L'ultimo countdown to Futurama

Nonostante sia stata ormai confermata la cancellazione, o meglio la non-ripresa di una nuova stagione di Futurama su Comedy Central (che aveva adottato lo show dopo la sospensensione da Fox), c'è sempre da considerare che della stagione 7 è stata finora trasmessa solo la prima parte, e la "stagione 7/b" andrà in onda il mese prossimo, a partire dal 19 giugno.

Come per tutte le stagioni precedenti trasmesse da CC, il blog della rete ha iniziato un Countdownd to Futurama, con quotidiane anticipazioni, brevi clip, bozze e sneek peak vari. Il countdown è ospitato sul tumblr di Comedy Central, e parallelamente sulla pagina facebook dello show. Dalle immagini mostrate finora si può già scoprire che nei 13 episodi che ci separano dalla fine della serie vedremo ritornare alcuni personaggi risalenti anche alla prima stagione, come la scimmia Gunther, o il piccol Jrrr, o ancora verrà finalmente mostrato Sean, lo storico ex di Leela, e assisteremo al ritorno di Calculon, che era morto in The Thief of Baghead. Nei giorni da qui al 19 giugno arriveranno ancora nuove anticipazioni, quindi vi raccomando di seguire il tumblr di CC o la pagina fb di Futurama!



Nel frattempo, se siete rimasti indietro con gli ultimi episodi, ecco la lista di quelli della stagione 7/a, già recensiti su Unknown to Millions:

  • The Bots and the Bees: Bender ha un figlio con il nuovo distributore di bevande della Planet Express, e si ritrova poi da solo a dover crescere il piccolo robot.
  • A Farewell to Arms: una profezia marziana rivela l'imminente fine del mondo, e la popolazione cerca di fuggire sull'unica astronave disponibile, ma non c'è posto per tutti...
  • Decision 3012: alle nuove elezioni terrestri il Presidente Nixon viene contrastato da un nuovo candidato, sostenuto da Leela decisa a ottenere un drastico cambiamento della politica.
  • The Thief of Baghead: Bender diventa un paparazzo e ottiene una foto dell'attore più bravo della storia, ma scopre anche che in realtà si tratta di molto di più di un uomo con un sacchetto in testa.
  • Zapp Dingbat: i genitori (mutanti) di Leela si separano, e Zapp Brannigan inizia una relazione con sua madre, con estremo disgusto di Leela, che è convinta si tratti solo di uno stratagemma per arrivare a lei.
  • The Butterjunk Effect: Leela ed Amy si cimentano in uno sport di combattimento femminile, che le porta a diventare dipenendeti di un particolare nettare che conferisce loro maggiore forza.
  • The Six Milliond Dollar Mon: scandalizzato dalla sua stessa inefficienza, Hermes inizia a sostituire parti del suo corpo con innesti robotici, fino a mantenere ben poco di umano, mentre Zoidberg raccoglie i suoi "scarti" e ne fa un pupazzo da ventriloquo.
  • Fun on a Bun: alla versione aggiornata dell'Oktoberfest, Bender partecipa a un'esclusiva gara di cucina per la quale ha bisogno della carne di mammuth, mentre Fry viene dato per morto accidentalmente.
  • Free Will Hunting: Bender è deciso ad affermare la propria libertà dalla programmazione robotica e scoprire il segreto del libero arbitrio.
  • Near Death Wish: Fry in cerca di "famiglia" conosce i genitori del Professore, ma si scopre che questi ha un pessimo rapporto con loro per via di quanto è accaduto durante la sua infanzia.
  • Viva Mars Vegas: Zoidberg diventa temporaneamente miliardario (e invisibile), ed Amy organizza un piano per togliere di mano il casino dei Wong alla mafia.
  • 31st Century Fox: Bender prende parte alla caccia alla volpe, ma si oppone alla tradizione quando scopre che la volpe è un innocente robot-animale.
  • Naturama: i personaggi vengono trasposti in forma animale in tre documentari sui salmoni, le tartaruge giganti e gli elefanti marini.

Coppi Night 19/05/2013 - Sucker Punch

L'avevo detto, un paio di settimane fa, che mi ero stancato di filmetti dimmerda, in particolare le commediole italiane, e la mia opposizione ha già trovato conferma la settimana scorsa con la proiezione di Looper e se l'è cavata bene anche stavolta, ma c'è anche da considerare che ero io a fare da Anfitrione e tutti i film da me proposti avevano a loro un modo un certo livello di "profondità".

Ora, in effetti, Sucker Punch, di cui avevo sentito parlare ma non avevo ancora visto, può apparentemente sembrare tutt'altro che profondo: nel senso, c'è un gruppo di sgualdrinelle, che di fatto fanno le ballerine/prostitute e una di queste pare sia parecchio dotata nel ballare e si costruisce tutta una serie di fantasie mentali che comprendono missioni alla Wolfenstein vs CoD vs Skyrim. Quindi, a prima vista, è tutto basato proprio sull'aspetto spettacolare delle cose, che siano le ragazze o i nazisti-zombie o le draghesse, e allora c'è ben poco da approfondire.

Tuttavia, credo che, nonostante l'apparenza volutamente kitsch delle ragazze truccate e lustrate, e dei mostri e delle armi che sfoderano nel corso delle loro "missioni", si possa davvero trovare un altro livello di lettura di questa storia. Non sono il tipo che va a cercare per forza i significati nascosti e metaforici, che coglie gli ermetismi e vede in ogni dettaglio un riferimento astruso, ma qui credo che il gioco sia abbastanza chiaro. Quello di Babydoll (e già il nome dovrebbe suggerire qualcosa) è un sogno all'interno di un sogno, ma non nello stesso modo in cui questo avviene in Inception, né come semplice scappatoia per mostrare delle vicende improbabili "perché tanto è un sogno". A ben vedere, le uniche parti "reali" di tutto il film sono l'inizio e la fine, e tuto il resto deriva dall'immaginazione della ragazza, forse un tentativo di fuggire dalla spietata realtà che la attende, ma non si tratta soltanto di fantasie, perché quello che lei "sogna" è in qualche modo una trasposizione alternativa di quello che le sta davvero accadendo intorno. Perciò, la drammaticità della sua condizione viene coperta con una patina sbrilluccicosa e frenetica, con la danza e i combattimenti (che mi hanno ricordato, per la struttura e i toni, quelli di Scott Pilgrim vs The World, che già avevo gradito molto).

E poi, a dirla tutta, non c'è proprio niente di male se, nel frattempo, si vedono robot e orchi, samurai giganti e mecha steampunk, oltre chiaramente a cosce e tette! Quindi il film, contrariamente alle mie stesse apsettative, risulta pienamente promosso, e potrà piacere anche a chi non se la sente di fare tutta questa ulteriore analisi meta-visuale in cui mi sono impegnato io.

Jeff Somers - La serie di Avery Cates

Uno dei maggiori pregi della fantascienza è che non rappresenta solamente un genere di per sé, ma è anche un "meta-genere", un modo di raccontare delle storie che, per temi, toni e struttura, possono appartenere a generi tradizionalmente diversi. Per fare qualche esempio illustre, molti dei racconti di Asimov, e in particolare le sue storie di Elijah Baley e Daneel Olivaw, non sono altro che dei gialli di ambientazione fantascientifica. Lo stesso si può dire di molte altre opere, letterarie o cinematografiche, famose o misconociuste, che sono in sostanza una trasposizione di idee fantascientifiche su modelli già preesistenti.

La serie di Avery Cates si colloca appunto in questo filone. I cinque romanzi scritti da Jeff Somers tra il 2007 e il 2011 raccontano di un futuro distopico non troppo lontano, in cui alcuni temi tipici del cyberpunk sono esaspetari fino a dare origine a un mondo brutale nei quali i personaggi si muovono inseguendo i loro più abietti scopi personali, anche quando questi sono in contrasto con quelli degli altri o del mondo intero. Si tratta quindi, al di là degli elementi sf (che illustrerò in seguito) di una serie pulp, che mostra principalmente assassini, pistole, inseguimenti, tradimenti, giochi di potere. Tanta violenza, humor nero, e una volgarità estrema (la parola "fuck" nelle sue variazioni compare oltre 2500 volte nel corso dei libri). Per dare un'idea di massima dello spirito della storia: avete visto il film Crank con Jason Statham? Quello in cui lui deve correre continuamente perché gli è stato iniettato un veleno inibito dall'adrenalina, e nel poco tempo che gli rimane pensa solo a vendicarsi di chi lo ha incastrato. Ecco, prendete quello, aggiungeteci robot, innesti cibernetici, poteri psi, il collasso di tutti i governi mondiali e l'estinzione dell'umanità, e ci siete.

