Coppi Night 26/01/2014 - Confessioni di una mente pericolosa

E gira e rigira sono riuscito a far vedere al Coppi Club un altro film scritto da Charlie Kaufman! Di questo autore ho già parlato altre volte, e nel corso degli anni (anche prima della documentazione su questo blog), sono riuscito a far proiettare la domenica sera quasi tutti i suoi film: Human Nature, Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee... gli unici che mi mancano sono Eternal Sunshine of the Spotless Mind (che forse non propongo perché ho visto troppe-troppe-troppe volte) e Synecdoche, New York, che non è mai stato doppiato in italiano. Confessioni di una mente pericolosa è per certi versi un film anomalo, perché si tratta di una biografia romanzata di Chuck Barris, storico autore televisivo americano, ed è trallaltro il primo film diretto da George Clooney. Si potrebbe pensare che questi elementi combinati producano un film mediocre, invece bisogna ricredersi.

Le ragioni per cui il film risulta comunque di buon livello sono principalmente due: l'eccezionale interpretazione di Sam Rockwell (attore a mio parere estremamente sottovalutato) nel ruolo di protagonista, e l'approccio scelto per narrare la storia. Infatti, la vita professionale e personale di Barris non sono meramente riferite in quanto "personaggio pubblico", ma riusciamo a conoscerlo in quanto persona. Non è facile, per un film biografico riuscire a essere appasionante, quando il protagonista non è noto al pubblico (perché in Italia ovviamente non lo conosce nessuno, anche se è l'inventore del format del programma "La Corrida" [no, non l'ha inventata Corrado...]). Capita infatti di vedere film dedicati a personaggi "locali" che sono in sostanza la cronaca delle loro imprese, e per chi non ha seguito la loro carriera il tutto risulta piuttosto vuoto. Questo film invece non è così: il fatto che il protagonista sia Chuck Barris, piuttosto che un qualunque altro giovanotto con idee strampalate, non incide sulla storia (se non in senso positivo per chi già lo conosce), perché quello che viene mostrato è un percorso perfettamente comprensibile per lo spettatore.

Ad arricchire la storia c'è poi la presunta doppia vita di Barris, che si dice essere stato anche un agente della CIA, così il film si colloca a metà tra biografia e spy story, e i due filoni si alternano, con Rockwell che manifesta la sua istrioneria in entrambi. Alla fine ci si trova ad aver visto un film di difficile collocazione, ma assolutamente interessante, imprevedibile, e a suo modo istruttivo. Tocca quindi ammettere che George Clooney non se la cava male alla regia... o forse anche qui dipende dal tocco di Kaufman?

Ultimi acquisti - Dicembre 2013 (parte 3)

Terza e ultima parte del resoconto degli acquisti musicali effettuati a dicembre. Dopo gli album e le raccolte, passiamo alle compilation vere e proprie.


La prima è City Sound Berlin 2013, la quarta raccolta di una serie annuale che propone in un doppio cd i pezzi più significativa del BerMuDa (Berlin Music Days). Si tratta di techno o electro sempre di buon livello, e infatti in questo caso troviamo nomi come Fritz Kalkbrenner, Oliver Koletzki, Ruede Hagelstein, Ellen Allien, Daniel Stefanik, Pan-Pot, e in pratica tutti gli autori coinvolti, con i loro pezzi o remix. Da notare anche la presenza della traccia It's Only di Herbert, nel remix di Dj Koze, che è considerata da alcuni il miglior pezzo techno di tutto il 2013.



La Get Physical è un'etichetta che si distingue da tempo nell'ambito tech-house (e ha in catalogo artisti del calibro di Booka Shade e Damian Lazarus), e ha da poco compiuto dieci anni. Per festeggiare ha rilasciato un doppio cd, con due set mixati da M.A.N.D.Y. e Dj T. In Ten Years Get Physical si trovano quindi pezzi passati e presenti di Catz'n'Dogz, Raz Ohara, Adultnaper, Siopis, Chelonis R. Jones. Il sound è piacevolmente house, e riesce a definire i confini dell'etichetta che spazia in un genere leggero e quasi sempre arricchito di lyrics. Se c'è da muovere un appunto è il fatto che i passaggi da un pezzo all'altro sono spesso fin troppo repentini, e il piacere del mix è meno marcato di come ci si aspetterebbe da due professionisti di questo livello.


Ma la Get Physical di solito si produce con un'altra serie di compilation, Body Language, arrivata ora al volume 13. In questo caso a compilare e mixare sono Azari & III, e a differenza da come siamo abituati lo fanno proprio con la "&" in mezzo: la prima metà del cd è mixata da Dinamo Azari, la seconda da Alixander III. Ci si trova così con un regolare cd di 80 minuti che contiene 29 tracce, alcune delle quali durano infatti un minuto o poco più. Bisogna senz'altro riconoscere l'abilità di riuscire a mixare le tracce in un tempo così ristretto. L'operazione risulta quindi interessante e innovativa rispetto ad altri cd della stessa serie, e va notato anche l'inclusione di alcuni pezzi non propriamente nuovi, come quelli di Planetary Assault Systems e Plastikman. Nel complesso però funziona tutto, e Body Langage si conferma un ottimo punto di riferimento per il genere techno/house.


Concludiamo la carrellata con un classico: The Sound of the 14th Season è la quattordicesima compilation selezionata e mixata da Sven Vath con tutte le migliori tracce emerse dalla stagione estiva. Il 2013 di Sven è un anno incentrato sulla techno più pura, come si ricava dai pezzi scelti di Villalobos, Daniel Stefanik, Matt John, Roman Fluge, Waff, Len Faki & Johannes Heil. Diverse tracce sono tratte direttamente dalla raccolta Cocoon 100 (e non ci si deve sorprendere) e dalla Cocoon Compilation M, come avviene ogni anno. Come sempre selezione ottima, valida come riepilogo dell'annata appena trascorsa.

Scheda video al forno: the oven trick

Sabato pomeriggio, proprio quando mi accingevo a mettermi al lavoro su blog e vari altri progetti che di solito aspetto il weekend per poter esaminare, la tragedia: il pc non si accende più. O meglio, il processore entra in funzione, le ventole girano e le lucine sulla tastiera si accendono, ma il monitor rimane oscurato, coperto di colori diafani e con una banda completamente nera al centro.

