L'esatta percezione official soundtrack

Nello spirito della tradizione che nessuno ha mai apprezzato o almeno conosciuto, è arrivato il momento di suggerire la tracklist ufficiale per accompagnare la lettura di L'esatta percezione, la raccolta di racconti uscita a fine ottobre. Procediamo quindi secondo l'ordine dei testi nel libro.


Hype: Umek - Libido


Uno stato di eccitazione costante, un continuo flusso di libido, pornografia di ogni immagine, suono, esperienza, tutto è concitato, estremo, esasperante nella sua unicissima specialità. Troppe cose, tutte insieme, too much too fast. Ti toglie il fiato, ti scoppia il cuore. Ma ti piace proprio per questo, forse?


Lamarckia: Princess Chelsea - Is It All Ok?


Le strofe di questa canzone mi sembra rappresetino bene lo stato di depressione in cui si trova anche il protagonista del racconto, dopo l'incidente e l'abbandono da parte della moglie. Allo stesso tempo però manifesta anche la volontà di continuare, accettare le cose come stanno e dirsi che in fondo va tutto bene, e vivremo ancora un altro giorno.


Karma: Dj Koze - Mariposa


Poche cose suggeriscono più armonia e leggerezza di una farfalla (mariposa, appunto). È lo stesso pensiero del protagonista di questo racconto, che all'inizio viene catturato dall'immagine rasserenante di una farfalla che gli vola incontro. Ma l'immagine viene distorta dall'osservatore. Ciò che è pacifico e confortante si corrompe, diventa un pensiero ossessivo, paranoia, angoscia. Rabbia. Il synth ripetuto senza sosta in questo pezzo è perfetto per trasmettere questa sensazione di inevitabilità e oppressione.


Pixel: Little Computer People - Little Computer People


Che poi dietro questo moniker si nasconde il caro vecchio Anthony Rother. Little Computer People è anche il titolo di un gioco per Commodore 64 che si può considerare l'antenato di The Sims, in cui il giocatore si limitava a osservare la vita di alcuni personaggi simulati (le "piccole persone nel computer"), senza nessun obiettivo, trama o punteggio. Quello che siamo anche noi, da questa parte dello schermo, che forse è solo l'altro lato dello schermo di qualcun'altro ancora.


In un istante: Gazelle Twin - Heartbeat


Respira e ascolta il ritmo del tuo cuore. Ti senti vuoto, mesmerizzato dal tuo stesso battito. È tutto quello che esiste, qui e ora, tutto quello che ti rimane, e un solo battito può arrivare a durare un'eternità, in un climax che ti porta a esplodere e rilassarti, per poi ricominciare. Ancora e ancora.


La bella lavanderina: Markus Schulz - You Won't See Me Cry


"Mi sono girato e sono andato via. Non c'è nient'altro che potessi dire. Ma non mi vedrai piangere." In questo pezzo sicuramente il senso di queste rasi è diverso da quello che accade nel racconto, ma direi che le stesse parole si possono anche reinterpretare intorno alla storia della bella lavanderina. C'è qualcuno che piange e non vorrebbe essere visto, qualcuno che fugge senza dire niente, e come l'atmosfera del pezzo suggerisce, qualcosa che finisce male.


La legge dei padri: Stromae - Papaoutai


Una cazone che parla apertamente del ruolo dei padri nei confronti dei figli, e che se anche si concentra in particolare sull'idea del padre assente ("papa ou t'es?") si può applicare bene anche in quei casi in cui la distanza con il genitore non è materiale ma ideale, come avviene nel racconto. Un padre disposto ad abdicare il proprio ruolo e sacrificare del tutto il figlio, in fondo, dov'è?


Sinestesia: Mogwai - The Sun Smells Too Loud (Holden remix)



Questo racconto era anche in Spore e all'epoca nella rispettiva OST lo avevo associato a questo pezzo, che mi sento di confermare. La sinestesia sta tutta nel titolo, e il remix di Holden riesce a rendere anche in forma auditiva quell'alterazione della percezione che poi fa da titolo all'intera antologia.


Pr-Medjed: Johannes Heil - Isis & Osiris (intro)


C'è davvero da spiegarlo? Se capite il tedesco può essere anche un ottimo ripasso di lore. Dopo la lezioncina c'è spazio per una melodia che si ripete fino alla fine e dà l'impressione di una storia ferma allo stesso punto, incapace di progredire a causa di uno stallo che coinvolge tutti i protagonisti.

Rapporto letture - Novembre 2019

Penultimo rapporto letture dell'anno, ed è una di quelle volte in cui non c'è così tanta fantascienza come vi ho abituati. Cioè, ce n'è, ma in forma diversa a quella che assumo di solito.

Il primo libro di cui si parla è Ballata di fango e ossa, il romanzo di Maurizio Ferrero che ho letto subito dopo Vilupera di cui dicevo il mese scorso per scrivere il mio articolo sul grimdark italiano. La storia inizia come la più classica quest di caccia al drago, con i personaggi principali che convergono nelle campagne di un borgo per eliminare la bestia e conquistare i soldi, la fama, il potere o una combinazione di questi. Tutti i personaggi sono disgraziati a vario titolo, tra mercenari, nobili esiliati e semplici cialtroni alcolizzati. Ognuno approfitta per quanto può degli altri con l'obiettivo nemmeno tanto segreto di ottenere quello che vuole per sé, e le cose alla fine non si mettono bene per nessuno. Uno degli aspetti più interessanti del romanzo è il modo in cui reinterpreta un tardo medioevo italiano, facilmente riconoscibile anche se i toponimi sono diversi. Anche la religione e il folklore sono di chiara ispirazione italiana ma distanti quanto basta per considerare l'opera un fantasy, ma comunque ancorato alla realtà, con l'eccezione di un paio di creature fantastiche. Tutti i personaggi hanno una propria coerenza pur nel generale cinismo che pervade tutta la storia, ma proprio perché ognuno sembra agire in accordo con le sue motivazioni è difficile individuare un vero eroe. Tutti sono uguali di fronte alla ferocia del mondo, e per questo sono spietati a loro volta. Voto: 7.5/10


L'anno scorso più o meno di questo periodo ho parlato di Eternal War - Vita Nova, il secondo volume della saga literary fantasy di Livio Gambarini per la quale mi sono appena inventato un genere di appartenenza. Ora, siccome ho già dedicato in precedenza parecchio spazio agli altri libri della serie, si capisce che è una delle mie preferite in circolazione (pur non essendo il fantasy la mia passione principale, com'è noto). Ora però mi sbilancio ancora di più, e arrivo a dire che se anche ci sono parecchi autori italiani che apprezzo e leggo volentieri, ora come ora Gambarini è l'unico per il quale sono in effetti in reale trepidazione nell'attesa di leggere un nuovo capitolo: i libri della serie di Eternal War non solo li leggo e gradisco, ma li attendo con genuina ansia. Così ho iniziato appena possibile (poco dopo Stranimondi) Il sangue sul giglio, quello che avrebbe dovuto essere il volume conclusivo della saga e invece è solo il terzo di quattro. La storia copre il periodo storico che vede il formarsi delle fazioni di guelfi bianchi e neri a Firenze, con le lotte tra le famiglie nobili che rispecchiano (come sempre) quelle degli spiriti più potenti. Allo stesso tempo un altro nemico sta emergendo, un'entità che ha operato alle spalle di tutti i contendenti in gioco finora e che, quando si rivela, cambia pesantemente le regole del gioco, in senso letterale. Ma l'aspetto più importante di tutto il libro è sicuramente il rapporto tra Guido Cavalcanti e Dante Alighieri. Se nel libro precedente si assisteva al consolidamento della loro relazione, adesso dopo gli eventi sconvolgenti alla fine di Vita Nova, che hanno profondamente cambiato Cavalcanti, i due iniziano a entrare in conflitto. Di fatto in questo terzo libro si ha in pratica un passaggio di testimento da Cavalcanti ad Alighieri quale protagonista umano della vicenda, mentre Kabal rimane ancora l'attore principale nel mondo dello spirito. Siccome come sempre non voglio far passare i miei commenti come sproloqui da fanboy, mi permetto anche un appunto, e cioè che nella parte iniziale la collocazione temporale degli eventi non è sempre chiarissia, soprattutto sembra mancare corrispondenza tra lo scorrere del tempo nella Materia e nello Spirito. Arrivati verso metà però questo disallineamento svanisce e si entra nel vivo dell'azione. Il contrasto tra i guelfi così come il disfacimento dell'amiciza tra Dante e Guido sono resi in maniera davvero efficace, e il climax finale è di altissimo livello, con una battaglia combattuta su più fronti in cui ognuno dei personaggi principali ha il suo ruolo. Quando quel personaggio alla fine fa quella cosa sapendo cosa comporterà per lui, la lacrima mi ci è pure scappata, va bene? L'epilogo si protrare forse un po' più del dovuto, ma arriva con estrema naturalezza e assoluta imprevedibilità a un momento straordinario, così appagante e limpido che fa rivalutare la lettura di tutti i tre libri precedenti. E a quanto dice l'autore, questo era proprio il suo obiettivo fin dall'inizio. Da apprezzare anche il fatto che Gambarini sembra aver ascoltato il mio suggerimento (e di molti altri), e ha aggiunto sul suo sito una sezione dedicata con cenni storici approfonditi per ogni capitolo. Insomma, io ribadisco che questa è la migliora saga fantasy italiana in circolazione, e mi prendo la responsabilità delle mie affermazioni pur avendone lette poche, ma ho motivo di credere che ci siano ben pochi contendenti. E ora mi ritrovo di nuovo a trepidare per il prossimo libro, che sarà davvero l'ultimo, pare. Voto: 9/10