I cinque libri che compongono la saga sono, nell'ordine: The Electric Church, The Digital Plague, The Eternal Prison, The Terminal State, The Final Evolution. Di questi, solo i primi due sono stati tradotti in italiano e pubblicati su Urania come La chiesa elettrica e La peste digitale; era stato promesso che la sere sarebbe stata completata, ma sono passati diversi anni e non se n'è saputo più nulla... quindi io me li sono ricercati nella versione elettronica originale.

Il protagonista è proprio questo Avery Cates, un sicario di alto livello, che all'inizio di The Electric Church viene assoldato per fare fuori un personaggio piuttosto particolare: Dennis Squalor, il fondatore della Chiesa Elettrica. La Chiesa Elettrica, come viene ampiamente illustrato sul sito dedicato, è un movimento pseudoreligioso che si prefigge semplicemente di garantire l'immortalità a tutti i suoi seguaci. Ma a differenza delle altre religioni, la sua immortalità è del tutto terrena: infatti gli adepti vengono sottoposti a un'operazione che asporta loro il cervello e lo innesta in un corpo meccanico dalla vita virtualmente infinita, e diventano così dei Monaci, una sorta di cyborg dediti al proselitismo. A quanto pare però Squalor e il suo progetto non sono troppo simpatici a chi comanda il Sistema, e in particolare a Dick Marin, il Direttore degli Affari Interni della Forza di Sicurezza del Sistema (System Security Force, SSF), e quindi Cates viene scelto per toglierlo di mezzo. Messa insieme la squadra, con un Techie, un Pusher e gli altri elementi necessari, il sicario parte con la missione, ma oltre a combattere contro i Monaci dovrà vedersela anche con i System Pigs (il vezzeggiativo con cui sono chiamati gli agenti della SSF) per i quali è pur sempre un ricercato. Alla fine Squalor viene eliminato, ma non senza un'infinita serie di complicazioni e sorprese, e Cates intasca i suoi soldi. In The Digital Plague, che inizia qualche tempo il precedente, Avery si sta godendo il suo patrimonio quando un morbo mortale inizia a diffondersi in tutto il mondo. In seguito, il protagonista scopre che la diffusione della malattia dipende proprio da lui, un regalo che gli è stato fatto da alcuni vecchi compagni di avventure, e si confronta quindi con il doppio obiettivo di fermare l'infezione e vendicarsi, mentre i Monaci sono in rivolta e la gente continua a morirgli intorno... senza purtroppo rimanere del tutto morta. Alla fine del libro, quando tre quarti della popolazione mondiale è morta per la Peste, Janet Hense, un capitano della SSF, spedisce Avery nel carcere di Chengara, dove si presume che passerà il resto della sua pur breve vita. The Eternal Prison inizia proprio con l'assassino fuggito da poco dalla prigione, e la storia procede inizialmente su due binari paralleli, raccontando da una parte del suo piano di evasione (per la verità, il piano di altri personaggi incontrati all'interno della prigione), e dall'altro del nuovo contratto che gli viene proposto da Cal Ruberto, il comandante dell'esercito del Sistema (System of Federated Nations Army, SFNA), che sta preparando una guerra civile globale contro la SSF, ora che Dick Marin ha acquisito troppo potere per sé. In questo terzo libro le cose si fanno veramente complesse, visto che buona parte dei System Pigs viene trasformata in avatar, ovvero androidi su cui viene impressa la personalità digitalizzata degli agenti "di carne", che risultano quindi molto più forti e virtualmente immortali. Inoltre Cates si ritrova per errore alcuni ospiti indesiderati all'interno del suo cervello, e così le voci di Dick Marin, Dennis Squalor e una Sottosegretaria del Sistema artefice dell'Unificazione lo tormentano con i loro consigli non richiesti. La missione si rivela piuttosto complicata, perché adesso Dick Marin non è più una persona ma un'intera città, e prima che possa riuscire ad eliminarlo Cates viene distratto da altre priorità, rivelazioni e controcomplotti. Alle fine deve accontentarsi di risolvere parte dei suoi problemi "personali", e si rifugia in una remota cittadina sperduta nel deserto, deciso a farsi i fatti suoi. Lo ritroviamo qui all'inizio di The Terminal State, intento a pianificare la vendetta contro chi lo ha manovrato e tradito all'interno di Chengara, quando il suo villaggio viene poi rastrellato dalla SFNA che cerca nuovi soldati da coscrivere per proseguire la guerra civile contro gli avatar della SSF. Cates viene sottoposto a un'operazione di "potenziamento" che lo dota di Aumenti, innesti cibernetici di cui sono dotati tutti i soldati che lo rendono più forte e veloce, oltre a porlo sotto il controllo del suo comandante, che dispone di un telecomando che può fargli esplodere il cervello in qualsiasi istante. Dopo l'operazione Avery viene poi venduto proprio a Canny Orel, il leggendario Gunner di cui avrebbe dovuto vendicarsi, e questi gli assegna una nuova missione: andare a recuperare il God Augment, un innesto neurale inventato da un Techie, in grado di concedere al suo portatore tutti i poteri psi conosciuti, e non solo. Con i suoi due nuovi compagni, Cates si mette in viaggio verso Hong Kong, e lungo il percorso deve confrontarsi con diverse fazioni di avversari: SSF, SFNA, gli Angeli (una setta di Psionici convinta di essere il nuovo gradino dell'evoluzione) e gli SPS (Superstes Per Scientia, un gruppo di Tecnici intenzionato a preservare la tecnologia in previsione dell'imminente collasso della civiltà). Dopo una serie di scontri, proprio ad Hong Kong Avery ottiene la rivelazione finale che lo mette di nuovo in pericolo, e viene infine trovato dalle forze della SFNA che lo sentenziano a morte per diserzione. Lasciato (di nuovo) per morto alla fine del libro, in The Final Evolution si scopre invece che è riuscito a salvarsi, e in un mondo ormai in rovina, dove il Sistema non esiste più (anche Dick Marin è stato completamente nuclearizzato), e i resti della SFNA giocano a fare i baroni feudali, ha ripreso a fare il sicario, pur continuando a pianificare la sua vendetta. Scoperto il nascondiglio di Orel, si prepara a raggiungerlo, ma viene di nuovo intercettato, stavolta da un vecchio amico dei tempi di Chengara, che ora è tra i leader della SPS, e gli spiega che, con la scomparsa di Dick Marin, tutti gli avatar stanno per disattivarsi, ma che essi rappresentano l'unica salvezza per l'umanità, sull'orlo dell'estinzione a causa della mancanza globale di nuove nascite. Alleandosi temporaneamente con Janet Hense, la nuova Direttrice degli Affari Interni, Cates e la sua squadra partono per cercare i codici di sicurezza necessari a mantenere attivi gli avatar di tutto il mondo, detenuti dalla stessa persona che lui stesso sta cercando da anni, e che, putacaso, è riuscita infine ad ottenere anche il God Augment, e reinstallarsi nella scocca di un Monaco. Il confronto finale avviene a Chengara, e da questa battaglia non dipende solo la sorte di Cates, ma quella di tutta l'umanità.

Da questo breve (se si considera che ho parlato di cinque libri!) riassunto si intuisce che la storia è ricca di azione e colpi di scena, anzi, quasi ogni capitolo si conclude con un twist che viene poi illustrato nel capitolo successivo. Il mondo descritto da Somers è, fin da The Electric Church, malato, in rovina, dominato dal Sistema, un organismo sovranazionale che ha forzato un'Unificazione di tutte le nazioni, ma che di fatto esercita solo un controllo repressivo e violento tramite le forze della SSF. In seguito la situazione peggiora con la Peste e la guerra civile, e alla fine di The Final Evolution c'è rimasto davvero poco della civiltà illustrata all'inizio della serie. Avery Cates è chiaramente un antieroe, un personaggio negativo che pure conserva una sua etica, e in più di un'occasione esita a uccidere persone che giudica in qualche modo "innocenti", anche se spesso si trova costretto a dover usare le armi anche quando non vorrebbe. Oltre a lui, si trova anche una schiera di personaggi ricorrenti, come Dick Marin, Dennis Squalor, Canny Orel, Janet Hense, Ezekiel Marko, Wa Belling, Grisha, eccetera. E come in un RPG, esistono anche delle "classi" che definiscono la tipologia, le caratteristiche e il ruolo dei personaggi: abbiamo ad esempio i Monaci, robot con un cervello umano, ignari del loro destino; i System Pigs, violenti e corrotti, che rappresentano il "nemico standard" che in seguito riceve l'upgrade ad avatar; i Techies, che sono in sostanza gli hacker in grado di penetrare gli onnipresenti sistemi informatici; gli Spooks, individui dotati di poteri Psionici, che si distinguono essenzialmente in due gruppi: Telecinetici e Pusher (in grado di entrare nella testa delle loro vittime e comandarle a distanza); i Gunner, gli assassini, la classe a cui appartengono lo stesso Cates e la sua nemesi Canny Orel. Grazie a questa suddivisione, che naturalmente conserva una sua elasticità a seconda delle necessità della trama, si ottiene una specie di "mitologia" che dà una maggiore profondità alla storia, introducendo il lettore in un contesto che sembra già consolidato.