Tralascio qui la parte delle bestemmie indirizzate alle divinità maggiori del pantheon giudaico-cristiano, e riferisco quali tentativi ho fatto per cercare di identificare il problema, con il più classico procedimento trial and error: spegni e riaccendi; spegni, aspetta, e riaccendi; premi tasti a caso; cerca di entrare nel bios premendo la combinazione di tasti (che non conoscevo) all'avvio; fai avviare il sistema dal disco di ripristino; collega il pc a una tv tramite cavo hdmi. Nessuno di questi ha dato un esito di alcun tipo, tuttavia la dinamica del problema mi portava a credere che si trattasse di un malfunzionamento del monitor lcd o della scheda video. Escludevo danni al processore o fail del sistema operativo, un po' perché altrimenti avrei dovuto avere qualche esito dai test fatti prima, un po' anche perché generalmente mantengo il sistema abbastanza pulito.

Appena ho avuto l'occasione di accedere a un altro computer, ho fatto una ricerca. A quanto pare il mio modello di laptop (Acer Aspire 5920G) monta una scheda video riconosciuta come difettosa. L'intera produzione ha saldature instabili che con il tempo possono far perdere i contatti tra le componenti della scheda. È quindi un difetto abbastanza comune (e anzi avrebbe dovuto manifestarsi molto prima), e per risolvero basta fare un reflow della scheda video.

Ovvero, mettere la scheda video in forno.

Sulle prime quando l'ho letto non ci credevo. O meglio, mi è parsa una di quelle tante mistificazioni del mondo geek che richiedono in realtà una competenza approfondita e una cura estrema per ogni particolare, come il procedimento per trasformare un cuscino in un telecomando o usare i rotoli della carta igienica come amplificatori. Cose che sì, si possono fare, ma che per un bischero qualsiasi (quale sono io) significano solo danni assicurati. Tuttavia, il problema descritto era proprio il mio, e se la scheda video era già danneggiata non avevo niente da perdere a provarci. Così ho aperto il pc, ho estratto la scheda video, e l'ho cotta per 10 minuti in forno a 200 gradi, come si vede qui (ignorate gli errori ortografici...):



Ho rimontato il tutto e, anche se non ci avevo mai creduto, adesso funziona tutto normalmente.


La cosa mi ha impressionato molto. Sono uno che ha una moderata manualità anche con le componenti hardware di un pc (non saprei montarne uno alla cieca, ma so installare una bacchetta di ram, per capirsi), e non mi spaventa sporcarmi le mani in questo senso. Ma constatare come un oggetto la cui meccanica è così complessa può essere trattato con semplici strumenti casalinghi è in un certo modo confortante.

Confortante perché, al di là dei soldi risparmiati (per la consulenza di uno "specialista", o l'acquisto di una nuova scheda, o addirittura di un nuovo computer), la percezione di avere a che fare con macchine "fisiche", che vengono influenzate dai normali processi quotidiani, aiuta a sentirsi più padroni del mondo che ci circonda. Perché a pensarci, i computer (o i cellulari, i tablet, gli smartpone) hanno un'aura quasi mistica che li avvolge, che porta a pensare che, una volta guastati, sia impossibile metterci le mani e ripararli. Mentre ad esempio su un'automobile, per quanto anch'essa complessa, si può sempre intervenire identificando e sostituendo un singolo pezzo, è raro che un laptop venga aggiustato. "Ti conviene ricomprarlo nuovo", ti dicono.

Ma in realtà non è sempre così. Le macchine che costruiamo sono sempre delle macchine, e per definizione possiamo controllarle. A volte può bastare un calcio ben assestato per farle funzionare (come mi succedeva con la lavatrice), altre volte invece, un forno.

Coppi Night 19/01/2014 - La grande bellezza

E così alla fine ci sono cascato anch'io. Lo dico come se fosse una sconfitta per me, e lo è nel senso che in altre circostanze non avrei mai rivolto attenzione a un film di questo genere. Ma visto che se ne sta parlando tanto, per il fatto di aver vinto un premio internazionale ed essere candidato ad altri, alla fine ho pensato che sì, potevo concedere due ore del mio tempo a Sorrentino.

Dico che non avrei guardato il film in altre circostanze perché in effetti il cinema italiano non rientra nelle mie preferenze. Sarà un mio pregiudizio, ma ritengo che essenzialmente la produzione di film italiana si divida in due parti: le commedie e i film "d'autore". Entrambe le tipologie mi lasciano abbastanza indifferente, anzi, insofferente, e se un filmetto leggero ogni tanto mi capita di vederlo (diversi si possono trovare nello storico del Coppi Club), quei film pretenziosi, intesi a lanciare un forte messaggio sociale, cerco proprio di evitarli, perché mi irritano, con la loro aspirazione a essere "arte" pur senza avere nulla da dire.

Con queste terribili premesse, è sorprendente se arrivo a dire che La grande bellezza è un bel film... anche se questo non implica necessariamente che mi sia piaciuto. Si tratta di due cose distinte: ne riconosco il valore come opera, ma non sono sicuro di essere riuscito ad apprezzarla. Vediamo se riesco a spiegarmi meglio.

Da un punto di vista tecnico il film è impeccabile. Ogni inquadratura, ogni immagine, ogni stacco sono perfetti. La luce è usata con grande abilità, così come la musica* e perfino i suoni ambientali. Anche se non mi intendo né di fotografia né di regia, la cura con cui il film è stato realizzato è evidente ed encomiabile. In questo senso non si può contestare niente a Sorrentino e alla sua equipe. Anche le interpretazioni degli attori sono di buon livello, a partire dal protagonista, passando per Carlo Verdone (nel suo ruolo tipico di impresario apprensivo schiavizzato da una bella e algida attrice) e tutti gli altri comprimari che fanno in genere una buona impressione.

I miei dubbi sono più a livello di contenuto. Il problema è che alla domanda "Di che cosa parla questo film?" non saprei cosa rispondere. E non è solo un problema di trama, mi rendo conto che la frammentazione della storia, e l'assenza di un preciso percorso di eventi, è voluta (non lo approvo, ma lo riconosco), ma anche di sensazioni. Il punto è che questo film, in ultima analisi, mi sembra dire tutto e niente. Per ogni tesi portata avanti in una scena, c'è un'antitesi in quella dopo; per ogni "significato" che pare emergere dalle sequenze o dai dialoghi, ci sono altri particolari che lo contraddicono; ogni tema di fondo viene in qualche modo svuotato del suo significato. Faccio degli esempi: in una delle prime scene il protagonista intervista una supposta artista squalificando completamente la sua performance e le sue capacità, ma in seguito scopriamo che lui stesso è uno scrittore famoso per un unico libro che lui stesso definisce un romanzo vuoto e inutile; in una scena una donna che si proclama un'attivista impegnata socialmente, politicamente e familiarmente viene sbugiardata sempre da lui, ma più avanti i due si ritrovano e ballano insieme; la santa in visita a Roma, mostrata come un virtuoso esempio di povertà e umiltà, viene poi usata per fare le selfie con i delegati che l'hanno accolta; il vedovo dell'amore adolescenziale dello scrittore, distrutto dalla perdita della moglie, ma che poi si scopre avere già un'altra compagna. E ci sono anche altri particolari, non interni al film ma metatestuali, come la critica alla vita mondana e alla pochezza dei suoi personaggi, salvo poi scritturare Sabrina Ferilli per uno dei ruoli principali (perché non mi verrete a dire che è una brava attrice, dai); o ancora l'evocazione di grandi quesiti morali e poi l'inserimento di alcune scene al limite della commedia. Quasi ogni elemento del film subisce questo tipo di contrasto, pertanto la cosa non può essere casuale. Si può anzi pensare che proprio questo sia il vero tema di fondo, l'assenza di un qualunque sistema di riferimento, o di valore a cui aggrapparsi. Ma, ecco... non è troppo comodo? Un film il cui messaggio finale è che nulla significa nulla, non lascia fin troppo all'interpretazione dello spettatore, al punto da non potersi considerare un'opera comlpeta?

