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Rapporto letture - Settembre/ottobre 2024

Fine estate impegnativa con diverse letture forzate per impegni e un paio di discorsi antipatici che mi tocca fare e porteranno ad argomenti più estesi, altrove da qui.

In realtà inizio con un recupero, perché mi ero dimenticato nel rapporto letture precedente che ad agosto avevo letto pure Solaris. O meglio, riletto, perché il capolavoro di Stanislaw Lem lo avevo già letto tanti anni fa, forse troppi, non abbastanza per essere in grado di capirlo davvero. Per questo ho pensato che fosse il caso di provare a rileggerlo (nella nuova traduzione pubblicata da Sellerio) per vedere come mi sembrava adesso che sono forse un po' più maturo del diciannovenne (o anche meno) che lo ha letto la prima volta. E vabbè, che vi devo dire. Mica avete bisogno che vi parli io di questo libro, no? Per me è tutto quello che la fantascienza dovrebbe essere, fare e dire. Lem si conferma una delle mie guide spirituali, l'obiettivo che non raggiungerò mai come scrittore. Sono anche in difficoltà a dare un voto perché, davvero, con che diritto assegno un numero a una cosa del genere.

Iniziato durante l'estate ma finito a inizio settembre, Tomorrow and Tomorrow and Tomorrow è una lettura su cui ero partito con una certa diffidenza. Avevo sentito parlare di questo "romanzo sui videogiochi" di Gabrielle Zevin, ambientato tra la fine degli anni 90 e il 2000, e temevo un'operazione notalgia per millennial malinconici. Invece si è rivelato meglio costruito di quello che pensavo, con la storia dei due amici game developer che lavorano assieme dai tempi della scuola fino all'età adulta, perdendosi e ritrovandosi, litigando e facendo pace, mentre il mondo attorno a loro cambia insieme alle loro vite. È un libro che rappresenta bene il rapporto tra due persone che collaborano da una vita, e tra i quali scorre anche un filo di romanticismo che però non trova mai soddisfazione. Mi è sembrato che nella parte finale andasse a forzare un po' la situazione, quando uno dei personaggi secondari fa una brutta fine, mi è sembrato un meccanismo artificioso per portare nuovo conflitto tra i protagonisti, ma in generale è trattato tutto molto bene, con un uso intelligente del narratore onniciente (probabilmente ne parlerò sul canale) e il giusto spazio al game design. E soprattutto, niente notalgia per i perduti anni 90. Voto: 8/10

Quelli che seguono sono i tre romanzi finalisti del Premio Mondofuturo, la prima edizione di un premio letterario per romanzi di fantascienza organizzato nell'ambito del Trieste Science+Fiction Festival di cui sono stato giurato. Li ho letti tutti nel corso di settembre perché appunto dovevo fornire la mia valutazione in tempo. Devo ammettere che non è andata benissimo, i tre finalisti (selezionati da una commisione interna) mi sono sembrati tutti poco adeguati, di certo non il meglio che si potesse trovare nella fantascienza italiana del 2023 (di questo ho parlato durante le riunioni con la giuria, ed è stato preso in considerazione, per cui non sto accoltellando nessuno alle spalle). Iniziamo dal primo, Prigionieri dell'effimero di Nino Martino, a mio avviso il peggiore in assoluto. Il romanzo è ambientato sul pianeta utopico di Sogno III (che però, in un'occasione diventa inspiegabilmente Mango III, wtf!?), occupato da una comunità che potremmo definire di hippy spaziali dediti ai giochi di ruolo (tanto che obbligano tutti gli stranieri in visita a partecipare a una sessione di roleplay perché così possono tracciare la loro personalità). Su questo pianeta perfetto è avvenuta la morte di una scienziata/poetessa, che si sospetta essere un omicidio ma di cui non si riesce a scoprire moventi e colpevoli. Dell'indagine sono incaricati due fratelli, agenti di una qualche forza d'ordine interplanetaria (e figli dei protagonisti di storie precedenti dell'autore) che sono l'esempio più efficace di bamboccioni privilegiati dal nepotismo. I due protagonisti infatti sono degli inetti totali, non hanno una singola qualità o expertise, non arrivano a una sola deduzione logica ma lasciano che sia la loro IA ginoide (che ha accesso a tutte le informazioni del mondo e capacità di calcolo infinite) a mettere insieme i pezzi, mentre il resto viene svolto in videochiamata dai genitori che se ne stanno nella loro villa a prendere il tè. L'unica cosa che sono in grado di fare i fratelli è punzecchiarsi a vicenda (a volte con uno strano innunendo erotico), chiedere alla IA di fare qualcosa al posto loro, osservare i corpi delle donne (umane o robotiche o olografiche non importa) che per qualche ragione hanno sempre queste vesti leggere che scoprono i seni, e guardare dalla finestra della loro astronave a fine capitolo in modo che si possa concludere con uno scorcio di uccelli che volano contro il tramonto. La parte investigativa è del tutto assente, priva di qualsiasi tensione perché ogni cosa viene risolta offscreen, piena di red herring che non portano da nessuna parte e risolta poi semplicemente con un interrogatorio che sarebbe potuto facilmente svolgersi al giorno 1. Le brillanti deduzioni proposte sono in realtà le informazioni di base che gli investigatori avrebbero dovuto avere sul caso, per esempio il fatto che la vittima fosse una poetessa di fama interplanetaria con un fandom di cultisti dovrebbe stare nei file dell'indagine, no? E invece no, quando lo scoprono pare una grande rivelazione. Ci sono sicuramente degli spunti fantascientifici che hanno un qualche valore ma non sono niente di diverso da quello che si leggeva nel 1945 e sono accrocchiati dentro una storia che non li supporta, quasi per ficcare temi "importanti" (l'arte, la vita, la morte) e dare così di riflesso profondità al libro. Una cosa che mi ha fatto particolarmente incazzare per la sua illogicità è che la tipa che è stata uccisa (una nigeriana nerissima con i denti bianchissimi, cosa che ci viene fatta notare a ogni occasione) era una biologa che seguiva la terraformazione del pianeta, ma al tempo stesso una poetessa "effimera" nel senso che le sue poesie diffuse in rete avevano un codice intrinseco che le faceva sparire dopo un giorno. Ecco, proprio perché lei usava questo codice di autodistruzione dei suoi post su tumblr, è capace di ricavare che nel codice genetico delle piante di Sogno III è presente un gene che porta all'autodistruzione nel giro di qualche generazione. Cioè capito, è come dire che siccome so come fare un header in html allora se leggo il DNA di un cammello so quali geni compongono la testa. E tutto ciò riguarda solo quella che è la costruzione della storia, ma la scrittura stessa è di un livello infimo. Ripetitiva, farraginosa ma al tempo stesso vuota, e i dialoghi in particolare sono spesso surreali, i personaggi hanno delle interazioni inconsequenziali, parlano tra loro come se metti Siri e Alexa a rispondersi a vicenda. Ci sono poi alcune espressioni lessicali curiose, come per esempio l'uso reiterato di "qualche cosa" in vece di "qualcosa", che forse era prassi nel ventennio, ma oggi, ecco, la lingua corrente è un po' aggiornata. Nota di demerito per il male gaze rivolto a questi corpi sinuosi e capezzoli sporgenti che emerge in ogni capitolo, e quella punta di paradigma colonialista con le razze non bianche ritenute "esotiche". Un romanzo veramente brutto sotto tutti i punti di vista, che non rende assolutamente giustizia al livello della fantascienza contamporanea. Voto: 4/10

Secondo libro della tornata era Il dio elettrico, del pressoché esordiente Federico Tamanini. Qui la storia inizia da una IA globale che prende il controllo e decreta che la sopravvivenza dell'umanità richiede dei sacrifici, impone quindi a ogni nazione di scegliere una possibile strada per evitare l'estinzione: vita sotterranea, svolta ambientalista, emigrazione su Marte ecc. La premessa, per quanto certo non originale, ha comunque un potenziale, perché conduce a un mondo diviso in zone in cui ognuna pratica una strada diversa sotto il giogo di quest'entità malevola, un po' come se AM di Harlan Ellison per qualche motivo avesse a cuore la continuazione dell'umanità ma non perdesse il suo odio per i creatori. Purtroppo a partire da qui la trama si fa dispersiva, con un tentativo di romanzo corale che però rimane solo fuori fuoco, dato che le vicende di buona parte dei personaggi non hanno nessun impatto sulla storia e si concludono senza una vera risoluzione. Inoltre il finale è un deus ex machina terribile, con l'IA onnipotente che viene battuta perché il suo programmatore aveva già previsto un codice per disattivarla alla bisogna e doveva solo trovare il modo di avvicinarsi, per cui tutte le azioni costruite fino a quel momento appaiono del tutto irrilevanti dato che la soluzione c'era già. Di buono c'è che alcune sequenze di azione sono condotte benino e alcuni personaggi hanno storie personali abbastanza interessanti, ma tutto ciò rimane annacquato nella mediocrità del resto. La scrittura anche qui ha difetti macroscopici, con sezioni di infodump (una in apertura al libro che descrive tutta la situazione, tanto che sembrava il riassunto della stagione precedente di una serie tv) e problemi anche a livello di sintassi, spesso nei dialoghi non si capisce chi parla i soggetti delle frasi balzano da una frase all'altra. Anche le mere convenzioni tipografiche sono ignorate, per esempio nella formattazione dei dialoghi. Una convenzione banale come quella di usare il corsivo per i pensieri inframezzati ai dialoghi qui è ribaltata, con i dialogue tag che decrivono le battute in corsivo, e i pensieri tra virgolette (wtf!?). Roba che basterbbe aver letto due libri negli ultimi trent'anni per aver notato come viene svolta di solito. Naturalmente su questi aspetti la responsabilità va imputata all'editore, perché se decidi di pubblicare un testo che magari ha delle imperfezioni tecniche, ti incarichi di metterlo a posto, e invece qui non è successo. Nel complesso non mi sento di squalificare troppo il libro, perché l'autore è alle prime armi e qualche spunto interessante è presente. Questo è uno dei casi in cui l'intervento di un buon editor avrebbe potuto tirare fuori da un'opera grezza e approssimativa un prodotto quanto meno discreto. Non posso assegnargli la sufficienza ma ho una moderata fiducia nelle possibilità di Tamanini, se avrà la pazienza di mettersi a studiare e lavorare meglio sui suoi testi. Voto: 5/10

