Lost in Lost #7 - Ep. 2x08-2x11

Nella scorsa puntata, che si era conclusa con The Other 48 Days in cui abbiamo seguito il gruppo di coda dal momento dello schianto, tra le previsioni fatte dalla mia cavia ce n'era una che è stata subito smentita: Shannon non è sopravvissuta, il che la rende in effetti una delle poche a morire solo per un colpo di pistola. Nel frattempo abbiamo scoperto, nell'ordine: la storia di Ana Grilletto Facile Lucia (Collision), la ragione per cui (originariamente) Kate era ricercata (What Kate Did), il collegamento tra l'aereo scoperto da Boone e Locke e Mr. Eko (The 23rd Psalm). E al di là delle storie personali dei personaggi, riferite per lo più nei flashback, si comincia a scoprire anche qualcosa di più sull'isola. Eko infatti si confronta apertamente con il Mostro, e per la prima volta lo vediamo chiramente nella sua forma di fumo nero, in uno dei momenti più WTF!? dell'intera serie. Facciamo anche conoscenza diretta con gli Altri, quando in The Hunting Party, dopo la fuga di Michal alla ricerca del figlio, il solito team di avventurieri (Jack, Locke, Sawyer, e Kate di sgamo) si imbatte nel loro avamposto.

Vediamo cosa si può trarre da quanto accade in questi tre episodi. La fusione dei due gruppi, nonostante l'incidente di Ana Lucia, sembra procedere senza intoppi, per cui è improbabile che ci saranno "guerre civili" in spiaggia. Il terribile crimine commesso da Kate, che era stato fin dall'inizio una delle curiosità più ricorrenti della mia cavia, come previsto si è rivelato una bolla di sapone, visto che tutto sommato non aggiunge niente al personaggio (non basta un parricidio a renderti più simpatica). Anche il flashback di Jack nell'episodio 11* è piuttosto inconcludente, visto che del suo matrimonio al pubblico dovrebbe importare poco. È stata invece una sorpresa vedersi realizzare il "primo bacio" di Kate, aggiudicato a Jack, quando il mio spettatore era convinto che avrebbe ceduto a Sawyer. Riguardo il Mostro, la visione della colonna di fumo è davvero troppo sconvolgente per formulare teorie coerenti: tuttavia, la cavia ha rilevato che questo si è fermato di fronte a Eko, che almeno ufficialmente è un prete (nonostante il passato da trafficante), per cui è possibile che la creatura abbia una qualche natura "demoniaca", che le impedisce quindi di attaccare un ministro di Dio. A questo proposito mi sono permesso di far notare alla cavia che nella sequenza in cui viene  fatta una panoramica "all'interno" del fumo, tra i vari scricchiolii e lampi si vedono fotogrammi della vita di Eko, e questo porta a credere che il Mostro analizzi in qualche modo i ricordi delle sue vittime (cosa che potrebbe comunque inserirsi nel contesto demoniaco/satanico). Gli Altri, che vediamo per la prima volta in gruppo, per il mio spettatore si fingono più forti e numerosi di quel che sono in realtà. Si è anche incazzata per l'occasione sprecata, da parte del gruppo, di chiedere qualche informazione in più a loro, del tipo: "Ma voi che ci fate qui? Sapete che c'è una botola con un computer? Come si può andare via?". Certo c'erano altre questioni in ballo, ma chiedere non avrebbe fatto male a nessuno...

A questo punto, arrivati a metà stagione, gli eventi iniziano a ingranare, e si può notare come gli eventi sull'isola siano decisamente più interessanti dei flashback, in particolare proprio per i personaggi più centrali come Jack e Kate, di cui probailmente rimane poco da dire. Più interessante invece scoprire le storie dei nuovi arrivati, come Eko che si rivela sempre più complesso. Le previsioni della mia cavia per i prossimi episodi riguardano soprattutto un secondo scontro con gli Altri, e probabilmente qualche moina tra Jack e Kate, con il primo che tenterà di nuovo di farsi avanti per avere "conferma" di quel bacio e lei che si farà da parte. Inoltre si inizia a vedere un certo interesse di Hurley nei confronti della new entry Libby, che in effetti finora ha avuto un ruolo marginale, e potrebbe quindi servire a catalizzare una sua trama "romantica". Ma alla fien dei conti a fare la differenza saranno probabilmente ancora i nuovi arrivi, con Ana Lucia che prenderà il comando delle forze armate (come gli è stato chiesto da Jack) ed Eko che, probabilmente, avrà altro da rivelare.