Ecco perché non posso dire che La grande bellezza mi sia piaciuto. Non mi ha lasciato insensibile, questo no, anzi riconosco che alcune sequenze sono davvero intense. Ma nella maggior parte dei casi si tratta di un coinvolgimento dovuto più all'equilibrio pressoché perfetto di immagini, suoni e parole. Si tratta di un film bello, ma anche di un film furbo, che forse punta proprio a non dire niente in modo troppo evidente, in modo che ognuno possa trarne quello che preferisce. O forse, semplicemente, sono io che non l'ho capito, vai a sapere. Sia come sia, sono contento che sia questo il film che attualmente ci rappresenta nel mondo, perché quando la qualità c'è, è un piacere che venga riconosciuta. E una volta ogni tanto tocca anche a noi, fortunatamente.



*È stata una sorpresa sentire in sottofondo, nella scena in cui viene presentata per la prima volta la Ferilli, Take My Breath Away di Gui Boratto!

Ultimi Acquisti - Dicembre 2013 (parte 2)

Seconda parte del resoconto dei dischi acquistati a dicembre. Nella prima parte ho parlato degli album techno/house/electro, qui continuo con album o raccolte di generi affini.


Comincio subito con un album per il quale potrei essere cancellato dalla metà dei blogroll che finora mi ospitavano. Sì perché io ho acquistato True, il primo album di Avicii. E questo, per una volta, è un dj che conoscete tutti, perché avete sicuramente sentito Levels qualche anno fa, Wake Me Up quest'estate, e da poco anche Hey Brother. Con questo non dico che vi debbano essere piaciute, sicuramente le avete incluse tra il cumulo di ciarpame commerciale che ci viene ficcato a forza nelle orecchie ogni giorno. E in parte avete ragione, lo so. Ma, per mia formazione, non sono un sostenitore della teoria "commerciale = merda". D'altra parte anche tutta la "buona musica" che ascoltate di solito è decisamente commerciale, o no? Ed è un discorso che si estende anche al di là dell'ambito musicale. In ogni caso, Avicii, al contrario di molti suoi pari (ovvero dj-superstar che hanno iniziato ad esibirsi in concerti invece che dj-set), ha secondo me del talento vero. Voglio dire che i suoi pezzi non sono così facilmente inquadrabili in quel filone electro-house-impropriamente-detto (tornerò tra poco su questo termine). Questo perché invece di affidarsi per i suoi featuring al rapper di turno o alla popstar rediviva, Avicii pesca più facilmente nella musica "tradizionale": dal country al jazz al rock. La cosa è evidente se, oltre ai pezzi già noti, si ascoltano Shame On Me, Liar Liar, Lay Me Down. Se poi volete approfondire le sue campionature, scorrete su Whosampled per scoprire la vastità delle citazioni contenute nei suoi pezzi. Poi, c'è anche da dire che contrariamente a come viene detto in giro, io ho qualche riserva a definire la sua musica "house". La struttura dei pezzi è più simile a quella della trance, e anche se i suoni derivano più da house/electro, credo che sia difficile inquadrarla sotto questa etichetta, perché segue esattamente i tipici schemi di certa eurodance che andava negli anni 90. E forse a questo è dovuto il fatto che mi piace....

Cambio completamente genere con Ferry Ultra, con l'omonimo album Ferry Ultra and the Homeless Funkers.  Anzi, siamo veramente al limite delle mie capacità di assimilazione, perché se il nucleo è appunto funk, ci sono alcune contaminazione che virano anche troppo sull'hip hop per i miei gusti. Altri pezzi invece si ispirano di più alla disco o alla house (quella vera, stavolta). Dei 12 pezzi dell'album, 11 sono realizzati in collaborazione con altri autori, di cui riconosco appena un paio di nomi, ma che probabilmente hanno tutti una certa rilevanza nel loro genere. Un album interessante e fantasioso, anche se non del tutto nelle mie corde.



Torniamo su territori più familiari, almeno in parte. Global Player è la colonna sonora dell'omonimo film tedesco del 2013 (mai arrivato in italia). E la soundtrack è stata curata da tre personaggi interessanti: Florian Appl, un compositore "normale", al quale si aggiungo Paul e Fritz Kalkbrenner. È così che dopo essere apparso in Berlin Calling e averne curato la colonna sonora, Paul Kalkbrenner viene di nuovo interpellato per curare la parte musicale di un film, stavolta affiancato da suo fratello. Lo stile dei due è riconoscibilissimo, e piacevolmente intermezzato dai pezzi strumentali di Appl. Quando poi le due tendenze si uniscono vengono fuori pezzi ottimi come Global Player, che dimostra come musica classica ed elettronica possano valorizzarsi a vicenda.


Ultimo album di questa tornata è in realtà una raccolta di singoli: una serie di remix di deadmau5, intitolata semplicemente The Remixes. Di deadmau5 ho già parlato in merito all'ultimo album, e può darsi che lo abbiate sentito nominare. Nei due cd qui presenti è contenuta una serie di sue interpretazioni di pezzi di generi diversi, tra i quali troviamo ad esempio Carl Cox e Calvin Harris, così come remix di pezzi storici come Café del Mar di Energy 52 e Finished Symphony di Hybrid. deadmau5, nonostante spesso si dedichi a costruire pezzi fin troppo facili, in realtà è davvero bravo, e qui riesce a dimostrarlo, cogliendo per ogni pezzo l'atmosfera giusta da esaltare. La raccolta è quindi fondamentale per chi vuole completare il suo repertorio della trance/electro più moderna, di cui deadmau5 è praticamente l'archetipo.

