favole di Esopo sono etologia. La storia è confusa e incomprensibile, mescola misticismo neocristiano a filosofia newage, tira in ballo valori e rivelazioni senza ragioni precise, utilizza personaggi tutti simili tra loro che agiscono senza ragioni precise. Se devo essere onesto, dato che un minimo conosco questo mondo, è chiaramente l'opera di un principiante pubblicata senza una minima critica letteraria. Voto: 3/10


More about GesùRestiamo in ambito pseudoreligioso con un altro libro che mi è stato prestato, l'unico non-narrativo di tutto il mese. In Gesù - L'invenzione del dio cristiano, l'autore Paolo Flores d'Arcais sfrutta argomenti storici e culturali per mostrare come la figura di Gesù, che probabilmente fu soltanto un predicatore come tanti, sia stata manomessa dai suoi stessi seguaci fino a farne diventare un messo divino. Sfruttando in gran parte le stesse fonti dei vangeli, si scoprono le contraddizioni e le interpretazioni distorte volutamente dalla Chiesa, ed è difficile riuscire a confutare la validità delle argomentazioni. Una lettura sicuramente interessante, forse resa più ostica dalle numerosissime citazioni che compaiono per tutto il libretto. Voto: 7/10


More about Strani attrattoriStrani attrattori viene presentato come "antologia di fantascienza radicale", ma in realtà mi sembra più opportuno parlare solo di letteratura underground, perché molti racconti di fantascientifico non hanno proprio nulla. Questo non vuol dire che la raccolta perda di valore, perché i molti autori coinvolti riescono a fornire una panoramica di temi, stili e interpretazioni del mondo moderno capasce di lasciare un segno profondo nel lettore. Si trovano opere di gente conosciuta come Sterling, Ballard e Di Filippo, così come altri meno noti e alcuni addirittura anonimi. Oltre ai racconti veri e propri ci sono anche alcune poesie, e brani di testo costituiti di poche righe di difficile collocazione. Peccato scoprire solo nella postfazione che la ShaKe, per la trasposizione italiana, sia stata costretta a tagliare un numero considerevole di lavori. Voto: 8/10


More about MalapuntaL'ultimo libro del mese ho finito di leggerlo sul treno di ritorno dal Lucca Comics, mentre alcuni ragazzini di fronte a me discutevano del fratello di Vegeta. Si tratta di Malapunta, che riporta in copertina Morgan Perdinka come autore. Questo Morgan Perdinka, che difficilmente avete sentito nominare, è un personaggio del romanzo L'estate di Montebuio di Danilo Arona, e (ve lo rivelo io) in realtà Arona è l'autore anche di questo libro di Edizioni XII, di cui lui si dichiara soltanto curatore. Una storia complessa, ambientata su un'isola (Malapunta, appunto) dell'arcipelago toscano, un posto misterioso e forse "magico", in senso molto ampio. In Malapunta di mescolano elementi fantascientifici, mitologici, horror e onirici, in un percorso che da un test di "sogno collettivo" procede verso una probabile e imminente fine del mondo. Forse manca qualcosa per poter dire che questo libro è perfetto, perché arrivati alla fine non tutti i dettagli trovano una loro chiara spiegazione (anche se il confine tra realtà e sogno è uno dei temi principali, per cui può darsi che si tratti di un effetto voluto), e alcuni personaggi e situazioni sembrano non essere sfruttati al pieno delle loro potenzialità. Ma la storia è avvincente e soprendente, e in più di un'occasione ci si trova di fronte a degli sconvolgimenti che obbligano il lettore a riconsiderare tutto quanto appreso fino a quel momento. In definitiva, un ottimo romanzo di un autore italiano che non ha niente da invidiare ai colleghi best-selling internazionali. Voto: 9/10