L'ultimo finalista del premio è considerato uno dei maggiori esponenti della fantascienza italiana, e appartiene a quella cerchia di "autori urania" che spesso vengono presi a rappresentaione dell'intera scena fantascientifica. Di Piero Schiavo Campo credo di aver letto un paio di racconti (sulle antologie estive di questi anni) ma Il viaggio della Electra Persei è il primo romanzo. Anche questo si apre con un lungo infodump che è letteralmente il riassunto delle puntate precedenti perché fa riferimento a fatti e nozioni derivanti da Il sigillo del serpente piumato, con cui questo romanzo condivide l'ambientazione in una galassia che sfrutta il paradigma della simulazione, in cui esistono esseri e poteri sovrannaturali che corrispondono agli sviluppatori del nostro universo. In questo la storia si svolge come una space opera classica, con protagonsita un diplomatico che si ritrova coinvolto in traffici loschi e assiste alla distruzione della Terra. Per ripristinare il pianeta natale deve accettare la sfida di uno di questi esseri superuniversali, che sfortunatamente anche qui si conclude con l'intervento di un deus ex machina... indovina? Un'IA superintelligente, anche qui. Ci sono idee interessanti, come gli scacchi infiniti e il pianeta che riproduce l'inferno dantesco, ma anche questi sembrano rimanere al livello di curiosità, non sono mai troppo approfonditi e integrali nella vicenda. La narrazione ogni tot capitoli viene interrotta da parti in cui una voce narrante (quella dell'autore?) illustra alcune nozioni sul multiverso, la probabilità, i viaggi nel tempo ecc. Informazioni interessanti, che però non è chiaro come si inquadrino nella vicenda complessiva, da che punto della storia derivino e sembrano del tutto extradiegetiche, quando ci sarebbe stato modo di farle emergere dalla storia. Nel complesso questo è un romanzo leggibile, la scrittura è precisa e pervasa da un velo d'ironia che la rende piacevole, ma non brilla sicuramente né per innovazione né per stile, sembra un po' di leggere certe cose che scriveva Farmer negli anni 60. Voto: 6/10

Chiuso il sottocapitolo del premio, passiamo ad altre letture. Avevo fatto un po' indigestione di fantascienza per cui mi sono dovuto disintossicare e ho pensato di farlo con Bugifera, l'ultimo capitolo della saga del Regno di Taglia di Jack Sensolini e Luca Mazza. Se vi ricordate qualche mese fa avevo letto Apocalemme e mi aveva conquistato, e il fatto che a così breve distanza abbia letto il successivo mi sembra rivelatorio. Bugifera chiude l'esalogia (novelle incluse) iniziata con Vilupera qualche anno fa, e riprende dalla fine del precedente, con la guerra infernale che sta per travolgere tutto il Regno. A opporsi alla discesa dei demoni ci sono i Fratelli di Taglia, soldati rinnegati che si incaricano di combattere la guerra che il re aveva cercato di condurre da solo. La storia segue due piani principali, uno con i preparativi alla guerra (che intrecciano molte delle vicende e personaggi incontrati nei volumi precedenti) e l'altro con la processione (Via Trucis) con cui uno dei protagonisti viene torturato per compiere un rito demoniaco che porterà all'evocazione dell Bugifera, la "Fiera del Vespro" che dovrebbe portare il mondo alla rovina totale. Come hanno già dimostrato, gli autori hanno uno stile unico e un'intensità rara nel raccontare le gesta di derelitti e antieroi, che come dicevo per Apocalemme bilancia dramma e farsa in un modo impeccabilel che mi ricorda i migliori spaghetti western. In questo caso devo ammettere che mi è piaciuta di più la parte di processione/rituale, che ha dei momenti di estrema truculenza ma mantiene il tono epico/biblico, mentre la guerra è forse un po' affrettata nelle parti iniziali, ma diventa poi più convincente andando avanti. Nel complesso si respira un'atmosfera quasi nostalgica, si percepisce che quella che stiamo leggendo è la fine di qualcosa (di una saga, di un'era, di un regno, e di tante persone) e questo lo rende a suo modo diverso da tutti i precedenti. Apocalemme rimane il mio preferito ma questo è una più che degna conclusione. Voto: 8/10

La bellezza è un libro che mi era stato segnalto fin dall'uscita perché parla di funghi che contaminano e ibridano gli umani, e l'ho finalmente letto (in preparazione del podcast sui funghi) e posso dire che sì, ha molti tratti in comune col mio Spore (che però è uscito prima, ecco). In questo romanzo Aliya Whiteley racconta di un mondo in cui le donne sono scomparse, e una piccola comunità di soli uomini viene visitata da donne-fungo che diventano compagne e amanti, perché si sa, gli uomini scoperebbero qualsiasi cosa con una parvenza di mammelle. Il romanzo si inserisce nel filone new weird, con tanti discorsi su questa "bellezza" che visita l'uomo e come la comunità viene cambiata dall'incontro, non necessariamente positivo visto il potere seduttivo quasi soprannaturale di questi funghi le cui intenzioni non sono ben chiare (e come potrebbero esserlo, sono funghi). Un buon romanzo, a mio avviso un po' preveidbile, ma forse perché sono abituato a questo tipo di storie e forse anche perché l'avevo già scritta prima io. Voto: 7.5/10


Infine mi sono letto un quasi Premio Strega, ci credete? Invernale è stato finalista all'ultima edizione e ho dovuto leggerlo per presentare Dario Voltolini a Pistoia. In realtà non sapevo bene cosa aspettarmi e forse se l'avessi saputo non avrei accettato. Non perché il libro non sia valido, ma perché tocca temi a cui sono fin troppo sensibile. È la storia della malattia del padre dell'autore, scritta in occasione del quarantesimo anniversario della morte dell'autore. Questo è un argomento che non riesco ad affrontare con lucidità (vi ricordate La strada?) ma al di là della mia sensibilità posso dire che il libro (che non so se si può classificare come romanzo, è quasi una cronaca, non è costruito come una storia) è scritto con grande maestria e colpisce dove deve. È una lettura che per chi ha vissuto un'esperienza del genere può essere traumatica o terapeutica. Non so se consigliravelo, decidete voi. Non posso dare un voto in casi come questo.


Rapporto letture - Maggio/Giugno 2024

Metà 2024 è passato e quindi sarebbe il caso di fare un semibilancio delle letture dell'anno, ma non lo faremo perché why bother. In compenso ripercorriamo le letture degli ultimi due mesi, rilevando come anche stavolta abbia avuto una discreta variabilità di generi, epoche, nazionalità, temi. Bravo me.

Iniziamo con uno dei miei esperimenti di lettura di autori self del fantastico. Ho provato con Incantesimo di Giulia Canteri che non mi ricordo in che modo ho selezionato. La storia di una principessa fuggita da un regno caduto che viene salvata da una misteriosa regina magica che sembra volerla legare a sé per sempre. Questo libro è un caso anomalo tra i self letti nell'ultimo anno e mezzo, perché laddove nella maggior parte dei casi questi erano irredimibili sotto tutti i punti di vista, stavolta ho percepito la presenza di un messaggio, di un nucleo tematico su cui la stori avrebbe potuto reggersi. Il rapporto ambiguo e quasi tossico tra la regina e la principessa, i sospetti incrociati, i tratti da thriller psicologico: elementi che ben diretti avrebbero potuto formare un fantasy se non altro più originale e personale della media che si trova in giro. Purtroppo l'esecuzione è gravemente insufficiente, la scrittura è scolastica, piena di ripetizioni ed errori di soggetti/tempi verbali, la struttura è assente, molti capitoli sono solo "cose che succedono" e non contribuiscono in nessun modo alla storia. Questo è il caso da manuale di libro (e autrice) che avrebbe avuto bisogno di un affiancamento, di maggior cura ed esperienza. Non è stato così, e anche l'"editing" dell'"editore" (Bookabook...) non ha portato nessun miglioramento. Se questo è il risultto di un testo sottoposto a revisione, si fa presto a immaginare le competenze di chi ci ha lavorato. Apprezzo le intenzioni, e ho fiducia che Canteri se continuerà a scrivere e a studiare, con meno fretta e più umiltà, potrà fare qualcosa di valido. Questo purtroppo rimane un voto 4/10