*Piccolo trivia: vedendo adesso la serie in italiano, ho notato che l'uomo accompagnato dalla figlia che va a chiedere di farsi operare da Jack nel flashback di The Hunting Party parla francese. Nella versione originale invece, parlavano italiano! Ovviamente in fase di doppiaggio hanno dovuto cambiare in un'altra lingua. Niente di rilevante, ma simpatico da notare.

Futurama 7x17 - Forty Percent Leadbelly / 40% cantante folk

La passione di Bender per la musica folk/country ricorre fin dal secondo episodio della serie The Series Has Landed, quando ancora era motivo di imbarazzo per il robot. Successivamente, Bender ne farà invece un motivo di orgoglio, e diventerà per un breve periodo anche un famoso cantante con l'aiuto (della testa di) Beck. In diverse altre occasioni Bender ha strimpellato il suo banjo, ma finora non aveva avuto modo di esprimere di nuovo il suo sogno di carriera musicale, che riemerge in questo episodio dopo aver incontrato Silicon Red, "il più grande cantante folk dell'universo".
Naturalmente, Bender vuole superare il suo mito, e non esita a farsi produrre con una stampante 3D una copia della chitarra di Silicon Red per poter suonare come lui. Ma a quanto pare per fare buona musica folk non serve solo una chitarra folk, ma anche una storia personale di fatica, disgrazia e amore tradito, preferibilmente ambientata nei pressi di una ferrovia. Così, mentre da una parte Bender parte per andare a conoscere minatori, barboni e macchinisti, Fry medita vendetta nei suoi confronti, colpevole di averlo lasciato indifeso con un pericoloso criminale che avrebbero dovuto consegnare. I due plot convergono poco prima del finale, svelando così il nucleo della storia, che con una sorpresa forse un po' forzata ma efficace dà una spinta in più al classico episodio del tipo "personaggio prova nuova carriera".

La parte musicale della puntata, rappresentata principalmente dalla ballata di Bender che dirige (letteralmente) la storia, non è invadente, e non si può quindi parlare di un "episodio musicale" come potrebbero invece essere lo splendido The Devil's Hands Are Idle Playthings e il terribile The Futurama Holiday Spectacular. Un particolare inusuale è che la parte "scientifica" della trama non viene condotta dal Professore, ma da un altro scienziato (a quanto ne sappiamo, un paleontologo), che si occupa di entrare nei file system di Bender ed estrarre l'immagine della chitarra da stampare in 3D. Certo, il dottore commette un errore fatale nell'operazione, ma anche il Prof ne ha combinate parecchie in passato, quindi non avrebbe infangato la sua reputazione l'uso della stampante 3D. Per il resto, l'episodio è gradevole, e se all'inizio sembra che non porti da nessuna parte (proprio perché si teme che possa seguire lo schema della "nuova carriera") si riscatta nella parte finale. Voto: 7/10

Ultimi acquisti - Settembre 2013 (parte 2)

Come dicevo nella prima parte dell'elenco degli acquisti musicali di settembre, stavolta non ho seguito la solita suddivisione album/compilation perché avevo principalmente le seconde. In questo post quindi si trovano solo compilation, ma altre erano già presenti nel primo.

Proseguiamo con le label compilation, dopo la Cocoon e la BPitch, con minMAX, nuova compilation della M_nus. Il package contiene due cd, uno con 12 tracce esclusive nella versione completa, e un secondo mixato che contiene in gran parte gli stessi pezzi più alcuni altri della stessa etichetta. La M_inus, per definizione, si dedica alla minimal, e la sua vocazione qui è perfettamente rispettata grazie ai contributi di Mathew Jonon, Heartthrob, Barem, e altri nomi meno di spicco ma degni di nota. Alcuni pezzi sono forse abbastanza prevedibili, caratteristica riscontrabile spesso nella minimal, ma al tempo stesso ce ne sono di meritevoli, come Song So True, Yoko, Limbus. Probabilmente più in là ci sarà una minMAX vol. 2, e sarà comunque da ascoltare.


