Dune di Villeneuve: SI - NO - UHM

Naturalmente tutti si aspettavano che scrivessi qualcosa. È da tipo un anno e mezzo che la meno con DUNE, e in particolare il Dune di Villeneuve che ora che il momento è arrivato non mi posso tirare indietro. Di fatti, già ho dedicato due video su Story Doctor al romanzo di Herbert, e ho fatto una puntata del podcast Reading Wildlife per una panoramica completa della saga e tutti i derivati. Ma in nessuno di questi casi si parla esplicitamente della resa del film di Denis Villeneuve che attualmente è nei cinema, quindi a un certo punto dovevo confrontarmi anche con questo.

Nel momento in cui scrivo ho visto il film al cinema per tre volte (di cui una in imax, ma non sono riuscito a vederlo in lingua originale), e non a caso tre visioni sono il numero minimo che considero per i film che analizzo sul canale youtube. Nel corso dell'ultima visione ho anche preso appunti per il post che scriverò adesso.

Quella che segue non è una recensione. Non credo di essere nella posizione di fare una recensione obiettiva, perché l'attesa per questo film, l'adorazione per il lavoro di Villeneuve e il mio coinvolgimento nella saga non mi permettono di distaccarmi abbastanza (ho già fatto l'errore una volta di esaminare un film troppo presto e no voglio ripeterlo). Farò un esercizio diverso, forse meno completo ma anche più specifico, e andrò a parlare di singoli aspetti del film dividendoli in tre categorie: SI - NO - UHM. Il SI sono le parti che funzionano, il NO le sbavature, gli UHM le perplessità o le cose che mi hanno lasciato spunti di riflessione irrisolti.

 

I criteri con cui separo nelle tre categorie considerano tutto ciò che sta intorno a Dune, quindi non sarà una semplice questione di fedeltà di adattamento (che non è necessariamente un valore), né confronto con le opere precedenti, né percezione del fandom o del pubbligo generalista, ma un amalgama di tutte queste (e altre) componenti, in modo da ricavare un quadro completo di cosa il lavoro di Villeneuve ha compiuto e potrebbe (avrebbe potuto) ottenere. Questo credo che sia l'approccio che mi permette di dare un'idea più precisa possibile di come ho assorbito e cosa ho tratto da quest'opera. Se poi vi interessa sapere "mi è piaciuto/non mi è piaciuto", fate voi le somme.

Parlerò di questo film come "parte uno" dando quasi per scontato che una "parte due" ci sarà. So bene che niente è ancora deciso, ma ai fini di questa analisi è inutile ricordare ogni volta "se ci sarà un seguito" quindi facciamo finta che sia tutto già previsto. Anche perché continuare a pensare che potrebbe non esserci la parte due mi fa male alla vita.

 

DUNE VILLENEUVE SI

Tecnica: leviamoci subito questo impiccio perché tanto c'è poco da dire. Tutti gli aspetti "tecnici" del film sono perfetti, e non mi aspettavo niente di diverso: fotografia, regia, sonoro, musica, interpretazioni, costumi, props, lingua ecc. Non avendo visto la versione originale mi rimane il dubbio che il doppiaggio abbia appiattito qualche battuta (in particolare le voci nelle visioni) ma ho potuto notare comunque che la trasposizione è stata fatta seguendo i termini in uso nella traduzione italiana, e questo è apprezzabile. Quindi va bene, il film è visivamente spettacolare, musicalmente soverchiante, attorialmente sublime. Questi sono anche elementi sui quali ho meno capacità di giudicare, quindi mi limito a dire che va tutto bene, almeno per quanto mi riguarda. Non è un momento in cui mi sia sentito annoiato, a disagio, disinteressato. Da qui in poi quindi mi riferirò più nello specifico ad aspetti più prettamente narratologici o duniversiani, sui quali ho qualche titolo in più per parlare.

La Voce: degli adattamenti che si son visti su schermo, il modo in cui viene mostrato il funzionamento della Voce è quello che mi ha convinto di più. Quando la vediamo "dall'interno" di chi la subisce (scena a colazione e gom jabbar) il tutto avviene come se il personaggio agisse senza rendersene conto, un blackout di pochi secondi che lo porta di fronte al fatto compiuto.