La scrittura è frenetica, e se anche in alcuni momenti il protagonista, che narra in prima persona, si lascia andare ad alcune riflessioni, queste non durano mai abbastanza da annoiare il lettore. La storia procede spedita, senza tregua, con tanto sangue, inseguimenti e scontri, e ogni dieci pagine una nuova minaccia di morte che arriva da una direzione diversa. Alla fine di ogni libro poi è inserita un'appendice, spesso un documento scritto da qualche personagigo secondario, che concede uno sprazzo del mondo visto da una prospettiva diversa da quella del sicario che si trova sempre al centro dell'azione. Di tutti e cinque i libri, forse l'unico sottotono è The Digital Plague, in parte perché il plot della Peste sembra incastrarsi forzatamente dopo quello lasciato in sospeso con The Electric Church. Al contrario, The Eternal Prison è forse il più avvincente, grazie soprattutto alla struttura non lineare della prima parte e a una serie paricolarmente azzeccata di sorprese in sequenza, che ne fanno un libro che non concede davvero un attimo di respiro. The Final Evolution rappresenta poi una conclusione epica, con il ritoro in scena di tutti i personaggi incontrati durante la serie, o almeno quelli ancora vivi (e in qualche caso anche quelli già morti). La fine, amara e spietata, è perfettamente in tono con il tenore mantenuto da tutta la serie, per cui, anche se a volte alcune delle "coincidenze" appaiono leggermente forzate, in conclusione ci si può ritenere soddisfatti.

Pertanto, la serie di Avery Cates costituisce una lettura davvero intrigante. Tanto per chi ama l'azione che per i nostalgici del cyberpunk, per chi cerca le distopie e chi invece ama i film fracassoni con pistole ed esplosioni. Indipendentemente dalla propensione alla fantascienza, dato che i concetti qui utilizzati (principalmente derivati della cibernetica) non hanno certo un perfetto rigore scientifico, si tratta di storie che si leggono con voracità e gusto, e inducono un macabro e incofessabile piacere per la violenza (spesso gratuita) su cui si fondano. Quindi fatevi avanti e scoprite Avery Cates, Destroyer of Worlds. Fucking hell.

Nel nome del Dottore: commento al season finale di Doctor Who

Anche io sono "Il Dottore". Oltre ai vari altri moniker con cui sono conosciuto in giro, c'è anche gente che mi chiama così, davvero. L'origine del nome si perde ai tempi della mia laurea ed è in parte dovuta alle ingenti dosi di prosecco con le quali mi sono riempito, che mi incoraggiavano a ostentare il mio appena acquisito titolo accademico. Questo tanto per precisare che se scrivo questo post è perché mi sento in qualche modo personalmente legato al tema in questione.

Per questo e per un'altra ragione. Per la frase:

The name you choose is like the promise you make

Queste parole pronunciate dal Dottore nel finale di The Name of the Doctor, season finale della settima serie "moderna" di Doctor Who, hanno per me un valore immenso, e pertanto mi sento in dovere di difenderle.

Pur seguendo Doctor Who da diversi anni, non ne ho mai parlato prima sul blog, principalmente perché sul web ci sono centinaia di siti, forum, portali e blog che ne parlano più puntualmente e approfonditamente di me, per cui il mio contributo sarebbe pressoché nullo (mentre invece si parla troppo poco di Futurama, soprattutto in Italia, e allora sono a fare lo sforzo di raccontarvelo).  Faccio oggi un'eccezione perché, al di là di cosa si può pensare dell'ultima stagione dello show, o di questo episodio in particolare, credo che il tema di fondo che emerge dal finale sia davvero importante. Se non seguite la serie molti riferimenti vi saranno oscuri, ma penso che potrete comunque seguire il senso ultimo del post.


Spoiler alert: da qui in poi parlo apertamente del season finale, quindi se non l'avete visto, guardatelo e poi tornate.


Molti fan di Doctor Who hanno criticato l'impostazione di questa ultima stagione, e ci sono moti di scontento da più parti anche per l'ultima puntata. La colpa principale viene attribuita a Steven Moffat, headwriter della serie dalla quinta stagione in poi, ritenuto troppo impostato sulla sorpresa-a-tutti-i-costi, attento più ai cliffhanger che alla trama e alla continuità della serie. In generale, credo di poter comprendere questo atteggiamento: Moffat infatti si prende una notevole libertà nell'inserire nuovi elementi centrali e farne il punto di svolta delle sue storie: basta pensare a River Song, i Silence, i nuovi Dalek, Clara. A molti fan, soprattutto quelli di vecchia data, affezionati alla serie "classica" (quella iniziata nel 1963) questo approccio non piace, perché giudicato irrispettoso della tradizione dello show.

A questo proposito, credo che vada fatta un'importante considerazione. Doctor Who non è mai stata una serie che puntasse alla coerenza interna. Per la sua stessa origine, non c'è mai stato un "arco narrativo", una storia dietro la storia univoca e inattaccabile, da svelare passo per passo. Tutt'altro! Da un po' di tempo, ho iniziato a seguire proprio i vecchi episodi, quelli che iniziano con William Hartnell (sono attualmente arrivato al 1972, con il Terzo Dottore interpretato da Jon Pertwee), e ho potuto verificare direttamente con quanta leggerezza, proprio e soprattutto nella serie classica, la continuity viene stravolta. Per fare un esempio: all'inizio non c'è niente che faccia pensare che il Dottore non sia un umano, niente più di un geniale scienziato pazzo. I Time Lord in quanto "razza aliena" fanno la loro comparsa solo nell'ultimo episodio della sesta stagione della serie, con il Secondo Dottore. Oppure: i Dalek vengono inzialmente presentati come capaci di muoversi solo grazie all'elettricità statica presente nella loro città; in seguito questo particolare viene dimenticato. I Cybermen cambiano aspetto a ogni successiva comparsa sullo schermo (pure se queste avvengono in epoche completamente diverse). Il nome TARDIS viene inzialmente presentato come un acronimo inventato da Susan, nipote del Dottore, ma in seguito anche il Master usa questo nome. Eccetera eccetera. Questo per chiarire che l'introduzione di nuovi elementi, e la retconizzazione (l'inserimento di nozioni che riscrivono a posteriori la continuità della storia) non è affatto una novità né un tradimento dello spirito della serie.

Ora, tralasciando altri aspetti come i Whispermen (che mi sono parsi piuttosto inutili, tanto valeva rimettere in gioco i Silence), il ruolo di Clara, lo "spettro" di River Song eccetera, quest'ultimo episodio introduce un importante nuovo elemento all'interno della saga: la presenza di un nuovo Dottore, una rigenerazione passata dimenticata, che non entra nel computo dei Dottori e lascia quindi invariata la posizione dell'attuale Matt Smith come Undicesimo. Il fatto che John Hurt sia il "vero" Nono Dottore è stato pressoché confermato, ed era comunque intuibile. Tuttavia, a chi protesta che questa novità sia incoerente e forzata, oltre a tutto il pappone di qui sopra, credo vada ricordato un fatto importante. Quel "il nome che scegli è la promessa che hai fatto" non è solo una frase ad effetto per giustificare un plot twist inspiegabile, ma un punto davvero centrale della storia, e della mitologia, di tutto Doctor Who. Bisogna infatti considerare che molti Time Lord, in particolare quelli "rinnegati" che sono fuggiti dal loro pianeta, si scelgono il proprio nome: abbiamo il Dottore, il Master (non dico "Maestro" all'italiana, fa troppo schifo), il Monaco, la Rani. E appunto, il loro nome non è un nome, ma un titolo, che quindi contiene una implicita dichiarazione d'intenti. Una promessa.

