Music Gloves

Nella mia pressoché continua, passiva, serendipitosa ricerca di modi "alternativi" di fare musica, che siano in grado di integrare maggiormente l'artista con il mondo che lo circonda, consentendogli di produrre semplicemente con dei gesti coordinati e intuitivi la musica che ha in testa, mi sono imbattuto tempo fa in un'invenzione che è praticamente l'affermazione di tutto questo. Per quanto il theremin e il ReacTable si avvicinino a questo concetto, entrambi si appoggiano comunque a una precisa sintassi, che può anche essere molto "naturale", ma è anche precedentemente programmata dal costruttore dell'apparecchio. In questo senso, i Music Gloves uniscono i pregi di questi due: la gestualità del theremin e la varietà di suoni e possibilità del ReacTable.

Provo a spiegare di cosa si tratta, anche se vi anticipo subito che piuttosto che stare a leggere queste sfilate di pixel fate meglio a guardare il video che ho messo poco sotto, che spiega tutto e dà una dimostrazione pratica ed emozionante delle potenzialità dell'oggetto. I Music Gloves (si chiamerebbero anche semplicemente "the Gloves", ma così ci capiamo meglio) sono uno strumento tuttora in fase di progettazione, ma già utilizzabile, la cui ricerca viene condotta da Imogen Heap e il suo team di tecnici. Il nome potrebbe risultarvi vagamente familiare: Imogen Heap è una cantante emersa a fine anni 90, che si è distinta ogni tanto, singolarmente o nel duo Frou Frou, e potreste ricordarne alcuni pezzi tra cui Hide and Seek (una sua recente collaborazione è il featuring in Telemiscommunications, ultima traccia del recente album di deadmau5). Senza entrare nei dettagli tecnici, i Music Gloves sono appunto dei guanti che consentono di avere a completa disposizione ogni tipo di strumento e di effetto, attivabile con gesti e movimenti interamente programmabili dall'utilizzatore, e che consentono quindi un'integrazione completa non solo tra artista e musica, ma anche con lo spazio in cui si esegue la performance, che viene mappato in modo che ogni zona corrisponda a una diversa diffusione del suono.

Indossando i guanti è possibile quindi fare musica in modo del tutto "naturale", come la si pensa. Ogni parte può essere registrata e riprodotta, alterata, effettata, ogni strumento può esser suonato come lo si immagina: un piano muovendo le dita, una batteria picchiando le mani che stringono bacchette immaginarie, e così via. È come se, quando siete soli in casa e ascoltate e ballate in segreto la vostra canzone preferita, i vostri gesti producessero davvero la musica.

Ma come dicevo, starne a ragionare non rende l'idea. Dovete vederlo. Qui setto metto il video di una dimostrazione eseguita da Imogen alla convention Wired 2012. Il video è lungo, ma nella prima parte viene spiegata l'idea e il funzionamento dei guanti, nella seconda vengono mostrati alcuni esempi di utilizzo, e infine viene eseguita la canzone Me, the Machine, scritta appositamente come prima demo dei Music Gloves. Personalmente vi consiglio di spenderci i 19 minuti che dura, ma se vi interessa solo la parte cicciosa iniziate verso i 13 minuti per vedere l'esibizione.


I Music Gloves sono ancora in fase di progettazione, ma è chiaro già da questo video che le potenzialità sono enormi. Un live basato sull'utilizzo di questo strumento (perché non si può chiamarlo semplicemente dispositivo o accessorio, è uno strumento completo a tutti gli effetti), o addirittura un gruppo di "glovatori" risulterebbe in una performance spettacolare. E suonare esattamente seguendo l'istinto deve essere una delle sensazioni più liberatorie di questo mondo.

Lost in Lost #4 - Ep. 1x21-1x25

...che poi vuol dire fine prima stagione. Ci eravamo lasciati con la prima morte (Boone) e prima nascita (Aaron) sull'isola, e un Locke disperato per il sacrificio del ragazzo che credeva in lui, che non riesce a capire che cosa la botola (a suo modo emissaria dell'isola) voglia da lui. Prima del climax finale del triplo episodio Esodo, si assiste a qualcuno dei soliti battibecchi, a un semi-interrogatorio di Locke da parte di Sayid dal quale emerge l'esistenza della botola, e facciamo la conoscenza col buon dottor Arzt, che risulta fin da subito troppo simpatico per poter sopravvivere. La storia si movimenta sul serio quando la Rousseau torna al campo dei naufraghi e li avverte dell'imminente arrivo degli Altri, che vengono per il bambino (Aaron, si suppone). Da qui si diramano più sottotrame: la spedizione per trovare la dinamite, e la prima visita alla Black Rock; la zattera parte con a bordo Michael, Walt, Jin e Sawyer, nonostante un tentativo di intrusione di Kate presto sgominato; Aaron viene effettivamente rapito, ma non dagli Altri, e tocca a Sayid e Charlie andarlo a recuperare.