Duncan Idaho: uno dei personaggi secondari meglio resi da questo film, e meno male. Duncan è il vero action hero della storia, e riesce a essere convincente senza scomporsi troppo. Inoltre la sua dinamica da buddy di Paul lo rende il personaggio più caldo al di fuori della sua famiglia, così che il suo sacrificio diventa davvero una scena epica. Purtroppo Duncan era stato molto sacrificato negli adattamenti precedenti, qui invece ha avuto occasione di brillare. Il che è anche una mossa furba, se la prospettiva (come si è sentito suggerire) è quella di realizzare una trilogia che copra anche Messia di Dune, in cui Duncan ha un ruolo importante.

Battute: o meglio assenza di. In tutto il film ci sono letteralmente due battute (forse due e mezzo), tutte concentrate nella parte iniziale. Anche qui non mi aspettavo molto di diverso da Villeneuve, ma il rischio di creare qualche situazione comedy per andare incontro alla tendenza dei blockbuster sci-fi degli ultimi anni c'era. Ma Dune non è fatto per questo. Quelle uniche due battute sono nel trailer e possono bastare. In questo modo dimostriamo (come d'altra parte Villeneuve sta facendo già da diversi anni) che la fantascienza può essere seria, può essere epica, può essere arte, può essere universale. Bisogna solo averne il coraggio, e Villeneuve l'ha avuto. Grazie.

Gom Jabbar: la prova del gom jabbar è fenomenale. Meno parole, più reazioni. La Reverenda Madre spietata, ma schiacciata da un Paul davvero troppo forte, mentre Jessica si strugge in silenzio. Far recitare a lei la litania invece che a Paul, interrompendo la concentrazione di quel momento, è stata un'ottima scelta. Se confrontiamo questa sequenza con la stessa di Lynch, resa così goffa dai pensieri fuori campo, dobbiamo davvero ringraziare Shai Hulud che sia nato Denis Villeneuve.

Missionaria Protectiva: anche se non viene nominata, questa è la prima volta che viene affermato in un film che il Bene Gesserit ha diffuso leggende e profezie su Arrakis, in modo da "preparare una strada". Il percorso da Messia di Paul passa necessariamente da questo ruolo che è stato costruito per lui, ma nei film precedenti si era tralasciato, facendolo passare per un "vero" predestinato (nel video in cui analizzo il romanzo spiego meglio tutta questa faccenda). Adesso invece Paul capisce che i fremen lo ritengono un profeta perché così gli è stato fatto credere, e ho la sensazione che potrebbe anche decidere di sganciarsi da questo ruolo invece di accettarlo in pieno, come a volte nel romanzo tenta di fare.

Ornitotteri: ma era così difficile? Mi sono sempre chiesto perché negli altri film fossero sempre stati rappresentati come generici velivoli futuristici. Ovviamente non è così significativo avere o meno un affare che vola con le ali o i campi antigrativtà, però è una soddisfazione vedere finalmente quello che Herbert ha sempre raccontato. Inoltre gli ornitotteri (che mi sembra vengano sempre chiamati "thotper") sono davvero eleganti e suggestivi, ma qui si rientra nel punto "tecnico" quindi non mi dilungo.

Liet Kynes: mi è piaciuto come il personaggio è stato leggermente modellato, facendolo diventare più coinvolto nella vicenda. Nel romanzo Liet rimane abbastanza neutrale, anche se offre rifugio a Paul e Jessica perché vede in loro la profezia, per poi morire da solo (in un capitolo pieno di interessanti riflesisoni ecologiche che qui però non trovano spazio, vedi dopo gli UHM). Il Liet di Villeneuve invece sceglie di schierarsi, diventando così una parte essenziale della storia di Paul.

Il deserto: il deserto di Villeneuve è vivo. Nelle altre occasioni, Arrakis era un mondo ostile, il deserto pericoloso ma comunque soltanto un setting. Qui invece lo si percepisce davvero, si vede il vento continuo, la sabbia trasportata che si accumula sugli edifici, le dune smosse dal passaggio dei vermi, i tamburi, gli avvallamenti, la potenza della tempesta. In effetti la sequenza del volo con l'ornitottero nella tempesta a mio avviso è forse la migliore di tutto il film, perché tutto si combina: l'ornitottero, la forza naturale del deserto, le visioni di Paul, il messaggio finale di Jamis (vedi dopo): let go. In altri casi questa scena è stata praticamente omessa, qui diventa una delle più significative. Magnifico.