Coppi Night 06/11/2011 - Libera uscita

Sarà il momento diffic-, cioè, mi correggo: dimmerda che stiamo passando un po' tutti di questi tempi, ma ultimamente alle Coppi Night vanno le commedie. La selezione di film di questa settimana proponeva varie alternative tra castori e palloni, ma alla fine l'ha spuntata quest'altra (solita) commedia sentimentalsessuale americana. Immemori dei terribili patimenti dell'ultimo film di questo tipo, i membri del Club hanno dato fiducia a un film che, invece di giovani yuppies arrapati, propone le storie di alcuni yuppies di mezza età che hanno perso il loro ardore dopo anni di matrimoni e figli scodellati. I due protagonisti ottengono dalle rispettive mogli una settimana di "libera uscita", ovvero una sorta di nullaosta speciale per poter soddisfare il loro desiderio di promiscuità e tornare all'ovile più mansueti di prima.

Cosa ci si può aspettare da una trama del genere? Esatto, proprio quello che state pensando: i quarantenni prima rimbalzano, poi imbroccano, poi si tirano indietro, e mentre le mogli a loro volta hanno trovato da fare con dei ragazzotti che potrebbero essere i loro figli, arrivano a capire che la vera passione di cui hanno bisogno non è quella delle fresche squinziette là fuori, ma l'amore solido e routinario delle rispettive sfiorite consorti. [Che poi: sfiorite il cazzo! Ci arrivassi io a quarant'anni con una moglie in quelle condizioni!] Avreste mai immaginato una morale come questa? Se la risposta è no, probabilmente non avete acceso la televisione negli ultimi sessant'anni, e vi siete persi tutto quello che sta tra Happy Days e I Simpson.

Fortunatamente, si può dire il film è divertente, e grazie a diverse battute azzeccate e gag che coinvolgono i principali umori corporali la storia scorre in modo piacevole e quasi ci si dimentica che si sta assistendo a una rappresentazione delle più noiose banalità della cultura WASP (quarterback del college inclusi). Quindi, non un film che rivedrei, ma posso dire che la visione è stata piacevole quanto le frittelle al cioccolato che mangiavo nel frattempo: un sapore soddisfacente ma di cui ci si dimentica in fretta.

Facce di libro e facce di cazzo

Sfrutto questo post per riferire qualcosa che non mi riguarda personalmente, ma è capitato a un mio amico. Mi pare un episodio interessante per dare un'idea delle perversioni dell'attuale Era dell'Informazione.

Circa una settimana fa, questo mio amico (di cui non faccio il nome per ragioni che in seguito appariranno chiare, lo chiamerò soltanto Z) è stato chiamato a casa dalla polizia postale. Cercavano proprio lui, si sono accertati della sua identità e lo hanno invitato a presentarsi da loro per una "chiacchierata". Al telefono non gli hanno detto nulla riguardo la ragione della sua convocazione, rimandando tutto all'incontro di persona. Naturalmente già questo ha causato un certo sconcerto, perché Z sa bene di non aver commesso nessun crimine per il quale si renda necessario "chiacchierare" con le forze dell'ordine. Ma il tono della richiesta era quello che non si può rifiutare, per cui alla prima occasione Z ha preso la macchina e si è fatto un bel viaggetto di un'ora per raggiungere gli uffici della polizia postale.

Arrivato sul posto, Z è stato fatto accomodare e dopo un paio di domande tendenziose, volte in pratica a verificare se raccontava balle (perché sapevano già la risposta), gli è stato chiesto se utilizza qualche social network. L'innocente risposta affermativa ha dato loro la conferma delle accuse in campo: un professore universitario di Z (laureato già da parecchi mesi) ha sporto denuncia verso di lui e tutti gli studenti che gli hanno rivolto ingiure di qualsiasi tipo tramite facebook.

Z ovviamente non ricorda il caso specifico, ad anni di distanza, ma ammette di aver probabilmente mandato cordialmente in culo il prof, dopo essere stato bocciato a un esame, commettendo forse l'imprudenza di scriverlo pubblicamente su facebook. Si parla quindi di qualcosa del tipo:

Z scrive: ma vaffanculo al prof e al suo corso del cazzo!
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Tutto qui. Non ci sono di mezzo minacce, apologie di reato, affermazioni razziste, antisociali, e nemmeno blasfeme. Il professore in questione ha fatto rintracciare tutti gli studenti che hanno scritto frasi del genere e li ha denunciati in blocco. Ancora da vedere se il giudice convaliderà l'accusa, quindi tutto potrebbe finire lì. "Niente di cui preoccuparsi" è stata l'ultima frase dell'agente a Z, "ma è meglio se intanto cerchi un avvocato penalista."