Dopo aver rispolverato la serie di eventi che convergono nel finale, vediamo come il nostro nuovo spettatore reagisce a quanto gli viene mostrato. Intanto, una certa soddisfazione nell'aver azzeccato che la zattera non avrebbe portato nessuno via dall'isola, come era stato previsto. Ma da qui a intuire che gli Altri (o chiunque siano quelli) li avrebbero incrociati per rapire quel bambino, era un'altra cosa. La gente su quel motoscafo è probabilmente qualcuno che sta sull'isola, ma la mia cavia crede che non abbiano niente a che vedere con la pira dal quale proviene il fumo nero dove era stato portato Aaron. La questione del fumo e il rapimento dei bambini rimane forse una fissazione della Rousseau, che ha dato più sintomi convincenti di squilibrio (anche se con la pazzia si risolvono troppe cose alla leggera). I tre dispersi della zattera sicuramente sopravviveranno, si riuniranno al gruppo, e si ripartirà da zero (ma senza costruire altre barche). La Black Rock arenata in mezzo alla giungla può benissimo esserci arrivata con uno tsunami, e tutto sommato non ha molta importanza, quello che serve sapere viene già detto quando la esplorano. Più importante, in questa fase, è la prima vera e propria visione del mostro: quella traccia di "ombra", che in qualche modo potrebbe essere collegata ai bisbigli nella giungla, come tracce di "presenze" sull'isola, forse echi di quell'ipotetica dimensione parallela a cui tutta questa realtà potrebbe appartenere (una teoria che il mio spettatore continua a portare avanti a forza di elementi a favore). La botola poi viene fatta saltare, e naturalmente non ci viene mostrato cosa c'è dentro, soltanto la lunga scalinata che porta giù: le ipotesi per quello che si vede potrebbero essere una sorta di magazzino, un bunker di guerra o simili. Naturalmente c'è anche la possibilità che sia abitato...

A questo punto, conclusa la prima serie, si può fare anche un bilancio complessivo. Il nuovo spettatore, che sulle prime era scettico, è stato via via preso sempre di più dalla dinamica di Lost, una volta capito come affrontare la serie. La sua reazione alle molteplici domande, misteri "personali" e "collettivi" sollevati e (raramente) risolti, è duplice: da una parte la serie risulta originale, nella concezione e nella costruzione di modelli e mitologie, nella dicotomia tra le vicende dei personaggi on- e off-island; dall'altra parte, però, le trovate scontate, al limite del banale, appaiono come cadute di stile. Viene da pensare che uno show che promette così tanto, e richiede un coinvolgimento così totalizzante dello spettatore, dovrebbe osare di più, e arrivare davvero a sovvertire gli schemi, invece di ricaderci ogni volta per non dover scombinare l'epica classica a cui in ultima analisi si riferisce. Insomma, a conti fatti, questa prima stagione è piaciuta, anche se "piacere" forse non è il termine giusto: ha intrigato, al pari di una sfida, come se chi guarda non fosse l'onnipotente pubblico a cui si deve dare quello che vuole, ma un avversario da spiazzare, e che combatterà per non essere preso alla sprovvista.

E tutto questo, la mia cavia, lo ha pensato prima di vedere il logo Dharma...

Hello, lurker!

È finita. Dai, tirate un sospirone, anche per quest'anno le ferie sono passate. Quel periodo dell'anno in cui siete obbligati a postare su facebook tutte le registrazioni nei posti che visitate (perché sennò vuol dire che siete stati a casa e siete dei pezzenti), e vi passano davanti foto di wurstel in spiaggia, e la gente si lamenta del caldo e fa i conti alla rovescia (la stessa gente che a novembre si lamenta del freddo e poi mette le immagini degli alberi di natale innevati il 4 dicembre). Insomma, è andata, perché oggi buona parte di voi lavoratori (categoria alla quale non appartengo più) rientra alla salvifica routine, e sotto sotto ci gode anche.

Quindi, nonostante questo blog non sia andato in ferie, da oggi anche lui rientra nella modalità standard, visto che nelle settimane scorse era rimasto comunque su toni più leggeri, lasciando da parte le rubriche più "impegnate". Per festeggiare questa ricorrenza, ho deciso di fare un saluto a tutti i lurker che passano da Unknown to Millions. Il lurker, per chi non lo sapesse, è quel suggetto che staziona stabilmente in un sito (blog, portale, forum ecc) e ne assorbe i contenuti, ma senza partecipare. Legge tutto, ma non commenta e non interviene praticamente mai. Si stima che i lurker (di cui vedete una rappresentazione qui accanto) compongano l'80% della popolazione del web. Una popolazione silenziosa, ma imponente.

Su questo blog, attualmente, la media delle visita giornaliere è di 100-120, con picchi minimi di 60 e massimi di oltre 200. Non è molto, non sono numeri da blog "professionale", ma di certo buoni per un blog che tratta argomenti tanto di nicchia. A fronte di questo numero di visite, tuttavia, i commenti sono davvero scarsi: questo implica che più o meno tutto il mio pubblico è composto di lurker, ai quali rivolgo quindi questo saluto.

Oh, sia chiaro, non sto dicendo che chi passa è costretto a commentare, anche perché io stesso lurko in certi siti e quando non ho niente di costruttivo da dire non intervengo. Meglio il silenzio di un commento del tipo "bel post, bravo" che non aggiunge altro. Ma volevo farvi sapere che so che ci siete, e vi voglio bene anche se non conosco le vostre facce. Buona lettura e keep on lurking!

Futurama 7x16 - T.: The Terrestrial / T.: l'umano

Uno dei più frequenti topoi della fantascienza è quello del ribaltamento di prospettiva, ovvero l'inversione dei ruoli "classici" stabiliti dalla letteratura, dalla cultura, dalla società, dalla natura, e così via. L'esempio classico di questo artificio, utilizzato come scossa finale, è il notissimo racconto Sentinella di Fredric Brown, che non sto nemmeno a descrivere perché se non lo conoscete non si capisce cosa ci fate su questo blog. In realtà il cambio di prospettiva è utilizzato molto più sistematicamente, e se ne possono individuare esempi pressoché in tutta la letteratura sf con intenti "sociali". Questa puntata di Futurama, come d'altra parte molte altre, si basa proprio su questo stratagemma.