Infine una lettura per me atipica, ed è quella di cui accennavo all'inizio come unico elemento di fantascienza: ho letto un fumetto! Per questioni di formazione personale ho dovuto affrotare L'Incal, nella sua ultima versione omnibus di Mondadori. Conoscevo già gli elementi principali dell'opera di Jodorowky/Moebius ma per la mia ritrosia ad approcciare i fumetti lo avevo sempre evitato. Ora ho rimediato la lacuna e devo dire che l'esperienza mi ha convinto solo in parte. Non metto in dubbio la spettacolarità e visionarietà del fumetto, che anche se non presenta spunti particolarmente originali compensa con un worldbuilding vasto e profondo, di cui la storia scalfisce appena la sperficie. Il mio problema però è proprio quello del media-fumetto, che non essendo mai stato tra le mie fonti di intrattenimento mi risulta ostico da recepire. Mi sono accorto che tendo a saltare di balloon in balloon per leggere le battute ma raramente mi soffermo sulle tavole o le pagine nel loro insieme, quindi è come se mi trovassi a leggere un romanzo condensato in dialoghi scarni con tempi del racconto irregolari. È come se volessi seguire un film di Bollywood guardandolo in lingua originale e senza sapere nulla del contesto: riesco a cogliere il senso generale, i temi di fondo e gli snodi della storia, ma mi mancano troppi riferimenti per dire di averlo capito in pieno. Riconosco che si tratta di una mia limitazione, che forse dovrei colmare con un corso di fruizione del fumetto, ma temo che a questo punto per me sia troppo tardi, e che non riuscirò mai a godere in pieno di questa forma di narrazione. Per questa stessa ragione non esprimo una valutazione, perché sarebbe viziata dalla mia ignoranza.

Interviste a Bruce Sterling + Vanni Santoni

In un'epoca in cui ancora aveva senso cercare di sviluppare un blog avevo inaugurato un'apposita rubrica dedicata alle interviste che avrei voluto dedicare a temi un po' estranei alla solita roba che trattavo qui, ma dopo un paio di post il progetto è naufragato perché i destinatari delle mie interviste non mi diedero retta, qualcuno nel frattempo è addirittura morto, quindi insomma, fine lì. Durante l'ultimo Lucca Comics mi è stato chiesto di poter intervistare qualche ospite e forte della mia esperienza di rubrica andata a male ho accettato.

Ho avuto così l'occasione di fare una chiacchierata con Bruce Sterling e Vanni Santoni, due personaggi che forse non hanno molto in comune tra loro ma che nei rispettivi campi hanno sicuramente qualcosa di interessante da dire. Le due interviste sono state poi pubblicate sul sito di RiLL da cui mi erano state commissionate (già che ero a Lucca per presentare il libro da loro edito, tanto valeva rendersi utili) quindi non le riporterò qui ma inseriro i rispettivi link:

Colgo l'occasione anche per segnalare che nel corso del Press Café tenuto da Sterling proprio a Lucca, a cui ero presente, il padre del cyberpunk (che si è dimostrato molto informato sulla scena fantascientifica italiana, come si legge anche nella mia intervista) ha citato tra le ultime novità interessanti pubblicate in Italia l'antologia Fanta-Scienza nella quale si trova anche un mio racconto. È stata una gradita sorpresa e anche l'occasione per presentarmi da lui con un sorrisone. Il video integrale della conferenza stampa (preso dal canale di Gerundiopresente che dovreste seguire, tacci vostri) è questo qui sotto, e intorno al minuto 28 potete ascoltare le sue parole su Fanta-Scienza.




Rapporto letture - Ottobre 2019

Lo so, lo so, che oggi è l'ultimo giorno di novembre quindi sono parecchio in ritardo con il rapporto letture del mese scorso visto che domani potrei già pubblicare quello del mese in corso. Ma queste ultime due settimane sono state investite da una serie di difficoltà tecniche tra le quali la temporanea assenza del pc e il possibile rischio di doverlo cambiare senza un backup più recente di otto mesi. Pericolo scongiurato, per adesso, ma insomma l'avventura mi ha fatto rimanere indietro su parecchie cose, che cercherò di recuperare un po' per volta. Per ora inizio a recuperare da questo post, e insomma non scassate le palle se il prossimo post sarà un altro rapporto letture.


Si parte da un libro per il quale probabilmente avevo aspettative diverse. Ero piuttosto curioso di leggere il romanzo di Liliana Marchesi pubblicato da La Corte, dato che l'autrice sta raccogliendo intorno a sé una community piuttosto affiatata intorno al tema della distopia, anche se poi sotto questa parola ci rientra un po' di tutto, dalla sf sociale allo young adult più becero. Comunque fa piacere vedere interesse per questi argomenti, per cui seguo con interesse l'iniziativa. Il problema è che Cavie è un romanzo che in ultima analisi ha poco da dire. Un mix di Maze Runner e Cube, in cui la giovane protagonista si risveglia in un laboratorio senza ricordi della sua vita e insieme a uno sconosciuto anche lui prigioniero della stessa struttura inizia a esplorare l'ambiente e affrontare una serie di pericoli sempre maggiori, fino a confrontarsi con il boss finale la cui insospettabile identità si intuisce nel secondo capitolo, grazie a un infodump piuttosto grossolano. Ora, come storia avventurosa con sottotraccia romance non sarebbe nemmeno male, se pure niente di nuovo rispetto a quanto si può trovare appunto in molti romanzi usciti sull'onda di Hunger Games, ma la cosa che più mi ha spinto fuori dalla lettura è il fatto che il testo sembra estremamente acerbo. Siccome mi capita di avere una minima esperienza con la scrittura e revisione di testi, la mia personale e modesta opinione è che si tratti in pratica di una prima stesura, strabordante di ripetizioni, locuzioni, avverbi, aggettivazioni eccessive e incoerenze a vario livello. L'impressione è che il testo sia stato preso e pubblicato al limite con una correzione bozze sommaria ma senza un serio lavoro di revisione del testo. Insomma pare quasi di leggere una storia su wattpad piuttosto che un libro pubblicato da un editore di medie dimensioni che opera a livello nazionale. Peccato perché appunto, lo spazio e la potenzialità di miglioramento si percepisce subito, ma forse non si è voluto fare questo tipo di sforzo. Voto 5/10


Dopo di questo ho letto un altro numero di Il Buio, rivista di racconti dark/horror di cui avevo già parlato il mese scorso, e siccome sono uno preciso, avevo letto il numero 2 e stavolta sono passato al numero 1. Il racconto La stagione dei serpenti di Erin Roberts parte già come una ginocchiata nelle costole. Quello di Giovanna Repetto è più soffuso, e non contiene un vero e proprio sviluppo di trama, ma prmane la sensazione concreta di trovarsi all'interno di un incubo. Nin Harris al confronto è un racconto leggero, quasi una commedia, che tiene alta la tensione pur senza una posta in gioco letale. Infine Paolo Di Orazio colpisce come sempre con le sue storie di donne, morti e violenze, che in genere coincidono. Tutta roba di ottimo livello, e se la mission della rivista è quella di inquietare il lettore, direi che è preso in pieno. Voto: 7.5/10


Ed eccoci arrivati al mio primo grimdark. Si fa un gran parlare di questo genere nei circoli della gente che conta (e infatti l'ho fatto anch'io su Stay Nerd), e anche se il mio punto di vista è quello di un appassionato di sf che per tradizione è portato a snobbare fantasy e derivati, devo dire che questo approccio mi ha conquistato. Vilupera è il secondo romanzo che leggo di Jack Sensolini + Luca Mazza, e con Riviera Napalm condivide la cifra stilistica ma è molto diverso per struttura e concept. Laddove il precedente era in sostanza una serie di episodi molto legati a un immaginario pop estremizzato, qui c'è un worldbuilding molto più approfondito, che non si appoggia a riferimenti del mondo attuale (che un lettore potrebbe cogliere o no) e una storia compiuta. La storia è quella di una faida tra casate nobiliari che cercano di accrescere il proprio potere a discapito dei rivali, in un'italia prerinascimentale popolata di mostri e figli di puttana. Il tono è quello di molti western classici, con gli stranieri senza nome che arrivano in città e seminano morti fino a quando non arrivano a rivelare il loro vero obiettivo. Ma essendo un grimdark, non ci sono buoni né eroi, ed è difficile schierarsi davvero con qualcuno. Se devo muovere qualche critica (e devo farlo), mi pare che nella foga di dare corpo a un'ambientazione e un registro unico e riconoscibile, in certi casi si siano arzigogolati troppo su certe espressioni e trovate lessicali, per esempio dire "a nord degli occhi" per intendere sopra la testa, oppure la frequenza con cui vengono nominati questi animali-ibridi tanto che sembra quasi di trovarsi nel mondo dei pokemon, dove ci sono ovunque corvoragni e snorlax ma non un cazzo di normalissimo cane. Comunque sono difetti marginali che, in un libro che è sostanzialmente autoprodotto, sono del tutto trascurabili. Vilupera è un ottimo libro, e il lavoro di branding che loro e gli altri del loro gruppo stanno muovendo è davvero qualcosa di nuovo nel panorama di genere italiano. Voto: 8/10

I miei articoli per Stay Nerd: luglio-settembre 2019

Terzo recap dei pezzi che ho scritto e pubblicato su Stay Nerd, che fa un po' da spinoff di questo blog. O forse viceversa. Ma insomma tutto quello che pubblico lì avrei potuto scriverlo qui sopra. O viceversa.
 