Sempre opera della M_nus, abbiamo anche un quadruplo cd: Enter. Ibiza 2013, compilation che ospita quattro dj che hanno preso parte all'evento M_nus dell'estate balearica 2013. I quattro moschettieri sono Paco Osuna, Barem, Hito e Matthew Hawtin (verosimilmente fratello/parente di Richie, CEO della M_nus, ma sinceramente è la prima volta che sento questo nome), che riescono tutto sommato a offire dei set tra loro diversi, pur rimanendo nell'ambito trattato dall'etichetta. Notevole anche il fatto che non si tratta solo di pezzi appena pubblicati, ma si trovano anche tracce di diversi anni fa, soprattutto nei set di Barm e Hito. Matthew Hawtin invece propone addirittura un set interamente strumentale/chillout/ambient, cosa davvero insolita ma non sgradevole. Si riesce quindi a godere di sfumature diverse nonostante si riferiscano tutte a un unico evento.


E terminiamo tornando a parlare della Cocoon, con l'ottavo mix cd di Chris Tietjen che raccoglie tutti gli ultimi successi dell'etichetta. In Acht si passa da Daniel Stefanik a Maetrik, da Secret Cinema a Ilario Alicante, con diverse tracce tratte dalla precedente Cocoon Compilation e altre più recenti. Data la qualità generale dei pezzi, le compilation di questa serie sono sempre di buon livello, tuttavia in questo caso non mi è sembrata eccezionale, forse perché mancano quelle due o tre perle in grado di far risaltare l'insieme, o un intro e/o un outro impressionante. Roba buona da ascoltare di passaggio, ma non troppo coinvolgente.

Coppi Night 15/09/2013 - Oblivion

Nei mesi scorsi, di Oblivion si è parlato un po' in parallelo ad Elysium: entrambi film di fantascienza con un attorone per protagonista, ambiziosi e potenzialmente avviati a diventare dei cult del genere. Di Elysium, come segnalavo pochi giorni fa, ho parlato sul blog Il futuro è tornato, mentre adesso, dopo averlo visto per il Coppi Club, ho l'occasione di dire due parole anche su Oblivion.

Devo necessariamente partire riconoscendo che Tom Cruise lo manderei a svitare i bulloni delle ferrovie coi denti, non mi piace la sua faccia plastica e il personaggio della "vita reale" che si muove dietro i vari ruoli che ha nei film (come si fa a prendere sul serio un commodoro di scientology?). Per cui, quando lo vedo nei film, tendo ad augurargli di essere colpito alla schiena da fuoco amico, e anche durante la proiezione di questo ho sperato che potesse succedere. Tuttavia credo di riuscire a stornare questo mio odio irrazionale per l'attore nel giudicare il film.

Oblivion parte come una storia post-invasione: gli alieni ci hanno attaccati e si sono infine ritirati, lasciando però un pianeta devastato dal quale l'umanità ha deciso di fuggire per stabilirsi su Titano, la luna di saturno. Sulla Terra sono rimasti solo alcuni avamposti per sorvegliare le ultime operazioni di raccolta di risorse (acqua e qualche minerale) prima dell'abbandono definitivo. Queste stazioni sono però attaccate da degli scampoli di resistenza aliena, chiamati scavenger (non riuscivano a trovare una traduzione equivalente, ma di questo parleremo dopo), che portano avanti azioni di guerriglia e sabotaggi ai danni degli estrattori. Quindi Tom, nella sua stazione 49, passa le giornate ad andare a ricercare i droni armati e rimetterli in funzione, in modo che questi possano falciare gli invasori rimasti, affiancato da una collega/partner e ricevendo istruzioni dal Tet, una struttura in orbita nel quale risiede la direzione del Progetto Titano. Poi chiaramente succede qualcosa di insolito, ovvero Tom (non mi ricordo il nome del personaggio) insegue un gruppo di scavenger che pare più intenzionato a catturarlo che ucciderlo, e trova un libro che si tiene da parte nella sua casetta segreta sul lago. Le cose si complicano quando dopo un sabotaggio piuttosto grave sulla superficie precipita una navetta terrestre, al cui interno si trovano alcuni astronauti, una delle quali sembra riconoscere Tom (e che in effetti corrisponde a una tizia che vedeva in sogno). Di lì il passo è breve per scoprire che gli scavenger non sono in effetti quello che sembrano, e che pure il Tet non è esattamente quello che pensava, e che tutto sommato anche l'invasione non è andata proprio in quel modo lì...

