Giuro che non l'ho fatto apposta, ma ottobre mi è venuto fuori come un mese di letture solo italiane. Sicuramente complice è la visita a Stranimondi, nella quale ho acquisito diversi titoli che ho voluto poi consumare subito, incuriosito dalle presentazioni e dalle chiacchiere con gli autori trovati lì.
Iniziamo fuori dalla cofmort zone con un giallo/thriller, genere che mi capita poco di leggere. Avevo in casa Camping Soleil da diversi anni, Marina Bertamoni era una collega del superato progetto factory editoriale con il quale ho pubblicato il volume Spore. Questo romanzo è in sostanza un giallo ambientato nella provincia: un assassino misterioso che terrorizza una piccola cittadina, due amici che vogliono dare una svolta alla loro vita che si trovano coinvolti, anche a causa di avvenimenti di decenni prima che sembrano collegarsi ai crimini recenti. Ora, l'ho detto subito, il genere non rientra proprio tra i miei favoriti quindi potrei avere dei parametri di giudizio non proprio calibrati, però devo dire che non sono rimasto particolarmente entusiasta di come evolve la storia. Soprattutto, la risoluzione del mistero mi è parsa un po' troppo calata dall'alto. Nella prima parte della storia vengono presentati diversi personaggi della cittadina e ci si aspetta quindi che l'assassino sia tra loro, io avevo fatto anche un paio di ipotesi che mi sembravano anche avallate da alcuni piccoli indizi... ma quando poi si scopre chi è il mostro (che oltre che assassino è anche pedofilo, perché un cattivo è sempre cattivo sotto tutti i punti di vista) è un personaggio praticamente sconosciuto, una comparsa che non si aveva alcuna possibilità di individuare. E non è questo, in genere, il gioco che rende piacevole la lettura del giallo? Fare a gara con l'investigatore a chi scopre per primo la soluzione? Forse, ripeto, sono io che ho una concezione distorta, ma senza elementi particolarmente distintivi nella scrittura, nel plot o nell'ambientazione, la mancanza di questo aspetto mi ha un po' compromesso la lettura. Non dico che sia un cattivo libro, ma non mi ha impressionato. Voto: 5.5/10
Forse per un'associazione inconscia, da Marina Bertamoni sono passato a un altro ex collega di factory: Andrea Berneschi è un autore toscano di horror/weird di cui ho già letto diversi racconti (la sua raccolta Necroniricon è sicuramente da ricordare, anche se presumo ormai introvabile) e di cui sono sempre rimasto soddisfatto. Con Levitazione - una guida pratica, si avventura un po' fuori dai solchi della sua produzione solita (almeno di quella che conosco, potrei essermi perso qualcosa), o almeno lo fa in modo più esplicito, poiché la satira e la metafora socio-culturale si potevano già riscontrare in altri suoi racconti (non mi ricordo il titolo, ma nella sua raccolta ce n'era uno su una famiglia di zombie che era fortemente allegorico). Levitazione è la storia di un ragazzo con il potere di volare. Forse. Non è chiaro e non lo sapremo mai. Ma il superpotere in sé non è il punto focale della storia, quindi non ci importa. Il presente narrativo è un'Italia di pochi anni successiva al nostro presente, diventata a tutti gli effetti un regime totalitario e repressivo. Il protagonista viene catturato proprio in quanto dissidente, per aver diffuso volantini contro il governo, e dal suo interrogatorio ci viene presentata la sua storia. È chiaro, nel momento in cui mostri un regime repressivo con le guardie che ti torturano, non c'è tracca di sottigliezza nella storia che stai raccontando. Infatti direi che Levitazione non vuole essere un monito, non sta dicendo "attenzione stiamo andando da questa parte": piuttosto, si preoccupa di indicare le cause di questa percepibile deriva, e in tal senso l'ho trovata una lettura molto più sorprendente e illuminante di quanto pensavo. Raccontandoci il passato del protagonista, che si muove da adolescente e ragazzo tra scuola, serate al bar