 

Questa è facile, giusto una  to-read-list di roba interessante da recuperare. Peraltro vi stupirà scoprire che se li leggete durante l'inverno va bene lo stesso. Si parla di roba prettamente di genere, dalla sf al fantasy alla saggistica di "ambito nerd". Quindi tutta roba che vi potrebbe interessare, se siete qui a leggere.

Un pezzo in cui mi sono permesso di fare una panoramica di come i racconti italiani di fantascienza si siano diffusi, siano stati snobbati e di recente sembrino tornati in auge. Si parte dal caso dell'anno del numero di Urania Strani Mondi composto interamente di racconti italiani, di cui ho parlato anche sul blog andando nello specifico sulle singole storie. Ma in questo caso il discorso è più ampio e cerca di toccare un po' tutte le realtà che hanno permesso ai racconti italiani di trovare spazio.

E vabbè, potevo lasciarmi sfuggire l'occasione di leggere e recensire Respiro, la nuova raccola di Ted Chiang uscita nei mesi scorsi? Guess what.

Qui siamo un po' fuori dal seminato, ma devo ammettere che ho una certa fascinazione per le serie tv di produzione non anglofona, vedi ad esempio anche Leila di cui ho parlato di recente. In questo caso a dire la verità non c'è niente di fantascientifico o di weird, al limite potete considerare horrorifico il fatto che questi parlino di musica funk ma poi quello che ascoltano è reggaeton.

Anche qui siamo in terra incognita, perché quando mai mi avete visto ragionare di un anime? Eppure pure questo abbiamo fatto, con la visione della prima parte di questa storia che narra le avventure di due giovani aspiranti musiciste in un Marte colonizzato dove tutto è svolto dalle IA, musica compresa.

Se dovessi indicare un articolo di quelli che ho pubblicato finora di cui sono proprio soddisfatto, sarebbe questo. Il tema della Nave di Teseo è uno di quelli che mi affascinano di più da sempre, e declinato in chiave fantascientifica acquisisce tutta un'altra dimensione. E poi quando in un pezzo riesci a citare Futurama, Doctor Who e Westworld, sai di aver fatto un buon lavoro.

Rapporto letture - Settembre 2019

Di solito faccio i rapporti letture del mese un po' prima, ma stavolta... niente, me ne stavo semplicemente dimenticando. Quindi recuperiamo quasi allo scadere del tempo e procediamo con le letture di settembre. Che, posso anticipare, sono un po' fuori genere da quello che consumo di solito, che come si può constatare gira sempre dalle parti della fantascienza. Stavolta invece di fantascienza pure non c'è niente, anche se le contaminazioni weird o più indefinibili ci stanno sempre.


Cominciamo con una raccolta che probabilmente si può considerare un classico, che tenevo sugli scaffali da forse una decina d'anni. È Antologia della letteratura fantastica, compilata da Borges/Ocampo/Bioy Casares. Un volume interessante, che raccoglie una serie di testi che non si limitano a soli racconti. In alcuni casi si può parlare di fiabe, aneddoti, aforismi, sceneggiature teatrali e anche estratti di testi più ampi. Gli autori inclusi sono di ogni epoca e luogo, anche se c'è una buona rappresentanza di scrittori sudamericani del novecento, per ovvie ragioni di vicinanza dei curatori. Ci sono sicuramente molte storie di grande impatto (soprattutto per l'epoca in cui sono state scritte) e che è difficile trovare altrove, come Enoch Soames di Beerbohm, Il calamaro sceglie il suo inchiostro di Bioy Casares, La casa occupata di Cortazar, La zampa di scimmia di Jacobs, e così via. Molto presenti di autori tradizionali cinesi. I temi più ricorrenti sono quelli del sogno e dei fantasmi, tutti delcinati in senso ampio. Il difetto che si può torvare è che laddove sono inclusi semplici estratti di poche righe è come leggere il messaggio di un biscotto della fortuna, quindi non si viene trascinati molto. Nel complesso però un'antologia molto significativa, e soprattutto da sbattere in testa di tagio a tutti quelli che "ma la narrativa è realismo" quando il realismo è una moda passeggera dell'ultimo secolo, stronzi. Voto: 7.5/10


A seguire altra raccolta, stavolta di stampo horror o similare, ovvero il numero 2 della rivista Il Buio che se avete studiato sapete che è quella in cui è presente anche un racconto di L. Chan da me tradotto. Oltre a questo ce ne sono altri tre, di cui due autori italiani. Le atmosfere sono decisamente buie, anche se alla fine L'ultimo giro di pub tradotto da me è il più leggero e positivo di tutti. Gli altri sono in effetti più angoscianti, in particolare l'ultimo di Stefano Lapadula riesce a essere davvero disturbante visto che mescola insieme tabù come cannibalismo, tortura, pedofilia, insomma roba che fa bene la mattina a colazione. Il racconto di Francesco Corigliano di contro è un po' prevedibile nella rivelazione finale, che arrivando proprio all'ultima riga non è più così efficace. Nella media però la qualità è buona, per cui si merita un buon voto 7/10.


Passiamo poi al weird western che è uno dei miei dirty pleaures, infatti come sapete nella nuova edizione de Il lettore universale c'è anche un racconto con questa ambientazione (lo sapevate, vero?). Evidentemente è una passione anche dei signori di Moscabianca, perché hanno pubblicato qualche tempo fa Black Hills di Luca Mazza. Mazza è un autore bolognese che ho già incrociato, in particolare nella lettura di Riviera Napalm scritto in coppia con Sensolini, e di cui torneremo a parlare a breve. Questo libro è un romanzo breve ucronico/horror/pulp/weird in cui Giuseppe Garibaldi è finito a vivere in nordamerica, ha combattutto nalla guerra civile americana e viene reclutato dopo il suo ritiro per una nuova missione. Di mezzo però non ci sono solo questioni politiche ma anche forze oscure meno controllabili, e il team Garibaldi dovrà unire le forze a quelle dei nativi. L'ambientazione è resa in modo eccellente, i personaggi, come nei migliori western, sono tutti stereotipi perfetti dal ruolo definito, e lo dico seriamente in senso positivo, perché questo tipo di storie funzionano proprio per la loro aderenza a un certo modello. Lo stile di Mazza è duro e tagliente, come già avevo riscontrato appunto in Riviera Napalm, anche se lì poteva esserci il dubbio su quale autore influenzasse di più il registro. L'unico appunto che mi viene da muovere a questo romanzo, è che dopo l'introduzione dello sciamano-guerriero Ofiuco sembra diventare lui il protagonista, mentre a Garibaldi sono riservate meno sequenze. Comunque una lettura veloce e soddisfacente, che si mantiene sempre su un livelli alti di tensione. Voto: 7.5/10


Infine un altro romanzo che se riuscite a dargli un'etichetta vi offro da bere. Ammetto di essere stato attirato dall'inequivocabile disco volante sulla copertina minimale. E gli alieni in un certo senso ci sono davvero in Medusa. Forse. La storia segue un ragazzo tardoadolescente durante le sue vacanze al mare, tra famiglia e gruppo di amici, passeggiate sulla spiaggia, partite a ping pong, serate in discoteca, tentativi di abbordaggio. Tutto materiale per un film di Virzì, se non fosse che lui è evidentemente dissociato, tant'è che ogni tanto si affaccia una seconda voce che accompagna la narrazione, e per di più ogni tanto incontra gli alieni (che poi boh sono davvero alieni?) a cui deve offrire in sacrificio delle sensazioni/emozioni/ricordi in cambio. Ci sono anche gli indizi di qualcosa di brutto successo anni prima, la tragica morte di una bambina in un incidente di cui non si sono mai scoperte le cause ma che il protagonista probabilmente conosce bene, anche se pure qui, non è che sia tanto chiaro. La forza di tutto questo sta sicuramente nello stile di Luca Bernardi, assolutamente irrispettoso delle convenzioni della narrativa, ma che segue comunque un suo codice che, una volta interpretato, rende la lettura perfettamente coerente. Non per niente il protagonista sta infatti compilando un Dizionario Semiologico Abissale che spera di dare alle stampe anche se pare che a parte l'idea non gli stia dedicando così tanta attenzione. Insomma una lettura complessa, ma meno complessa di quanto possa sembrare a primo impatto, perché superato lo straniamento di questo modo di scrivere il nucleo della narrazione è tutto sommato semplice da seguire. Sicuramente lo si può considerare un testo sperimentale e per certi versi anche l'aggettivo "abissale" ha senso. Voto: 7.5/10

L'esatta percezione

Dopo aver pubblicato Spore nel 2013 e Il lettore univrsale l'anno scorso, avevo pensato che non mi sarebbe più capitato di far uscire una raccolta di racconti. Perché i racconti non si leggono, non si pubblicano, il mercato tende al romanzo perché la gente (e gli editori) è convinta che più lungo uguale più bello. Quindi è stata una mezza sorpresa anche per me ricevere la proposta da parte dell'Associazione RiLL di far uscire una nuova antologia delle mie storie.