Coppi Night 12/01/2014 - V per Vendetta

Come mi è già capitato altre volte mi trovo in difficoltà a commentare uno di quei film che hanno avuto un forte impatto al momento dell'uscita, soprattutto nel caso in cui la mia opinione sia pressoché uniforme a quella media. Qui ci troviamo proprio in uno di quei casi, perché di V per Vendetta non posso dire altro che sia un ottimo film, a prescindere tanto dal messaggio socioculturale che cerca di trasmettere (ma poi cerca davvero di insegnare qualcosa?), quanto dalle origine fumettistiche della storia. Come ho già avuto modo di specificare i fumetti (o "graphic novel" se vi vergognate a dire che leggete fumetti) non rientrano nel mio campo di interessi per cui tutte le volte che guardo un film tratto da un fumetto è automatico che io non possa fare un raffronto diretto.

Non ritenendo quindi utile fare un commento di merito e intenzione al film, devio su questioni più marginali. Intanto, sapevate che l'attore che interpreta V è Hugo Weaving, meglio noto come Elrond ne Il Signore degli Anelli o l'Agente Smith in Matrix. Può sembrare strano pensare che un personaggio che appare mascherato per tutto il tempo sia interpretato da un attore preciso piuttosto che da una serie di stuntmen, e anche da un attore di medio/alto livello. Ma evidentemente l'interpretazione di un attore (un buon attore) non consiste soltanto nell'espressione del volto, ma anche nella mimica del corpo e nella voce  (qualità quest'ultima che si perde con il doppiaggio, generalmente).

E a questo proposito, vi siete mai chiesti come fosse il monologo di presentazione di V in lingua originale? Basandosi su una serie di allitterazioni continue, è chiaro che la traduzione non può otterene lo stesso risultato. Per chi fosse curioso, ecco qui il video originale, e sotto il testo che, innegabilmente, ha tutta un'altra intensità:



Voilà! In view, a humble vaudevillian veteran, cast vicariously as both victim and villain by the vicissitudes of fate. This visage, no mere veneer of vanity, is a vestige of the vox populi, now vacant, vanished. However, this valorous visitation of a bygone vexation stands vivified, and has vowed to vanquish these venal and virulent vermin vanguarding vice and vouchsafing the violently vicious and voracious violation of volition! The only verdict is vengeance; a vendetta held as a votive, not in vain, for the value and veracity of such shall one day vindicate the vigilant and the virtuous. Verily, this vichyssoise of verbiage veers most verbose, so let me simply add that it's my very good honour to meet you and you may call me V.

Lost in Lost #14 - Ep. 3x16-3x20

In questo segmento di episodi comincia il percorso verso l'esplosivo season finale, che è stato da più voci considerato come uno dei migliori di sempre nella storia della tv. Ripercorriamo quello che succede: sull'isola Juliet viene accolta con sospetto al campo dei naufraghi, e dopo aver salvato Claire si scopre che in realtà sta ancora lavorando per Ben, e gli fornirà presto i nomi delle donne incinte; Desmond ha un'altra visione della morte di Charlie, che stavolta porta con sé anche un effetto positivo: l'arrivo di una paracadutista che potrà salvarli tutti, che lui crede essere la sua Penny e invece è Naomi; scopriamo che Sun è incinta di Jin e non del suo amante, ed è quindi destinata a morire se la sua gravidanza proseguirà sull'isola; Locke è stato costretto a confrontarsi con suo padre e gli è stato chiesto di ucciderlo se vuole entrare a far parte della comunità degli Altri, ma non essendo capace è andato a cercare Sawyer (dopo l'imbeccata di Richard Alpert), che ha eseguito il lavoro sporco dopo aver scoperto che il padre di Locke è proprio l'uomo che ha truffato i suoi genitori e provocato la loro morte; infine, Ben e Locke visitano insieme il capanno dove dovrebbe risiedere Jacob, e preso dalla frustrazione Ben spara a Locke e lo getta nella fossa comune dove sono abbandonati i cadaveri degli ex membri della Dharma e lo lascia lì a morire. Nei flashback dei vari personaggi centrali, invece, scopriamo come Juliet fosse stata ricattata per teneral sull'isola ben oltre il termine previsto di tre mesi, assistiamo al primo incontro tra Desmond e Penny (e viene il dubbio che sia stato un incontro per nulla casuale), e conosciamo l'infanzia di Ben, orfano di madre e costretto a crescere con un padre che lo odia, ma del quale si vendicherà gassando tutti i suoi compagni Dharma per poter entrare a far parte degli Altri. In effetti, in questi episodi c'è parecchia sostanza, e si esclude il solito dramma sentimentale incentrato su Jin/Sun, anche i flashback riescono ad avere un buon impatto (infatti sono tutti incentrati su personaggi "nuovi").

Veniamo quindi a cosa la mia cavia ha pensato di tutto questo. Juliet continua a non esserle simpatica, ed è convinta che in un modo o nell'altro volterà le spalle agli altri del gruppo. Anche la donna paracadutata non sembra essere completamente degna di fiducia, e la cavia è convinta che nasconda qualcosa, nonostante proclami di essere stata mandata proprio da Penny. Non è facile invece capire come si spieghi il fatto che secondo quanto dice il relitto dell'Oceanic 815 è stato ritrovato sul fondale del Pacifico: potrebbe in qualche modo essere una spiegazione che favorisce la teoria dell'universo alternativo, che viene trascinata da parecchio, ma allora come ha fatto la stessa Naomi a raggiungerli? Il suo stesso arrivo dimostra che è attualmente possibile arrivare sull'isola, in qualche modo, quindi non può trattarsi di un posto "fuori del mondo". Importante è stata la chiusura del cerchio tra Sawyer, Locke e suo padre: con la morte di Anthony Cooper vengono concluse entrambe le loro storie personali, e c'è quindi spazio per far evolvere i personaggi. La nuova determinazione di Locke ad entrare a far parte degli Altri è ammirevole, ma come sempre si dimostra troppo ingenuo e facilmente manipolabile da Ben. C'è poco da concludere sul primo incontro con Jacob: si tratta davvero di un poltergeist, o soltanto di una messinscena per impressionare Lokce? Ma in questo caso, perché Ben se l'è presa tanto?

Ci sono diverse cose che devono succedere nei tre episodi che mancano alla fine: dovrà essere stabilito un contatto con la nave da cui è arrivata Naomi (e quindi, con Penny?), dovrà avvenire l'attacco degli Altri intenzionati a rapire le donne indicate da Juliet,  dovrà compiersi il tema ricorrente della morte di Charlie. La mia cavia sostiene che probabilmente dovremo dire addio a diversi personaggi centrali, e che nonostante l'arrivo della nave anche stavolta risulterà impossibile per i naufraghi lasciare l'isola. Anche col senno di poi, non so dire se abbia ragione o meno, su quest'ultimo punto.