Sarà che ho la stessa fissazione (paranoia?), ma un nome è davvero importante, fondamentale. Quando assegniamo un nome a una cosa, gli conferiamo consistenza, lo rendiamo vivo. Personalmente è una cosa che sento tantissimo nell'assgnare i titoli ai miei racconti, e pure i nomi ai personaggi in essi contenuti. A volte, e non sto scherzando, passo intere ore a fissare lo schermo, o passeggiare per le stanze, in cerca del giusto nome, e non sono letteralmente in grado di procedere finché non l'ho trovato. Ecco perché sento tanto questo tema: il vero nome del Dottore, che sia Giuseppe Tirabuoni o Alex Rutherford, o anche Gesù Cristo di Nazareth, non è il punto. Il suo nome, quello che ha scelto, è Il Dottore, e quella cronologica nona reincarnazione della sua persona ha tradito la promessa, e pertanto non è un Dottore. Poi, certo, alla fine la scritta ci presenta "John Hurt as The Doctor", ma questa è un'aggiunta meta-testuale, serve a far capire al pubblico che sì, quello lì è una versione dello stesso personaggio interpretato da Matt Smith, e tutti gli altri prima di lui. 

Inoltre, sempre per chi ritiene che questa aggiunta sia una sovrimposizione della volontà Moffatiana, bisogna comunque ricordare che questo Nono-non-Dottore si collocherebbe cronologicamente nel gap tra il film del 1996 e la ripresa della nuova serie nel 2005. Per cui, di fatto, visto che non è mai stata mostrata la rigenerazione tra Paul McGann e Christopher Eccleston, non c'è davvero niente che viene retconizzato. La Time War che, nella storia intercorsa "segretamente" tra l'Ottavo e il presunto Nono Dottore, e che ha cancellato dall'esistenza i Time Lord, non è mai stata mostrata, ma solo riferita, per di più dal Dottore stesso (e in misura minora dal Master). Per cui, voler raccontare quella parte, che nessuno ha ancora scritto, e introdurvi un nuovo personaggio, non è affatto una riscrittura della continuity, anzi, è un prezioso arricchimento.

Ecco perché, indipendentemente dai gusti, questa nuova svolta non si può considerare uno dei tanti capricci del nuovo showrunner Moffat, adorato da tanti e odiato da tanti di più. Doctor Who quest'anno compie cinquant'anni, pur se con alcune interruzioni. È una durata impensabile per uno show televisivo, tanto più se di fantascienza, e basato quindi sulle idee, che devono essere nuove e fresche. Riuscire a mantenere vivo e vitale uno show così vecchio è un'impresa tutt'altro che banale, e richiede necessariamente alcuni sacrifici. Per cui, anche se io stesso non sono del tutto soddisfatto della "nuova gestione" della serie, ritengo che il plot twist della rigenerazione perduta sia uno dei migliori, più avvincenti e significativi mai introdotti nella serie. Poi, chiaramente, ci sarà tutto il tempo per buttare nel cesso questa ottima idea. Ma da qui a novembre, possiamo ancora sperare che la storia che ne verrà fuori sia davvero grandiosa.

Skan Magazine n. 9

Nuova segnalazione della presenza di un mio racconto sul nuovo numero della rivista Skan Magazine. Sul numero 9 del mese di maggio, nella rubrica a me intitolata "Being Piscu" comparirà il racconto Deflazione, in passato già apparso nella raccolta Il senso della vita delle Edizioni Scudo.



Come nei casi precedenti, ricordo che Skan Magazine, che contiene articoli e racconti da tutto l'underground letterario italiano, è scaricabile gratuitamente in vari formati, o visualizzabile direttamente online, o ancora disonibile in versione cartacea tramite Lulu.

Coppi Night 12/05/2013 - Looper

Viaggio nel tempo! Paradossi! Loooooop! Questo è quanto gridano locandina e tagline di questo film, e come potevamo lasciarcelo sfuggire? In effetti io l'avevo visto già diverso tempo fa, ma solo ora è emerso all'interno del Coppi Club e l'ho rivisto volentieri, trattandosi di uno di quei film che si capiscono meglio alla seconda visione.

La trama riassunta in dieci righe è questa: nel più o meno intorno al 2070 viene inventato il viaggio nel tempo, e di questa tecnologia si appropria la malavita per spedire nel passato la gente che vuole uccidere e toglierla di mezzo, visto che liberarsi del corpo nella loro epoca è pressoché impossibile. Gli assassini del 2040 pagati per compiere questo lavoro sono chiamati looper, e non fanno altro che aspettare in un posto preciso a un'ora precisa che si materializzi il malcapitato di turno, gli piantano un colpo in fronte e si disfanno del cadavere, sul quale trovano anche la loro paga in lingotti d'argento. Nel contratto di lavoro collettivo che il sindacato dei looper ha sottoscritto con la mafia è però inclusa la clausola che prima o poi, per liberarsi di tutte le prove, ogni assassino si vedrà comparire davanti il se stesso di trent'anni più avanti, e dovrà uccidere anche lui, chiuendo così la sua carriera con un bel carico di lingotti d'oro come buonuscita. Finora non ho rivelato nulla perché tutto questo viene spiegato nei primi dieci minuti di film, con una voce fuori campo e anche fuori luogo, giacché ci sono metodi più eleganti per eseguire il necessario infodump. La trama ingrana quando il protagonista si trova ad uccidere la sua versione più anziana (Bruce Willis) ma questo riesce a liberarsi e impedire di essere eliminato. Deciso quindi a vendicarsi di chi ha ammazzato la sua compagna, il vecchio looper si mette alla ricerca del futuro boss della malavita, che trent'anni prima è un bambino di appena dieci anni, per levarlo di mezzo ed essere quindi libero, ma nella sua caccia viene ostacolato dalla sua versione più giovane, che vuole che si faccia semplicemente ammazzare, com'era negli accordi.

Ciò detto, il film è improntato principalmente all'azione, non certo all'approfondimento psicologico, l'empatizzazione coi personaggi e così via. Quando Willis entra in scena, le nozioni sono già state trasmesse e ci si riduce in pratica a inseguimenti e sparatorie, con un paio di confronti diretti tra i due-che-sono-uno. Da questo punto di vista quindi il ritmo si mantiene sempre alto, con delle punte soprattutto quando il più anziano si prende la briga di sterminare tutti i membri dell'organizzazione che si serve dei looper. Più interessante è l'aspetto riguardante la teoria e le implicazioni dei viaggi nel tempo. La tecnologia che li rende possibili non è specificata, ma questo è accettabile perché non rientra negli scopi del film. Merita invece dedicare qualche riflessione a come vengono gestiti i classici paradossi generati dalle alterazioni del passato.

In Looper il viaggio nel tempo influisce sul futuro, ma con una sorta di "effetto ritardato", come se il tempo si muovesse in circolo su se stesso e, una volta subìta un'alterazione, necessitasse di un reboot per far girare gli aggiornamenti. Questo è particolarmente evidente quando (spoiler!) il looper collega del protagonista viene mutilato nella sua versione giovane e le mutilazioni si presentano un successione, presumibilmente alla stessa distanza in cui sono state eseguite nel "presente". Un altro esempio fondamentale (spoiler!) è proprio quello del protagonista, che in una prima timeline uccide il se stesso di trent'anni dopo, riscuote i lingotti d'oro e vive trent'anni, poi, quando viene prelevato per essere rispedito indietro, da vecchio si oppone alla cattura e riesce a liberarsi, per poi attaccare il se stesso più giovane e fuggire in cerca del boss bambino da trucidare. Sulle prime questa parte non è del tutto chiara, e solo in seguito si riesce a collegare che il film mostra alternativamente due diverse linee temporali, che necessariamente non possono convivere. Non è quindi chiaro come il paradosso si "risolva", e anzi questa possibilità di riscrivere la storia con effetto ritardato è vitale anche nel finale. In realtà il film non spreca troppo tempo a cercare di rendere coerente la sua visione del viaggio nel tempo, ma adatta la teoria alle necessità della trama, in contrasto ad altri film che privilegiano proprio il viaggio nel tempo in quanto elemento centrale, come L'esercido delle 12 scimmie, Primer, o La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo.