Già dal titolo si può intuire quale sia la storia: T.: The Terrestrial è una chiara parodia di E.T., che invece era The Extra-Terrestrial. Mentre il piccolo alieno goffo del film di Spielberg rimaneva intrappolato sulla Terra, qui avviene l'opposto: è un terrestre a rimanere intrappolato su un pianeta alieno. E naturalmente, il malcapitato terrestre è Fry, mentre il bambino alieno (beh, in realtà sarebbe lui l'indigeno) è Jrrr, piccolo omicroniano figlio di Lrrr e Ndnd, che in effetti avevamo già conosciuto molto tempo fa, nella seconda stagione, quando aveva rischiato di essere mangiato dagli umani. Dopo aver aggirato l'embrago che stringe Omicron Persei 8 in cerca di erba (sì, quella erba) da contrabbandare, la Planet Express si dà alla fuga, ma si lascia dietro Fry, che rimane quindi solo e ricercato su un mondo di mostri assassini. Fortunatamente viene trovato da Jrrr, che proprio come in E.T. diventa suo amico e lo aiuta a contattare la Terra. Parallelamente, la trama segue Bender che, sentendosi colpevole per aver abbandonato il suo amico, finge con gli altri che Fry sia continuamente assente o impegnato, così che nessuno si accorge della sparizione del ragazzo.

Sono molti gli episodi di Futurama in cui viene reinterpretata un'opera più famosa (come ad esempio Mobius Dick), ma T.: The Terrestrial non è soltanto una parodia di E.T., anche se i riferimenti sono evidenti e quasi scontati, perché ci sono altri temi sviluppati oltre all'amicizia tra il bambino e l'alieno. Una parte importante della trama rivolge infatti intorno al rapporto tra Jrrr e il padre Lrrr, che, privato per via dell'embargo della tv terrestre, è ancora più apatico del solito. Fa quindi tenerezza vedere il giovane omicroniano che cerca l'amicizia dello sconosciuto extraterrestre rimasto sul pianeta. Che poi la vita di Fry sia in pericolo per una banale mancanza di cibo è un'altra questione, che si risolverà nel finale.

Le parti più divertenti sono forse quelle di Bender, impegnato a convincere tutti della presenza di Fry, e le solite uscite di Lrrr, sovrano poco convinto di una razza bellicosa, ma anche gli scambi tra Jrrr e Fry concedono dei buoni momenti. Insomma una puntata piacevole, che per essere capita richiede ovviamente la conoscenza di E.T., ma chi non lo conosce? Voto: 7/10

Spam

Mi rendo conto di quanto sia poco produttivo intitolare così un post, ma trattandosi del titolo di un racconto non potevo cambiarlo. Quella che segue è una breve storiella sui viaggi nel tempo, che dovrebbe anche insegnarvi a tenere in ordine le vostre caselle di posta.


Spam

La cerimonia di consegna del suo secondo Nobel per la fisica fu il momento più triste della carriera del dottor Herschel Twissell. Nonostante gli elogi ricevuti dalla platea per le sue ricerche sulle particelle subgluoniche, nonostante gli applausi e l’entusiasmo, lui si sentiva profondamente frustrato. Da quando, in gioventù, aveva cominciato a studiare fisica, il suo solo obiettivo era sempre stato quello di rendere possibile il viaggio nel tempo.
Ma proprio con le sue ultime scoperte, aveva definitivamente accertato che solo particelle prive di massa potevano raggiungere le velocità infinite richieste per muoversi liberamente nella dimensione temporale. Pertanto, né lui né nessun altro, mai, avrebbe potuto viaggiare nel tempo.
Mentre i colleghi di tutto il mondo lo acclamavano per le strabilianti prospettive aperte dagli studi che gli erano valsi per la seconda volta il massimo riconoscimento, Twissell, dentro di sé, incupiva sempre più, sapendo che il lavoro di tutta la sua vita si era ormai rivelato inutile.
Quella sera, lasciati i ricevimenti e le cene di gala, il dottore si ritirò nella sua stanza d’albergo a Stoccolma, solo e malinconico, con la medaglia nascosta in una tasca della giacca.
Gli inservienti lo trovarono la mattina seguente, spentosi durante il sonno, il cuscino ancora umido per le lacrime che aveva versato per tutta la notte.

Quando gli esecutori testamentari esaminarono le carte e la corrispondenza lasciate dal dottore, per vagliare quanto avrebbe potuto interessare i seguaci delle teorie di Twissell, trovarono nella cartella “posta indesiderata” della sua casella e-mail centinaia di messaggi, i cui mittenti ringraziavano il loro maestro, che aveva davvero visto giusto: la materia non poteva viaggiare nel tempo… ma i bit non erano materiali. Le mail degli esperti di Twisselistica, tuttavia, datate quarant’anni nel futuro, erano state giudicate inaffidabili dal filtro anti-spam, e non erano mai state viste dal loro destinatario.

Coppi Night 11/08/2013 - Iron Man 3

Tutta la saga cinematografica di Iron Man è passata attraverso il Coppi Club, anche se i primi due film risalgono a epoce non documentate su questo blog. Il primo dei tre film mi era piaciuto parecchio, il secondo così così; questo, di cui avevo sentito parlare in termini abbastanza entusiasmi... meh. Vediamo perché.
Partiamo da un presupposto: io non ho visto The Avengers. E mi sono ritrovato a ripeterlo decine di volte ai personaggi sullo schermo, tutte le volte che dicevano "dopo New York", "gli alieni/i portali/le divinità". Da quel che so, in quel film la squadra di supereroi combatte contro il fratello di Thor, quindi gli alieni non so bene cosa c'entrino e nemmeno il portale dimensionale o quel che è. A quanto pare l'esperienza di questa battaglia ha sconvolto parecchio il signor Stark, che si ritrova ad avere attacchi di panico. Questo handicap però non giustifica una serie di incoerenze del film.