I vermi: parzialmente collegato al punto precedente, ma merita trattazione separata. Anche i vermi sono i migliori mai visti. Non si limitano a essere fauna locale ostile, ma si percepisce in loro una vera forza ancestrale, viene quasi da chiedersi se sono intelligenti e se non manifestino la volontà del pianeta (allegoricamente sì, ma in questo caso anche letteralmente). In precedenza i vermi per quanto maestosi e pericolosi non mi avevano mai trasmesso questo timore reverenziale. Benedetto sia il Creature e la sua acqua.

Le reazioni alla spezia: il modo in cui la spezia interagisce violentemente con l'organismo mi ha davvero colpito. La prima visione improvvisa di Paul durante il salvataggio della mietitrice, e poi il bad trip nella tenda sono entrambe scene davvero intense. In questo senso Villeneuve si è distanziato da quell'approccio psichedelico che si notava in Lynch (derivato probabilmente dal progetto di Jodorowsky) che io ho trovato sempre fuori luogo. Qui la spezia è qualcosa di forte e pericoloso, e se non sai come affrontarla rischi di rimanerci sotto.

I Sardaukar: fanno paura per davvero. In altri casi erano solo "soldati", nella miniserie anche piuttosto ridicoli per l'abbigliamento da moschettieri. Non c'era molta differenza tra loro e le forze delle altre case. Qui invece i Sardaukar sono i fanatici inarrestabili che meritano di essere: quando arrivano te ne accorgi, quando li senti parlare hai i brividi. Finalmente abbiamo reso giustizia al fatto che impiegarli in guerra contro una Casa sia davvero un atto terribile.

I fremen: anche a loro è stata resa giustizia. Quando li abbiamo visti in precedenza mi avevano sempre dato l'impressione di straccioni del deserto, profughi che si sono adattati a vivere in condizioni ostili ma potendo si affitterebbero un monolocale ad Arrakeen. I fremen di Villeneuve invece sono volutamente lontani dalla civiltà, abitano nel deserto per scelta, e non sono selvaggi primitivi: costruiscono attrezzi tecnologici, come le tute, le parabussole e i compattatori. I fremen sono mostrati già in lotta contro i padroni, e Stilgar lo rende chiaro al Duca: state lontani dai nostri sietch, lasciateci in pace. Non sono vittime, per quanto non abbiano i mezzi per opporsi alle forze delle Case combattono alla pari, e tengono testa anche ai Sardaukar. In generale il tema dell'oppressione dei nativi credo che sia più esaltato rispetto al romanzo, come dimostra la narrazione iniziale, e forse è un approccio capace di rendere più attuale la storia.

Jamis: il personaggio che non sapevo di amare. L'uso che viene fatto di Jamis nella parte finale del film, fin dalle visioni nella scena della tempesta (vedi sopra) mi ha sorpreso e affascinato. Jamis come mentore, la visione forse di un futuro alternativo, o forse solo la manifestazione del destino che si avvicina. "Quando togli una vita uccidi anche te stesso" e poiché "Paul Atreides deve morire perché il Kwisatz Haderach sorga", uccidere Jamis è uccidere Paul. Jamis è il maestro che insegna a Paul gli usi del deserto, perché il primo uso del deserto è la morte. Già nel libro questa sequenza era molto più significativa di quanto fosse stata resa nei film (infatit nella mia analisi l'avevo identificata come midpoint, e non è un caso che il film finisca qui), ma Villeneuve l'ha caricata ancora di più, così che si sente davvero il dramma di Paul nell'uccidere Jamis. Avrebbe potuto essere suo amico, avrebbe imparato molto da lui, ma la morte è il linguaggio che Paul deve imparare a parlare. Anch'io ho dato la mia acqua a Jamis.