Per cui, per questo giochino per cui non c'è niente di cui preoccuparsi, Z si è preso una notevole strizza, ha persona una mattinata e una somma misurabile tra benzina, autostrada, parchimetro eccetera, e probabilmente dovrà sborsare dell'altro anche solo per un consulto con un amichevole avvocato penalista.

Evito considerazioni che potrebbero apparire superficiali e qualunquiste, ma sono convinto che molti (tutti?) pensiamo la stessa cosa. Questo post, come dicevo all'inizio, vuole essere solo un monito di quello che può capitare a chiunque di voi, un giorno qualsiasi. Dovesse succedere, vi faccio passare da Z il contatto del suo penalista di fiducia.

Coppi Night 30/10/2011 - Frankenstein Junior

Anche i grandi classici, di tanto in tanto, hanno l'occasione di manifestarsi ad una Coppi Night. Difficilmente vinceranno mai film come Via col vento o Guerra e pace (anche se questo io l'ho proposto), ma un Ritorno al futuro (film di cui sono il tutor) o un Sergio Leone sono già capitati, e ora al conto si aggiunge anche l'opera di Mel Brooks.

Proprio perché si tratta di un immancabile classico, non mi sembra il caso di procedere con una vera e propria recensione, perché non avrei nulla da aggiungere a quanto è già stato detto in decenni di storia del cinema. Di Frankenstein Junior oggi si può dire che è un po' superato quanto a ritmo e struttura, con recitazione e scene forse più vicine al teatro che al cinema, ma rimane a distanza di tanti anni un film ancora valido, antesignano di tutte le parodie semidemenziali che partono appunto con Mel Brooks, passando per i fratelli Zuckerman e approdando tristemente sui recenti Scary Movie.

Liquidate in due frasi le impressioni sul film, prendo spunto per una riflessione di altro tipo. Non so se si può parlare di un cambiamento negli standard di lavoro dell'industria cinematografica (almeno quella italiana), ma è interessante notare come in un prodotto tanto vecchio sia stata messa una cura tanto approfondita nell'adattamento dei dialoghi da riuscire a trasporre (in modo grossolano, ma efficace) battute basate su giochi di parole intraducibili. Per esempio nella scena della carrozza:

- Werewolves. [Lupi mannari.]
- Where wolves? [Dove lupi?]
- There wolves. There castle. [Là lupi. Là castello.]
Che in italiano diventa il famigerato "lupi ululì, catello ululà". È forse ingenuo, ma anche ingegnono e sicuramente valido, in tono con il film che già in precedenza si soffermava sull'assurda parlata del servitore gobbo. Ci sono anche altri esempi, ma questo è sicuramente il più calzante. La cosa fa riflettere perché se si pensa a prodotti più recenti, in cui parole di uso comune vengono tradotte in modo del tutto fuori contesto e insensato, viene da pensare che l'approccio all'adattamento dei film sia cambiato drasticamente.

Sondaggio: cambiare i colori del blog?

È passato quasi un anno da quando ho aperto questo nuovo blog, e come già facevo notare nel 100° post posso ritenermi soddisfatto per i risultati ottenuti. Unknown to Millions non è certo un nodo di traffico intenso, ma ho una buona platea di lettori e un numero moderato ma costante di visitatori giornalieri, per cui non mi lamento.

Tuttavia, mi è stato fatto notare un paio di volte che il tema che ho scelto per il blog (sfondo blu e scritte grigio) non facilita la lettura. Onestamente a me sembra che i toni che ho scelto siano comunque abbastanza tenui da non cazzottare il lettore, ma può darsi che la mia sia una valutazione distorta dai miei gusti personali e dal desiderio di mantenere una continuità con il vecchio blog. D'altra parte può anche darsi che quei 2/3 segnalatori soffrano di una forma latente di discromatopsia.