L'oblio del titolo è quindi verosimilmente riferito alla dimenticanza di quanto è realmente accaduto, dato che si scopre che Tom ha avuto una "vita precedente" piuttosto interessante, e che c'è una ragione se gli scavenger cercano lui. Ora, personalmente credo che la perdita/cancellazione di memoria sia uno stratagemma un po' troppo facile per infondere drammaticità in una trama, e che specialmente negli ultimi tempi sia parecchio inflazionato. Escludendo film in cui i danni alla memoria sono parte della trama stessa (Eternal Sunshine of the Spotless Mind, Memento, Source Code...), ce ne sono molti di più in cui rappresenta solo un trucco messo in atto proprio per creare conflitto nei personaggi (The Machinist, Spider, Shutter Island...). In questo caso  poi il sistema è messo in pratica con metodo grossolano, visto che si comcincia da subito a vedere questi frammenti di sogni e di conseguenza si pensa subito che si tratti di ricordi dimenticati che torneranno a tormentare l'eroe. Una volta rivelata completamente, con un lungo flashback nelle sequenze finali che mostra la "vita precedente" del protagonista, la trama non risulta poi così ottusa, e pur attingendo da cliché abbastanza frequenti nella fantascienza, nell'insieme mostra una storia affascinante. Purtroppo, è l'esecuzione, prevedibile a livelli urticanti, a non far passare il giusto messaggio, e quando alla fine la storia viene snocciolata ci si sente più esauriti che sollevati. Il problema è che, di fatto, tutto quanto si pensa che possa succedere succede, e i soliti sentimentalismi del soldato/eroe americanizzante vengono messi fin troppo in risalto perché si possa empatizzare (al di là delle mie speranze di morte violenta per Cruise).

Una nota a parte la merita la trasposizione dei dialoghi. E più nello specifico, la mancata traduzione di termini che hanno un loro significato preciso, e non sono nemmeno tanto comuni poter esser compresi da tutto il pubblico italiano. Voglio dire, un conto è se non traduci, chessò, una parola tipo fastcar, lo spettatore ci dovrebbe capire; ma beacon non è così immediato, e inoltre ha una traduzione piuttosto semplice: "faro", o al più "radiofaro". Lo stesso per flight recorder, che puoi tranquillamente trasporre come "scatola nera", no? Anche scavenger avrebbe meritato un tentativo di adattamento, tipo "spazzini". Insomma, si ritorna sempre ai soliti problemi di traduzione/doppiaggio il cui top rimane comunque "la ragazza del ricevimento" invece di "la ragazza della reception".

"Riddick" ed "Elysium" su Il futuro è tornato

Nell'ultimo mese sono stato al cinema molto più di quanto faccio di solito nel corso di un anno, ovvero ben due volte! Ma quando in programmazione c'è il nuovo film di Neill Blomkamp (il regista di District 9) e il terzo capitolo della serie di Riddick, allora mi spetta quasi per contratto andarli a vedere.

Come però sapete, non sono solito pubblicare su questo blog recensioni cinematografiche "sfuse", ma solo inserite all'interno di rubriche specifiche (Coppi Club, film che non vedrete mai, dal libro al film...). Per questo, ho affidato le mie recensioni di Elysium e Riddick alla blogzine Il futuro è tornato, con cui collaboro occasionalmente e per il quale ho già scritto le recensioni del film Upside Down e del videogioco Braid.



Chiaramente lascio ai due post dall'altra parte le mie impressioni sui film, e potete contribuire lì alla discussione. Aggiungo soltanto, per quanto riguarda Riddick, che il coinvolgimento di Vin Diesel e David Twohy è stato davvero notevole, tanto che il film, prodotto senza l'appoggio di grandi studios, si può praticamente considerare un film indipendente. Non fatevi ingannare dal logo Universal all'inizio, loro lo hanno solo distribuito e si sono presi tutto il merito!

Ultimi acquisti - Settembre 2013 (parte 1)

A tre mesi dai precedenti acquisti, sono riuscito a trovare il tempo (ehm, e i soldi...) per tornare da Mastelloni e portarmi qualcos'altro a casa. In totale fanno otto pezzi, anche se sono più dischi perché abbiamo doppi e addirittura quadrupli cd! Contrariamente alla norma poi, questa volta mi sono trovato con più compilation che album, e questo mi complica un po' la suddivisione del post in due parti, visto che di solito spezzo album e compilation. Stavolta devo stiracchiarla.


In ogni caso cominciamo dagli album. Horror Inc., che io conoscevo piuttosto come Akufen, ha pubblicato con la Perlon il suo primo album, Briefly Eternal. I pezzi variano da una minimal ordinaria ma non scontata, a qualcosa di più house e leggero. Ci si trova quindi con un disco certo non innovativo, ma di buona qualità e facile ascolto, e in questo anche insolito per gli standard dell'etichetta (vedi: Villalobos e Dygas), che di solito si dedica a toni più cupi.