A partire da fine mese sarà disponibile infatti L'esatta precezione, parte della collana "Memorie dal futuro", le raccolte personali che RiLL ha iniziato a pubblicare da alcuni anni, e che nelle edizioni precedenti ha visto autori come Francesco Troccoli, Massimiliano Malerba, Davide Camparsi, Luigi Musolino.


Come da impostazione di questa collana, il libro raccoglie innanzitutto i racconti che nel corso degli anni sono arrivati in finale al Trofeo RiLL o al concorso parallelo SFIDA, per cui la maggior parte dei racconti sono già usciti in raccolte precedenti del premio, come Karma, La legge dei padri, Pr-Medjed, Lamarckia. Altri ancora erano usciti in edizioni precedenti e ormai introvabili, come Sinestesia (che era in Spore, ormai fuori catalogo), La bella lavenderina, In un istante. Pixel lo avevo autopubblicato su Amazon ed era poi stato incluso in un numero della rivista Futuri. Hype invece è del tutto inedito. In ogni caso, tutti i racconti sono stati opportunamente rivisti ed editati insieme ad Alberto Panicucci, boss del team RiLL che fa questo lavoro da quando ancora io dovevo cambiare i denti.

Il titolo L'esatta percezione è volutamente criptico, perché uno potrebbe chiedersi "ma l'esatta percezione di che?" Ecco appunto, è proprio quella la questione. La tesi di fondo della raccolta è proprio che questa percezione precisa non esista. I concetti di realtà, di verità storica, di sanità mentale sono spesso messi in discussione in questi racconti. Contrariamente alle mie solite uscite, stavolta non si parla di fantascienza in maniera preponderante. Il Trofeo RiLL da sempre premia storie fantastiche ad ampio raggio, e infatti anche in questo volume sono contenuti racconti di sf, horror, urban fantasy, e altra roba meno definibile. Come dico sempre la fantascienza è il mio primo grande amore, ma questo volume potrebbe essere interessante proprio perché contiene parecchi sconfinamenti in territori attigui.

La copertina è di Valeria De Caterini, che da sempre disegna le illustrazioni dei libri di RiLL, e ha interpretato nel suo stile sognante il tema della decostruzione della realtà. Si nota appena, ma se ci fate caso, la realtà si sfilaccia ai margini del campo visivo. E non mi riferisco solo a questo disegno.

Per quanto mi riguarda pubblicare una raccolta con i tipi di RiLL è davvero una grande soddisfazione, proprio perché questo premio è stato uno dei miei primi approcci alla narrativa. Alcuni dei miei racconti più apprezzati sono stati scritti proprio per partecipare al premio, come ad esempio Il lettore universale, e sappiamo tutti com'è finita. Inoltre sono convinto che il lavoro fatto dai Rillini sia uno dei più importanti scouting per gli autori di genere, e infatti molti dei nomi che sono emersi negli ultimi anni sono passati da loro, come quelli citati in precedenza.

L'esatta percezione è già disponibile sullo store di RiLL, e lo sarà presto sugli altri store online. Il 31 ottobre inoltre sarà presentato al Lucca Comics & Games, a lato della premiazione del Trofeo RiLL che si svolgerà alle ore 18:00 nella sala Ingellis. Mi troverete quindi lì con il libro sia giovedì che venerdì 1 novembre, nei pressi dello stand RiLL o in giro.

Ultimi acquisti - Ottobre 2019

È passato così tanto tempo da un post con gli ultimi acquisti musicali che avevo quasi dimenticato che esistesse una rubrica del genere su questo blog. I motivi non li sto a ripetere, che sennò sembra che mi lagno sempre, ma se scavate nel passato li trovate. Fatto sta che nelle settimane scorse ho sentito l'esigenza di acquisire nuova musica, e a motivarmi è stata essenzialmente l'uscita di un disco in particolare, dalla quale poi ho colto l'occasione per aggiungere altra roba.


Iniziamo quindi da chi ha reso possibile questo post, ovvero Dominik Eulberg. A settembre di quest'anno, otto anni dopo l'uscita di Diorama, Dominik ha pubblicato il suo nuovo album Mannigfaltig. Non che fosse rimasto fermo in questo tempo, perché di EP ne sono usciti parecchi, ma finora nessuna raccolta organica di tracce come questa. Mannigfaltig ovvero "molteplicità" se riesco a interpretare abbstanza il tedesco, trae ispirazione come sempre nel caso di Eulberg dal mondo naturale. Ogni traccia infatti è dedicata a un animale, nello specifico ogni titolo è il nome di una creatura che (sempre in tedesco) contiene nel proprio nome comune un numero da uno a dodici. Lo stile di questo autore è inconfondibile e non riesco a capacitarmi di come pur producendo una techno a volte anche abbastanza dura ma ricca di calore, Eulberg riesca a far risuonare davvero l'armonia di questo mondo naturale come lui la percepisce. Sfido chiunque ad ascoltare Goldene Acht e non percepire la fiera leggiadria di questa farfalla, oppure non venire sopraffatti dalla maestosità dei ghiacciai a cui è dedicata Elfenbein-Flechtenbarchen. Questo è un disco da secondo-terzo-quarto ascolto, perché se al primo passaggio certe tracce possono sorprendere, in seguito si riesce a capire meglio ciò che rappresentano. Dominik Eulberg si conferma così uno dei miei artisti preferiti, una mente profonda e ingenua allo stesso tempo.


Parlando di bestie, mi ricollego con James Holden, qui presente nell'imaginaria compagnia di un collettivo denonimanto The Animal Spirits, con un album intitolato, appunto The Animal Spirits. Un disco di difficile collocazione, da parte di un autore che praticamente da solo ha inventato un nuovo genere di musica elettronica, la neotrance, e poi con la stessa nonchalance l'ha abbandonata, uno che si è permesso nel suo primo album di inserire una traccia intitolata Intentionally left blank, con cinque-sei minuti di silenzio, alla John Cage. Insomma, da Holden ci si può aspettare l'inaspettato, e qui lo troviamo perché le tracce contenute in questo album per certi versi sembrano delle improvvisazioni, intrecci di IDM, electro-jazz e ambient. Musica piacevole ma straniante, che a volte come in Thunder Moon Gathering sembra non prendersi troppo sul serio e altre invece come con The Animal Spirits forma una cappa di claustrofobia difficile da reggere. Si sente comunque la presenza di un'ispirazione che si collega in qualche modo a suoni naturali, ritmi da raduni pagani nei boschi sotto la luce della luna.


Propaganda è un album del 2017 di Oliver Huntemann che mi ero perso. Una collezione di tracce techno-electro oppressive e cupe, una variazione sul tema introdotto già tempo prima in Paranoia, come già la copertina suggerisce. Tracce da titoli poco rassicuranti come Kamikaze, Malaria, Egoist, Doppelganger. Non c'è niente in questi pezzi che metta a suo agio l'ascoltatore, anzi la generale sensazione di inquietudine è il nucleo intorno a cui si sviluppa tutta l'opera. Viste le prove precedenti di Huntemann probabilmente non si può dire che si tratti di materiale di grande originalità, ma la capacità di evocare certe atmosfere è innegabile.



Discorso simile si può fare anche per Drown, ultimo album dell'anno scorso di Fritz Kalkbrenner. Anche qui si avverte per lo più una sensazione di urgenza e ansia. La differenza sta nel fatto che finora il meno famoso dei fratelli Kalkbrenner si era invece contraddistinto per il calore dei suoi pezzi, che declinavano la techno quasi in chiave folk, con testi ricchi e avvolgenti, e l'aggiunta di strumenti come armonica, sax e sitar. In Drown invece è tutto diverso: non c'è un solo vocal in tutto l'album, le sonorità sono asciutte, asettiche, l'ispirazione è una tech-house precisa e impersonale, come già i titoli dei pezzi composti da singoli verbi fanno intuire. Si farebbe fatica ad attribuire questi pezzi a Fritz Kalkbrenner, se non ci fosse il suo nome sulla copertina. Difficile dire se si tratti di un'evoluzione cercata dall'autore, oppure di un esperimento in un territorio a lui meno familiare, proprio per dimostrare di potersi sganciare dall'immagine che finora si era creato. Di per sé forse questo album non sarebbe così innovativo, tutt'altro, ma considerato all'interno del percorso artistico del suo autore acquisisce tutto un altro significato.