 

DUNE VILLENEUVE NO

Parte 1: possibile che non venga comunicato che questo film è solo la prima parte della storia? Forse è una scelta della distribuzione italiana, perché a quanto so nella proiezione a Venezia sotto il titolo era scritto "part one" ma in ogni caso per chiunque non avesse seguito un minimo le vicende produttive non c'era nessun indizio a suggerire che fosse un film incompleto. Questo secondo me può rappresentare un grosso problema, perché parte del pubblico potrebbe sentirsi preso in giro. Non contesto la scelta di dividere in due il film, anzi sicuramente è meglio così, anche perché nonostante duri due ore e mezzo non c'è un momento di stasi, quindi è evidente che c'era davvero bisogno di molto spazio per sviluppare la storia (come dimostra lo sfacelo di Lynch). Però non rendere evidente che il film sia inconclusivo potrebbe creare qualche malumore nel pubblico, quindi non capisco questa scelta. Se è stata una cosa solo italiana, tanto meglio.

Finale: posto che il film doveva interrompersi, e che si interrompe al midpoint, non mi è piaciuta la scelta del finale. La scena generica dei fremen che si addentrano nel deserto, Chani che dice "è solo l'inizio" a beneficio di trailer mi sembra sprecare il climax creato con il duello con Jamis. Credo che avrebbe meritato portare avanti di qualche sequenza la storia fino al funerale, l'acqua donata ai morti, e l'attribuzione del nome. "Il tuo nome è Paul Muad'Dib" sarebbe stata secondo me una battuta finale molto più potente.

L'attacco agli Atreides: si è scelto di non insistere sul traditore all'interno degli Atreides e posso anche capirlo (qualcuno che l'ha visto con me aveva pensato che Jessica potesse essere una traditrice, quindi forse in qualche modo il sospetto è stato comunque trasmesso). Al netto di questo, la sequenza in cui gli Atreides vengono traditi e attaccati mi è sembrata troppo semplicistica, nel senso che la sicurezza sembra del tutto assente, pur sapendo che c'era il pericolo di attacchi (quanto meno di sabotaggi), e Leto che si avventura da solo di notte nei corridoi verso un cadavere quando la sicurezza non risponde... beh, forse li fa sembrare tutti fin troppo sprovveduti.

Jessica: una delle cose che avrei voluto da questo film era una Lady Jessica badass, visto che l'abbiamo vista sempre subalterna al figlio. Questa Jessica non è certo debole, ma nemmeno spicca quanto avrei voluto. In realtà, diciamola tutta, mi è mancata quella sequenza stupenda della cena di gala su Arrakis e di Duncan ubriaco che è presente nel romanzo e che non è mai stata adattata prima. Quella è una delle migliori per mostrare la forza di Jessica, ma non è stata inserita. Peccato.

La morte del Duca: questo è probabilmente il rammarico più grande. La morte di Leto è uno dei momenti più tragici di tutta la saga, e anche senza arrivare alle elaborate torture che aveva pensato Jodorowsky, credo che avrebbe meritato qualche minuto in più. Anche le sue ultime parole non mi sono sembrate così convincenti (nonostante, mi è stato fatto notare, sono uno dei motti degli Atreides, e si ritrovano anche nel libro), quindi avrei preferito qualcosa in più. Mi dispiace soprattutto perché Oscar Isaac era un Leto perfetto, e nelle scene su Caladan e all'arrivo su Arrakis si è davvero sentita tutta la sua autorità e il suo onore, è davvero il Duca che avevo sempre immaginato invece di quel baccalà di Lynch. Però non ci è stato dato modo di soffrire davvero della sua caduta. Mi mancherai.

Gli Harkonnen: resi benissmo, finalmente abbiamo anche un Barone che non è solo un folle sadico edonista, ma un freddo paranoico calcolatore. Però... troppo poco Harkonnen. Forse questo si inserisce in quella scelta di focalizzare la stora su Paul (vedi dopo UHM), ma le loro scene sono davvero ridotte al minimo. Rabban ha forse tre battute in tutto il film, credo che Bautista sia rimasto sul set non più di un paio d'ore...