Avevo  intuito con buon anticipo la vera natura del terrorista, così come il ruolo da villain di Guy Pearce, tuttavia ci sono dei particolari che, passata l'adrenalina del film, risultano piuttosto stonati. Intanto, non mi pare si spieghi del tutto come questi umani superpotenziati con una qualche bioingegneria riescano ad emettere calore, e nemmeno si capisce come possano essere uccisi: visto che si rigenerano, com'è che a volte anche facendoli esplodere tornano in piedi, e altre invece sono KO? Mi pare un punto fondamentale riuscire a capire come funziona il nemico per poterlo sconfiggere, no? La maggior parte dei problemi come sempre emerge nel finale: nella fretta di mettere insieme il climax, gli autori hanno probabilmente messo da parte le riflessioni. Infatti (leggero spoiler!) lo squadrone di nemici viene affrontato da uno sciame di armature autopilotate, controllate presumibilmente da Jarvis, l'IA privata di Stark. Ma allora viene da pensare che, tutto sommato, il supereroe sia proprio il supercomputer, piuttosto che il suo inventore: se è in grado di far muovere cinquanta robot sincronizzati tra loro, che bisogno c'è per Iron Man di uscire di casa ad affrontare i cattivi? Inoltre, quando Pepper (la compagna di Stark) viene "potenziata", com'è che improvvisamente acquisisce anche prontezza di riflessi, agilità e conoscenza delle arti marziali sufficiente a mettere fuori combattimento il nemico? Nel finale poi, Stark si fa rimuovere dal petto il magnete che lo manteneva in vita, impedendo ai frammenti di metallo di perforargli il cuore: ma se poteva semplicemente tirarli fuori con un'operazione, perché sopportare tutta questa fatica di un impianto del genere all'interno del corpo?

Personalmente poi non ho gradito il tipo di minaccia. Sì, ok, c'è di mezzo il terrorismo e sicuramente un pericolo per tutto il mondo, ma alla fine del film ci si trova letteralmente a dover salvare il Presidente USA. Ma sapete che c'è, a me del Primo Cittadino degli Stati Uniti d'America m'importa proprio zero: nel senso, se mi fossi trovato nella realtà del film, e avessi visto al tg le immagini del presidente appeso al ponte, avrei reagito con "Esticazzi?". Pensavo che nel cinema si fosse superata l'idea Presidente USA = Capo Del Mondo, e anche in quel caso, a me, figlio della Crisi, dei capi di stato non so che farmene, anzi... se ne fate fuori due o tre francamente sotto sotto ci godo anche. Dammi un pericolo che mi faccia sentire piccolo e sperduto, inutile e spacciato. Il G20 puoi farlo saltare anche tutto in un botto solo.

E comunque, sempre rispettando la continuity con Avengers, viene da chiedersi: ma se rapiscono il Pres, minacciano la Nazione di attacchi terroristici e tutto il resto, com'è che nessuno degli altri interviene? Il terrorista aveva un conto personale con Iron Man, ok, ma perché lui non tira su il telefono e dice "Ehi, ciao, Captain America, quanto tempo... senti non è che mi vieni a dare una mano?", o magari, perché nessuno di loro interviene di sua volontà? Cos'aveva da fare Hulk, nel frattempo? Possibile che la squadra ne lasci uno solo di turno?

Insomma, mi pare che questo film, nonostante lo schieramento di scene epiche ed effettoni, non sia stato pensato bene, ed è un peccato, perché Iron Man, all'inizio, era il personaggio secondo me più riuscito di questo decennio supereroistico (dopo Wolverine, chiaro). E poi ora come faranno a fare Avengers 2 e Iron Man 4, se lui si è tolto il magnete dal petto? Mi viene quasi da sperare che sia davvero finita la sua carriera e torni a fare il meccanico ultramiliardario...

Dj set: 90 Reloaded

È ferragosto! Il giorno più sonnolento dell'anno, l'apoteosi del fiaccume rivestito di religiosità (perché sapete che è rosso sul calendario in quanto "Assunzione di Maria Vergine"?) per poter pubblicamente affermare che sì, con sto caldo non s'ha voglia di fare un cazzo? E allora, è sicuramente il giorno giusto per presentare il mio nuov dj set, che ha tutti i crismi per essere definito il cd dell'estate!!!

Siamo negli anni 2010, e come sempre accade dopo vent'anni di distanza si inizia a evocare l'epoca doro che si ritiene fosse quella di un ventennio fa. Infatti ora sono tutti a sparare oro sugli anni '90, perché era meglio la tv, erano meglio i giochi, era meglio la vita, era meglio la musica. Negli anni 90, non so se ve lo ricordate, in italia andava forte l'italo dance, figlia illegittima dell'italo disco di dieci anni prima, e c'erano pezzi che spopolavano come quelli di Gigi D'Agostino, Mauro Picotto, Prezioso e i vari corrispettivi esteri. Anche gente che normalmente dell'elettronica non vuole sapere nulla sente uno di quei classici e si ritrova con la lacrimuccia all'occhio.

Quello che questa gente in genere non sa è che, per ogni "classico" esisteva all'epoca, o è stato prodotto in seguito, una serie piuttosto consistente di remix. Che si tratti di adattamenti contemporanei, o di nuove versioni che aggiornani i suoni con le tendenze più moderne, è facile trovare decine di versioni alternative o reinterpretazioni di queste tracce. Ed è proprio con queste che 90 Reloaded è stato composto!



La tracklist presenta remix di pezzi come The Riddle, Komodo, For An Angel, Lost in Love, Children, Toca's Miracle. E se non ho indicato gli autori di questi pezzi è perché confido che li sappiate già. E non fatevi spaventare se leggete da qualche parte "Gabry Ponte remix": non c'è da aver paura di essere tamarri, se lo si fa con stile.