Ultimo acquisti - Dicembre 2013 (parte 1)

Tre mesi dall'ultimo apporto di nuovi dischi, era l'ora! E non mi sono fatto mancare nulla, infatti ho aggiunto alla mia collezione ben 13 nuovi dischi. Tra questi ce ne sono anche alcuni che cercavo da diversi mesi, e che ho agguantato con discreto entusiasmo. Come al solito non li presenterò tutti insieme, ma divisi in due o tre parti, raggruppandoli per quanto possibile per tipologia. In questa prima parte elenco gli album techno/house/electro.
 

Inizio subito con II, il secondo album dei Moderat. Non era previsto, quando Apparat e i Modeselektor si sono uniti in questo progetto per l'album Moderat, che ci sarebbe stato un seguito, ma all'inizio dell'anno ci hanno pensato, e questo è stato il risultato. L'ho acquisito con un certo ritardo, ma ne è valsa decisamente la pena. Se anche non si può dire che II sia qualcosa di nuovo e sorprendente, per chi conosce lo stile di questi artisti, è comunque impossibile rimanere insensibili ascoltando la loro musica. Il ritmo incalzante, i bassi profondi e le melodie malinconiche accompagnano i testi intensi, e l'insieme risulta allo stesso tempo equilibrato e discordante. È una musica moderna, che in qualche modo riesce a cogliere l'anima dell'epoca contemporanea, come nei pezzi Bad Kingdom, Versions, Last Time. Peraltro, la versione dell'album che ho ottenuto è anche una versione speciale, con case più curato e una bonus track. Questo non incide sicuramente sul giudizio, ma lo dico solo perché il mio spirito di collezionista gode esageratamente per questa cosa!


I Booka Shade sono dei veterani, e il loro album Movements del 2006 ha segnato all'epoca il corso dell'elettronica, grazie a pezzi come In White Rooms, uno dei primi pezzi neotrance di grande impatto. In Eve lo stile del duo viene ancora confermato: si tratta di una techno/electro di ampio respiro, che si presta bene ad un ascolto approfondito ma non sfigura se incluso in un set. Lo stesso album infatti oltre alle dodici tracce include un secondo cd mixato. Da notare anche le collaborazioni, tra cui quella con Fritz Kalkbrenner, e curioso il titolo dell'ultimo pezzo, Jesolo.



Amygdala è stato giudicato uno dei migliori album techno del 2013. E dopo averlo ascoltato devo per forza confermare, anche se da Dj Koze ci si può aspettare un primato del genere, vista la lunga e onorata carriera. Anche lui propone una serie di notevoli collaborazioni, tra i quali figurano Caribou, Apparat, Matthew Dear e Ada. Il suo è uno stile riconoscibile, una techno a tratti leggera ma a volte cupa, che riesce a trascinare durante l'ascolto, un'insieme di sonorità complesse che abbondano di distorsioni e aggiunte impreviste e talvolta bizzarre.





E quando parlo della sua lunga carriera mi riferisco al fatto che il suo album del 2005 Kosi Comes Around sia stato ristampato nel 2013. Mi sono quindi trovato ad avere entrambi i suoi dischi in mano, ed è stata una bella soddisfazione. In questa versione aggiornata si trovano altre due tracce in aggiunta a quelle contenute nell'album originale. Qui parliamo di una techno più dura, che sfocia spesso nella minimal, e concede meno alla melodia. Ciononostante, il tocco eccentrico di Dj Koze è sempre presente, e anche chi lo ascolta per la prima volta ne viene subito catturato.




L'ultimo album di questa tornata è per me una new entry, perché non conoscevo gli Snuff Crew. Il loro album Behind the Masks pubblicato da BPitch Control è una valida raccolta di pezzi che pescano in un vasto campionario di sonorità techno, house, con qualche inserto di hip-hop. Forse non si tratta di musica eccezionalmente impegnativa, ma che nella sua varietà è in grado di soddisfare pressoché ogni ascoltatore.

Pixel

Lo avevo già anticipato, avevo detto che sarebbe arrivato a fine 2013 invece mi sono preso un altro paio di settimane, ma alla fine ci siamo. Pixel, il mio terzo e-book autoprodotto, è uscito!


http://www.amazon.it/Pixel-Andrea-Viscusi-ebook/dp/B00HTO6V9Y/ref=sr_1_4?s=digital-text&ie=UTF8&qid=1389646294&sr=1-4

Pixel è un racconto lungo di fantascienza che prende spunto da alcune teorie di fisica quantistica (non è una locuzione per dire "roba astrusa", intendo davvero quello!) e dal mondo dei videogiochi per andare a scardinare la vostra concezione di realtà.

E ci sono due differenze fondamentali tra Pixel e i miei due precedenti e-book autoprodotti, Quattro Apocalissi e Mytholofiction. Innanzitutto, la copertina me la sono fatta da solo. Il che può sembrare banale, se non si considera che è stata realizzata completamente con Paint, unico strumento di grafica a mia disposizione. E provateci voi a fare tutti quei quadratini a distanza precisa, lavorando direttamente sui pixel...

La seconda, marginale differenza, è che Pixel non è gratuito. Questo per una serie di ragioni che forse spiegherò in seguito in un altro post, ma dopo i primi due ho deciso di non offrire altri e-book in omaggio. Pixel si trova quindi sul kindle store, all'irrisorio prezzo di 0,89 euro, che è il minimo possibile.

Ma siccome non voglio dare l'idea di essere una persona venale, anche se probabilmente lo sono davvero, in effetti esiste un modo per voi di avere Pixel gratuitamente: essere già miei lettori affezionati! Se avete letto uno dei miei precedenti e-book, o avete acquistato Spore, vi fornirò direttamente io il file, per di più nel formato che preferite (mobi, epub o pdf).

La cosa funziona così:
  • Se avete letto Quattro Apocalissi o Mytholofiction, potete segnalarmi la vostra recensione, inserita su un qualunque portale, blog, o sito di qualsiasi genere.
  • Se avete acquistato Spore, potete mandarmi come "prova d'acquisto" una vostra foto con il libro (cioè, non è necessario che siate anche voi presenti nella foto, ma insomma una foto in cui si vede che è in casa vostra). Vi avverto che questa foto potrebbe essere in seguito condivisa a vario titolo su social network, quindi mettete da parte la privacy.
  • Va da sé che non posso stare a controllare continuamente le recensioni o le foto che compaiono online, quindi dovreste segnalarmi direttamente l'esistenza o la comparsa di queste. Potete farlo via mail (la trovato nella pagina dei contatti), o nei commenti di questo post, o tramite twitter, facebook, G+ o dovunque mi potete rintracciare.
  • Una volta segnalatomi il vostro apporto, fatemi sapere in quale formato volete Pixel (anche tutti e tre) e fornitemi un indirizzo mail a cui spedirlo, e appena possibile ve lo farò vere, con i miei migliori complimenti.
Mi pare di avervi dato un bel ventaglio di alternative, no? Quindi a questo punto se non riuscite a leggere Pixel è solo colpa vostra. O di qualcuno più in alto, molto più in alto...