Arco narativo: questo è un punto delicato, perché stiamo parlando di una storia che non finisce ma viene interrotta a metà, quindi tecnicamente "non possiamo giudicare"... se non che, quello che abbiamo viso finora si può giudicare, e la sensazione è che manchi qualche tassello importante per il setup dell'arco narrativo che dovrà compiersi nella seconda parte. Villeneuve ha creato soprattutto un'esperienza di immersione nel mondo di Dune, e da questo punto di vista è tutto perfetto. Ma se si va a distillare la storia dal worldbuilding, qualcosa scricchiola, qualcos'altro zoppica. Certo, può darsi che la parte due porti a compimento tutto quello che serve, ma stando al momento attuale, se dovessi giudicare questa storia (per quanto incompleta) dovrei comunque notare diversi squilibri. In generale manca a mio avviso un livello profondo di coinvolgimento emotivo per Paul, il film rimane piuttosto "freddo" e se non si viene rapiti dalla grandiosità delle scene si rischia di rimanere indifferenti. È vero da una parte che i romanzi hanno più o meno la stessa caratteristica, ma questa non è una giustificazione per riportare la stessa cosa anche sullo schermo. La speranza è che l'esperienza cinematografica sia così potente da non far soffrire troppo queste carenze, come d'altra parte vale per i romanzi, che non sono certo scritti in modo sublime ma hanno una tale potenza di worldbuilding che tutte le imperfezioni si perdonano. Mi sono interrogato molto sulla ragione di questo squilibrio, perché non posso credere che Villeneuve (e gli altri sceneggiatori al suo fianco, ma comunque anche lui era coinvolto nella stesura) abbia semplicemente sopravvalutato le proprie capacità. La mia sensazione, avendo seguito anche molte (non dico tutte, ma ci vado vicino) interviste e conferenze stampa, è forse l'opposto: essendo un fan dei libri fin da ragazzino (al contrario degli altri adattamenti precendti, che venivano da persone che con Dune non avevano nessun rapporto), Villeneuve ha in qualche modo dimostrato fin troppo rispetto verso l'opera, il che lo ha portato a realizzare una sorta di parafrasi visiva del romanzo senza imporre una sua visione personale che forse avrebbe potuto plasmare la storia in modo più completo e adatto al mezzo. Il problema è che appunto un film non funziona nello stesso modo di un libro (un libro di sessant'anni fa, peraltro) e quindi evocare le stesse sensazioni può non essere sufficiente. Può anche darsi che tutto questo ragionamento sia una mia razionalizzazione, perché amo Villeneuve, amo Dune, e voglio che questo film funzioni whatever the cost, però sentendo parlare il regista e tutti quelli che hanno lavorato con lui non riesco a scorgere niente di diverso dalla dedizione totale e passione assoluta, anche quando parlano della concreta possibilità che non ci sia un seguito della storia. Quindi io ti credo, Denis: hai fatto del tuo meglio, e nessuno avrebbe potuto ottenere altrettanto; se un problema c'è, è un peccato di troppo amore.

 

DUNE VILLENEUVE UHM

La storia di Paul: come ho già accennato prima, la mia impressione è che Villeneuve e i suoi sceneggiatori abbiano deciso di raccontare la storia focalizzandola su Paul, evitando quindi per buona parte tutti gli inserti (che nel libro sono abbondanti) in cui lui è assente, come tutte le scene su altri pianeti. In effetti il personaggio stesso è reso in modo più "umano", laddove nel libro sembra sempre molto impassibile, qui lo vediamo molto più fragile, e la cosa funziona. Non so se sia la scelta giusta, perché lascia fuori molte informazioni che rendono grandioso l'affresco duniano, però è una scelta che reputo interessante, se non fosse per i problemi del punto precedente. Il che ci porta a... 

Informazioni mancanti: raccontare quasi tutto dal POV di Paul fa sì che molte informazioni siano vaghe o del tutto omesse. Chi ha visto il film con me (ignaro dei libri) mi ha segnalato qualche difficoltà nel capire i rapporti di potere tra Impero/Landsraad/Bene Gesserit/Gilda. In effetti il modo in cui funziona questo universo non è spiegato molto nel dettaglio, e se da una parte mi sembra meglio omettere informazioni non rilevanti o sconosciute a Paul (come la presenza traditore) piuttosto che fare la sezione iniziale di infodump come Lynch, dall'altro temo che parte del pubblico potrebbe non comprendere la grandiosità dell'universo narrativo. Anche questa è una scommessa, probabilmente Villeneuve ha deciso che non poteva dire tutto e si è limitato alle nozioni strettamente necessarie, però forse trovare lo spazio per parlare di più della Gilda e dell'Imperatore avrebbe giovato e fissato punti importanti per il seguito. Quindi anche qui non contesto la scelta, ma ho dei dubbi sulla sua efficacia a lungo termine.