Una delle mie grandi lacune nell'ambti della fantascienza è il ciclo della Cultura di Iain M. Banks. Di questo autore ho letto varie altre cose (se lo cercate qui dovrebbe uscire fuori) ma niente della sua saga più apprezzata nell'ambito della space opera. Mi ero preso La mente di Schar (aka Consider Phlebas) nella vecchia edizione Nord da Libraccio, e quindi ho pensato che fosse il caso di provare. Se da una parte si percepisce che è una storia scritta negli anni 90, per il modo di condurre la narrazione, dall'altra questa rimane una space opera fatta come si deve, con tanta immaginazione, un contesto ampio e variegato, personaggi memorabili e finale dolceamaro. Forse avrebbe potuto essere un po' più corto, e alcune parti dell'avventura sembrano slegate dal resto, quasi come se fossero puntate filler, però è tutto così avvincente che comunque si va avanti con piacere. Ci tornerò sicuramente, un giorno. Voto: 7/10


Non parlerò de La strada. Quello che c'è da dire è già stato detto, e io non potrei aggiungere niente alla discussione. È la mia prima esperienza con la scrittura di Cormac McCarthy (un altro dei recuperi che volevo far da tanto) e nonostante un po' di spaesamento iniziale, quando sono entrato nel flusso è stato totalizzante. Questo libro mi ha fatto male. Lo aveva fatto anche il film, quando l'ho visto anni fa. Non è un'analisi critica, è una questione personale. Non c'è niente di oggettivo, sto ragionando solo di pancia e di magone. Non voglio più leggere un libro così, anche se ho bisogno di altri libri così. Non posso esprimere un voto.

 

Tra gli eventi che capita occasionalmente di presentare alla libreria Il Giardino delle Parole di Pistoia (passateci), l'ultimo della stagione 2023/2024 è stato il romanzo Gente alla buona di Mattia Grigolo. La storia di un borgo qualsiasi, nella campagna lombarda, uno di quei paesi dove tutti si conoscono e la gente mormora. Due generazioni contrapposte, con un eveno traumatico in mezzo a separarle, o forse unirle. Il romanzo si prende il suo tempo inizialmente per dare spazio a ognuno dei personaggi principali, molti dei quali sono una sorta di archetipo dei piccoli paesi (il matto, il prete, il contadino, il becchino) e la vicenda principale che fa da motore a tutto ci mette un po' a uscire sulle pagine. Nonostante ci sia una sorta di mistero alla base, in realtà la ricerca della soluzione non è il punto della storia, e quando la otteniamo è quasi anticlimatica, non risolve niente e anzi ci fa sentire ancora più privi di appigli, perché ora che sappiamo non abbiamo idea di cosa dovrebbe succedere (probabilmente niente). In questo senso il libro riproduce bene le dinamiche di questi posti in cui tutto cambia per rimanere sempre uguale. Manca forse un po' di mordente, perché la storia di per sé non è fatta per catturare e la scrittura non ha particolari guizzi (ho letto altro di Grigolo, e so che può essere più incisivo di così), per cui in diverse occasioni si ha la sensazione che si sarebbe potuto chiudere tutto molto prima, e che il racconto sia il pretesto per una sessione di autoanalisi. La presentazione comunque è stata una delle più divertenti che mi è capitato di condurre, e abbiamo potuto parlare dei personaggi dei rispettivi paesini di origine. Voto: 6.5/10

 

Altro libro di cui avevo già visto il film prima, e a me Cloud Atlas delle Wachoswski era anche abbastanza piaciuto, in controtendenza all'impressione generale. Avevo da tempo il libro di David Mitchell e mi sono deciso a iniziarlo. Interessante la struttura "nidificata" con le epoche che progrediscono dal passato verso il futuro e poi indietro, con il futuro remoto postapocalittico come cuspide di questa progressione. Veramente interessante il gioco letterario di usare forme diverse di narrazione, dal diario alle lettere al noir alla confessione, con le rispettive variazione della lingua e del tono delle storie. Non tutte le storie hanno lo stesso valore, in particolare la prima che apre e chiude il volume forse è proprio la più insipida, anche perché tra quando si inizia e quando si termina sono passate centinaia di pagine e non ci si ricorda nulla. Nel complesso però il gioco funziona, e il messaggio delle storie personali che attraversano le epoche e ispirano chi viene dopo a fare la propria piccola parte è motivazionale ma non consolatorio. Il climax della parte centrale del libro, con la storia nel futuro remoto, l'ho trovato abbastanza commovente, anche grazie ai title drop sapientemente distribuiti. Un romanzo ambizioso, che anche se non è riuscito al 100% merita sicuramente la lettura (come il film, del resto). Voto: 8/10

 

A distanza di qualche anno dalla mia ultima incursione nel Regno di Taglia, ho ripreso la serie di Luca Mazza/Jack Sensolini perché a breve uscirà l'ultimo capitolo. Ho letto quindi Apocalemme, che rimette l'etica e l'epica nella saga che vantava niente di epico e niente di etico. La storia segue da una parte Re Sudario, impegnato nella sua guerra santa (cappiata, in quanto guerra nel nome del messia impiccato) alle porte dell'inferno, contro schiere di demoni ispirate ai semi della briscola. Sì, è esattamente così, ci sono scartini, fanti e re di bastoni, spade, coppe e denari, ognuno con raffigurazioni e poteri particolari. Dall'altra parte ci sono i Fratelli di Taglia, la lega di mercenari senza affiliazione che devono decidere se riunire le forze per combattere l'imminente minaccia che straripa dall'inferno. Il livello di questo testo mi sembra di molto superiore a quello di Vilupera, che pure era elevato. Se in quello si indugiava più nel citazionismo e nell'esagerazione, qui anche grazie a una costruzione più solida del mondo che si è accumulata andando avanti nel progetto, la storia assume una sua identità autonoma, e l'audacità letteraria porta a qualcosa che credo non si sia mai visto nel fantastico italiano. Continuano a esserci esagerazioni e catchphrase, caricature e splatter, ma è tutto estremamente serio nonostante la frivolezza, così che si riesce a ridere e appassionarsi allo stesso tempo. Un equilibrio sottile ma perfetto tra la farsa e il dramma, che mi ricorda gli spaghetti western (che io adoro). Probabilmente non tutti gli appassionati dei fantasy lo apprezzerebbero, e ci sarebbe una bella schiera di trigger warning da premettere, ma questo libro e questa serie, a mio avviso, è una delle poche cose che potrà rimanere del fantastico italiano di questo decennio. Voto: 9/10


Hallucigenia

Era da un po' che non mi coinvolgevano in un'antologia, anche perché ultimamente mi sto tirando indietro da vari progetti perché il tempo e la voglia mancano sempre di più. Tuttavia quando il buon prof aretino Andrea Berneschi, con cui ho condiviso alcuni dei miei primi passi editoriali (faceva parte di quel gruppo variegato con il quale è uscita la mia prima antologia Spore e la sua prima antologia Necroniricon), mi ha proposto di scrivere un racconto "fantasy psichedelico", io ho risposto "checazzo vuol dire". Poi mi ha spiegato che voleva dei racconti fantastici surreali e allucinati, che forse più che fantasy penso che si possano inquadrare nell'ambito del weird che tanto ingloba tutto quello che è oco definibile, ispirati da Dalì, Bosch, Jodorowsky. È  stato a causa sua che mi sono procurato e ho letto L'Incal, e questo avveniva alcuni anni fa perché il progetto era nato prima con una certa intenzione, si è perso per la strada e poi è stato recuperato e finalmente ha trovato la sua via nell'antologia Hallucigenia.


Che poi, chiedi a me di partecipare a una raccolta che porta come titolo il nome di una enigmatica creatura preistorica della notte dei tempi, cioè, stiamo a posto proprio. Onestamente non ho letto niente degli altri racconti presenti, ma ci sono nomi interessanti che si muovono nel sottobosco sia dell'editoria tradizionale che self, come gli stessi curatori Andra Berneschi e Michele Borgogni, ma anche Lorenzo Davia, Giorgio Smojver, Ambra Stancampiano, Flavio Torba, Stefania Toniolo. Insomma le prospettiva sono buone. L'introduzione è di Cristiano Saccoccia e abbiamo endorsement e blurb di Vanni Santoni.

Il mio racconto che chiude la racoclta (presumo per mere questioni alfabetiche) è Il canto della gigattera, una storia di guerra in cui il protagonista è un gastronauta (sic), un pilota di balene che per dirigere queste bestie sottomarine deve farsi ingoiare e sottoporsi a una digestione controllata che gli permette di entrare in contatto con il loro subconscio... e potenzialmente con quello del padre morto digerito da quella stessa gigattera prima di lui.

Trovati Hallucigenia su amazon, in ebook e cartaceo, in sconto fino al 17 luglio.


Doctor Who 14x04 - 73 Yards / Il cerchio delle fate

Ogni tanto in Doctor Who capita di avere degli episodi Doctorless, in cui il Dottore è pressoché o del tutto assente. Uno dei più famosi della nuova era è Blink, in cui il Dottore appare pochissimo ma è comunque più presente di quanto lo sia in questo 73 Yards, dove sparisce a pochi minuti dall'inizio e ricompare solo nel finale, e per tutto il resto della durata rimaniamo soli con Ruby. Sono sempre episodi stimolanti, che cambiano un po' la formula, anche se forse siamo un po' troppo indietro nella conoscenza sia del Dottore che della companion per poter fare un esperimento del genere. Alla fine direi comunque che ha funzionato.