Coppi Night 05/01/2013 - La fine del mondo

Il 2014 inizia benissimo! Questo infatti credo sia il miglior film che abbia visto nel Coppi Club da due mesi a questa parte, e la cosa mi conforta, perché io non sono uno di quelli che si diverte a fare recensioni negative giusto per poter sparare qualche battuta di scherno. Ma visto che i film da guardare non li scelgo io, capita spesso che sia roba che mi lascia indifferente, o irritato, o schifato. Questo The World's End, invece non solo mi è piaciuto, ma mi ha lasciato entusiasta.

Ma andiamo con ordine. La fine del mondo è una commedia, e conserva il tono essenzialmente leggero per tutta la durata. All'inizio si presenta come un qualcosa sullo stile Hangover: un gruppetto di quarantenni che si riunisce per una nottata di bagordi, con un elemento schizzato e gli altri che cercano di contenerli ma alla fine si ritrovano sempre trascinati dalle sue idee malsane. L'obiettivo dei cinque amici (che si sono persi di vista dopo vent'anni) è di tentare di compiere la missione fallita da ragazzini: percorrere il "Miglio Dorato", un percorso di 12 pub che termina proprio con "The World's End", e bere in ognuno di essi. L'idea parte da Gary King (Simon Pegg), che considera quella sera di tanti anni prima come la migliore della sua vita (e infatti non ha combinato molto da quel momento in poi). La prima parte del film scorre piacevolmente, e si pensa appunto di trovarsi di fronte a una qualsiasi commedia del genere, divertente ma niente di più.

Ma poi, a circa un terzo della durata, arriva una svolta, improvvisa e del tutto imprevedibile. E se non volete rovinarvi il film vi avviso di non leggere questo paragrafo e saltare al successivo perché vado nello spoiler, ma è anche vero che se cercate trailer e descrizioni probabilmente capirete presto qual è questa svolta (io non avevo sentito parlare del film quindi per me è stato completamente inaspettato). Di punto in bianco, si scopre che la popolazione della cittadina in cui gli amici sono cresciuti è stata sostituita da robot o androidi di qualche tipo, creature forti ma fragili che spruzzano sangue blu, e il gruppo dapprima li combatte nel bagno di uno dei pub, poi per non far capire che si sono accorti di loro decide di continuare con il Miglio Dorato. Ma i "vuoti" (come vengono poi chiamati i robot) non voglion lasciarli andare, e cercano di persuaderli in ogni modo ad allinearsi con il potere oscuro che li controlla. In seguito si scoprirà che essi sono gli emissari di una entità extraterrestre che ha raggiunto la Terra e sta preparando l'umanità per la prossima integrazione nella comunità galattica. L'entità non vuolte conquistare il pianeta con la forza, ma convincerli dell'opportunità della loro integrazione, ed è solo come misura estrema che provvede ad eliminare e sostituire le persone. Come la questione poi si risolve non lo dico, anche perché forse ho già rivelato troppo, ma posso dire che la conclusione non è affatto banale, e che anzi, pur mantenendosi nell'ambito "comedy" è pienamente coerente.

Quello che mi è piaciuto di questo film è che riunisce in sé elementi tipici di molti generi: abbiamo innanzituto la commedia di tipo inglese, sempre presente come tema di fondo; poi troviamo echi fantascientifici che richiamano innanzitutto L'invasione degli Ultracorpi, ma anche l'indimenticabile racconto di Fredric Brown Un uomo esemplare (in cui gli alieni rapiscono un uomo per capire se è adatto ai lavori forzati, ma essendo lui completamente ubriaco viene giudicato inadatto alla schiavitù e l'umanità è quindi salvata dalla conquista), e qualche romanzo distopico in cui il potere centrale cerca di "convincere" i suoi sottoposti piuttosto che soggiogarli (forse scomodare Il mondo nuovo è troppo, ma siamo da quelle parti); c'è l'azione, con inseguimenti sconclusionati e combattimenti frenetici; è infine non manca nemmeno una forte componente sentimentale, che emerge soprattutto nelle parti finali, quando Gary continua da solo la sua marcia verso The World's End, perché non gli è rimasto altro da poter realizzare, e tutto quello che vuole è tornare al momento più felice della sua vita (non ammetterò di essermi commosso a vederlo combattere per potersi versare l'ultima birra, ma diavolo, è andata così).

Forse non si tratta in ultima analisi di un film perfettamente equilibrato e tecnicamente ineccepibile (a livello di struttura forse il confronto/spiegone finale è forse anche troppo lungo), ma rispetto alla media di quanto si vede in giro, e non parlo solo delle commedie, ma anche dei film di genere, è un prodotto davvero di qualità, che se non altro supera egregiamente le aspettative. La fine del mondo, ho scoperto in seguito, è l'ultimo film della "Trilogia del Cornetto" (sì, proprio il gelato), in cui il regista/autore Edgar Wrigth (aiutato nella scrittura dallo stesso Simon Pegg) parodizza a modo suo alcuni filoni archetipici del cinema: lo zombie-movie (Shaun of the dead/L'alba dei morti dementi), il poliziesco (Hot Fuzz), e infine la fantascienza. Gli attori protagonisti dei tre film sono in pratica gli stessi, e si possono così vedere declinati nelle diverse tematiche. Dei tre devo ancora vedere Hot Fuzz, e a questo punto credo che lo farò presto.

Rapporto letture - Dicembre 2013

E si completa un'altra annata di rapporti letture. Visto che si parla dell'ultimo mese del 2013, forse ci starebbe bene mettere qui qualche statistica sulle letture dell'anno, anche perché non credo che farò un post con il best e il worst.