Fanta-Scienza

Tra un paio di settimane ci sarà la quinta edizione di Stranimondi, festival dedicato alla narrativa fantastica, dalla fantascienza al fantasy al weird e non ve lo devo stare a dire io. In occasione di questa fiera che è già la più importante del settore, almeno per quanto riguarda il fantastico scritto, molti editori ne approfittano per tirare fuori qualche novità, e gira che ti rigira finisce sempre che mi ci ritrovo dentro pure io. L'anno scorso era toccato a Strane Creature (di cui peraltro quest'anno viene presentato il volume 2), stavolta invece è il turno di Fanta-Scienza.

Mai titolo fu più vago nel definire il contenuto, ma la cosa su cui dovete concentrare l'attenzione è quel trattino. Avete presente quando i soloni delle collane da edicola se ne escono con "si chiama fanta [pausa] scienza, quindi deve esserci la fantasia ma anche la scienza". Ecco, questo libro è pensato proprio per loro. In Fanta-Scienza infatti le parti scientifiche e quelle immaginifiche hanno lo stesso peso: il volume contiene infatti otto brevi saggi di ricercatori italiani su argomenti di stretta attualità scientifica, dai robot alla micromedicina, temi caldi nella comunità scientifica su cui si sta già lavorando e potrebbero avere notevoli breakthrough nell'imminente futuro. Sulla base di questi saggi poi gli autori hanno scritto un racconto, liberamente ispirato al tema centrale. E così ti trovi per le mani la tua fanta+scienza.


Il progetto è stato ideato e curato da Marco Passarello, e ha richiesto un impegno notevole nei mesi scorsi, soprattutto per la delicatezza degli argomenti. Tra gli autori coinvolti ci sono alcuni dei più rilevanti sulla scena sf attuale, come Lukha Kremo, Alessandro Forlani e Alessandro Vietti.

Il mio racconto NIMBY è basato su un articolo di Paolo Decuzzi sul tema della medicina di precisione interna all'organismo. Preciso che non ha niente a che vedere con il racconto omonimo che ho scritto pressappoco una decina di anni fa, se mai qualcuno avesse il dubbio spulciando la mia bibliografia. Anzi ho voluto proprio riprendere lo stesso titolo per una storia completamente diversa, e che non facesse schifo come quella di allora che fortunatamente non si trova più in giro ma fidatemi, non la vorreste leggere.

Fanta-Scienza è disponibile sul Delos Store sia in cartaceo che in ebook, e sarà appunto presentato in anteprima a Stranimondi, con una breve pesentazione del progetto domenica 13 ottobre alle ore 15. Ci sarò anch'io, a meno di imprevisti durante il pranzo. E visto la gente che gira, non mi sentirei di escluderne.

Rapporto letture - Agosto 2019

Eccoci ai libri di agosto, quelli letti durante le "vacanze", e in effetti non sono pochi, anche se in verità alcuni sono piuttosto corti e quello più lungo me lo sono tirato dietro come lettura accessoria già da mesi. Iniziamo proprio da quest'ultimo.


Non è narrativa, e già questa è un'eccezione qui sopra. È Il libro degli essere a malapena immaginabili, un bestiario moderno di Caspar Henderson, che come detto dall'autore nell'introduzione, del bestiario classico ripete l'approcio, cioè quello di parlare di animali ma di agganciare a questi anche riflessioni sulla scienza, la filosofia, l'arte e tutto il resto. In questo senso questo volume è davvero come sfogliare un'enciclopedia aprendo pagine a caso, i temi trattati sono tanti e tanto vasti che si fatica a trovare un filo conduttore. Che in realtà c'è, è appunto quello degli animali, scelti in base ad alcune loro caratteritiche che li rendono per qualche ragione incredibili. Dalle spugne agli elefanti, dai quetzalocatlus ai polpi, dai tardigradi agli umani: c'è veramente di tutto, e se anche di queste creature non viene tracciato un profilo completo, gli argomenti tirati in causa da un capitolo all'altro bastano per sostenere conversazioni in società per i prossimi due secoli. Il libro è ricco, corposo e anche costoso, ma ne vale la pena. Mi azzerderei a dire, che è ottimo anche per chi degli animali in fondo non ha gran curiosità.


Passiamo a China Miéville e il suo romanzo breve pubblicato da Zona 42. L'uomo del censimento è una storia atipica, di un autore che le storei non le scrive se non sono atipiche. Si parla di un ragazzo, scappato di casa dopo un omicido, che racconta la sua storia, ma non la racconta adesso, la racconta in seguito, con la prospettiva degli anni e narra di un paese strano, difficile da riconoscere e associare a una nazione e un'epoca precisa. Per questa stessa ragione è difficile dire se si tratti di un romanzo di genere, perché la definizione di fantascienza, o weird, o slipstream o quel che vi pare si applica male in ogni caso. Non ci sono eventi sraordinario, niente mostri o alieni, miracoli o guerre, solo una serie di avvenimenti costantemente sul filo dell'uncanny, che creano una continua situazione di angoscia difficile da dissipare. C'è forse qualcosa da capire, ma forse molto altro no, e ho come l'impressione che lo stesso Miéville non sappia del tutto cosa ha scritto, che abbia davvero aperto uno squarcio su un mondo di cui è riuscito a cogliere appena uno spiraglio prima che gli scomparisse dalla vista. Come in altri casi di questo autore, onestamente non sono sicuro se lo consiglierei, perché è piuttosto ermetico, ma ho comunque provato una malsana forma di soddisfazione nel leggerlo. Voto: 7.5/10


Breve interludio per un altro manualetto, I teoremi di incompletezza, rapida guida ai Teoremi di Kurt Godel, che mi ero già rinfrescato tempo fa con la lettura di Godel, Escher, Bach di Hofstadter. Questo volume di Gabriele Lolli è molto più tecnico, ma definisce anche meglio il contesto storico e le reazioni immediate e successive alle teorie di Godel. Se mi seguite con tanto amore da almeno sei-sette anni forse potete subodorare la ragione di questa lettura. Ma forse no, quindi passate pure avanti.






Letto in effetti durante il mio rapidissimo soggiorno fuori casa, We are all completely fine e un romanzo di Daryl Gregory, autore che mi ero ripromesso di approfondire e quindi eccoci qui. La storia inizia da un gruppo di sosteno per persone che hanno subito un trauma, con la narrazione che ad ogni capitolo si sposta da uno all'altro. Quelli che all'inizio sembrano solo personaggi un po' eccentrici si rivelano poi parte di un mondo più complesso e un progetto ben definito: c'è un cacciatore di mostri, l'unico sopravvissuto di una setta di cannibali, un ragazzo capace di vedere strane entità che accompagnano le persone, una donna le cui ossa sono state incise da un folle suprevillain. Il romanzo si trasforma gradualmente in una storia weird, via via che si scopre che ognuno di loro è sì vittima di un trauma, ma sempre derivante dall'incontro con fenomeni poco ordinari. Il finale lascia aperta la possibilità di un sequel ma ad ora non mi risulta che ne esistano. In ogni caso, Gregory conferma la mia impressione di autore capace di mouversi a cavallo dei generi, con uno stile di scrittura moderno e una capacità di dare vita a personaggi e storie memorabili. Non per nulla lo avevo citato tra i possibili autori da consigliare a chi è digiuno di fantascienza. Voto: 8/10

 

E infine abbiamo il numero 86 di Robot, che è quello in cui ho fatto la mia comparsa per la prima volta. E sarà quella cosa delle mamme degli scarrafoni, ma a me questo è sembrato come uno di migliori numeri della rivista degli ultimi tempi. I racconti sono tutti di buon livello, dal vincitore del Premio Robot di Linda De Santi, in cui viene descritto il rapporto con una fatina e altre bestie mitologiche arrivate attraverso una frattura intorno al Monte Serra, alla breve ucronia di Lavie Tidhar in cui si immagina un filone di narrativa erotica nazi vs ebrei. Senza dubbio il racconto di Greg Egan sul surrogato artificiale di attore che rimane l'erede dopo la sua morte è il più impressionante, ma da Egan ci si poteva aspettare. Anche gli articoli sono di buona qualità, con un tentativo di tracciare un percorso tra la sf e il mainstream, una prospettiva sulle sex dolls, e il profilo di alcuni operatori storici della sf italiana scomparsi di recente. Voto: 8/10

Il lettore universale live @ Mr Ibis, Roma 21 settembre

Se ne è parlato parecchio sui giornali in queste settimane, della nuova edizione de Il lettore universale uscita a fine estate, con nuova copertina e un racconto bonus. C'è stato tanto camore intorno a questa iniziativa, che insieme ai signori Moscabianca abbiamo deciso di organizzare un evento per portare il libro di fronte al suo affezionato pubblico.

Quindi ecco che il 21 settembre a partire dalle ore 18, ci troveremo al Mr Ibis di Roma, per una chiacchierata intorno a biblioteche universali, spore, immortalità e robot pistoleri. Le solite cose, insomma.