 

Fondamentalmente questo episodio è un crossover tra Blink e il film It Follows, in cui una ragazza è continuamente inseguita da un'entità invisibile agli altri che le cammina incontro cercando di raggiungerla. In questo caso invece la ceratura si mantiene a distanza (73 iarde, quantunque valga questa misura) e non cerca nessun contatto, si limita a fare gesti (che a quanto pare sono traducibil nella lingua dei segni) e parlare con chi le si avvicina. Ruby si trova perseguitata da questa strana entità dall'aspetto di una vecchia dopo che il Dottore ha inavvertitamente calpestato un cerchio delle fate e lei ha letto alcuni messaggi lasciati su di esso. Non è ben chiaro perché (e non verrà spiegato) ma dopo questo incidente il Dottore scompare completamente e il Tardis rimane inaccessibile. Dopo qualche tentativo di rintracciarlo Ruby si rassegna a tornare a casa e vivere la sua vita, con la vecchia che la stalkera a distanza e fa fuggire inorridito chiunque le si avvicini. A quanto pare l'essere convince le persone che Ruby sia una persona orribile da cui bisogna allontanarsi in fretta e senza nessun appello, ed è così persuasiva che pure sua madre e il personale addestrato della UNIT ci cascano.

Questa dinamica si intreccia a quella dell'ascesa di un leader pericoloso, che al giorno stesso delle sue elezioni medita di acquisire delle armi nucleari e lanciarle, e che Ruby si convince di essere in grado di fermare grazie alla conoscenza futura di quello che farà. Tuttavia, pur sfruttando in maniera ingegnora il "superpotere" dell'apparizione che la segue (il semperdistans), questo non basta a liberarla della maledizione. La vita di Ruby prosegue e la vediamo diventare adulta e vecchia, la vediamo sul letto di morte, la vediamo in punto di morte. E il tutto si riallaccia poi in un loop temporale in cui è lei stessa a cercare di mettersi in guardia dal calpestare il cerchio delle fate. Un loop chiuso (e si potrebbe obiettare non del tutto coerente), ma il punto non è questo visto che il potere dell'entità (che sia o meno Ruby che si "proietta" nel passato) e la sparizione del Dottore non vengono spiegati.

È vero che come ammesso anche da Kate Stewart, questa epoca (ovvero questa stagione) sembra dare più spazio ai fenomeni semplicemente soprannaturali, senza rivestirgli di gimmick fantascientifiche technobabblose, e quindi in questo caso potremmo accontentarci di magia, fokllore, faerie, maledizioni. Forze ed entità che possono "bandire" il Dottore senza nessuna difficoltà e che non hanno difficoltà a manifestarsi al di là dello spazio e del tempo. Ma tutto è allegoricamente interpretabile anche come una rappresentazione della paura dell'abbandono: Ruby è orfana e quindi è cresciuta con il trauma di essere stata abbandonata e che tutti possano lasciarla, come dice lei stessa da vecchia alla fine della sua vita. In questo senso anche il fatto che salvare il mondo  non la liberi dalla maledizione è significativo, perché mostra come questo problema non si può affrontare cercando uno "scopo" più grande, che dia un senso a questa paura e al sacrificio che stiamo compiendo. Si rimane comunque soli, se non si riesce ad affrontare la paura in sé, cosa che Ruby non ha saputo fare.

Insomma, un episodio atipico, che non concede risposte ma è costruito in modo efficace come mistery metafisico, e in cui l'assenza del Dottore non pesa. Forse un po' ingenuo il trucco con cui vogliono convincerci che Ruby abbia quarant'anni e un po' ripetitivo che per due episodi di seguito il Dottore combini casino non guardando dove va... ma è comunque un livello davvero alto e ambizioso per la serie. Voto: 8/10


Rapporto letture - Settembre/Ottobre 2023

Rapporto letture di mezza stagione, con prevalenza di autori italiani e occasionali testi non di narrativa. Dopo l'estate ero partito un po' a rilento anche per gli altri impegni (lo sapete che è uSciT0 iL mIo nVovO L1brO, vEro?) ma poi su ottobre ho recuperato, per cui la media di almeno due-libri-due al mese l'ho mantenuta. Non so più er jaguaro de 'na vorta.


Primo libro consumato è settembre, emerso da un sondaggio su instagram, è Buio padre, il nuovo romanzo di Michele Vaccari uscito qualche mese fa per Marsilio. Di Vaccari avevo abbastanza apprezzato il romanzo precedente Urla sempre primavera, che conciliava elementi di distopia e ucronia in una storia che copre un secolo e più generazioni di una famiglia. Questo nuovo libro ha un tono diverso, anche se si percepiscono alla base temi simili. La storia è quella di quattro adolesenti, poco più che maggiorenni, che dopo un nubifragio che colpisce il loro paesino di provincia si trovano a notare le anomalie lasciate dal disastro, che hanno a che fare soprattutto con i loro genitori che iniziano a comportarsi in modo strano. È a suo modo una storia di formazione, anche se più che concentrarsi sulla crescita si occupa del distacco, quel momento in cui ci si allontana dalla vita di ragazzi e si inizia a prendere la responsabilità di quello che avviene nel mondo. Il rapporto coi genitori e in particolare coi padri è quello più determinante nella storia, che ha anche elementi fantastici che spaziano dalle possessioni demoniache alla rete neurale dei funghi parassiti. La storia è buona, in alcuni tratti però ho percepito che ristagnasse un po' e forse avrebbe potuto essere un po' più corta senza perdere niente. Inoltre rispetto al romanzo precedente di Vaccari mi è parso più "docile", USP era arrabbiato, passionale, a volte forse anche troppo, ma si sentiva che veniva dal cuore, mentre qui forse c'è stato più controllo, che però ha smussato alcuni degli angoli più pungenti. In qualche caso mi è sembrato che si tentasse un po' troppo di intercettare lo slang e la cultura GenZ, per esempio coi diversi riferimenti alle canzoni di trapper. Voto: 7/10

 

In parallelo alle altre letture, mi portavo dietro da qualche mese anche Cecità, proprio quello, di quell'autore che tutti conoscono. Ricordavo vagamente di aver visto, in un'altra era un altro mondo, il misconosciuto film (nonostante cast di spessore) tratto dal romanzo di José Saramago, che avevo apprezzato abbastanza. Dopo aver letto il libro non ne sono più molto sicuro, anche se comunque il libro di per sé mi ha comunque presentato qualche difficoltà. Ora, per quanto possiate venirmi a dire che Saramago sia un ottimo scrittore, che ha fatto la storia della letteratura eccecc, io comunque pagine intere di walloftext e dialoghi sparsi nel testo senza nessun segno comunque li soffro. Nonostante questo, la storia mi ha coinvolto abbastanza, soprattutto per la coralità ben eseguita, e questo è certamente merito dell'autore, che in quei rari momenti in cui vuole aumentare la tensione è capacissimo di farlo. Ho avuto però l'impressione che dopo la sequenza della prigione l'autore non sapesse bene come portare avanti la storia, e la parte finale mi è sembrata troppo corta da un lato (nel senso che non presenta sviluppi rilevanti) e troppo lenta dall'altro (nel senso che non presenta sviluppi rilevanti). Per cui nell'ultima parte ho abbastanza arrancato e il ricordo che mi è rimasto del libro è agrodolce. Voto: 6.5/10

 