Se quindi non si sta troppo a ponderare troppo sul modello di consistenza universale implicito alla trama, il film risulta quindi gradevole: una buona storia d'azione con qualche elemento più intrigante rispetto al solito buono vs cattivo plus bambino da salvare. In effetti alcune "sorprese" sono tutt'altro che imprevedibili, così come altri aspetti sono gestiti in modo piuttosto grezzo (vedi la telecinesi accennata, poi dimenticata, poi ritirata fuori), ma tutto sommato la visione è stimolante, e riesce a soddisfare tanto chi cerca solo pistole e sangue quanto chi gode a sgarbugliare i nodi della trama non lineare.

Dal libro al film: Simulacron 3 / Il tredicesimo piano

Probabilmente se nello stesso anno non fosse uscito Matrix, il film Il tredicesimo piano (originale: The Tirtheenth Floor, urrà per una traduzione accurata!) avrebbe riscosso un successo maggiore. Pur non essendo allo stesso livello quanto a spettacolarità e ritmo (e prodotto con un budget decisamente inferiore), infatti, il tema di fondo trattato è lo stesso per entrambi: la realtà virtuale. L'approccio tuttavia è diverso, perché se in Matrix il mondo simulato ha l'obiettivo di schiavizzare l'umanità, ne Il tredicesimo piano le origini e gli scopi sono diversi, e di conseguenza anche lo sviluppo della storia. E se fin qui credo di non aver rivelato niente di determinante (via, chi non ha visto Matrix?), vi avverto che il seguito potrebbe contenere spoiler!

Quello che sarà sfuggito a molti di quanti hanno pur visto il film, è che la storia è basata su un romanzo del 1964 di Daniel Francis Galouye, Simulacron 3. La cosa può essere sfuggita perché, anche notando nei titoli la scritta "based on the nobel by", il nome dell'autore rimane sconosciuto ai più. Galouye infatti è un autore che, nonostante sia apprezzato dagli addetti ai lavori, non ha mai raggiunto una grande popolarità. Buona parte della sua produzione fantascientifica si basa proprio sul tema della percezione e definizione della realtà: oltre a questo Simulacron 3, l'argomento viene trattato, in modi differenti ma ricollegabili tra loro, anche in Stanotte il cielo cadrà (e il suo seguito), Psychon, e in vari racconti. Le storie di questo autore puntano tanto a straniare quanto a stupire il lettore, rivolgendogli intorno il mondo e portandolo seriamente a dubitare di quanto lui stesso creda. In Stanotte il cielo cadrà, ad esempio, la trama si fonda su un assunto solipsistico, un uomo che, inconsapevolmente, costituisce il "centro dell'universo"; in seguito si scopre però che, al pari di lui, anche tutti gli altri hanno questo stesso valore, il che complica notevolmente le cose, oltre a far montare la testa al lettore.

Nel romanzo Simulacron 3, siamo inizialmente introdotti in un mondo in cui i cittadini sono costantemente bersagliati da indagini e sondaggi, da appositi operatori che richiedono opinioni su qualsiasi tipo di prodotto. Per liberarsi di questa terribile scocciatura, l'azienda in cui lavora il protagonista sta elaborando un mondo simulato (chiamata appunto Simulacron 3) nella quale le persone simulate potranno essere oggetto dei sondaggi, rendendoli così superflui nella realtà. Una serie di incidenti porta però il protagonista a sospettare della sua realtà, e quando un soggetto all'interno del Simulacron capisce di essere solo una simulazione, lui stesso si rende conto che il suo mondo potrebbe già essere una simulazione creata allo scopo di svolgere i sondaggi, e che quindi esiste un livello superiore, una "realtà reale" in cui lui è stato simulato.

Il film Il tredicesimo piano riprende per lo più l'idea dei tre livelli nidificati di realtà, ma li inserisce in una trama più impostata verso l'azione, che si apre con l'omicidio del direttore del progetto della realtà virtuale, e si snoda poi tra il mondo "di mezzo" e quello simulato, con i vari personaggi che assumono identità diverse nei vari livelli. Da questo punto di vista, la resa è molto efficace, perché si vedono appunto gli stessi attori interpretare ruoli differenti, calandosi in varie ambientazioni (la simulazione riproduce infatti la Los Angeles degli anni '30), e arrivando a dubitare del grado di coinvolgimento, e della reale "provenienza" dei personaggi. Nel film, per la verità, è stato ignorato un aspetto importante, ovvero la ragione per cui la simulazione è stata creata: sono assenti i sondaggisti che nel libro assillano continuamente le persone, e i mondi virtuali, in entrambi i livelli, sono praticamente creati "perché sì", come mera curiosità tecnologico-scientifica. Naturalmente il finale lascia un ultimo dubbio, come ci si aspetta da un film del genere che proprio sull'idea stessa di realtà gioca per tutto il tempo.

Nonostante quindi alcune pecche, Il tredicesimo piano costituisce comunque una buona approssimazione di quanto scritto da Galouye, soprattutto considerando le differenze tra il mezzo (e il pubblico) al quale questo è destinato. In certi casi, l'aspetto tecnico del film lascia leggermente perplessi, e l'esempio più eclatante è il paesaggio poligonale che il protagonista raggiune e dovrebbe costituire la prova definitiva della "falsità" del suo mondo. Per quanto sfoggiato orgogliosamente anche sulla locandina, questo è forse il punto più basso del film, che cerca di rendere in modo chiaro ma alquanto rozzo la rivelazione centrale della storia. Perdonando queste ingenuità il film risulta comunque avvincente, e di sicuro la trama più intelligente di molti altri film di fantascienza che come di consueto puntano sulla spettacolarità delle immagini piuttosto che sull'accuratezza della trama.

In effetti, Il tredicesimo piano non è il primo adattamento del romanzo di Galouye. Nel 1973 il regista Fassbinder realizzò infatti una miniserie televisiva, Il mondo sul filo (Welt am Draht), che in effetti si prende a sua volta una certa libertà nell'interpretare il romanzo, riproducendone a sua volta il triplice livello di realtà ma sviluppando diversamente la trama (non sono riuscito a trovare questa serie quindi non so esprimere un giudizio accurato). Per chi volesse invece approfondire l'argomento direttamente alla fonte, i libri di Daniel F. Galouye possono essere recuperati in edizioni relativamente recenti pubblicate su alcune collane di Urania. In particolare, il volume Psychon e altri simulacri contiene proprio il romanzo Simulacron 3, oltre a Psychon e una serie di racconti tutti di ottimo livello.

In galera ci va l'oste

Forse se siete "nel giro" ne avete già sentito parlare, ma nel caso siate dei parvenu vi aggiorno circa questo recente e interessante svilupo della disciplina giuridica italiana. Pochi giorni fa il Tribunale di Varese ha dichiarato colpevole Linda Rando, fondatrice e amministratrice della community Writer's Dream, per la diffamazione operata da un suo utente (oh, io non so i termini legali specifici, quindi se invece di "diffamazione" si parla di "ingiurie" fa lo stesso, la ciccia è quella, ok?).

Va bene, forse ho messo troppe nozioni in solo due righe. Proviamo a spiegare. Intanto: Writer's Dream è un portale dedicato alla scrittura, con particolare attenzione agli autori emergenti e ai meccanismi dell'editoria, vivo e attivo da diversi anni, e valorosamente impegnato contro l'editoria a pagamento (la infamous EAP!), ovvero tutte quelle forme di truffa legalizzata per cui un editore si comporta in pratica da tipografia, invece che da investitore sulle opere di un autore. Proprio per questa sua crociata, condotta su più mezzi, Writer's Dream, è spesso oggetto di querele, a volte a carico del sito stesso a volte contro i singoli utenti. E queto, miss Rando lo sa e lo accetta, e s'è già fatta crescere un fegato alla Bukowski a furia di sopportare le accuse.

La novità sta nel fatto che, proprio in questi giorni, Linda è stata condannata dal tribunale per i presunti insulti di un utente del forum Writer's Dream, senza che fosse fatto alcun tentativo di identificare il reale autore di tali affermazioni. In pratica, in quanto amministratrice del forum, è lei a essere responsabile di qualunque opinione venga espressa al suo interno.

È un po' come se voi avete un'osteria, e una sera un tizio entra e prende a sberciare dando del cornuto al sindaco* per poi uscirsene per i fatti suoi, e dieci minuti dopo arrivano i gendarmi e senza nemmeno chiedere chi era quel farabutto, vengono dietro il bancone ad ammanettarvi. Beh, oddio, può anche darsi che questa cosa sia successa in passato qualche volta, ma lo chiamavano "Medioevo" mica per nulla.