e vacanze a Riccione, vediamo davvero quei momenti di quotidianità che in prospettiva si rivelano determinanti. Berneschi qui non si limita a indicare il problema e lamentarsi di quanto sono cattivi loro, ma ti fa capire che è anche colpa tua. A tal fine è molto interessante vedere anche, per un paio di capitoli, la prospettiva di uno dei "cattivi", il tipico agente della polizia politica che fa solo il suo lavoro, e questa visione è una delle più illuminanti all'interno della storia. Non so se l'aneddoto riguardo Anna Frank sia vero, ma rende benissimo l'idea. Per questo, per quanto breve, Levitazione è un testo molto denso e profondo. Voto: 8/10
Ora dovrei parlare de Il Potere di Alessandro Vietti, ma avendogli già dedicato uno dei commenti più lunghi a un libro mai scritti sul blog, penso mi rimanga poco altro da dire. Quindi lo cito solo per dovere di cronaca e rimando al post in questione, ma mi prendo qualche riga in più per fare un confronto col libro subito qui sopra. Di nuovo è stato un caso, ma ho letto i due uno di seguito all'altro: Berneschi durante il viaggio a Milano via Flixbus, Vietti iniziato durante il viaggio di ritorno. E le affinità tra i due sono notevoli: entrambi sono storie di persone qualunque con un potere all'interno di un contesto socio-politico in qualche modo repressivo. Ovviamente il romanzo di Vietti, anche per mere ragioni quantitative, è molto più approfondito, eppure si possono notare molte idee e temi in comune. Ci sono differenze tra i personaggi, perché il protagonista di Levitazione è di fatto un oppositore del regime, mentre quello de Il Potere si limita a vivere per i fatti suoi, finché può. Per qeusto dal contrasto tra questi individue fuori dal normale e il potere costituito si innescano dinamiche opposte ma per certi versi dagli scopi equivalenti: in Levitazione c'è la prigione e la tortura, in Il Potere la proposta di alleanza; entrambe però mirano a contenere la variabile impazzita all'interno dello schema prefissato, che deve rimanere immutabile. Anche gli esiti sono diversi ma in qualche modo assimilabili. Il fatto che due autori italiani, con un background così diverso e in forme differenti, abbiano scritto storie così vicine tra loro, è un altro spunto di riflessione importante, e si ricollega un po' a quanto dicevo tempo fa a proposito delle tendenze della fantascienza italiana. Comunque, sempre per dovere di cronaca, a Il Potere non posso che assegnare un voto 9/10 ma già che ci sono consiglio a chi l'ha letto e apprezzato di fare il confronto con Levitazione.
E passiamo a un'altra lettura completamente fuori dagli schemi. Post-apocalittico pulp-trash romagnolo (o emiliano? non sono mai sicuro della differenza e so che si incazzano se sbaglio). Riviera Napalm è il libro che non sapevi potesse esistere e quindi non hai mai pensato che avresti potuto averne bisogno ma dopo che l'hai letto ti chiedi come mai non ne avevi sentito il bisogno. Come quando da ragazzino inizi a bere il vino e all'inizio sei diffidente ma poi sviluppi quel particolare gusto e allora non ti sembra possibile di averne fatto a meno fino a quel momento. Luca Mazza e Jack Sensolini hanno messo insieme un'epica grottescha di stereotipi gonfiati di anabolizzanti, cultura pop italiana elevata ad archetipo e politically wrong così pesante da invocare la censura. La storia è ambientata in un futuro prossimo, dopo il "Crollo", un qualche tipo di evento catastrofico non precisato che ha demolito la civiltà come la conosciamo (non credo che sia in effetti un qualche cataclisma, semplicemente un collasso strutturale della società). Il tutto si svolge tra Bologna e la riviera adriatica fino a Comacchio, e vede per protagonisti due antieroi indegni e sudici, alter ego degli autori (anche se gli autori stessi compaiono nella storia in quanto se stessi, in un orgasmo di autoerotismo autoriale a cui non hanno saputo resistere e che in un