E vendiamo a quello che tutti i frequentatori storici del blog stanno aspettando, ovvero l'unica recensione onesta repereibile del Millemondi estivo con i racconti di autori italiani. Stavolta il volume Coloni dell'universo aveva come tema la colonizzazione di altri mondi, quindi le storie sono più o meno tutte inquadrate in questo topos. Come d'abitudine, cerco di dare un commento di almeno una riga per ogni racconto. Paolo Aresi propone una storia abbastanza classica, di colonie extramondo che sembrano l'eden ma nascondono un segreto; niente di sorprendente ma efficace; Il racconto di Davide Camparsi invece mi ha conquistato, ma d'altra parte lui è un autore che con me ha sempre funzionato (infatti lo avevo convocato per il primo numero di Specularia): scenari contrapposti di colonizzazione che corrispondono a diversi "mondi ideali" che sono proiezione dei bisogni dei diversi giovani protagonisti, cresciuti appositamente per esplorare in remoto nuovi pianeti; Chora di Francesca Cavallero è ambientato sempre nella stessa ambientazione di Morjegrad in cui si trovano i suoi precedenti romanzi e racconti, una storia sostanzialmente action, con personaggi che sono sempre i duri dei film e un certo gusto per il gore: non direi che sia brutto, ma non è il tipo di cose che non mi interesano e alla fine mi lasciano poco. Il racconto di Franci Conforti invece mi ha stupito, l'ho trovato abbastanza diverso da quello che ho letto di suo finora, e all'inizio mi stava divertendo questa sorta di dramma da osteria in una locanda spaziale. Anche il modo in cui è stata interpretata la colonizzazione mi è sembrato abbastanza originale, ma ho sofferto un po' per la passività del protagonista e il finale non del tutto allineato all'impianto della storia; Di Lorenzo Iacobellis non credo di aver mai letto niente prima, e devo dire che questo racconto mi ha impressonato... inizialmente: una nave colonizzatrice naufragata che forza gli umani superstiti a vivere sul corpo di un gigantesco alieno, costruendo su questo le proprie comnità. Sicuramente il racconto più carico di sense of wonder, che però inizia a sfaldarsi quando dopo quaranta pagine la storia inizia a fare salti di anni e decenni per arrivare a un finale che sembra contraddire quanto promesso (dopo tutti gli sforzi fatti per ottenere il controllo delle bestie e far progredire la società, perché tornare sulle astronavi?); La musa inquietante di Alessandro Montoro è un monster of the week, in cui il monster peraltro sono pari pari gli angeli piangenti di Doctor Who, assortimento di personaggi macchiettistici capitanati da un eroe tormentato, e riferimenti letterari/artistici/musicali a pioggia ma fuori contesto; Il racconto di Maico Morellini è un tipico raconto di Maico Morellini: diretto, lineare, effiace. Non rimarrà nella storia ma fa quello che dovrebbe fare un buon racconto di fantascienza. Peccato che il twist finale sia in pratica lo stesso del racconto precedente di Montoro: chiaramente non è colpa di nessuno degli autori, ma mettere di seguito due racconti che hanno al nucleo la stessa rivelazione fa perdere valore a entrambi; Daniela Piegai scrive un racconto che avrebbe anche degli elementi interessati, con queste vite artificiali costruite appositamente per coltivare talenti (una cosa simile a quella che avevo fatto io in Cattivi genitori), mi permetto però di suggerire che non sia in nessun modo attinente al tema della colonizzazione; L'altro confine della notte di Franco Ricciardiello parte da un'idea che mi è sempre piaciuta, ovvero della nave generazionale che arriva alla sua destinazione e scopre di essere stata preceduta da altri coloni che hanno sviluppato tecnologie di viaggio più avanzate; da qui nasce la contrapposizione tra i due gruppi: i nuovi coloni, aggressivi carnivori capitalisti contro i coloni già stabiliti, amorosi vegani socialisti. Purtroppo questa contrapposizione mi è sembrata fin troppo manichea e la colonia solarpunk così virtuosa da essere detestabile. Inoltre alla fine il conflitto si risolve per cause esterne quindi non c'è nessun ravvedimento o compromesso, soltanto la necessità di piegarsi alle condizioni ambientali; Il racconto di Laura Silvestri mi è sembrato uno dei più equilibrati, che riesce a costruire un ambientazione stratificata e personaggi credibili con motivazioni relatable, e che infine si conclude nel modo giusto; Quello di Giampietro Stocco invece mi è sembrato sovradimensionato, una lunga epopea di coloni su un mondo ostile, battaglie avventure e un nemico sconosciuto che si rivela essere un'intelligenza immateriale. Niente che non si sia visto già centinaia di volte; Il racconto di Silvia Treves mi ha un po' confuso, all'inizio ho faticato a orientarmi, ma la prima parte con il viaggio della protagonista mi ha incuriosito. La seconda parte però rallenta anche troppo e porta a un epilogo un po' sottotono rispetto alle aspettative iniziali; Discorso simile per Il silenzio del cielo di Alessandro Vietti, che per tutto il racconto riesce a costruire un'ottima tensione, anche grazie alla voce narrante che si rivolge al lettore (e a un ignoto personaggio all'interno della storia). Peraltro alcuni dettagli fanno supporre che la storia sia ambientata nello stesso universo di Essere ovale che era nel primo Millemondi italiano, ma la storia è comunque autonoma e funziona bene nel descrivere questa colonizzazione gestita dalle altissime e benevole IA terrestri... peccato che poi proprio le ultime righe non sembrano chiudere la vicenda, tanto che ho avuto il dubbio che mancasse una pagina nella mia copia. Peraltro anche qui, a poca distanza due racconti in cui il pianeta alieno è abitato da nuvole senzienti sarebbe stato evitabile in fase di selezione. Nel complesso devo dire comunque che questo volume mi è sembrato migliore rispetto ai due precedenti, che invece avevo trovato piuttosto mediocri. Qui la maggior parte dei racconti sono comunque sufficienti e parte forse un paio di casi non mi sembra che ci siano abissi incolmabili.

 

Continuo con autori di casa, stavolta però con qualcuno che non ha niente a che fare con la narrativa di genere. Ho letto in anteprima Le madri della sapienza, romanzo appenapubblicato da Wojtek, perché avrei dovuto fare da relatore a Eduardo Savarese alla sua presentazione alla libreria Il Giardino delle Parole di Pistoia. Si tratta di un romanzo fantapolitico (ho sentito usare in giro l'aggettivo "distopico" ma no, non lo è) in cui il neo eletto presidente del consiglio, conservatore e tradizionalista nonostante sia nato da genitori omosessuali tramite gestazione per altri, si scontra con l'ordine monastico non riconosciuto delle Madri della Sapienza, fondato da tre amici gay che si sono isolati in un convento su un'isola e da qui professano amore, tolleranza e libertà di scelta. Il plot per la verità non è così denso, e molta della narrazione si rivolge a rievocare il passato dei personaggi, le loro relazioni passate e i collegamenti che esistono tra di loro, a volte all'insaputa degli altri. È una storia in cui è difficile trovare assoluti, ogni personaggio si colloca su uno spettro di diverse scale di valori, quindi anche i conflitti in corso non sono di facile soluzione. Ci sono anche elementi soprannaturali, da creature fantastiche a magia nera a, forse, una presenza divina molto reale. Sentendone parlare l'autore ho potuto trovare diverse chiavi di interpretazioni che solamente dalla lettura non avevo individuato, il che mi ha portato a capire meglio il messaggio di fondo, ma rimane il fatto che in alcuni casi ho trovato l'esperienza dei protagonisti (tutti benestanti e ben posizionati) difficile da empatizzare, con i loro drammi inquadrabili nell'alveo dei first world problems. Poiché questo vuole essere un "libro sapienziale", forse valutarlo con i parametri della narrativa non è del tutto appropriato, tuttavia visto che qui parlo della mia esperienza di lettura gli assegno un voto 6/10

 

Passiamo al reparto non-narrativo del bimestre, e penserete che si tratti di non-fiction, e invece no! Perché After Man è speculative evolution, quindi a suo modo una forma di fiction scientifica... sì insomma, l'avete capito, sempre di fantascienza si tratta, anche se proposta in altra forma. Il volume illustrado di Dougal Dixon è un classico assoluto, che gira dagli anni 80 e che io conoscevo già da tempo, perché il mio interesse per le questioni evolutive mi aveva portato a "recuperarlo" e leggerlo. Vederlo finalmente portato anche in italiano da Moscabianca è una grande soddisfazione. Si tratta di un atlante degli animali di 50.000.000 di anni nel futuro, in un mondo in cui l'uomo si è estinto e le specie animali supestiti hanno continuato a popolare il pianeta, cambiando forme e occupando ambienti. Il libro è suddiviso per habitat, e mostra la fauna delle varie zone del pianeta in quest'epoca futura. Il lavoro di Dixon è davvero immaginifico e stimolante e a mio avviso è uno dei migliori esempi di come si possono applicare i principi della scienza conosciuta per arrivare a risultati assurdi ma credibili. Un cult assoluto per tutti gli appassionati di animali, biologia, evoluzione, paleontologia, geologia, ecologia. Insomma se state su questo blog vi piace per forza.

 

Infine, arrivo alla rivelazione dell'anno. L'archivio dei finali alternativi balza di diritto tra i migliori libri letti dell'anno. Questo romanzo (per la verità piuttosto breve) di Lindsey Drager pubblicato pochi mesi fa da Zona 42 mi aveva incuriosito con la sua premessa di narrazioni successive della fiaba di Hansel e Gretel sincronizzate al passaggio della cometa di Halley. Mi attirava la parte metanarrativa che si intravedeva nell'idea di fondo, ma non mi aspettavo che mi avrebbe devastato come ha fatto. In effetti la narrazione alterna diverse epoche che coincidono tutte col passagigo della cometa, e in ognuna di queste abbiamo personaggi che hanno un legame stretto (di solito fratelli, a volte anche gemelli) che affrontano insieme qualcosa, e da qui si ottengono le diverse riletture di Hansel e Gretel. Ma non pensate che sia un semplice retelling di quelli che vanno ora, questo libro è davvero metanarrativo perché mette in scena archetipi e li fa diventare personaggi reali, ma anche viceversa. Sfiora così tanti argomenti forti (il rapporto genitori-figli, il legame tra fratelli, il cambiamento climatico, la discriminazione, la paura della morte, la speranza, il potere delle storie, la ciclicità) senza sprecare parole, evocandoli appena con poche frasi che però rimangono incise nella mente del lettore. Erano anni che un libro non mi colpiva così. Penso addirittura che potrei rileggerlo a breve. Poiché la narrazione è tutt'altro che canonica e in molti casi le frasi sono quasi esortazioni rivolte a chi legge, forse anche questo a suo modo è un libro sapienziale, ma stavolta sincronizzato sulla mia sensibilità. Voto: 10/10


Rapporto letture - Luglio/Agosto 2023

Eccoci alle letture "dell'estate" che come al solito per me non significano letture alternative o maggiori insomma ve l'ho spiegato tante volte. Peraltro questo periodo è stato piuttosto intasato dal lavoro sull'imminente uscita di Missing Words quindi tanto tempo di lettura l'ho dedicato a quello. Stacce.