Allora, per capirsi, nessuno sta dicendo che la Rete (e già dargli la maiuscola sembra conferirgli un'identità, cosa impossibile da fare) sia un luogo di libertà assoluta e invalicabile, e che al suo interno le leggi non debbano essere applicate. Ma l'attribuzione di responsabilità per le affermazioni diffamatorie chiaramente non può essere applicata in questo modo, richiamando una normativa del 1948 della legge sulla stampa (anche qui, non so illustrare i dettagli tecnici, ma della vicenda hanno parlato molte testate sul web, potete facilmente ricercare le informazioni del caso), e soprattutto senza nemmeno tentare di cercare i veri responsabili delle affermazioni offensive, cosa che in passato era già stata chiesta e ottenuta da Writer's Dream.

Naturalmente Linda ricorrerà in appello, e il subbuglio del web è probabile che riesca a far ottenere una sentenza più ragionevole... ma certo sarà questione di mesi. Nel frattempo, se qualcuno che vi sta parecchio antipatico ha un sito, un blog, un forum, un profilo facebook, potete entrare nel suo spazio e offendere a più non posso il sindaco, tanto in galera poi ci va lui.



*Faccio questo esempio perché nella mia città qualche tempo fa è successa davvero una cosa del genere, solo che il sindaco poi è venuto direttamente al bar e ha preso a cazzotti il tizio, nda.

La pagina facebook di "Unknown to Millions"!

Forse l'avete già notato, lì sulla destra, ma in caso contrario ve lo faccio notare io. Ieri mi son messo di buzzo bono e ho creato la pagina facebook del vostro blog preferito! No, non quello... intenevo questo qui che state leggendo ora, Unknown to Millions! L'idea sarebbe quella di sfruttare la pagina per dare maggiore visibilità al blog e riportare in auge anche i contenuti più vecchi, che inevitabilmente con lo scorrere del post rimangono indietro. Poi, beh, bisognerà vedere se avrò il tempo, la costanza, e soprattutto la voglia di gestire anche questo ulteriore strumento social.

Quini alliketavi la pagina, e diffondetela presso i vostri amici e simpatizzanti. Per facilitarvi la procedura, rimetto anche qui il badge che potete cliccare direttamente. Guardate quante belle facce ci sono già!


Coppi Night 05/05/2013 - Mollo tutto

Giusto la settimana scorsa dicevo che non ne potevo più di commedie italiane al Coppi Club, e subito ci siamo ricascati. Allora, a beneficio degli storici futuri voglio chiarire che, è vero, anch'io ho votato in ultima battuta questo film, perché era arrivato in finale con L'uomo senza ombra, il film in cui Kevin Bacon è l'uomo invisibile e parecchio stronzo, che avevo già visto e mi aveva fatto piuttosto schifo, per cui, mi sono detto, puntiamo su qualcosa che non ho visto e magari mi va bene. In generale, come ho detto già in altre occasioni, Pozzetto è uno dei pochi attori "comici" italiani che riesco ad apprezzare, per come interpreta i suoi personaggi (che poi in effetti è sempre il solito personaggio, ma lo fa bene), per cui gli ho concesso il beneficio del dubbio. Quindi, ecco, sono parzialmente colpevole di aver di nuovo fatto vincere questo tipo di film, ma mi sento in pace con la coscienza.

Di questo film in particolare mi rimane poco da dire, in realtà. L'uomo di mezza età che scappa dalla famiglia, si rifugia... boh, non mi ricordo, forse in Algeria, poi scopre di essere stato fregato, si trova senza soldi e deve tornare in patria, solo che adesso è marocchino quanto quelli con cui torna da clandestino. Lo sviluppo delle varie fasi della storia è piuttosto squilibrato, ma, vabbè, che vuoi stare a fare critiche costruttive a un film del genere? Il tutto risulta comunque piuttosto insipido, e anche l'aspetto comico è abbastanza scadente, con qualche scena simpatica ma niente di più. Quindi film che lascia del tutto indifferente, e c'è poco altro da aggiungere.

Il post sarebbe ancora troppo corto per poter essere chiuso, quindi termino con una promessa: tra due settimane sarà il mio turno di Anfitrione del Coppi Club, e posso garantire che se ne uscirà con un film di tutto rispetto. Almeno per una volta avrò un minimo di soddisfazione a scrivere la successiva recensione.


Ah, siccome niente di quello che ho scritto mi ispira un'immagine adatta, metto una cosa divertente a caso, giusto per dare un vero senso al post.

Rapporto letture - Aprile 2013

Ad aprile si trorna alla tradizione e posso dire di aver letto praticamente solo fantascienza, seppur calata in diverse accezioni, dalla space opera al thriller, dal pulp all'ucronia. Tanto per darvi un'idea, se non vi fossero bastati i miei consigli di lettura, che dietro a questa etichetta si trova praticamente di tutto.


Il primo ebook del mese raccoglie tre racconti di Poul Anderson, uno degli autori classici del genere. In Earthman, Beware! and Other Stories, si trovano, oltre al racconto del titolo, Duel on Syrtis e The Star Beast. Tre storie che infatti hanno molto della sf delle origini, con alieni abbandonati sulla Terra, battute di caccia su Marte e personalità trasferite all'interno di animali (mannaggia a lui, credevo di aver scritto un racconto originale sfruttando questa idea, e invece...). In tutte e tre l'attenzione è molto focalizzata all'interno dei personaggi, piuttosto che sugli aspetti speculativi, per questo la lettura risulta molto empatica, anche quando si assiste alle scene di "azione". Tutte le storie si concludono poi con un piccolo twist, che dà consistenza al racconto. Ma non ci si poteva aspettare di meno da un autore di questo calibro. Voto: 7.5/10


Più riguardo a TitanoSi passa poi alla space opera, con Titano, il primo romanzo di una trilogia di John Varley. Il protagonista è il capitano Cirocco Jones (dal nome non si capisce, ma si tratta di una donna), che viene risucchiata, insieme a tutto il suo equipaggio, all'interno di una gigantesca stazione spaziale in orbita intorno a Saturno, al cui interno si trovano interi ecosistemi popolati di creature assurde e mitologiche. Comincia così una lunga ricerca per scoprire la natura e lo scopo di quel mondo artificiale, che porterà il capitano fino al centro della stazione, fino al cospetto della creatura/entità che governa il tutto. La storia ricorda, per certi versi, I fabbricanti di universi di Philip Jose Farmer, ma qui c'è una rigorosità scientifica più marcata, e una "backstory", quando la si apprende, molto più coerente. Il romanzo è principalmente una serie di viaggi e di scoperte, con qualche battaglia e tante sorprese, il che rende la lettura avvincente. La spiegazione finale poi è estremamente affascinante, e fa venir voglia di seguire il resto della vicenda (per quanto lo si potrebbe già considerare autoconclusivo). Voto: 8/10


Più riguardo a I signori della guerraQuesto volume intitolato I signori della guerra raccoglie in effetti tre romanzi di fantascienza militare, piuttosto diversi tra loro. Il cadetto Harrington di David Weber racconta la pirma storia di questo personaggio protagonista di una serie di romanzi (che io non ho mai letto) con la classica ambientazione di "imperi galattici": si può quindi presumere che, letto al di fuori di questo, abbia poco senso. E infatti è così, anzi, la lettura è piuttosto noiosa e infarcita di spiegoni sulla politica galattica di cui non si sa cosa fare, e alla fine tutto si risolve con un attacco di pirati. Isole di Eric Flint è invece un racconto ucronico, anche questo ambientato in un universo narrativo di una serie di romanzi, in cui l'impero bizantino ha ricevuto alcune conoscenze scientifiche dal futuro e porta avanti le sue conquiste. La storia tuttavia è quella parallela dello storico di Belisario, rimaso cieco in battaglia e diventato famoso per i suoi dispacci telegrafici. Il racconto segue tanto lui quanto sua moglie, intenzionata a raggiungerlo per lasciarlo, che tuttavia durante il viaggio cambia prospettiva. Si tratta di una storia intima, che fa davvero riflettere sui sentimenti e le intenzioni dei personaggi, estremamente credibili. Una questione di scelta di David Drake è anche questo parte di una serie, quella degli Slammers, mercenari spaziali che in questa missione giungono su un pianeta evidentemente preparato al loro arrivo, e devono così non solo combattere, ma anche investigare chi è stato a tradirli. Dei tre racconti, il secondo è quello che regge meglio preso da sé, mentre gli altri due hanno meno senso estrapolati dalla serie di cui fanno parte. Se poi il primo è piuttosto noioso, i successivi si leggono male. Facendo quindi una media, si arriva a un voto 6/10.