Quindi chiedo a tutti quanti si troveranno a passare di qui: preferireste che cambiassi i colori, scrivendo i post con un carattere scuro su uno sfondo chiaro?

Potete rispondere al sondaggio qui accanto, in modo che possa farmi un'idea. Lo tengo aperto per una settimana o poco più, solo per consentire a quanti di solito o per caso leggono queste parole di darmi un loro responso. Se volete, potete cogliere l'occasione per lasciarmi un commento riguardo alla fruibilità dei contenuti, e se pensate che qualche modifica nella struttura del blog sarebbe necessaria.

Tengo a precisare che non credo nella democrazia mediata tramite il voto popolare, per cui non deciderò cosa fare in base ai risultati del sondaggio, ma far esprimere i diretti interessati può fornirmi una panoramica utile per valutare come muovermi.

Grazie per la collaborazione.

Futurama 6x20 - All the Presidents' Heads / Tutte le teste dei presidenti

Il viaggio nel tempo è uno dei temi classici della fantascienza, e Futurama non poteva evitare di confrontarvisi, anche se David X. Cohen afferma che nelle intenzioni iniziali degli autori non ci sarebbero stati cronoviaggiatori nella serie, per evitare di dover trattare i paradossi derivanti. Ma in seguito hanno cambiato idea, e incentrati sul viaggio nel tempo ci sono alcuni dei migliori episodi di sempre: il vincitore dell'Emmy Roswell that Ends Well, l'epico The Why of Fry, il primo dei quattro film Bender's Big Score e lo struggente The Late Philip J. Fry in questa stessa stagione.

Alla lista adesso si aggiunge All the Presidents' Heads, in cui i protagonisti scoprono un nuovo modo di viaggiare nel tempo: semplicemente leccando le teste esposte nel Museo delle Teste, grazie alle proprietà di un minerale presente nella soluzione che preserva in vita i reperti, si raggiunge l'epoca di cui è originaria la testa stessa. Così, dopo aver scoperto lo spregevole ruolo nella storia americana di un suo antenato, il professore decide di raggiungere l'epoca della guerra d'indipendenza per ripulire il nome della sua famiglia. Naturalmente le cose andranno male, e dopo aver incontrati alcuni personaggi storici (Franklin, Jefferson & friends) il professore e gli altri si ritrovano nel XXXI secolo, solo per scoprire che la rivoluzione americana non è mai avvenuta, e gli stati uniti sono ancora una colonia inglese.

A parte il simpatico gioco di vedere il mondo futuro trasposto in tema english, che assomiglia un po' allo scambio di sessi in Neutopia, la trama del pasticcio temporale non offre nulla di nuovo, essendo uno dei cliché  più scontati del viaggio nel tempo, forse proprio uno di quelli che all'inizio gli autori volevano evitare. Se a questo si somma il fatto che la risoluzione della crisi è improvvisa e di fatto non mostrata, si ottiene un episodio dall'impalcatura un po' debole, purtroppo nemmeno compensata dal livello delle gag. È divertente sentir parlare i personaggi con accento inglese, ma aiuta poco quando non fanno praticamente nulla. Senza contare che il viaggio nel tempo inventato come pretesto per far fallire la rivoluzione è francamente ridicolo. Immagino che per un americano vedere la propria Gloriosa Rivoluzione Dalla Tirannia Europea reinterpretata, con i personaggi dell'epoca riportati in versione cartoon, sia di per sé una ragione sufficiente per giustificare una storia, ma per il pubblico estero che non ha gli stessi sentimenti il tutto appare più fiacco.

C'è un detto che fa: "Qual è la differenza tra un europeo e un americano? Un europeo pensa che cento chilometri siano una lunga distanza, un americano che cento anni siano un lungo tempo." Ecco, credo che questo sia uno dei casi in cui questa differenza si manifesta. Voto: 5/10