 

La prima lettura conclusa in questo periodo è stata Engaged 1 - Il libro di Renzo, il retelling fantasy dei Promessi Sposi scritto da Beppe Roncari. Ora, se mi seguite anche altrove tipo sul canale youtube o sul podcast, sapete che giusto l'anno scorso mi sono riletto questo classicodellaletteraturaitaliana e l'ho apprezzato molto (trovate un paio di video dedicati sul canale). Per cui quando ho saputo che Roncari stava per pubblicare una rivistazione fantasy di questa storia ero molto incuriosito. Il libro presenta la vicenda di Renzo e Lucia come una manifestazione "mondanda" di macchinazioni ben più elevate, che coinvolgono le forze del bene e del male, una vera e propria partita a scacchi tra angeli e demoni in cui le pedine sono le persone e la posta in gioco il destino dell'umanità. Anche gli stessi personaggi vengono reintepretati in questa chiave, con Renzo che è un ingegnere meccanico, figlio di un seguace di Giordano Bruno, Lucia è una strega che maschera con la pia modestia i suoi poteri, e anche personaggi secondari come padre Cristoforo, il conte Attilio e fra Galdino nascondono qualcosa. La storia la prende molto larga e inizia quando i protagonisti sono dei ragazzini, presentano una sorta di Young Promessi Sposi in cui Renzo e Lucia bisticciano tra loro e Rodrigo è uno dei loro migliori amici. Inoltre in tutta la vicenda è presente anche la faida familiare tra i Manzoni e gli Arrigoni, che a quanto pare (l'ho scoperto leggendo questo libro) è stato uno degli elementi principali su cui Manzoni ha costruito la storia. Il gioco dell'autore è molto ambizioso, perché mescola tre piani: quello dei fatti storici documentati (alcuni anche antecedenti agli eventi del romanzo, ma collegati in maniera esplicita), quello dell'invenzione romanzesca di Manzoni, e quello del risvolto fantastico. È molto curioso vedere come alcuni episodi che nel libro originale sono presentati in un certo modo (a volte sembra quasi glissati) qui vengono invece mostrati nella prospettiva di forze occulte in azione. Forse ci vuole un po' troppo per arrivare all'inizio della vicenda che aspettiamo (Don Abbondio fermato dai bravi), e in certi casi la scrittura può sembrare un filo didascalica soprattutto nel modo in cui i personaggi riflettono sugli eventi, ma tutto sommato l'equilibrio regge e il risultato è positivo, con un'opera che potrebbe aiutare anche il pubblico più giovane a interessarsi e appassionarsi al classicodelalletteraturaitaliana. Il secondo volume dovrebbe essere molto più intenso e drammatico, vedremo se il tono della narrazione seguirà questa svolta. Voto: 7.5/10

 

Balzato di diritto tra le letture migliori di quest'anno, Lingua nativa è uno di quei libri che mi dico avrei dovuto leggere molto tempo fa. Un perfetto esempio di come usare la speculative fiction per affrontare temi attuali proiettati in un contesto atipico che proprio per questo ci aiuta a focalizzare meglio il problema astratto invece della sua fattispecie contemporanea. Il libro è costruito su due cardini: il potere della lingua e la discriminazione misogina. Ora, ultimamente c'è un'attenzione elevata ai temi del femminismo e della lotta al patriarcato, e in molte opere si ha l'impressione che la questione sia affrontata con l'approccio tokenista, per poter dire che il libro "parla di cose serie". Questo però spesso avviene con una rappresentazione semplificata e manichea della realtà, in cui le donne sono tutte vittime e gli uomin sono tutti stronzi e/o inetti (cfr: Vox). Suzette Haden Elgin invece non indulge in queste banalizzazioni, ma presenta un mondo credibile e coerente, in cui il patriarcato è così paradigmizzato nella società che i perosnaggi non si sentono nemmeno cattivi nel tenere le donne come generatrici di figli e chiuderle in un ricovero isolato quando perdono la capacità di riprodursi. Le stesse donne non sono tutte mariegoretti ma hanno scopi e bisogni a volte anche abietti, quindi fondamentalmente umani. Il tutto in un contesto in cui il potere più grande deriva dalla capacità di parlare con gli alieni, ai quali i neonati di alcune privilegiate famiglie sono indirizzati fin dalla nascita. Una lettura davvero illuminante e sorprendentemente rinfrescante. Peccato che non siano ancora stati pubblicati i seguiti. Voto: 9/10

 

Breve interludio con una novella di Diletta Crudeli pubblicata nella collana Tardigardi di Eris. Lady Lava è un racconto che si sviluppa su due piani temporali, da una parte un futuro prossimo in cui il sole batte tanto forte che bisogna vivere al riparo di scudi di calore, dall'altra un passato remoto in cui entità semidivine vivono in mezzo agli uomini ma devono imparare a difendersi da loro. Le due narrazioni convergono quando la protagonista inizia a sospettare che dietro alcuni strani omicidi ci sia l'intervento di Lady Lava, una leggenda metropolitana che forse ha radici più profonde. Una storia breve ma ben concepita sull'autodeterminazione, perfetta da leggere con 44° di temperatura e 88% di umidità. Voto: 7/10

 

Ho voluto poi fare un esperimento: siccome all'inizo di quest'anno ho giocato a Disco Elysium e ne sono rimasto impressionato, ho voluto cercare il romanzo da cui questo universo narrativo ha preso origine: Sacred and Terrible Air, dell'autore croato Robert Kurvitz. In realtà questo libro non è mai stato tradotto nemmeno in inglese, e se ne trovano solo due versioni tradotte dai fan del gioco, che ci hanno lavorato sopra e lo hanno messo a disposizione gratuitamente (basta cercare su reddit). Francamente in questo caso non mi sento di aver "piratato" perché si tratta di un prodotto che non era per me disponibile, e che avrei acquistato se fosse stato possibile (il che rende assurdo il fatto che non lo abbiano tradotto, ma credo che ci siano di mezzo problemi di diritti). Comunque, Robert Kurvitz è un folle totale, e questo lo si poteva dedurre da Disco Elysium ma qui è anche peggio. Per la verità SaTA non c'entra niente con DE a livello di plot, ma il mondo in cui si svolge è lo stesso e molte delle forze in gioco (dalle istituzioni ai fenomeni fisici) sono le stesse. La storia segue principalmente tre amici che si conoscono dai tempi della scuola e si ritrovano vent'anni dopo per continuare le ricerche di tre ex compagne scomparse. Dire però che si tratti di un thriller investigativo è limitante, non perché il genere in sé sia un limite, ma perché la storia non ha davvero interesse a sviluppare l'indagine, quanto a prenderla come pretesto per esplorare il mondo, concedendo tanto spazio anche a personaggi collaterali, come del resto accade anche in Disco Elysium. Il finale sembra non finire e il percorso compiuto dai protagonisti forse è inutile, ma questa incompatibilità è tematicamente coerente come lo era appunto nel gioco (e lo rilevavo infatti nel video in cui ne parlavo). La lettura di Sacred and Terrible Air è spiazzante, straniante a volte sfiacance, ma in qualche modo soddisfacente. Riempie dei vuoti e ne lascia altri, e alla fine non sai se ci hai guadagnato o perso. Era da tempo che non leggevo una cosa che mi ha lasciato così confuso ma così appagato. Voto: 8/10

 

E insomma pare che quest'estate tutto andasse bene con le letture ma poi è arrivata Giulia Silvestri con il suo Neràdium, che non so bene se vada scritto con l'accento o no perché nel testo appare in un modo, sulla copertina in un altro, sulal prima pagina del libro cambia di nuovo, quindi boh. Dovrei essere molto cauto a parlare di questo libro perché è già stato origine di ampie polemiche e campagne di screditamento altrove, basti sapere che per l'autrice il suo circolino io sono diventato "l'autore famoso [sic] che pubblica per le sue conoscenze" con l'aggiunta di accuse di misoginia bullismo elitarismo (ok questa ci sta ma non è reato) e minacce varie di denunce querele sputtanamenti. All fun and games, ma resta il fatto che Neradium è l'esempio del più becero selfpublishing fatto senza criterio, con una sotria sconclusionata e derivativa, senza progressione e caratterizzazione, con errori di coerenza e continuity e scritta in modo non solo sciatto ma anche al limite della comprensibilità della lingua. Quindi, io mi meriterò pure tutti gli appellativi che volete, ma resta il fatto inconfutabile che questo libro è una disgrazia per tutti quelli che fanno self e non riconoscerlo e fare capannello intorno all'autrice (come ho visto fare anche d alcuni autori self che conosco e di cui riconosco la capacità e la buona fede) solo perché è self porta soltanto a quel circuito di autoreferenzialità per cui chi pubblica in self finisce di essere letto solo da chi pubblica in self. E io so bene come funzionano queste cose, perché sono cresciuto scrittoriamente nel settore della fantascienza italiana, baby. Ma non dovrei commentare il libro in sé invece dei retroscena? Boh sì, se volete, ma non sarà altrettanto divertente: il concept (che potenzialmente avrebbe anche del valore!) è che esiste questo mondo parallelo al nostro che è in sostanza il mondo della fiabe, dove tutti i personaggi e i regni delle storie che conosciamo esistono davvero, un po' tipo il mondo di Shrek intersecato con Kingdom Hearts. La protagonista dopo che sono scomparsi i suoi genitori viene adottata da uno zio che vive in un castello con altri quattro ragazzi (sus) e ben presto si scopre che loro possono entrare in quest'altro mondo (Neràdium, appunto) e ne sono i custodi (in che senso non è chiaro, perché sembra che non siano bene accetti e non si capisce chi deve proteggere chi da cosa). La narrazione però è un susseguirsi di colazioni e spallucce, addestramenti e bickering con il bad boy stronzetto, ci sono forse giusto tre capitoli in cui succede qualcosa. La scrittura, come ho detto, è di livello prescolastico ed è impossibile credere che chiunque (dall'autrice a eventuali editor o betalettori) lo abbia riletto e non abbia notato gli errori di sintassi, grammaticali, di ortografia, le locuzioni inesatte, le ripetizioni, il registro incostante, i cliché lessicali. A qualcuno potrà anche piacere leggere di come la tipa si sveglia e mangia le briochine col latte, ma quano leggi proposizioni che non concordano e congiuntivi fuori posto e cacofonie e dialoghi alla Cannarsi, il problema è oggettivo e grave. Attenti a chi eleggete come condottieri delle vostre battaglie. Voto: 2/10