libro del genere è perfettamente coerente: loro direbbero che si sono sborrati in faccia e gli è piaciuto), circondati da un vasto bestiario di personaggi secondari tutti facilmente identificabili in quanto espressione becera ed esagerata della figura che rappresentano: dal bagnino ai pirati albanesi, dalla cantante/dj al direttore della Koop, dal papa non-morto ai cultisti del motociclismo. La storia si volge a episodi, scollegati tra loro ma comunque tematicamente affini, che confluiscono poi nel capitolo finale. Per dare un'idea di cosa intendo quando parlo di "cosa che non sapevo di voler leggere" faccio due esempi. Il secondo racconto è in pratica la telecronaca di una gara motociclistica (chiaramente esagerata e iperviolenta, come si fa sempre dopo l'apocalisse): ora, a me del motociclismo non fotte nulla, anzi lo trovo anche piuttosto noioso e non ho una bella considerazione per quelli che si esaltano per "i motori". E nonostante ciò la lettura di questo racconto mi è risultata comunque appassionante, mi ha quasi fatto godere la gara. Peggio ancora: il testo è pieno di citazioni di Vasco Rossi, molte le ho colte ma tante probabilmente mi sono sfuggite perché il Signore mi ha dato il libero arbitrio e questo significa che per me come per ogni persona sana Vasco Rossi dovrebbe finire in un'edizione speciale di Chicken McNuggets. Ma quelle citazioni le ho capite e le ho pure apprezzate, perché sono in linea con il testo e contribuiscono a costruire questa mitologia di una cultura italiana in metastasi che ha fagocitato se stessa per sviluppare arti deformi e un sistema riproduttivo ermafrodita. Lo stile di Riviera Napalm è anch'esso eccessivo, asfissiante, ti costringe a prendere continuamente fiato perché l'apocalisse è così, non ti lascia respirare. In ultima analisi non penso che questo sia un libro per tutti: è splatter, osceno, blasfermo, maschilista e razzista (soprattutto verso i bolognesi, mi pare di capire). Ma è un libro altamente consapevole di sé, per cui se si ha la capacità di entrarci in sintonia si rivela un piccolo capolavoro unico nel suo genere. Non dico una perla dentro un'ostrica perché non è niente di così nobile e non vuole esserlo, ma magari un filo di grasso succulento sotto la cotenna croccante di una porchetta ben speziata e tiepida. Voto: 8.5/10
Infine, anche qui spinto dalla curiosità, mi sono letto Strane Creature vol. 1, la raccolta curata da Lorenzo Crescentini alla quale ho contribuito anch'io con il mio racconto CETI. Dieci racconti, otto autori italiani e due internazionali (Rich Larson e Joe Hill), e dieci illustrazioni di Marzio Mereggia. Il tema è quello degli "animali" declinato in qualsiasi sfumatura: animali reali o fantastici, in questo mondo o in altri, nel presente o nel passato o nel futuro. La raccolta spicca sicuramente per la varietà di stili e approcci al tema: è naturale che un genere possa essere preferito rispetto ad altri, per questo alcuni racconti mi sono piaciuti più di altri e qualcuno mi ha lasciato più freddino, ma è normale per un'antologia che si rivolge comunque a un pubblico non esclusivamente di genere. Qua e là ho trovato qualche idea un po' prevedibile e qualche eccesso di antropomorfizzazione, ma nel complesso penso che si possa parlare di materiale di buona qualità. Ho apprezzato in modo particolare l'ucronia di Davide Schito e la fiaba futura di Nicoletta Vallorani, oltre al racconto postapocalittico di Rich Larson senza umani, che mi ha ricordato Wall-E (il che è un bene). In genere mi sono sembrati migliori i racconti con animali "veri" che con quelli fantastici ma non è detto che questo sia dovuto all'animale in sé. Comunque una buona raccolta e sicuramente un affresco che merita di essere completato con il prossimo secondo volume, di cui so già quali saranno alcuni autori e che quindi sono curioso di leggere. Voto: 7/10
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