A condurre il tutto ci sarà Alberto Panicucci, presidente dell'Associazione RiLL che da oltre vent'anni si sbatte a organizzare l'omonimo premi letterario e selezionare i migliori racconti fantastici da pubblicare nella raccolta annuale. Alcuni dei racconti contenuti in Il lettore universale sono stati scritti proprio per il Trofeo RiLL, quindi è una poetica chiusura del cerchio avere lui a portare avanti la serata.

Inoltre Mr Ibis è un locale particolre, pub, caffè letterario, sala giochi da tavolo, quindi c'è di che passare le ore, anche concluso il main event. Per chi è interessato, potete aggregarvi all'evento facebook.

Leila

Che spasso questa golden age delle serie tv. Ogni settimane escono due o tre titoli diversi da bingare, contemporaneamente ne annunciano altri sette-otto, e altrettanti vengono cancellati senza troppo riguardo per la storia in corso. In quest'eterno buffet audiovisivo, già da tempo ho un atteggiamento di cauto isolamento, tenendomi a distanza dai punti in cui si affolla la ressa che puccia le mani nel vassoio senza sapere quante olive ascolane ci siano per arrivare al fondo. Molte delle serie più popolare degli ultimi anni le ho volutamente evitate, non per snobberia (o almeno non solo) ma perché c'è così tanto da mangiare che se assaggiassi tutto mi troverei subito iperglicemico.

Questo per dire che tra gli arbitrari criteri di selezione da me adottati, c'è anche quello di dare più attenzione alle cose che non provengono dal mondo anglofono. USA e UK sono notoriamente i produttori più assidui di serie tv, ma l'entrata di altri distributori nel gioco (Netflix su tutti), sta dando spazio anche ad altre Nazioni di far arrivare le loro serie su canali internazionali. Ed è proprio con questo criterio che mi sono andato a seguire serie come 3% (che nonostante il livello in calo, ha fatto da apripista a questa mia tendenza), Si no t'hagués conegut, Sintonia e infine, nelle settimane scorse, Leila.

Leila è una serie distopica indiana, che vede tra i suoi protaginisti alcune star del cinema d'oltrehimalaya come Huma Qureshi e Siddarth. Non mi aspetto che siano nomi familiari, perché il cinema indiano è una specie di realtà parallela che raramente tocca quella del cinema occidentale. La storia si basa sul romanzo omonimo di Prayaag Akbar, opportunamente adattata per la tv. Huma Qureshi interpreta la protagonista Shalini, una donna benestante nell'India pre-rivoluzione, prima che si instauri il regime dell'Aryavarta, che si basa su fondamentalismo religioso, segregazione razziale e sociale, propaganda. Nel prologo della serie Shalini, sposata con un musulmano, viene presa di mira da una banda di esaltati aryavartani: sua figlia viene rapita, il marito ucciso, e lei finisce in un centro di rieducazione per donne "impure". Qui trascorre due anni prima che la storia riprenda con il suo tentativo di fuggire dalla prigionia e andare in cerca di sua figlia, la Leila del titolo.

Volendo semplificare al massimo, si può inquadrare Leila come una versione indiana di The Handmaid's Tale. I punti tematici di fondo infatti sono molto simili: il fondamentalismo religioso al potere, la donna ridotta a ruolo di serva e procreatrice, gli inevitabili movimenti di resistenza contro il regime. Tuttavia non sarebbe corretto considerarla solo come una variazione sul tema, tanto per gli snodi della trama quanto per le differenze nell'ambientazione, che mostrando un mondo così diverso già in partenza da quello che conosciamo produce un senso di straniamento molto forte nello spettatore occidentale. La serie è ambientata in un futuro non troppo lontano, e ci sono brevissimi accenni di avanzamento tecnologico come proiezioni olografiche, ma la speculazione tecnologica non è assolutamente il punto centrale della storia, si tratta di aspetti secondari.

Un elemento di forte impatto è l'estrazione sociale di Shalini, che passa da essere tanto agiata da potersi permettere una piscina (e sulle prime si crederà che la ragione dell'attacco sia proprio questo spreco di acqua), a perdere qualunque status: nel centro di rieducazione femminile in cui passa due anni, le donne sono tanto umiliate che una viene fatta sposare ad un cane, per ribadire la sua condizione di sub-umanità. Il contrasto tra la sua vita di prima e quella di adesso emerge in diverse occasioni, e Shalini avrà modo di riflettere su come in precedenza la sua attitudine fosse tutt'altro che inclusiva e altruista. Anzi saranno proprio alcune delle azioni da lei compiute nella sua vita precedente a influenzare l'esito della sua ricerca della figlia. Nel suo viaggio nell'Aryavarta, Shalini si troverà a confrontarsi con altre persone che sono in un certo senso la rappresentazione di se stessa o di chi le stava vicino: la bambina orfana degli slum, la moglie dell'ingegnere che cade a sua volta in disgrazia, i suoi familiari e il braccio destro del dittatore Joshi, con cui ha un legame insospettato. Tutti questi personaggi hanno una loro funzione nel portare la donna a riconsiderare la vita trascorsa prima della prigionia.

Dal punto di vista tecnico la serie è sicuramente ben fatta, e un ruolo notevole lo assumono fotografia trucco e scenografie, che sono eccellenti nel mostrare il contrasto tra la realtà afosa e sudata del popolo rispetto a quella pulita e formale dell'élite. La recitazione è di buon livello, senza le teatralità che ci si può aspettare se si pensa al cinema bollywoodiano. Personalmente mi piace anche sentire gli attori parlare in hindi, con questo miscuglio di inglese dal forte accento e lingua locale.

C'è da rilevare che in patria Leila è stata accolta con parecchie critiche, perché il regime dell'Aryavarta è stato accusato di perpetrare un'agenda hindufobica, argomento a cui certe regioni dell'India sono piuttosto sensibili. Questo forse potrebbe anche influire sull'eventuale produzione di una seconda stagione, che non è ancora stata annunciata. La prima stagione finisce in un momento di altissima tensione, in cui Shalini è in bilico tra riottenere o perdere tutto, di nuovo. Sarebbe un peccato se la storia non fosse portata a compimento, ma si sa, questo è il rischio della golden age delle serie tv. In ogni caso a mio avviso la visione anche di questa prima parte merita, proprio per la prospettiva che la serie offre su una società di cui non conosciamo molto, e che in realtà sta assumendo un peso sempre più alto nell'equilibri globale.

Rapporto letture - Luglio 2019

Quelli che ho letto a luglio sono due libri per i quali ho scritto anche un articolo su Stay Nerd, per cui in parte si può già trovare lì un mio commento. Tuttavia su questo blog posso permettermi considerazioni più personali, per cui commenterò di nuovo entrambi con una prospettiva diversa.