Rapporto letture - Maggio/Giugno 2023

Altro bimestre di libri, stavolta davvero variegato per generi, epoca, nazionalità. Considerando che si passa anche dal mese del Salone del libro, ci sono anche alcuni strascichi di quello, ma per lo più se va come l'anno scorso i libri che ho acquistato quest'anno rimarranno fermi sugli scaffali per una ventina di mesi (in effetti mi sa che di quelli del SalTo 2022 non ho letto praticamente nulla). Comunque se vi interessano quelli abbiamo fatto il bookhaul su Reading Wildlife, quindi potete recuperarli lì. Ora parliamo di cosa ho effettivamente letto.

Primo del periodo uno di quei libri che volevo leggere da quasi dieci anni: avevo adocchiato S. / La nave di Teseo al momento dell'uscita, che era il periodo in cui JJ Abrams era ancora sulla cresta dell'onda (lo è ancora? non saprei, ma di sicuro non rilevante e rivoluzionario come all'epoca). In più il fatto che questo fosse un libro-enigma (coautorato da Doug Dorst) mi aveva subito incuriosito. Poi non l'ho letto semplicemente perché costava trentanove maledetti euro e io trentanove maledetti euro per un libro non li spenderei mai, per quanto ben fatto e ricco di extra. Limite mio, per carità. Insomma negli anni non ho mai trovato l'occasione e alla fine me lo sono fatto prestare. E mi ha davvero sorpreso. Sapevo più o meno il meccanismo: un romanzo intorno a cui è costruito un gioco metanarrativo di commenti incrociati di due lettori che cercano di intrpretare i segreti nascosti nella storia. Caruccio, divertente, ma soprattutto un gioco appunto. Invece io mi sono trovato coinvolto quasi più nella storia del romanzo stesso (grazie anche ai riferimenti sulla vita e la storia del misterioro autore Straka e del suo traduttore) e quindi se da una parte seguivo i codici e l'evoluzione del rapporto dei due commentatori, dall'altro mi trovavo ad apprezzare la storia "finta" che stava alla base di tutto. Insomma mi ha fatto uno strano effetto appassionarmi a uno pseudobiblia, ma se il libro esiste davvero, non è più nemmeno pseudo, quindi che male c'è? Nel complesso quindi è stata davvero una bella esperienza, in cui ho sentito risuonare anche altre cose lette/viste/giocate di recente. Trentanove maledetti euro sono comunque tanti, ma comunque il suo valore ce l'ha. Voto: 8/10

 

A distana di un paio di giorni mi sono letto anche un librettino della serie Tetra di Utterson, novele in formato quadrato a 4 euro (altro che quaranta), e il pirmo che ho scelto è stato Il finimondo di Antonio Moresco. Lo avevo preso perché avevo in più occasioni sentito dire che Moresco è uno dei più grandi scrittori contemporanei e che i nostri figli lo studieranno a scuola (lol come se studiassero qualcosa oltre Piranello nel programma di letteratura) e allora ho pensato di cominciare da qualcosa di rapido per capire cosa avevo davanti. Una schifezza totale, ecco cosa. Questo libretto è una cronaca di un giornalista che va nell'aldilà a intervistare personaggi storici e immaginari (Hitler, Alighieri, Freud, Pinocchio, Maradona) e chiede loro scemenze sulla nostra attualità politica. Cioè per dire, con Freud parla di Salvini e Meloni. Il tutto scritto con una scatteria imbarazzante, non è nemmeno quello stile colloquiale come se l'autore volesse farti credere che sei con lui al bar e ti sta raccontando, è semplicemente piatto e banale, con svariati tentativi di battute puerili e squallide (come sul pisellino di Pinoccho, ahahaha!!!) e comunque senza nessun filo conduttore tra i vari episodi. Nell'insieme una lettura davvero cringe, e se questo è il meglio che la nostra letteratura ha da offrire oggi, boh, forse fanno bene a fermarsi a Pirandello dai. Ho visto che questi raccontini sono in parte tratti da testi pubblicato su Domani (il quotidiano) ma anche questo non giustifica il livello infimo di contenuti e scrittura, non lo fa in un giornale e a maggior ragione non può farlo in un libro che ripubblica gli stessi contenuti. Voto: 4/10

Per riprendermi sono tornato al mio guilty pleasure di Avery Cates, con altre due novelle del nuovo ciclo di storie di Jeff Somers ambientate nel mondo postapocalittico di assassini, hacker, telepatici, telecinetici, cyborg e ogni diavoleria possible. Tra The Last Mile e The Ghost Fleet il roster di personaggi si riduce, si vede che Somers vuole compattare il gruppo verso il climax finale (dovrebbero mancare tre o quattro novelle alla fine di questo ciclo). Ha poco senso parlare della trama per chi no ha seguito tutta la serie, quello che importa è che ci sono le solite sparatorie, mattatoi, giochi di potere, plot twist, e battute sassy e ciniche sulla morte imminente di tutti noi. Avery Cates sta diventando sempre di più un maestro di vita per me. Insomma, non posso spiegarvi, you wouldn't get it. Ma grandissima comfort read per me. Voto: 7/10

 

All'estremo opposto di Somers per scopi, tempi e luoghi c'è Marcel Aymé, autore francese di inizio noveento che non avevo mai letto e che ho voluto provare nella raccolta Martin il romanziere pubblicata qualche anno fa da L'Orma. Un'altra grande sorpresa, perché Aymé si è rivelato acuto e del tutto al passo coi tempi, con storie che partono spesso da spunti fantastici o fantascientifici, come la riduzione dei giorni di vita mensili per chi non è abbastana produttivo, o una donna capace di sdoppiare il proprio corpo, oppure l'allungamento dell'anno a 24 mesi che causa tutti di ringiovanire della metà dei loro anni. Una scrittura leggera, sempre venata di ironia ma capace anche di momenti di tensione ed emozione. Era da tempo che non leggevo una raccolta così immaginifica e rinfrescante, che nonostante racconti storie di un secolo fa è ancora perfettamente in linea col presente, e anzi riesce a trattare temi che ancora oggi affronteremo con una certa delicatezza, come l'amore romantico e sensuale di una bambina di dieci anni che fino al giorno prima ne aveva venti. Davvero un ottimo esempio di come la buona narrativa basata su buone idee travalica il tempo e la società. Voto: 9/10

Questo mese non mi sono fatto mancare nemmeno un libro illustrato, nello specifico l'ultimo pubblicato da Moscabianca. L'ho scoperto proprio al Salone del Libro al loro stand. Ora, io di base non sono molto attratto dai libri illustrati in sé, nel senso che la parte estetica non ha una gran presa su di me (vedi anche sopra quando dicevo che 39 € per un libero con tutti gli inserti e amennicoli per me è comunque troppo), e infatti anche in questo caso non è stato quello ad attrarmi. Ma nel suo "dizionario emozionale" Paolo Ferrante ha fatto qualcosa che non avevo mai trovato prima e mannaggia ci avrei voluto pensare io: scrivere delle voci enciclopediche che iniziano in modo normale ma poi virano in flussi di coscienza, poesia, dialoghi, in un flusso incontrollabile che mi ha colpito davvero nel profondo. Tegumenta non è solo questo, perché intorno alle definizioni e illustrazioni è stata poi creata una cornice narrativa di una clinica per la cura di patologie anomale, tutte dovute a squilibri emotivi, e la storia peronale del direttore della clinica si mescola ai casi clinici e alle sue riflessioni. Nell'insieme diventa quindi una discesa nell'ossessione, in una forma di amore distante e distorto che da una parte idealizza e dall'altra consuma sia il soggetto che l'oggetto. Alcune delle definizioni mi hanno causato davvero difficoltà a leggerle per quanto le sentivo profonde e per qualche ragione vicine. Oltre a tutto questo poi, c'è appunto anche la parte illustrata con collage uncanny e cupi, ma a volte anche inquietantemente belli, che lasciano una fiammela di speranza che tutto si possa risolvere e la nostra condanna sia scontabile, in qualche modo. Ma questa è  stata la mia esperienza, e presumo che questo sia un libro che viene vissuto in modo diverso da ognuno. Voto: 8.5/10