Nel 2013 ho letto 46 libri, il che conferma una tendenza in calo dai 77 del 2010 in poi. Non sto a cercare ragioni o giustificazioni, perché so che sono comunque di parecchio oltre la media nazionale, e non mi interessa arrivare a numeri da record. C'è comunque da considerare che alcuni e-book non indicizzati su aNobii non figurano nelle statistiche, quindi in realtà qualcosina in più ci sarebbe. Gli ultimi cinque libri letti quest'anno sono nell'ordine:

Più riguardo a Mondo9Mondo9 di Dario Tonani, e so che sono l'ultimo ad averlo letto. Non avevo però trovato occasione di procurarmelo fino al Lucca Comics di quest'anno, che mi ha consentito di averne una copia autografata da autore e illustratore! Il libro raccoglie quattro racconti ambientati nello stesso universo narrativo, e collegati tra loro principalmente per la presenza della stessa "nave" Robredo. I racconti sono un misto tra sf/dieselpunk e horror, in quanto le gigantesce macchine semisenzienti che attraversano i desrti del pianeta si presentano come entità malevole, dedite alla più spietata sopravvivenza, e in grado di influenzare in modo inquietante le creature con cui entrano in contatto, dai gabbiani agli umani. Per la verità, anche se mi è sicuramente piaciuto, pensavo che i racconti, che sono stati messi insieme e arricchisti da una sorta di "cornice" di collegamento, mostrassero una maggior interdipendenza, mentre invece si leggono storie quasi del tutto separate (e ho avuto qualche difficoltà a collocare cronologicamente la terza). Insomma, il libro è buono, ma forse sarebbe più indicato presentarlo come una semplice raccolta di racconti. Voto: 7/10


Più riguardo a Mara conta i passi
Un paio di giorni dopo di questo ho finito Mara conta i passi, uno dei libri pubblicati dalla Factory Editoriale insieme al mio Spore. Il romanzo di Valentina Morelli è una storia che riesce a dare una convincente dimensione matematica alla vita di tutti i giorni, attraverso una protagonsita con la quale si empatizza fin da subito, e che accompagna il lettore in una serie di nozioni semplici ma sorprendenti (soprattutto per chi la matematica non la tratta). Queste si incastrano nella sua storia personale, fatta di insicurezza e timidezze, che la portano a cercare conforto nella prevedibilità dei numeri. Il pregio del libro è proprio quello di trattare la matematica in modo "caldo", facendone uno strumento per ottenere un contatto più diretto col mondo. Dei temi presenti (frattali, quarta dimensione) mi sono occupato io stesso in qualche mio racconto, ma qui probabilmente sono stati inseriti con maggior eleganza all'interno della storia. Un libro sorprendente, che se anche lascia aperta qualche questione cattura fin da subito. Voto: 8/10


Più riguardo a PsyconegozioPsyconegozio è un libro scritto da due autori che adoro: Alfred Bester e Roger Zelazny. In realtà Zelazny ha ripreso il manoscritto incompiuto di Bester dopo la sua morte, lo ha terminato, e il libro è stato pubblicato esso stesso dopo la sua morte, quindi si tratta di una pubblicazione postuma di una collaborazione postuma. A parte questo trivia, il romanzo parte dall'inchiesta di un giornalista su un negozio di Roma, la bottega di uno "scambia-anime" in cui è possibile barattare tratti della propria personalità con altri. Il giornalista rimane però coinvolto nelle vicende del negozio, e in seguito si scopre che il suo arrivo al negozio è tutt'altro che casuale, e che anzi dalle attività della Bottega Oscura dipende in pratica il destino dell'universo. Il romanzo è denso di idee, di citazioni, di humor, e la lettura è dapprima divertente, poi avvincente. Di fatto all'inizio sembra di leggere quasi un divertissement, ma dopo metà la vicenda inizia a prendere forma, e il ritmo si fa più intenso. Un'ottima prova, una fantascienza inusuale ma piacevolissima. Voto: 8/10


Più riguardo a Protocollo StonhengeDanilo Arona ed Edoardo Rosati hanno collaborato per scrivere Protocollo Stonehenge. Ora, io non sono esattamente un esperto di horror italiano, quindi non ho familiartà con Melissa, una sorta di figura mitologica creata da Arona e che ricorre in varie forme in molte delle sue storie. Anche qui la protagonista è lei, anche se lo si scopre molto avanti nella storia. La trama segue principalmente una ragazza che come molte altre prima di lei è stata colpita dalla "maledizione" di Melissa, il suo fidanzato che cerca di salvarla, e due medici che hanno alcuni collegamenti con i casi precedenti e che pensano di aiutarli. Dopo alcuni capitoli iniziali che servono giusto a far intuire la minaccia presente, la storia si stabilizza intonro a questi personaggi principali, e mette in campo una buona dose di temi classici e pseudoscientific, dalla radiazione di Schuman ai rapimenti alieni, dalla morte nel sonno al potere delle pietre di Stonehenge. Queste parti sono a loro modo interessanti, anche se spesso viene da dubitare della credibiltà di quello che viene raccontato. L'azione è resa in modo efficace, meno le parti di infodump che si inseriscono ogni tanto. Inoltre, alcuni dei capitoli iniziali non sembrano aver nessun collegamento con il resto (come l'intera storia della suora che morirà poco dopo) e viene da chiedersi che cosa ci stiano a fare. L'epilogo da b-movie poi fa scadere un po' tutto, considerando anche che rende vani tutti gli sforzi e i sacrifici compiuti dai protagonisti. Per questi particolari, che possono sembrare marginali ma nell'economia del romanzo pesano abbastanza, devo dargli un voto 5.5/10.


Più riguardo a Il ciclo di vita degli oggetti softwareE per terminare l'anno ho deciso di leggere l'ultimo di Ted Chiang. Per farvi capire quanto fosse eccitato per questo libro vi rimando alla recensione di Storie della tua vita, con la differenza che qui non si tratta di singoli racconti ma di un'unica storia. Tuttavia Il ciclo di vita degli oggetti software non mi ha convinto altrettanto. O meglio: si tratta di un libro più che buono, con una storia davvero interessante inserita in un contesto perfettamente credibile. Le intelligenze artificiali (i "digienti") che crescono accudite dai loro "padroni" umani sembrano davvero uno sviluppo prossimo della tecnologia, e il modo in cui si comportano e vengono trattate tiene conto di tutte le tendenze attuali. Ma in questo romanzo Chiang non è riuscito, come invece fa di solito, a eguagliare la componente fantascientifica (o anche solo scientifica) con quella emotiva, quasi impedendo al lettore di interessarsi alle vicende dei protagonisti. Di fatto i digienti che parlano come caricature di pellerossa, e fanno capricci da preadolescenti, mi sono risultati soprattutto irritanti, e anche se ho capito che la loro natura volubile è proprio una manifestazione di intelligenza e senso critico, davvero non sono riuscito a fare il tifo per loro. Nelle parti finali, quando viene presentata la soluzione per la minaccia di estinzione delle creature, vengono richiamate alcune idee molto stimolanti, ma anche questo non basta a volere il bene delle IA. Con questo non voglio dire che si tratti di un brutto libro, ma rispetto agli standard di Chiang (e quindi, forse, alle mie aspettative) siamo piuttosto al di sotto, quindi devo "limitarmi" a un voto 7/10.