Lost in Lost #3 - Ep. 1x19-1x20

Ci si avvicina alla fine della prima serie, e ora le puntate iniziano ad avere una maggior densità di contentui, per prepararsi al climax del season finale. Dopo aver fatto la conoscenza dei Numeri, nell'episodio numero 19, Deus ex machina, si ha di nuovo un avvenimento centrale: la scoperta dell'aereo nigeriano dei trafficanti di eroina precipitato, sul quale Boone, spinto da Locke, si arrampica e lancia un SOS radio, per poi schiantarsi al suolo e rimanere gravemente ferito. Nell'episodio 20 invece vediamo da una parte Jack che tenta di salvare il ragazzo con ogni mezzo (e assistiamo nel flashback alle sequenze del suo matrimonio, piuttosto inutili col senno di poi), dall'altra Claire che è finalmente prossima al parto e viene assistita da Kate durante il travaglio.

E qui, subito, il nuovo spettatore nota la strana coincidenza di una morte e una nascita quasi contemporanee. Visto che a quanto è dato di capire, sull'isola nulla accade per caso, forse il piccolo Aaron (che in realtà non è ancora stato battezzato) è in qualche modo collegato alla morte di Boone? Ne è magari la reincarnazione? Ricordo che teorie simili erano molto gettonate all'epoca, soprattutto in seguito, quando si scopre della mortalità delle madri sull'isola... ma questo verrà a suo tempo. Certo è che, per il momento, questa coincidenza è sospetta. Al contrario, la luce che, sulla fine dell'episodio 19, quando Locke va a piangere e strepitare contro la botola per avergli fatto uccidere Boone, si accende dal basso e lo investe, è stata giudicata del tutto priva di significato. O meglio, di certo c'è una ragione per cui quella luce si accende in quel momento, ma non ha certo a che vedere con il legame che Locke ritiene di avere con l'isola, e non si tratta di una "risposta" da parte della botola. Si direbbe che il nostro spettatore cominci già a capire in che modo ragionano gli autori di Lost...

C'è un altro particolare interessante a cavallo di queste due puntate, che forse non molti ricordano: quando Boone, all'interno dell'aereo, accende la radio, riesce a inviare un messaggio: "Siamo i sopravvissuto del volo Oceacin 815", e ottiene per risposta (l'audio è volutamente confuso, ma si può distinguere facendo attenzione): "Cosa? Noi siamo i sopravvissuti del volo 815!". Questo scambio verrà in seguito spiegato, e si vedrà chi c'era dall'altra parte della trasmissione, ma per il momento, quali possibilità comporta? Il nostro spettatore ritiene che possa essere una conferma della sua teoria dell'universo adiacente, che era cominciata a emergere proprio negli ultimi episodi, con i Numeri e gli altri strani avvenimenti: forse, il collegamento radio ha attraversato le dimensioni e raggiunto in qualche modo i sopravissuti del "vero" Oceacin 815.

Adesso si preannuncia uno scontro tra Jack e Locke, la prima vera dimostrazione di un contrasto forse più metaforico che pesonale, che ricorrerà per tutta la serie. Lo spettatore ritiene che Locke, messo alle strette dalla morte di Boone, dovrà confessare i suoi "segreti", e rivelare innanzitutto l'esistenza della botola. Che cosa deriverà da questo, però, ancora non c'è modo di saperlo.

Coppi Night 04/08/2013 - Springbreakers

Eddai, siamo in ferie! Cioè, in realtà no, visto che siamo ancora qui la domenica sera a mangiare pizza e guardare film, ma l'atmosfera estiva ormai è palpabile anche nel Coppi Club, e si traduce principalmente nei due ventilatori piazzati nella stanza che riciclano l'afa e il calore degli apparati digerenti in funzione. E proprio perché siamo (idealmente) in ferie, questo film che sulla carta si presentava come un ottimo esponente di quel filone "partystico" come poteva esserlo Project X (che in effetti non mi era piaciuto, ma l'idea di vedere un'ora e mezzo di tette e alcool e cazzate era allettante) magari con qualche deliziosa deriva pulp, ha ricevuto un appoggio pressoché unanime.

Oh, che sciocchi che fummo.

Ma procediamo con ordine. Io conosco lo springreak grazie ai Simpson. In una puntata Homer deve farsi una vacanza e finisce proprio lì in mezzo: in pratica si tratta di una settimana (dato il nome, suppongo si svolga in primavera) di pausa dalla scuola in cui gli studenti si riversano in massa in qualche località vacanziera e si sdanno. È una di quelle classiche situazioni da "quello che succede allo springbreak rimane allo springbreak": alcool, droghe, sesso, musica, e tutto quanto di più edonistico ci sia. Presente quelle tipiche foto di ragazze a puppallaria che bevono dagli imbuti circondate da una decina di ragazzi che le incitano? Ecco, probabilmente sono state scattate allo springbreak. Questo per farvi inquadrare il contesto, che ogni americano conosce bene, e che sostanzialmente non ha equivalenti nel nostro paese. E per farvi capire come mai fossi così motivato a vederlo.