Più riguardo a The Eternal PrisonGiuro che non lo sto facendo apposta, ma anche The Eternal Prison è parte di una saga, quella di Avery Cates, personaggio creato da Jeff Somers come protagonista delle sue storie techno-pulp. Questo terzo libro della serie (che ho recuperato dopo aver letto anni fa i primi due [La chiesa elettrica e La peste digitale] editi da Urania) vede Cates, il sicario professionista che ha involontariamente sconvolto il mondo dopo il casino combinato nei capitoli precedenti, impegnato a evadere dal carcere in cui è stato sbattuto e vendicarsi di chi lo ha raggirato. Queste due storie scorrono all'inizio parallelamente, mostrando a capitoli alterni Cates già fuori di prigione e Cates che elabora la fuga; successivamente i due binari si incrociano, in modo inaspettato e sorprendente, e la storia prosegue linearmente. Come nei libri precedenti, il romanzo è carico di azione, violenza, humor nero e volgarità. Cates e gli altri personaggi sono tutti dei bruti, egoisti, stronzi, ognuno con obiettivi personali e segreti, e dallo scontro tra tutti emergono i conflitti che vanno a plasmare l'intero Sistema, il mondo post-Unificazione dominato dalle forze di polizia digitalizzate. Un libro davvero forte, trascinante, che incalza con sorprese e rivelazioni continue, impossibile da mollare. Nel suo genere, probabilmente uno dei migliori. Voto: 8.5/10


Più riguardo a L'uomo che credeva di essere se stesso

L'uomo che credeva di essere se stesso è un libro insolito, sospeso tra il mistery e il fantascientifico. Si può riassumere decrivendolo come una storia di mondi paralleli, ma in realtà le cose sono più complicate. L'autore David Ambrose racconta di un uomo qualsiasi che dopo un incidente si trova catapultato in un mondo alternativo, nel quale viene ovviamente preso per pazzo quando racconta di provenire da un altro universo. Ma poi il gioco cambia, mostrando due personalità che coabitano nello stesso corpo, e si inizia quindi a pensare che la follia sia davvero l'alternativa più plausibile, anche quando uno dei due inizia a elaborare un piano per "tornare" nel suo mondo. Insomma, nonostante all'inizio la storia sembri fiacca e già vista, arrivati a metà si fa più intrigante e si diventa davvero curiosi di scoprire come andrà a finire, se si è stati ingannati fin dall'inizio e se si riesce a risolvere il "mistero" di questa doppia identità (ammesso che ci sia). Voto: 7/10


Più riguardo a The Terminal StateE siccome avevo letto il terzo, dopo questo intermezzo sono passato al quarto libro della serie di Jeff Somers, The Terminal State. Ritroviamo Avery Cates, che dopo aver di nuovo contribuito a mandare in malora il Sistema, viene forzatamente arruolato nell'esercito federale che sta combattendo una guerra civile contro le forze di polizia, e poi scopre di essere stato comprato proprio dalla persona che sta cercando per vendicarsi. Questo lo obbligherà a compiere una nuova missione, per cercare "The God Augment", un innesto neurale che conferisce poteri psionici completi al suo possessore. Cates con la sua nuova squadra si muove quindi verso Hong Kong, e come al solito si trova davanti a ostacolarlo vecchie conoscenze e nuovi nemici. La storia è forse meno avvincente di The Eternal Prison, perché procede in modo spedito dall'inizio alla fine, senza troppe concessioni a intrecci particolari. Ma l'azione è sempre elevata, le sorprese abbondanti e la cattiveria pienamente soddisfacente. Anche questo è quindi un buon libro nel suo genere, e merita comunque un voto 7/10.

Futurama 7x13 - Naturama

Potrebbe questo essere il primo episodi di Futurama a non essere, in effetti, classificabile come fantascienza? Infatti tutti gli episodi trasmessi finora, anche quando avevano trame senza un vero nucleo fantascientifico, appartenevano al genere per definizione, per il solo fatto di essere ambientati nel XXXI secolo e avere tra i personaggi robot, alieni e così via, oltre a mostrare astronavi, pianeti extraterrestri, tecnologie futuristiche e tutto il resto. Al limite, anche nella digressione fantasy del terzo film Bender's Game, la quest in stile Lord of the Rings si sviluppa in una sorta di dimensione parallela collegata in qualche modo vagamente fantascientifico con l'universo di Futurama. Invece Naturama è un episodio non-canonico, diviso in tre episodi, che come il Reincarnation della stesta stagione mostra i personaggi in una versione "alternativa": nello specifico, in versione animale.

I tre miniepisodi sono incentrati su una storia d'amore, declinato ovviamente nel relativo contesto "naturale". Nel primo vediamo Fry e Leela in versione salmone, che cercano di riunirsi nonostante gli incomprensibili automatismi della loro specie li abbiano destinati a essere separati; nel secondo un Farnsworth trasformato in un'ultracentenaria tartaruga di terra va alla ricerca dell'ultima femmina della sua specie (la versione tartaruga di Mamma) per accoppiarsi; nell'ultimo Kif è un elefante marino di basso rango che cerca di conquistare una Amy sottomessa al gigantesco maschio alfa Bender. Oltre ai protagonisti compaiono anche gli altri personaggi, principali e secondari, calati in varie forme faunistiche tipiche dell'ecosistema mostrato. Tutte e tre le storie si concludono tragicamente, e forse è solo l'amore salmonicamente (leggi bene: non ho detto salOmonicamente) proibito tra Fry e Leela a trovare il suo appagamento, anche se questo comporta poi la morte delle due bestie. Negli altri due casi c'è molto poco di romantico, e ancora meno di confortante per come si conclude la vicenda, tra morti, abbandonati e dispersi. La "Natura" quindi non è mostrata nel suo aspetto idilliaco, ma come un ambiente feroce e privo di speranza. Certo la cosa non va presa come una morale, ma il tono è molto più vicino a quello documentaristico che alla favoletta Disney.

La trasposizione in ambito animale risulta divertente, e in molti casi è stata fatta seguendo la morfologia o le caratteristiche del personaggio, vedi appunto il Prof-tartaruga, e poi Bender-iguana, Zoidberg-seppia, Scruffy-tricheco e così via. Al di là della simpatia ispirata dalle versioni animali, le storie sono comunque divertenti, nonostante la tragicità finale, e tutti e tre gli episodi risultano quindi gradevoli. Oltre tutto, anche se rappresentati con animali parlanti, le ambientazioni e le nozioni trasmesse sono accurate, quindi da questo punto di vista si può parlare di veri e propri documentari. Voto: 7.5/10


Con questo episodio non canonico si conclude così la prima parte della settima stagione. A giugno 2013 inizierà la seconda parte, con altri tredici episodi, con la quale, secondo le ultime notizie, Futurama finirà definitivamente. Per la terza volta.

Coppi Nig28/04/2013 - Posti in piedi in paradiso

Bisogna che qualcuno spieghi ai miei colleghi del Coppi Club che non ne posso più di commediole, tanto peggio se sono di quelle italiane. Voglio dire, la settimana scorsa mi sono visto W la foca, e non è stato facile, ma sono riuscito comunque a darne un giudizio sostanzialmente positivo. Questo tipo di film qui poi è proprio quello che più mi irrita: quella commedia tutt'altro che innocente, che ha la sottintesa pretesa di trasmettere un "messaggio" sociale e che poi va a vincere i Leoni d'oro a Venezia, come se non sfruttasse temi e contenuti degni di pagine facebook tipo "Camorra and love".

La storia, come in molti film diretti da Verdone, è quella di un piccolo gruppo di derelitti, nello specifico tre uomini affossati dai debiti, dalla vita familiare distrutta e senza alcuna aspirazione, che per reciproco vantaggio si trovano a convivere e condividono così la loro miseria. Questo da un parte serve a mostrare la condizione di estremo disagio in cui si trovano molti elementi di questa generazione di mezzo (non che quelli delle altre generazioni se la passino meglio, nda), e dall'altro fa da pretesto per creare equivoci e assortite situazioni imbarazzanti/divertenti. Il tutto facilitato dall'inclusione nel gruppo di una ragazzetta, anche lei messa nella merda, che guarda caso va a invaghirsi di Verdone (cioè, lei ha venticinque anni e lui è un trippone sessantenne che convive con altri due disperati e ha un negozio di vinili costantemente in perdita, ma lei si innamora di lui, certo).