Coppi Night 29/12/2013 - Via da Las Vegas

Ultima Coppi Night del 2013! Non che questo implichi una particolare selezione nei film in lista, ma fa sempre un certo effetto notare come questa tradizione perduri negli anni, nonostante qualche alterazione marginale nella forma, Membri che si aggiungono e altri che latitano... ma insomma, il nostro pizzefilm della domenica continua a essere un punto di riferimento, ed è una soddisfazione.

Il film che ha vinto questa sera a quanto pare è un classico uscito nel 1995, di cui personalmente ignoravo l'esistenza. Conosciamo un Nicolas Cage che interpreta un alcolizzato (di quelli seri) che dopo aver perso famiglia e lavoro decide di andarsene a Las Vegas per spendere tutto quello che ha in alcool, e morire lì. Una volta arrivato però conosce una prostituta, alla quale si lega subito, e per il resto del film li vediamo agire come una vera e propria coppia, anche se sono ben lontani dall'ideale romantico dei piccioncini in vacanza.

Con questo film Nicolas Cage ha vinto numerosi premi come miglior attore (dall'Oscar al Golden Globe, con svariate altre nomination), e mi sorprendo io stesso a dirlo, ma credo proprio che se lo sia meritato. È strano se si considera la fama attuale di attore trash (anche esaltata da meme e immagini virali che girano sul web) che si porta addosso, e in effetti io stesso l'ho trovato sempre poco convincente o fuori parte (tranno in Adaptation/Il ladro di orchidee), ma qui Nic Cage è davvero bravo. Sarà che interpretare un alcolizzato cronico, che cerca la bottiglia sul comodino anche quando si sveglia in preda ai tremori, gli viene abbastanza facile, ma la sua interpretazione è impeccabile e impressionante. Meno tagliata al ruolo è la sua compagna, la prostituta di presunto alto livello che anche dopo essersi affrancata dal suo protettore sembra risentire di ogni situazione "spiacevole" incontrata durante il suo lavoro. Non sto dicendo che in quanto "professionista" dovrebbe sopportare qualunque tipo di abuso, ma visto che una delle prime cose che sentiamo da lei è proprio una vanteria su quanto sia capace, ci si aspetterebbe maggior "flessibilità".

Il film forse non è perfetto, e risente soprattutto di uno stile decisamente superato: lunghe carrellate di paesaggi con canzone in sottofondo, intermezzi musicali sparati a tutto volume, dialoghi leggermente didascalici e sequenze che non hanno una precisa collocazione all'interno della storia (e comunque c'è chi riesce a fare di peggio anche oggi...). Tuttavia assistere alla progressiva discesa di questi due disperati, che sembrano aggrapparsi uno all'altro nella consapevolezza di aver perso qualunque altra speranza, riesce davvero a toccare lo spettatore. Non so se si possa dire che è un "bel film", ma è sicuramente qualcosa che lascia un segno, e non è poco.

Autopromo Bundle: Magazzini, recensioni, interviste, aggiornamenti

http://www.delosstore.it/delosbooks/45294/il-magazzino-dei-mondi-2/Quale modo migliore di iniziare il nuovo anno con un bel post farcito di autopromozione? In questo caso però non mi limiterò a segnalare nuove uscite, ma anche una serie di altre amentià collegate a Spore e non, oltre a qualche anticipazione sui prossimi lavori.

Prima di tutto notifico l'uscita de Il magazzino dei mondi 2, la raccolta di racconti brevi della Delos di fantascienza che segue di alcuni anni Il magazzino dei mondi, che aveva avuto un discreto successo. Il libro ha avuto una storia un po' travagliata, infatti le selezioni erano iniziate all'inizio dell'anno scorso, poi il processo si era arenato ed è stato ripreso solo a novembre, tant'è che io stesso mi ero dimenticato di aver partecipato con il racconto Spam, un'ironica storiella sui paradossi dei viaggi nel tempo.

Il libro uscirà in effetti a fine gennaio, ma è già prenotabile sul Delos Store. 240 pagine e quasi altrettanti racconti, è un buon compromesso.


Parlando di Spore, che nelle ultime settimane ha iniziate a mettere radici (ife?) in vari habitat, posso intanto segnalare la prima recensione "ufficiale" pubblicata su "Il futuro è tornato" (il blog di sf col quale collaboro ogni tanto). Oltre al commento di Angelo Benuzzi trovate anche una breve intervista, in cui si parla della mia produzione, dei miei progetti e anche di Futurama! Questa è la prima, ma confido che altre ne spunteranno a breve, come funghi dopo un acquazzone. Intanto, mi sento di citare alcuni commenti random ricevuti in via privata, o reperiti su social network:

- Leggere Andrea mi ha riportata ai bei tempi di Amazing Stories di Campbell.
- Da cultrice di Darwin ho molto gradito i richiami alla teoria dell'evoluzione.
- Per me si tratta di alcuni fra i migliori racconti della "fantascienza", del "fantastico" italiano degli ultimi decenni.
- Spore non è il libro di un aspirante scrittore, è il libro di uno scrittore.
- Il tuo libro è bello e coinvolgente, poetico, struggente, incisivo, ogni racconto ha un suo filo narrativo (spesso uno stile diverso) che si esaurisce nel numero di pagine perfetto, esattamente quello necessario alla storia.
- Le storie di Andrea sono quanto di meglio la fantascienza italiana abbia da offrire al lettore curioso.
Non sto a citare le fonti, ma vi garantisco che non invento niente. E credetemi, non c'è così tanta gente in giro che mi vuole così bene da commentare a priori con tanto entusiasmo. Forse, tutto sommato, qualcosa di buono c'è davvero, in quelle nove storielle...


Sempre a proposito di interviste, è apparsa anche quella sul sito di RiLL, una semplice domandina riguardo il mio racconto La conquista/Pace e morte incluso nel volume Perché nulla vada perduto. Anche gli altri autori presenti dicono la loro, ognuno con domande calibrate, quindi se avete letto il libro può essere un'interessante bonus track.


Infine, come avevo anticipato qualche mese fa, sto lavorando a uno, se non due e-book che usciranno nei prossimi mesi. Il primo, Pixel, che avrei voluto rilasciare a fine anno, ha subìto qualche ritardo dovuto a questioni logistiche, ma conto di riuscire a metterlo online per la prossima settimana. Si tratta di un racconto lungo, e mi dispiace, ma stavolta non sarà gratuito. Se le cose vanno come previsto, dovrei essere in grado di partorire anche un'altra raccolta per San Valentino, e sì, sarà una raccolta a tema amoroso!

E Retcon? Sì, è finito. O almeno, è scritto. Se mai potrete leggerlo, non dipende solo da me.