La storia comincia con queste quattro ragazze, ma forse sarebbe meglio dire 3 + 1, perché la quarta (Faith, interpretata Selena Gomez, personaggio che avevo sentito ma non avrei saputo identificare) non è proprio parte del gruppo ma si aggrega senza troppa convincizione, che vogliono andare allo springbreak ma non hanno i soldi. Le tre allora rapinano un ristornate con delle pistole giocattolo e si ritrovano col malloppino. Partono e "SPRING BREAK SPRING BREAK SPRING BREAK FOREVER!". Come previsto si divertono, bevono, pippano, scopano, limonano tra loro... e poi vengono arrestate. Non si capisce bene perché gli agenti siano andate a pescarle in casa, dato che intonro era una bolgia di ragazzi fatti fino al midollo, ma insomma, le pescano e le portano in prigione e poi in tribunale (rigorosamente in bikini, nemmeno davanti al giudice gli mettono addosso un accappatoio). A questo punto arriva Alien, un tizio decisamente poco raccomandabile (etichetta applicabile a chiunque sfoggi denti d'oro, ritengo) che paga la loro cauzione e le porta fuori di prigione. E qui il film prende una deriva inclassificabile. Già c'era stato prima qualche accenno, ma nel momento in cui le ragazze si fanno portare nella megavilla del tizio (che è un gangster spacciatore rapper bianco straricco) il tono cambia completamente. Lo springbreak è dimenticato (anche perché sarà finito), nonostante tuttei continuino a dire "spring break per sempre", e ci si trova a seguire il gangster nelle sue scorribande, a sparare ed esercitarsi nel threesome acquatico. Selena Gomez prende l'autobus e se ne va perché non se la sente di passare le giornate giocando a biliardo circondata da energumeni neri che le palpano il palpabile; una delle altre tre (tutte bionde, non le riconosco e non ho imparato i nomi) se ne va dopo aver beccato una pallottola in un braccio; le altre due rimangono e convincono Alien a vendicarsi contro il boss rivale, e organizzano il loro attacco anfibio: dopo otto ore di motoscafo (partono di giorno e sbarcano a buio) arrivano al molo privato del nemico, il capo si fa sparare dopo quattro secondi, e loro due invece, che fino a quel momento hanno maneggiato solo pistole giocattolo, sterminano un'intera banda di gangster con dei mitra. Poi rubano una macchina e se ne vanno. Fine.

Dalla trama così esposta potrebbe tutto sommato sembrare un film interessante. Sì, si parte dall'idea di divertirsidivertirsidivertirsi ma poi si approda a qualcosa di più serio e "profondo". In realtà ci sono molti altri particolari che rendono il film pesante e vuoto. Intanto, non c'è un protagonista: Faith, "brava ragazza" religiosa che chiama tutte le sere la nonna (notare la disinvoltura con cui il rivoluzionario regista ha pensato di utilizzare l'assocaizione "va in chiesa = brava ragazza) sembra sulle prime il punto di vista più distaccato, e infatti fa da voce fuori campo a commentare quello che accade... questo finché non prende l'autobus, poco dopo metà film, per tornare a casa, e di lei non si sa più nulla. Qualcuno nel Coppi Club ha suggerito più volte "ora torna e fa una strage!", ma no. Nulla. Non si può nemmeno dire che "il gruppo" sia protagonista, perché appunto si sfalda pezzo per pezzo, e poi le scene non sono sempre focalizzate su di esso. Nemmeno Alien può esserlo, perché arriva a metà film, anche se dalla sua comparsa diventa in pratica il personaggio centrale. Alcune sequenze poi si svolgono da tutt'altra parte rispetto ai presunti/potenziali protagonisti, come quelle in casa del boss rivale che pensa di dover dare una lezione all'altro. Quindi, boh, non si sa chi seguire, quale PoV considerare principale. Non ci si identifica, e questo è un problema. Poi c'è il problema dei dialoghi fuori campo: all'inizio si tratta delle riflessioni e telefonate di Faith, poi iniziano ad allungarsi, ripetersi, accavallarsi... nella parte finale, prima dell'attacco, diventano esasperanti, con un dialogo tra Alien e le due ragazze rimaste che viene ripetuto almeno quindici volte, tanto che me lo ricordo a memoria: "Tu hai paura/Ti fotti di paura/Sì mi fotto di paura cazzo". Seriamente, viene ripetuto all'infinito, come prima era stato per la canzoncina sempre di Alien "Quattro passerotte...", e ancora prima Faith in prigione che dice "Non doveva finire così, non è così che doveva finire, non può finire così, questa non è la fine, non è questa la fine, non finisce così, così non può finire...". Tutto questo, e decine di altri particolari e incoerenze (prendi Alien che all'inizio sembra essere attratto visceralmente da Faith, ma poi lei se ne va e allora si innamora delle altre due, e loro si innamorano a loro volta), rendono il film davvero pesante, difficile da vedere non tanto per la complessità dei temi o della storia, ma perché la vacuità di ogni scena si fa oppressiva, e ci si trova a chiedere che qualcosa succeda e dia un senso a tutto.

Il regista di questo film, di cui non ricordo e non vogli sapere il nome, si è "distinto" in passato per aver diretto film giudicati innovativi e di nicchia, e forse con questo voleva fare lo stesso. Tuttavia, a prescindere da quali fossere le intenzioni, il risultato è certamente fiacco e irritante. Se l'idea era di mostrare il "degrado" giovanile, o la scelta cosciente di "compiere il male", o qualunque altra possibile soluzione morale, non ha funzionato. A me tutto il film è sembrato qualcosa messo insieme con una lucidatina superficiale di profondità, ma appunto è solo un patina: pensi che basti mostrare una scena di violenze perpetrate in slow motion con Everytime  di Britney Spears in sottofondo? Credi che questo sia innovativo? O il fatto che due ragazze facciano le stronze? O è solo una scusa per farmi vedere due badass lesbian ladies, in costume e con i passamontagna e i fucili in mano? Non rimane nulla di tutto ciò, se non la sensazione di essere stati abbindolati con la scusa di questo springbreak per mostrare una storia che storia non è, e che, a conti fatti, non porta da nessuna parte. La prossima volta, semmai, fai un film dalle microcamere nascoste nei cessi per farci vedere sfinteri che si allargano, mettici come musica Mad World dei Tears For Fears e una voce fuori campo che ripete "È così che va la vita, la vita va così, così è la vita, la vita così va", che ne dici?

Rapporto letture - Luglio 2013

Oh, questo è quasi imbarazzante. Stavo pensando di fare finta di nulla e saltare questo appuntamento mensile, ma poi mi sarei sentito disonesto. Dico imbarazzante perché nel corso di luglio ho letto un solo libro. Sì, lo ripeto, a fronte della media di cinque-sei al mese, a luglio ne ho letto uno solo. E un po' me ne vergogno, perché blatero sempre che la gente che non legge perché dice che non ha tempo mente, e che il tempo non lo vuole trovare.