Chani uccide Paul: una delle prime visioni di Paul è Chani che lo uccide.Parliamone: è solo un'allegoria o uno dei possibili futuri, come con Jamis? Mi è venuto da pensare che sarebbe una strada narrativa interessante da percorrere, forse questo Paul non sarà così ansioso di diventare Muad'Dib e Chani diventerà una nemica? Non so, c'è da rifletterci. Forse non vuol dire nulla. Ma forse...

Ecologia: tutta la parte ecologicadi Dune è stata praticamente ignorata. Si accenna alle stazioni botaniche, ma non sembra esserci nessun piano dei fremen per inverdire il pianeta. È vero che questa parte potrebbe ancora arrivare nel seguito, ma in generale non sono stati forniti abbastanza appigli perché questo aspetto possa essere sviluppato, soprattutto perché ormai Liet è fuori dei giochi, e il personaggio che avrebbe dovuto portare avanti questa tematica era lei. Può darsi che tra i vari aspetti da trattare, si sia scelto di lasciare da parte questo, e lo posso capire. Però non so se mi convince del tutto. 

Gli assenti: Irulan, Feyd-Rautha, l'Imperatore, dove sono? Credo chesarebbe stato importante quanto meno nominarli, perché farli comparire all'improvviso nella seconda parte forse ne limita l'impatto. Sì è vero, l'Imperatore e sua figlia sono citati, ma quasi come entità piuttosto che come veri personaggi. Mentre Feyd-Rautha, che è uno degli avversari principali di Paul, praticamente la sua ombra, nemmeno viene nominato (a meno che Mohiam non si riferisse a lui quando accenna a "altre possibilità" dopo il gom jabbar). Introdurre un personaggio come Feyd nella seconda parte senza giustificare dove fosse fino a quel momento mi sembra difficile. E anche rimuoverlo del tutto, se non impossibile, certo potrebbe impoverire la storia. C'è anche da dire che, visto che quasi tutti i personaggi della prima parte sono morti e non saranno nella seconda, forse la scelta è stata proprio di non portare in scena quelle che saranno le star della seconda, facendogli ricoprire invece ruoli più rilevanti nel seguito: non avendoli mostrati, sono ancora aperte tutte le possibilità sia di casting che di narrazione. Fatto sta che qualche dubbio mi rimane su questa scelta.

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Ecco qui. Questo era quanto avevo da dire sul Dune di Villeneuve. Prego solo di poter fare un post simile, anche tra quattro o cinque anni. Bi-lal kaifa!


Sinfonia per theremin e merli

Ne ho parlato in abbondanza nei mesi (anni?) scorsi, ma finalmente posso fare il post che ha come titolo semplicemente il titolo stesso del libro: è arrivato Sinfonia per theremin e merli, il mio "secondo romanzo".

 

Uso le virgolette perché tecnicamente ne ho scritto un altro nel frattempo (quello Scrabble che leggerete tra non molto), e poi c'è Diario dal tempo profondo che ha la lunghezza per essere un romanzo ma io continuo a considerarlo un libro illustrato, ma se consideriamo il brutale criterio della pubblicazione, allora il secondo è questo. Il secondo romanzo esce nella stessa collana del primo, a sei anni da Dimenticami Trovami Sognami, sono tornato in casa Zona 42 per questa nuova corposa opera: mi pare che attualmente sia il volume più lungo nel loro, e considerando che DTS era invece il più breve, direi che così abbiamo compensato.