E poi ci ho anche riprovato: un altro volumetto Tetra, stavolta La notte delle ricostruzioni di un altro autore che tutti mi dicono che laserà il segno, Andrea Donaera. E boh che ti devo dire, sarà ancora un problema mio, ma non ho capito che cosa mi voleva dire questo libro (senza contare che presumo che l'ultima parte non sia collegata ai capitoli precedenti, ma forse non ho capito nemmeno questo). La scrittura sicuramente è curata e controllata (a differenza di Moresco) anche se a tratti l'ho trovata un po' artificiosa e tendente al vezzo (non è che se mi metti continuamente i due punti mi convinci che sei un genio) comunque sono riuscito ad apprezarla. Il punto semmai è la storia... che non c'è. Ora, io lo so bene la letteratura contemporanea tende a scrollarsi di dosso quella componente così superficiale che è la trama, perché è così superficiale e proletario pretendere di raccontare qualcosa, no? Quindi ok non mi aspetto una roba plot driven con continui colpi di scena, ma nemmeno mi può bastare una serie di riflessioni annoiate sulla propria vita postborghese. Sì ok ciàiprobblemi perché il babbo non ti voleva bene, ma io non è che ho tutta sta voglia di starti ad ascoltare mentre ti lamenti. Quindi non so, fortunatamente era corto e costava poco, ma se una roba del genere fosse stata un romanzo anche di sole centocinquanta pagine e l'avessi pgato anche solo 12 € credo che mi sarei piuttosto incazzato. Voto: 5/10

Un altra inversione a U perché invece Han Song fa un lavoro del tutto opposto in Oceano Rosso pubblicaot da poco per ADD. La storia è quella di un'umanità che presumibilmente a milioni di anni da oggi si è evoluta per vivere nel mare, che per qualche ragione non precisata non è più blu ma rosso. Nell'oceano vivono quindi varie tribù di uomini-pesce, che assumono forme diverse e si comportano in sostanza come creature marine, dedite alla caccia, migrazione, accopiamento e soprattutto trucidazione reciproca con frequenti occasioni di cannibalismo. Tutta la prima parte del libro segue la storia di Stellamarina, un oceanico qualsiasi che però sembra avere delle ambizioni e desideri nascosti, e infatti lascerà la sua tana per arrivare a diventare il re dell'oceano e costituire una nuova società... basata sullo stupro il genocidio e il cannibalismo dei neonati, ma insomma meglio di niente, no? Nella parte successiva alcuni racconti riassumono l'evoluzione successiva del popoo marino, che continua a sognare un ritorno alle terre emerse ma forse non è destinato a ottenerlo. Si percepisce in questa narrazione il diverso modo di intendere le storie orientali (e cinesi, in particolare) rispetto al nostro occidentale, e a differenza di altr autori cinesi più conosciuti che oggi si trovano in giro, Han Song sembra maggiormente legato alla tradizione letteraria e filosofica cinese, come sottolineato anche dalle traduttrici per i riferimenti a molte opere. Una lettura non facile ma sicuramente di grande impatto, che se forse non tasmette un messaggio definitivo lascia lo spazio per porsi molte domande, un po' come un koan. Voto: 7/10

Infine, continua il mio excursus parallelo nelle pubblicazioni self di "scrittori emergenti" di ambito fantastico/speculativo e stavolta è toccato a Fight or Flight, il primo volume di una serie (duh) di Filippo Barbanti. La premessa della storia in questo caso è quanto meno interessante: il mondo è completamente dominato dalle donne, dopo l'intervento della Strega (una letterale strega) che ha sterminato buona parte dei maschi e ha conquistato il mondo riducendo in schiavitù gli uomini sopravvissuti. Alla base sembra che ci sia una certa filosofia da redpillati, quella del "gli uomini sono i veri discrimnati" o "non si può più dire niente" ma in realtà questa cosa emerge molto poco perché i protagonisti della storia maschi vivono una vita pressoché normale, anzi alcuni di loro hanno anche una buona carriera. All'interno di questo contesto, il protagonista scoprirà di avere dei superpoteri ed entra a far parte di una resistnza che si oppone alla dittatura misandrica, perché lui è l'unico capace di fronteggiare alla pari la strega e il suo esercito. Ora, al di là della possibile "problematicità" della premessa (che io sono disposto a seguire, come d'altra parte hanno fatto anche altri romanzi come Ragazze elettriche o Selezione naturale) il problema qui è che la storia è confusa, il worldbuilding incoerente, i personaggi macchiettistici, il conflitto artefatto e la scrittura... dio mio, la scrittura. Purtroppo come nei casi precedenti di questa mia nuova esplorazione la scrittura è di livello terza media, e non solo per il registro e la banalità, ma anche per il tipo di situazioni, di relazioni e il livello di umorismo. I problemi sono vasti e profondi quindi è complicato fare una critica approfondita, ma giusto per rendere l'idea lascio qualche spunto: la storia è ambienta nel 4000 e rotti, cosa che si ricava solo dal fatto che viene detto poiché il mondo è sostanzilamente lo stesso di oggi, le uniche innovazioni rilevanti sono le macchine volanti e i wormhole per spostarsi da un pianeta all'altro, perché sì ci sono anche altri pianeti e alieni, che sono sostanzialmente folletti e/o nani, ma tutto questo non ha nessuna importanza perché sulla terra ci sono le streghe che praticano la magia, che è venuta fuori a un certo punto non si sa bene perché, ed è proprio quel tipo di magia che "è magia" e quindi può fare più o meno tutto, con l'aggiunta che ogni strega ha la sua mossa speciale, e il protagonista invece discende da una famiglia di supereroi ma non ne sa niente, perché è in buona sostanza un inetto che a ventotto vive da bamboccione e non è certamente molto sveglio visto che non si è mai accorto di niente quando vive ina una sorta di Truman Show in cui tutti quelli che gli stanno intorno sono coinvolti, finché a un certo punto gli fanno un'iniezione e questo gli attiva i poteri latenti che derivano da un'iperproduzione di adrnalina innescata dal riflesso fight-or-flight, solo che questa iperproduzione è tale che lui assume la temperatura del sole e può volare a velocità ultraluce e può vedere a raggi x e può fare la kamehameha ed è in pratica invincibile e nonostante tutto questo è comunque incapace di vincere le battaglie, si fa fregare continuamente e addirittura riescono a levargli i poteri con uno spray, ma allora lui per riottenerli basta che ci crede tantissimo e gli tornano, mentre sta andando in giro per l'universo a cercare una reliquia potentissima che però per localizzarla bisogna prima trovare i pezzi di una mappa come nei migliori prg con quest e subquest, e a ogni livello c'è un boss e qui nella battaglia finale ci sono pure gli zombie gli scheletri gli ent e la strega cattiva usa l'enegia sferica e lui la ferma diventando super saiyan ma ancora è talmente tonto che nonostante sia invincibile e potentissimo niente, prende e se ne va perché non sa cosa fare. Ho tralasciato davvero tanto, soprattutto per quello che riguarda il worldbuilding che cerca di spiegare in modo razionale la magia e i poteri ma fallisce in modo indegno perché se vuoi usare la fisica e la biochimica non puoi sperare che io creda al fatto che lui si muove più veloce della luce, e allora tanto vale che mi dici "è magia" e basta, perché non sono mica fesso, dai. La lettura è stata estenuante, soprattutto da un certo punto in poi in cui intravedeva che ancora la risoluzione era lontana peché eravamo allo step 1 di 3 della subquest 1 di 3 e quindi c'era ancora duecentotrenta pagine di passaggi inutili da sopportare. Se dovessi riassumere con una tagline questo libro, dire che è un retelling di Dragonball Z e in particolare della saga di Freezer, perché gli elementi sono davvero tutti gli stessi, e a conferma di questo c'è anche la sezione finale con i punteggi di forza dei vari personaggi, proprio come i livelli di combattimento rilevati con gli occhialini da Freezer, che peraltro sono misurati su una scala da 1 a 100 ma poi qualcuno super il 100 e allora che cazzo di scala è, complimenti al geniale scienziato (quello che dice sempre "porco due") che ha inventato questo sitema. Da notare che questo libro era stato precedentemente pubblicato con Bookabook e poi è passato in self, a ulteriore dimostrazione che quella forma di editoria non opre alcun tipo di selezione, perché una cosa del genere non la pubblicherebbe nessuno che abbia almeno fatto la cresima. Onestamente se il tenore è questo non so se coninquerò con questa mia esplorazione degli abissi del self, perché si fa faticoso e poi mi tocca fare l'antipatico, ma io preferisco essere l'unica voce onesta in un mare di bolle autoreferenziali che si fanno i complimenti a vicenda ma non si leggono e se lo fanno mentono su quanto gli siano piaciute le letture, perché non è possibile che chiunque avvezzo alla lettura apprezzi queste cose. Voto: 3/10