Soprattutto sul primo ho qualcosa di diverso da dire. Si tratta infatti di Strani Mondi, l'Urania Millemondi dedicato interamente a racconti di fantascienza di autori italiani. Nell'articolo in cui ne ho parlato, ne ho fatto in realtà il pretesto per fare una panoramica sui racconti italiani di sf degli ultimi vent'anni, senza entrare nello specifico e soprattutto senza citare nessun singolo racconto o autore. Sono consapevole che questo approccio può essere stato interpretato come diplomatico (leggi "paraculo"), perché essendo in parte coinvolto in questo ambiente si capisce che non voglio pestare i piedi a nessuno, perché la mia segreta speranza è l'anno prossimo (se un anno prossimo ci sarà) di essere convocato nel dream team degli italiani su Urania. Quindi meglio starsene in disparte a guardare il carretto che passa senza dire niente di preciso, no? No. Siccome come ho scritto anche nell'articolo, uno dei passi più importanti è quello di sviluppare una critica sana e puntuale, in questa sede passerò a commentare uno per uno i racconti, magari anche solo una riga, come fatto con Prisma qualche mese fa. Certo il mio non è un approccio da critico ma da lettore e, mi azzardo a dire, conoscitore di fantascienza, anche di quella di molti degli autori qui presenti. Quindi una base minima di conoscenza per inquadrare i lavori penso di averla. Procediamo quindi in ordine di apparizione nel libro. La Guerra fredda di Abbate/Di Fazio è in pratica La Cosa riadattato nell'epoca della postverità. L'idea di fondo è buona, forse però il racconto è un po' sbilanciato con una parte introduttiva troppo lunga rispetto a quella che entra nel vivo dell'azione e rivela il tema di fondo. Sandro Battisti per me è un autore problematico, lo ammetto. Mi è capitato di leggere altro in passato, ma già all'epoca del Premio Urania di qualche anno fa condiviso con Franceso Verso, lessi solo il romanzo di quest'ultimo e saltai il suo, sapendo che mi sarei trovato in difficoltà. Con questo racconto ho provato la stessa sensazione. Una storia che pure ha un'idea di base interessante (il "ringiovanimento quantistico") ma inserita in un contesto talmente confuso e con un lessico e costruzione volutamente ostile che il lettore, soprattutto quello occasionale, si trova del tutto spiazzato. Ma non spiazzato nel senso buono, come una lettura che ti sorprende, spiazzato nel senso di privo di punti di riferimento, per cui arrivi alla fine e dici solo "boh". Inoltre la storia fa troppo affidamento sull'universo narrativo dell'Impero Connettivo, in cui il racconto è inquadrato ma che l'autore non si cura di esplicare, per cui chi lo legge senza sapere niente delle opere precedenti non può comprendere buona parte di quanto succede. Infine, mi sentirei di suggerire a Battisti di scrivere qualcosa che non contenga la parola "quantistico" o sue variazioni, i risultati potrebbero essere stupefacenti. Franci Conforti è un'autrice che si è distinta negli ultimi anni e di cui in effetti non ho letto molto. Il suo racconto Come concime ha un'ambientazione molto valida, un futuro di città viventi sorte come soluzione alla crisi ambientale, abitate da umani "normali" e mutanti di vario genere. Forse anche qui la svolta nella storia (che di per sé è fenomenale) si presenta troppo tardi, anzi proprio nell'ultima decine di righe, mentre tutta la parte precedente segue una trama investigativa che mi è sembrata solo un pretesto per far spostare qua e là il protagonista. Il racconto di Del Popolo Riolo è un meccanismo pressoché perfetto. Si presenta come una specie di Guida Galattica per Autostoppisti, con una guida turistica per alieni in visita sulla Terra (e nello specifico a Torino), ma poi ribalta tutto con un plot twist non solo efficace ma anche di notevole impatto emotivo. Nicola Fantini è un autore a me nuovo, il che non è un male. Il suo racconto mette a confronto una creatura artificiale ma dall'intelletto umano con gli umani veri e propri, che tornano a verificare lo stato di una remota base spaziale, con la prospettiva del non-umano. Niente di straordinariamente originale, soprattutto venendo da un recente rewatch di Westworld, ma la storia funziona. Di Clelia Farris c'è poco da dire, visto che la considero attualmente la migliore autrice di fantascienza in circolazione. In tutti i suoi racconti ci sono così tanti elementi da cogliere che è difficile comprendere tutto. Anche in Geografia umana ci sono accenni tanto di cambiamenti climatici, disgregazione della società, evoluzione dei rapporti umani, migrazioni, diritti umai, libertà e responsabilità personali... un piccolo mondo contenuto in poche cartelle, ma non mi aspettavo di meno. Il racconto di Fontana/Tortoreto mi è parso deboluccio. Una generica distopia con accenni di integralismo religioso, il piano per contrastare il regime, la torbida relazione tra l'agente e la ribelle, l'amore salvifico che arriva fuori dal nulla. Come ho già detto altre volte non sono uno sostenitore dell'originalità a tutti i costi (che poi manco esiste), ma se si lavora con i cliché narrativi allora bisogna compensare con personaggi memorabili, stile inconfondibile, struttura complessa, e niente di tutto questo si trova in questo racconto, che quindi risulta alla fine solo banale. Lukha Kremo va a colpi alterni, a volte scrive cose di grande livello, altre perde un po' il tiro e manca il bersaglio, ma gli va riconosciuto che punta sempre alto, quindi quando non colpisce è per eccesso di ambizione. In questo racconto dal titolo troppo lungo, una società utopica trova il suo unico sollazzo in un gioco in realtà virtuale-che-è-più-reale-del-reale, ma non si tratta di un rehash di Ready Player One. Qui c'è in effetti un senso più profondo nelle dinamiche che il giocatore deve scoprire da solo. A mio avviso c'è l'occasione sprecata per un metaracconto molto efficace, che rivela le sue potenzialità nelle ultime battute, proprio quando la storia si chiude in fretta. Fatum di Maico Morellini è un buon esempio di quello che dicevo prima per il racconto Fontana/Tortoreto: la storia dell'astronave generazionale isolata dalla Terra che lancia sonde periodiche in attesa del momento del ritorno, dove poi si scopre che la ragione dell'isolamento è ben diversa da quella presunta, non è niente di nuovo (per i profani basta l'esempio di Wall-E). Ma qui a fare la differenza è proprio il modo in cui la storia è costruita, la focalizzazione interna ai personaggi che interpretano il mondo per le loro convinzioni, la corrispondenza tra registro di scrittura e tematiche. Quindi senza aver pescato l'idea più originale del decennio, Morellini ha comunque tirato fuori un buon racconto. Piero Schiavo Campo ha scritto un racconto di protofantascienza qualcosa che si potrebbe quasi definire Borgesiano nella sua concezione, con questa IA analogica al servizio dei sultani durante le loro conquiste dell'occidente. Peccato che la storia non vada oltre la presentazione di questa idea: la cosa viene costruita, funziona troppo bene, e allora viene dismessa, manca una vera evoluzione del contesto o dei personaggi. Comunque questa reinterpretazione storica è di sicuro affascinante. Tonani presta a questo volume una storia ambientata su Mondo9, cosa che è allo stesso tempo forza e punto debole del racconto. Mondo9 è sicuramente una delle invenzioni di maggior successo degli ultimi anni nella sf italiana, ma il continuo ritorno a questo universo produce alla fine storie fin troppo simili. In questo Picadura troviamo anche Naila, protagonista dell'ultimo romanzo della serie, ma proprio perché si basa su contesto e personaggi prestati da altri lavori, il racconto è poco più di uno spin-off, una breve avventura come un episodio filler di una serie tv, non ha una sua autonomia. Inoltre anche qui, il lettore che non conoscesse già gli elementi principali di Mondo9 (navi, avvelenatori, mangiaruggine ecc) troverebbe ben poche spiegaizoni per poterlo seguire. Personalmente credo che Tonani, dopo aver raggiunto ottimi risultati con Mondo9, dovrebbe trovare il coraggio di separarsene, per non rischiare di rimanere incasellato in un certo tipo di storie e personaggi che alla lunga perdono il loro lustro. Emanuela Valentini racconta gli Hunger Games della Roma del prossimo futuro, e tutto sommato non so se è una storia abbastanza forte da reggersi da sé. Di tornei del genere ne abbiamo visti a decine, e almeno la metà delle volte quando vince l'underdog per qualche motivo si scatena la rivoluzione, come succede pure qui, anche se non mi è del tutto chiaro per quali dinamiche. Inoltre all'inizio sembra assumere una certa importanza una droga che potenzia la visione del mondo (che dà pure il titolo al racconto) ma poi la cosa non riveste importanza nel confronto finale. Credo che ci siano alcuni riferimenti alla sua precedente serie Red Psychedelia, rivisitazione cyberpunk di Cappuccetto Rosso, ma non avendolo letto non ho potuto coglierli in pieno. Comunque sono marginali, la storia fila anche senza capirli del tutto. Zona di contenimento di Claudio Vastano è un altro dei punti deboli della raccolta. Se avete presente l'episodio Hated in the Nation di Black Mirror, l'idea di base è la stessa, ma senza la parte di giustizialismo social che rende interessante quella storia. Mi è sembrato in pratica di leggere la sceneggiatura per il prologo di un monster movie, dove il primo gruppo di sprovveduti si mette in viaggio, scopre la minaccia e qualcuno ci resta secco, e poi scappa. Di fatto la vicenda non evolve oltre quel punto, affida la conclusione a un racconto a posteriori "le cose andarono così, ora invece chissà". Vietti è uno dei pochi autori che ha uno stile riconoscibile, magari non gradito a tutti, ma comunque caratteristico. Il suo racconto è di sicuro uno dei migliori della raccolta. Per certi versi, Essere ovale mi è sembrato una storia simile a quella di Il potere, ma che parte da premesse inverse (handicap vs superpotere, utopia IA vs distopia umana). Comunque un connubio quasi perfetto di potenza delle idee e umanità delle emozioni. E per finire c'è il racconto Orbita pericolosa di Alain Voudì, che se mi chiedessero di fare una classifica dell'antologia metterei al primo posto assoluto. Una storia tutto sommato semplice nello svolgimento, ma che nasconde una lore complessa e significativa. Un protagonsita normalissimo, un tizio qualunque forse nemmeno tanto sveglio, che fa solo il suo lavoro (e magari prova a farci la cresta sopra), ma che nel momento della crisi si trova a compiere una decisione dall'impatto enorme e sceglie la via del cuore. Riconosco che questo racconto mi ha commosso, l'ho sentito tanto vicino alla situazione di oggi che mi ha fatto quasi male. Per riassumere, come si vedrà ho tovato racconti buoni, qualcuno ottimo, altri mediocri e una manciata di passi falsi. Niente di diverso da quanto ci si aspetta di solito da una raccolta di racconti. Nel complesso per me è un voto 7.5/10