Questo è un post di annuncio quindi non voglio dilungarmi troppo a parlare di cosa racconta il libro, anche perché ho già anticipato molte cose nella newsletter e se non la seguite è solo colpa vostra. Mi limito a riportare qui quella che è la quarta di copertina:

Anni ‘60, colline fiorentine. Andrea Sarti vive nel casolare di famiglia, ha imparato a leggere a catechismo, è il primo della classe. Quando sulla Bibbia scopre il Libro dei Numeri è costretto a chiedersi cosa siano mai questi Numeri, e perché sono stati tutti cancellati. Andrea scopre che esiste la matematica. O almeno, esisteva: nel 1931 il Teorema di Incompletezza di Gödel ne ha infatti demolito gli assiomi, e la matematica ha smesso di funzionare come un incantesimo infranto. All'epoca, mentre le istituzioni crollavano per la crisi della matematica, la famiglia di Andrea ha cercato di salvarsi fuggendo da Firenze.Ora Andrea deve scoprire da solo se esiste un'alternativa. E deve farlo in fretta, perché le Camicie Nere sono sulle sue tracce. E se lo troveranno, lo aspetta l’Inquisizione. A guidarlo ci sono un antico diario, il theremin di nonno Alceste e il canto del suo merlo Gibbs.

Sinfonia per theremin e merli (da ora in poi, STM) è a oggi il romanzo che mi ha chiesto più impegno dal punto di vista della scrittura. Se da un certo punto di vista DTP è stato sfidante per la particolare natura "a incastro" rispetto alle illustrazioni, con STM invece la difficoltà derivava proprio dalla necessità della struttura narrativa e documentazione. Se siete scaltri potreste notare che nella mia bibliografia si trova già qualcosa con questo titolo, e infatti nel 2010-2011 scrissi un racconto con questo titolo, che arrivò in finale al Premio Robot e secondo classificato al Premio Giulio Verne (oggi non più attivo). Di conseguenza quella prima versione racconto, che deriva in realtà da un progetto ancora precedente legato alle compiante Edizioni XII, si trova in un'antologia che comunque è ormai fuori catalogo.

Questo libro riprende il concept di fondo e lo sviluppo che era presente in modo molto condensato in quello stesso racconto, ma espande enormemente il contesto narrativa, non solo nel presente della storia ma anche nel passato, quel 1931 in cui la matematica ha smesso di funzionare provocando la più grande Crisi dai tempi della Peste Nera. Questo quindi mi ha richiesto di studiare quell'epoca, in particolare la situazione tra Firenze e le colline circostanti, come Arcetri, Fiesole e Ontignano. Rispetto al racconto ho aggiutno personaggi, luoghi, snodi, conflitti, archi narrativi. È stato soprattutto questo che mi ha richiesto un notevole sforzo di progettazione e ristruturazione, che se è riuscita (e giudicheranno i lettori) è anche grazie ai suggerimenti di beta e alfa reader che mi hanno seguito nelle varie fasi del lavoro. Ho cercato di far confluire in STM non soltanto gli argomenti relativi al concept matematico/filosofico, perché questa è una storia, non un trattato né un documentario, e la storia la fanno le persone. Se nel racconto tutto era incentrato solo su Andrea, adesso abbiamo anche il punto di vista del nonno Alceste a guidarci negli anni '30, contrapposto a quello di sua moglie Dafne, la musicista che avrebbe potuto diventare la prima suonatrice di theremin italiana, in un altro mondo, in un altro universo. Allo stesso tempo ho approfondito molto di più le figure storiche presenti, in particolare matematici, fisici, ingegneri ed economisti che transitavano da Firenze in quell'epoca. Pur all'interno della divergenza storica da cui scaturisce la storia, anche loro hanno adesso un ruolo di primo piano.

Ma probabilmente di questi aspetti tecnici vi interessa il giusto. Magari ne parlerò più nel dettaglio in un video dedicato su Story Doctor, tra qualche mese, sia per esporre la struttura narrativa della storia sia per il processo di adattamento da racconto in romanzo. Per adesso, quello che conta, è che dopo dieci anni STM è davvero completo (quanto meno al meglio delle mie possibilità) ed è vostro.

Ci sarà occasione di parlarne nei prossimi mesi, anche di persona (ci sono già due presentazioni in anteprima programmate a Milano e Firenze). Per qualche dettaglio aggiuntivo sul libro e aggiornamenti sugli eventi, vi consiglio di seguire la pagina di Zona 42 e il mio instagram. Intanto si può già ordinare sullo store di Zona 42, e dal 22 settembre sarà distribuito anche in libreria.

Wir mussen wissen.