Non si può dire che non ci siano momenti divertenti, Verdone interpreta il suo solito personaggio al limite del paranoico, impacciato e schivo, che si lascia trascinare dalle situazioni ma poi cerca di uscirne, mentre Marco Giallini è il coatto di turno, agente immobiliare e gigolo per arrotondare, con due o tre famiglie da mantenere. Le scene di convivenza del trio sono simpatiche, anche se certo niente di originale, ma purtroppo dopo metà film la sceneggiatura sembra dimenticarsi che il fulcro della storia dovrebbe essere il gruppo, e non i singoli personaggi, infatti da quel momento in poi i tre si separano, ognuno segue una strada diversa per cercare di risolvere i suoi problemi e poi... boh, nulla, perché non c'è una vera e propria fine, nessun epilogo e nessun indizio su come le cose procederanno. E non venitemi a dire che si tratta di una metafora della loro condizione che non ha una vera collocazione, è solo una scrittura superficiale e senza scopo, è mettere insieme una storia partendo da un'idea ma non sapendo dove andrà a portare. A un certo punto si tira anche fuori un piano per raggranellare soldi velocemente (e illegalmente), ma il piano fallisce e poi... e poi nulla, tutto archiviato. È vero, in un senso, che vedere questi cinquantenni separati spremuti dalle mogli per il mantenimento dei figli (ringraziamo i flashback eleganti come calzini di spugna a pois per averci fatto vedere come si sono separati tutti) fa riflettere sulle attuali perversioni del sistema "famiglia", ma è altrettanto innegabile che questa riflessione non ha nessuna rilevanza all'interno del film. E questo, come credo di ripetere ogni volta, è l'aspetto più insopportabile del "nostro" cinema, che sembra non sia in grado di produrre storie.

Una nota a parte va fatta per l'implacabile pubblicità occulta presente nel film. Intendiamoci, io non sono uno di quelli che crede ai messaggi subliminali, e neppure mi scandalizzo se in una scena di "vita quotidiana" si vede il logo dei Kellogg's con cui il protagonista fa colazione: quello è realistico. Ma non è realistico stringere l'inquadratura su marchi e tenerla ferma lì per tre-quattro secondi buoni, soprattutto quando questi sono fuori contesto, come quello di una banca (che peraltro già all'inizio viene inclusa nei titoli come patrocinante, e allora perché poi devi anche far vedere il marchio così insistentemente?) o il bel bigliettone del "Turista per sempre" che rimane su schermo per una decina di secondi. E poi ci dicono anche di giocare responsabilmente.

Consigli di ascolto per non addetti ai lavori

Qualche settimana fa ho dedicato un post a consigli di lettura per "non addetti ai lavori", formula con la quale indicavo alcuni libri che, pur essendo chiaramente "settoriali", appartenenti ai generi specifici di cui sono appassioato (fantascienza/horror/weird), possono essere apprezati anche da chi non ha familiarità con questi generi, e anzi nutre una punta di scetticismo verso di essi.

Allo stesso modo, adesso mi permetto di fare lo stesso con la musica. Su questo blog parlo periodicamente anche di essa, non spesso quanto di libri o film perché mi risulta piuttosto difficile (più che negli altri casi) riuscire a descrivere le suggestioni che essa suscita, ma un'idea dei generi che scorrono verso le mie orecchie dovrebbe essere chiara. E per lo più, si tratta di roba piuttosto lontana dal mainstream, che difficilmente vi capiterà di ascoltare in giro se non andate espressamente a cercarla.

Ecco quindi una lista in ordine sparso di dieci album (che considero lavori "completi", al contrario di singoli pezzi) di genere "elettronico", in mancanza di definizioni più appropriate, che credo potreste provare ad ascoltare. Anche in questo caso, non si tratta necessariamente dei miei "preferiti", ma di quelli che ritengo più adatti a essere apprezzati da un pubblico generico.


Apparat - Walls: la sua la chiamano "IDM" che sta per "intelligent dance music", e per quanto sia una definizione che odio (chi sei te per dirmi se una musica è "intelligente"?), dovrebbe dare un'idea del livello di considerazione di cui gode. Apparat spesso scrive e canta i propri testi, ma anche quando crea pezzi solo strumentali l'atmosfera è profonda e avvolgente. In questo album ci sono pezzi splendidi come Arcadia, Holdon e You Don't Know Me.



Moderat - Moderat: che poi è composto per un terzo dall'Apparat di cui sopra, trattandosi di un progetto di Apparat e dei Modeselektor (che sono due). Il genere lo si può considerare affine a quello dell'album precedente, ma qui c'è ancora una maggiore intensità nei suoni e nelle atmosfere, anche nei pezzi brevissimi ma forti come i due Porc #1 e Porc #2 oppure 3 Minutes of. Ci sono poi dei capolavori come A New Error e Rusty Nails.



Ellen Allien - Dust: possiedo diversi suoi album, ma questo probabilmente è quello che rende meglio per coloro che non sono abituati ai modelli tipici della techno, che sono più evidenti in album più vecchi. Qui ci sono invece contaminazioni più vicine alla musica sperimentale e ambient, con roba come Should We Go Home, My Tree, e Sun the Rain. Ci sarebbe anche un'ottima raccolta di remix, ma questa è un'altra storia.



Underworld - Barking: degli Underworld (che già conoscete, dai, sono quelli di Born Slippy) potrei consigliare forse tutti gli album, ma questo Barking, il più recente, forse esprime al meglio le loro possibilità al di là della techno in senso più stretto. Pezzi come Moon in Water, Always Loved a Film, Bird 1 e Scribble dovrebbero rendere l'idea di quello che intendo.




Fritz Kalkbrenner - Here Today Gone Tomorrow: del piccolo Kalkbrenner penso si possano apprezzare particolarmente i testi, qui al meglio in pezzi come Was Right Been Wrong e Right in the Dark. Inoltre manifesta sempre una certa propensione a mescolare l'elettronica a sonorità rock/country, come in Wichita Lineman e Sideways and Avenues, e mi pare che il connubio gli riesca bene.



Damian Lazarus - Smoke the Monster Out: questo è uno dei miei album preferiti di sempre, innanzitutto per la presenza di Moment, uno dei pezzi techno migliori dell'ultimo decennio. Ma anche le altre tracce, pur variando nei toni, hanno un loro significato e conferiscono al disco nel complesso un grande valore. La cosa quasi incredibile è quasi tutte le tracce dell'album sono semplici composizioni di sample come Cold Lizards e King of Fools, o brevi strumentali come Spinning e Diamond in the Dark. Eppure, funziona tutto alla perfezione.


Fairmont - Automaton: il più recente di quelli qui elencati, credo che questo secondo album di uno dei maggiori innovatori della scena elettronica degli anni 2000 riassuma in pieno le potenzialità di questo genere, quando viene declinato con la giusta misura di sentimento. Broken Glass, Old Ways, Faith, sono pezzi che al tempo stesso catturano per la loro energia e coinvolgono per la loro profondità.



Ruede Hagelstein & The Noblettes - Soft Pack: probabilmente la ragione del titolo è proprio che si tratta di una raccolta di pezzi "soft". E per dimostrare la mia neutralità ammetto che non seguo più di tanto questo autore, che non ritengo di punta. Tuttavia questo album è davvero affascinante, le tracce morbide e soffuse creano un'atmosfera avvolgente e malinconica, nonostante le melodie apparentemente semplici di pezzi come Berlin e Leaving the Center.



Ripperton - Niwa: a metà tra house e ambient, in questo album si trovano eccellenti pezzi strumentali e campionature ritmiche, insieme a tracce più complesse ma sempre estremamente emotive, tanto che alcuni "interludi" sono belli quanto i pezzi "veri". The Sandbox e A Simple Thing sono l'essenza di questa musica dolce.




Trentemoller - The Last Resort: qualcosa di suo dovevo metterlo per forza, e questo album, che è anche il primo, penso sia il più adatto. Lo stile di Trentemoller, che mescola l'elettronica con il rock e l'ambient, ha una potenza infinita, che si esprime ancora meglio nelle esibizioni live (in effetti ho anche un cd live tratto dal tour di questo album). Qui ci sono poi un paio di pezzi che hanno fatto la storia, dalla semplice ninna nanna Miss You all'epico Take Me Into Your Skin.