In effetti, il mio tempo per leggere è diminuito questo mese, principalmente perché mi sono ritrovato a dovermi spostare spesso in macchina e perché trovandomi fuori casa ho dovuto modificare alcune abitudini e non ero sempre in grado di poter leggere quando ne avrei avuto voglia o tempo. Quindi più che una mancanza di tempo è stato un cambio di modalità. E anche il fatto che il secondo libro iniziato a luglio purtroppo mi sta piacendo poco e si sta trascinando più del dovuto. Insomma, perdonatemi per questa volta, ma l'unico libro letto il mese scorso è:

Graffiti nella Biblioteca di Babele, ovvero lo Year's Best SF 16, l'antologia annuale curata da David Hartwell e Kathryn Cramer (quindi ho per lo meno la scusa che si trattava di un libro corposo...). In realtà come con le altre antologie della serie, da sempre pubblicate con Urania se pur con qualche anno di differita, mi ritrovo con poco da dire: la qualità media è sempre alta (sennò non sarebbe un "best of"), e i nomi spesso ricorrenti: Joe Haldeman, Cory Doctorow, Vernor Vinge, Stephen Baxter, Alastair Reynolds, Bruce Sterling... in questo volume per la verità ci sono anche diversi nomi sconosciuti, in particolare un paio di autori australiani che di solito non hanno la stessa diffusione di quelli americani, inglesi o canadesi (perché comunque si parla di narrativa anglofona). Tra i migliori racconti qui si possono includere quello che dà il titolo alla raccolta (storia di segnali presumibilmente alieni lasciati all'interno di una futura Biblioteca Universale), Il progetto Cassandra (una rivisitazione dello sbarco sulla Luna), Il ragazo di Jackie, Tutto l'amore del mondo (due racconti postapocalittici), e Tredici chilometri (un ascesa in mongolfiera per risvegliare i ricordi di una donna marziana), che personalmente ritengo il migliore. Si trova anche un davvero insolito Fantasmi che ballano con le arance, romanzo breve piuttosto ermetico e sgangherato, difficile da definire fantascienza ma anche qualsiasi altra cosa. Altro dettaglio interessante è che uno dei traduttori ha pensato di lasciare una nota alla traduzione dell'espressione "What goes around comes around", inquadrandola come una citazione di Justin Timberlake piuttosto che come un detto comune della lingua inglese che significa più o meno "tutto torna indietro". Strano mestiere, quello del traduttore...


E quindi non ho altro da dire su questa faccenda. Il prossimo mese farò di meglio, prometto.

Futurama 7x15 - Fry and Leela's Big Fling / Fry e Leela

Nella settima stagione è già stato appurato che la relazione tra Fry e Leela è solida e conclamata, anche se non sempre centrale. Se finora gli episodi basati maggiormente sul loro rapporto sono stati A Farewell to Arms e Fun on a Bun (ignorando Naturama in quanto out-of-canon), questa puntata fin dal titolo si rivela come impostata sulla coppia. La trama si divide infatti nei due classici plot: Fry e Leela che si prendono una vacanza per stare da soli, in un resort esclusivo che permette solo due visitatori per volta, e la restante crew della Planet Express esegue una consegna sul pianeta delle scimmie, un mondo letteralmente abitato da scimmie sul quale è proibito l'accesso agli umani.

L'episodio si caratterizza per la presenza di diversi personaggi visti o menzionati in precedenza, risalenti anche alla prima stagione: rivediamo la scimmia Gunther, la cui intelligenza era stata potenziata dal Professore in Mars University e poi era fuggita, e il dottor Banjo, l'orango che opponeva le sue teorie creazioniste a quelle evoluzionistiche del Prof in A Clockwork Origin. E per la prima volta, facciamo la conoscenza di Sean, lo storico ex ragazzo di Leela che era stato da lei menzionato diverse volte ma mai mostrato. Sean irrompe infatti nella vacanza di Fry e Leela, con la prevedibile reazione furiosa del primo, e i due arrivano presto alle mani, nonostante il disinteresse della dama contesa. Nel frattempo la consegna sul pianeta delle scimmie procede, e quando Gunther riconosce Amy (nonostante il travisimento da uistitì) offre all'equipaggio un tour del suo pianeta, che consentirà poi di riallacciare le due sottotrame e condurre a un finale volutamente anticlimatico.

Introduzione esclusa, la parte più movimentata dell'episodio è proprio quella che si svolge tra le scimmie, mentre la vacanza della coppietta ha i suoi momenti movimentati solo quando emerge lo scontro Fry-Sean, che non è certo una battaglia tra campioni, con il primo sbronzo e il secondo piuttosto ottuso per sua natura (viene quindi da pensare che a Leela piacciano gli uomini tendenzialmente cretini). In ogni caso le due parti si ricongiungono bene, e offrono l'occasione per un paio di gag azzeccate, oltre a qualche riferimento meta-testuale e tributo ai fan, come appunto la comparsa di Sean e la frase di Fry "Lo sai chi odio di più? Gunther, quella scimmia che abbiamo incontrato una volta e non abbiamo mai più rivisto". Questo esprime infatti un diffuso sentimento del fandom, che odiava a morte la scimmietta intelligente, nonostante la sua presenza nello show fosse stata del tutto occasionale: a un decennio di distanza c'era ancora gente che ce l'aveva con lui, e gli autori hanno pensato bene di dargli un valido motivo per odiarlo.