E dopo questa bella pappardella non ho più tanta voglia di scrivere ancora, anche perché se si parla di Ted Chiang c'è davvero poco da dire. A più di dieci anni da Storie della tua vita è arrivata la sua seconda raccolta, anche questa portata da Frassinelli (che aveva ritradotto la prima raccolta dopo l'uscita di Arrival). Respiro contiene per lo più racconti già editi, anche in Italia, ma metterli insieme tra le varie raccolte in cui erano comparsi sarebbe un problema, per cui fa piacere trovarli tutti insieme, oltre a un paio di inediti. Come sempre sullo stile di Chiang ci possono essere opinioni contrastanti, per quello che mi riguarda la sua è la cosa che più si avvicina alla mia concezione di cosa la fantascienza dovrebbe essere. Racconti come Respiro e Omphalos sono delle vere e proprie docce gelato di sense of wonder e inoltre veicolano messaggi di grande profondità. Sarà anche che i temi trattati da Chiang sono quelli che sono anche a me più cari, ma per questo vi rimando appunto all'articolo che ho scritto su Stay Nerd. Spiace che anche stavolta Frassinelli abbia voluto prendere le distanze dicendo che Chiang "sfiora la fantascienza", come aveva fatto anche all'epoca di Storie della tua vita. Ma insomma se serve questo perché la gente lo compra e lo legga, ben venga. Ora aspetto solo che Denis Villeneuve metta le mani su qualche raccono di questi, magari l'ultimo del libro, e ne faccia un film. Magari dandogli un titolo più accessibile. Voto: 9/10

Viva l'editoria a pagamento

Su questo blog non ho mai parlato direttamente di editoria a pagamento, è capitato di citarla di sfuggita in altri post, ma non ho mai approfondito. Forse perché quando ho iniziato a scrivere qui mi ero già fatto un'idea del fenomeno e non ritenevo ci fosse molto altro da aggiungere. Giusto per non parlare a vuoto, preciso che con "editoria a pagamento" (per gli amici dell'ambiente, detta per semplicità EAP) si intende quell'approccio di taluni editori che si limitano a richidere all'autore un contributo, di solito abbastanza consistente, e si limitano a stampare il suo manoscritto così come gli arriva, in una tiratura di qualche centinaio di copie (delle quali spesso è obbligatorio l'acquisto di almeno una parte) e bona lì.

Come ogni scrittore emergente anch'io ho avuto la mia brava esperienza con un editore a pagamento. Avvenne chiaramente agli inizi della mia attività, trovai da qualche parte (forse addirittura su un giornale, se ricordo bene) l'annuncio di una selezione in corso da parte di quello che ai tempi era il Gruppo Albatros, poi diventato Il Filo, oggi non so se abbia di nuovo cambiato nome. Si tratta comunque come uno dei più prolifici stampific... ehm, editori che esistano. Meno di dieci giorno dopo l'invio del mio manoscritto (cartaceo) mi arrivò una lettera di risposta, dove era già presente il contratto da firmare e anche un utile libriccino con le esperienze degli altri autori che avevano trovato la felicità grazie ad Albatros/Filo/quelcheè. La somma richiesta era notevole, a memoria credo sui 2.400 €, ma era pagabile anche in due-tre rate. Non vorrei dire una sciocchezza ma ho il vago ricordo che ci fossero anche i bollettini precompilati per le rate stesse. Comunque, al di là della cifra di cui comunque non disponevo, mi insospettì soprattutto quel manualetto in cui decine di scrittori raccontavano il loro rapporto di assoluta fiducia e condivisione con la casa editrice. Quei discorsi che sembravano tanto l'esperienza di Carla, che ha provato il nostro prodotto, che si vedono negli infomercial sui canali regionali della tv. Il mio senso di sparagno si attivò subito, presi qualche informazione (venti minuti di ricerca su google) e conclusi che era una truffa. Da lì imparai cos'è un editore a pagamento e in seguito non ci incappai più, anche perché è abbastanza facile riconoscerli.

Chiaramente tutti gli scrittori e professionisti del settore, primi su tutti gli editori seri, aborrono con convinzione l'EAP. Il famoso forum di scrittori Writer's Dream nacque principalmente con lo scopo di censire gli editori a pagamento e separarli da quelli onesti. Per ironia della sorte poi è stato comprato da un sito di print on demand, che è una cosa diversa ma con alcuni punti in comune alla EAP, ma questo è un altro discorso. La cosa importante da sapere è che tutti, ma proprio tutti, concordano nel dire che l'EAP è una cosa brutta e andrebbe abolita. Gli stessi editori a pagamento lo dicono, perché ci tengono a non essere classificati come tali. Molte fiere letterarie vengono valutate anche in base allo spazio che offorno agli editori di questo tipo, che sono bene o male noti al pubblico più smaliziato.

Anch'io naturalmente la penso in queto modo. L'editoria a pagamento è la morte del settore, è quanto di più aberrante esista nel mondo della letteratura e tutti dovremmo sforzarci per ostracizzare chi lavora in questo modo.

O almeno, la pensavo così fino a un po' di tempo fa. In tempi più recenti, diciamo da un annetto o giù di lì, mi sono formato un'opinione diversa. L'editoria a pagamento è legittima e per certi versi anche auspicabile, in date situazioni.
Provo a spiegarmi.

Cominciamo col sottolineare che di per sé l'EAP non è illegale. Non costituisce truffa, perché l'editore non promette niente che non mantiene. I contratti sono scritti in termini chiari e tutte le clausole sono scrupolosamente rispettate. L'autore che accetta sa, o quanto meno dichiara di sapere apponendo la sua firma, quello a cui va incontro.

Quindi il terreno su cui l'EAP viene condannata è di tipo morale e deontologico. Insomma, sotto sotto lo sappiamo che sfruttano la buona fede e ingenuità degli autori alle prime armi e ci fanno soldi sopra. Siamo dalle parti della circonvenzione di incapace, anche se forse non configurabile negli stretti termini della legge. Ma che sono dei pezzi di merda, siamo tutti d'accordo, no?

Sì, è vero, però anche qui mi sento di fare qualche distinzione. Sarà che negli ultimi tempi è stato un fiorire di arroganti idioti, gente che in base alla propria inesistente esperienza è convinta di sapere come si faccia una certa cosa e quando gli viene fatto notare che non hanno le competenze necessarie per valutare si incazzano anche. Di appelli all'onestà, autenticità, spontaneità, se ne sono sentiti fin troppi, in tutti gli ambiti. E francamente hanno un po' scassato le palle. Mettetici dentro chi vi pare, dai terrapiattisti ai social justice warriors, dai novax a quelli che fanno le petizioni per cambiare il design di un personaggio di animazione. E non sto a buttare il discorso nella sua trasposizione politica, ma ci siamo capiti.

Quindi ecco, il fatto è che io non ho più voglia di difendere queste teste di cazzo, detta con tutta la spontaneità che tanto apprezzerebbero. Se c'è uno di questi cretini che è convinto che sborsando duemila e passa euro il suo libro avrà finalmente il riconoscimento che merita presso i posteri, bene per lui e meglio per l'editore a pagamento che gli spilla i soldi. Non voglio arrivare a dire "se l'è cercata", ma mi è difficile provare empatia per il suo caso, come lo sarebbe per quelli che comprano Life 120. Avrei più rispetto di chi si compra 2500 € di gratta e vinci, per dire, e già lì non bisogna essere proprio delle volpi per far un investimento del genere. Quindi, editori a pagamento: lasciateli in mutande. Non mi importa più. Anzi, fate bene.

Però c'è anche un altro aspetto, che è quello che riguarda il modo in cui l'EAP inquina il mercato editoriale classico, quello serio e professionale. Come i dentisti con la laurea comprata in Bulgaria compromettono la reputazione anche di quelli che hanno studiato in scuole vere, no? Questo è un altro ordine di problema, che non riguarda il libro specifico ma tutto il settore, ed è certamente più complesso da affrontare.

Se non fosse che non esiste. Non esiste perché ciò che viene prodotto dall'EAP non compete con l'editoria propriamente detta. Anzi, non compete del tutto, perché non ha mercato. Avete mai visto in libreria i libri di Albatros/Filo/quelcheè? Li avete mai visti commentare, recensire? Forse può essere capitata qualche presentazione organizzata dall'autore nel circolo Arci del paese, ma la comunicazione si ferma lì. I libri EAP non entrano nei canali degli altri libri. Non concorreranno mai a un Campiello, non avranno mai trafiletti su Tuttolibri, nella maggior parte dei casi non li trovate nemmeno su Amazon. Semplicemente perché l'editore ha concluso il suo lavoro quando intasca i soldi dell'autore in comode rate su bollettini postali, non ha senso per lui fare attività ulteriori dopo quella meramente tipografica. Quindi non c'è da preoccuparsi che la presenza di quesi titoli brutti, non selezionati, non editati, non curati, faccia fare brutta figura ai vicini di scaffale concepiti con tanto amore. Perché non succederà mai che condividano gli stessi spazi.

Qui poi si potrebbe aprire un discorso su come la reputazione dell'editoria la stanno affogando nel fango proprio i Grandi Editori, quelli che devono saturare il mercato di nuove proposte e partecipano all'asta al ribasso, di idee, proposte, professionalità. Questo sì è un problema complesso, ma non è il caso di affrontarlo qui.

Per quanto riguarda l'EAP, invece, con le considerazioni esposte qui sopra finalmente ho trovato la pace. Spero che questi spunti di riflessione possano aiutare anche voi a smettere di preoccuparvi e vivere felici.