Nel complesso quindi l'episodio, pur non brillando per idee o temi, è del tutto piacevole, con una buona sorpresa e soprattutto arricchito da tante "guest star", e di conseguenza maggiormente apprezzabile dai fan storici della serie. Voto: 7.5/10

Coppi Night 28/07/2013 - Hansel e Gretel cacciatori di strege

Proprio due settimane fa parlavo del nuov filone delle "favole riadattate", ma il mio discorso riguardava i film di animazione, e avevo scioccamente tralasciato di citare anche film veri e propri, come quello che è stato visto al Coppi Club la settimana scorsa. Come il titolo suggerisce infatti, la storia è quella dei due bambini abbandonati nel bosco, che dopo aver sconfitto la strega della casetta di marzapane proseguono la loro "carriera", diventando witchunters professionisti, assoldati dai villaggi per eliminare le streghe che minacciano i cittadini e rapiscono i bambini.

La trama principale segue uno strano sommovimento di streghe, che sembrano più interessate del solito ai bambini, e che, si scoprirà, stanno complottando per compiere un rito che le renderà più forti. I due cacciatori si metteranno sulle loro tracce, ma ci vuole un po' prima che riescano a inutuirne il piano. Da questo punto di vista niente di originale, solo un modo per alzare la posta in gioco rispetto a una caccia "ordinaria", tuttavia il film è cosparso di piccole rivelazioni e dettagli davvero gustosi. Evito gli spoiler, ma si capisce abbastanza presto che i due fratelli hanno qualcosa di speciale, che li rende adatti a fare i cacciatori di streghe, e che il loro abbandono nel bosco quando erano piccoli nasconde un segreto più profondo della semplice negligenza dei genitori.

Il film si basa per gran parte su scene di azione, inseguimenti e combattimenti (arricchiti di una moderata dose di splatter), ed è qui che emerge uno dei maggiori punti di forza: l'arsenale di Hansel e Gretel è una deliziosa raccolta di strumenti steampunk, dalla tripla balestra alla mitragliatrice componibile, dal defibrillatore a dinamo (!!!) al grammofono. Non so se la fiaba originale avesse una precisa collocazione storica, ma qui l'epoca è stata spostata in una sorta di età preindustriale, che comprende cittadine, sindaci e sceriffi, ma anche proiettili esplosivi e macchine protoelettriche. Oltre a streghe, maledizioni e troll. L'ambientazione è quindi un efficace miscuglio steam-ucronico-fantasy, e per chi riesce a cogliere questi particolari risulta davvero godibile. Un altro aspetto riuscito è la reinterpretazione della fiaba originale, che non fa solo da preludio ma si integra anche nel proseguo della storia, e trascina con sé alcuni dettagli come il diabete di Hansel, che era stato costretto da piccolo a nutrirsi per mesi soltanto di dolci, ed è quindi costretto a farsi iniezioni di insulina (in effetti non viene specificato che si tratta di diabete, ma pare evidente).
 
Da tutto ciò deriva che questo sequel spurio della truce fiaba di Hansel e Gretel è sicuramente ben riuscito, mantiene un tono leggero ma carico di azione, e si collega bene tanto alle sue origini che alla moderna mitologia cinematografica. Un prodotto certo non impegnativo ma di buon livello.

Lost in Lost #2 - Ep. 1x14-1x18

Ci eravamo lasciati con Boone che capisce di doversi scollare dalla sorellastra, la botola da poco scoperta, Claire rapita dal misterioso Ethan e una valigietta di armi tenuta sottochiave da parte del dottore. Ora, dopo aver fornito una prima ampia panoramica dei personaggi, le cose iniziano ad accelerare, e in questi cinque episodi arriva molta più ciccia sulla brace.

Il primo evento rilevante è il ritorno di Claire, che tuttavia non ricorda niente del rapimento, e il confronto con Ethan, che agli occhi di un nuovo spettatore appare davvero minaccioso. Inoltre, per essere un medico (come si scoprirà in seguito) ha una forza e un'aggressività davvero insolite, tanto che si potrebbe dubitare che sia davvero umano. Chi conosce già la storia se lo ricorda forse per le apparizioni successive come un personaggio moderato, ma in queste sue prime comparse è davvero spietato. Vi ricordavate che uccideva uno dei naufraghi dell'Oceanic 815, solo a scopo dimostrativo? Questo è uno dei tanti esempi di come in Lost le impressioni iniziali sono spesso riscritte in seguito. E a questo proposito, la stessa cosa capita con l'episodio 17, In Translation, incentrato su Jin di cui vediamo flashback incrociati a quelli già visti per Sun. Si assiste così a un ribaltamento di prospettiva, ed ecco che il coreano non sembra poi così un cattivo marito. Anzi, nonostante la sua morbosità, bisogna riconoscere la dedizione da lui mostrata per la moglie non era corrisposta. Infine, nell'episodio 18 scopriamo finalmente I NUMERI! Non ho resistito, e ho rivelato che quella sequenza accompagnerà la serie fino alla fine...

Per cui, a una manciata di puntate dal season finale, quali sono le possibili teorie? Riguardo la zattera, la mia cavia pensa che non riuscirà mai a partire. Non verrà di nuovo sabotata, ma la partenza verrà resa impossibile e né Michael né i suoi ipotetici compagni (uno dei quali sarà Sawyer, e probabilmente includeranno anche il cane Vincent) lasceranno davvero l'isola. Quanto ai numeri, è stata avanzata un'ipotesi interessante: Sayid pensava all'inizio che fossero coordinate, ma poi ha scoperto che non era così; secondo la cavia, però, quei numeri rappresentano in effetti una serie di "coordinate dimensionali", che definiscono la posizione non tanto dell'isola, ma di una sorta di universo adiacente in cui i naufraghi sono approdati a loro insaputa. Teoria che spiegherebbe anche i vari avvenimenti misteriosi dell'isola, tra miracoli e mostri vari. Ethan era a conoscenza della sua ubicazione in una dimensione alternativa, ma vi si trovava comunque intrappolato. Le aspettative per i prossimi episodi puntano per il momento al parto di Claire, mentre ancora l'importanza della botola non è stata affermata.