E poi finalmente mi sono impossessato di Blomma, secondo album dei Minilogue, uscito ad aprile su Cocoon ma che ancora non ero riuscito ad accaparrarmi, e oggetto che ho bramato fin da quando ne ho scoperto l'esistenza. Lo bramavo perché questo duo si sta mettendo in evidenza già da diversi anni con la sua musica eterea e profonda. Già nell'album Animals del 2008 avevano fatto grandi cose, e qui confermano, e anzi amplificano quel loro potenziale unico. Le tracce di questo doppio cd, peraltro, sono state registrate in una sessione live, e infatti costituiscono un unico mix, pur con pezzi separati... ognuno dei quali dura in media 15 minuti. Per un profano, 15-20 minuti di traccia minimal possono sembrare del tutto privi di senso, ma chi conosce la techno non può rimanere indifferente di fronte agli autentici virtuosismi presenti qui dentro, dove a volte basta un semplice clap posizionato al punto giusto per far spalancare la bocca di meraviglia. Il secondo cd procede con sonorità più ambient, ma perfettamente in tono con il resto dell'album. Il capolavoro che mi aspettavo, sicuramente in lizza per il best of 2013.


Iniziamo con le compilation, e proseguiamo con la Cocoon. Luglio è per tradizione il mese della Cocoon Compilation, e siccome finora non avevo avuto occasione, ho dovuto aspettare settembre per avere la Cocoon Compilation M (fate il conto delle lettere per capire da quanti anni esce questa raccolta). L'annuale compilation è un po' il punto di arrivo/partenza della stagione, che mette il sengo su quali saranno i nomi da tenere d'occhio nei prossimi tempi. Di qui sono passati un po' tutti i grandi dj internazionali, e forse per questo pare strano che stavolta non ci siano grandi nomi. Certo non si tratta di sconosciuti totali (oddio, qualcuno sì), ma nemmeno quelle star indiscusse. Per un Alejandro Mosso e Douglas Greed e un Inxec si trovano anche un Temma Teje, un Ray Kajioka e dei Mind Against. E non importa poi tanto chi siano, visto che tutti i pezzi (come ci si può giustamente aspettare) sono di qualità. Un plauso quindi a chi ha saputo scovare questi talenti misconosciuti, che meritano comunque attenzione.


E la ragione per cui forse sulla Cocoon Compilation non c'erano grandi nomi è che questi se li erano lasciato per Cocoon 100. Come il nome e l'illusione ottica di copertina suggeriscono, si tratta della centesima release dell'etichetta che sta facendo la storia della techno. E qui, invece, i "grandi nomi" ci sono tutti: Villalobos, Extrawelt, Secret Cinema, Pig and Dan, Minilogue, Dominik Eulberg, Lawrence, Nick Curly, Gregor Tresher, Legowelt, Loco Dice, Timo Maas, Jacek Sienkiewicz (con il moniker Recognition)... quanti altri ne volete? Mi vengono in mente davvero pochi altri transitati su Cocoon che mancano dalla selezione: Johannes Heil, per esempio, e poi lo stesso Sven Vath, padre putativo di tutti quanti. Inutile dire che nei due cd si trova una serie di pezzi di ottima techno, declinata in vari stili, da quella più dura a quella più leggera, quella che insiste coi loop e quella che punta a sorprendere con partenze e riprese, con lyrics e senza... fidatevi se vi dico che questo disco diventerà probabilmente un cult per tutti gli appassionati. Trallaltro, io l'ho anche avuto in anteprima, perché nonostante l'uscita prevista il 9 settembre, io il 6 me lo sono portato a casa. E dovevate vedere con che sorrisone sono rientrato...


Concludiamo questa prima parte con un altra label compilation, stavolta della BPtich Control, capitanata da Ellen Allien. In Where the Wind Blows, uscito a marzo di quest'anno, la Allien raccoglie un buon numero di pezzi degli artisti della sua scuderia, tra cui troviamo ad esempio (oltre a lei stessa) Apparat, Chaim, Jahcoozi, Aerea Negrot. E lo so che appaio monotono se dico che è una raccolta di ottimo livello, ma evidentemente questo mese sono stato davvero fortunato con gli acquisti. Sta di fatto che le canzoni qui dentro sono tutte cariche di sentimento, e illustrano in modo efficace la natura dell'etichetta, che se si può definire di orientamento techno ha comunque una spiccata predilezione per virate electro, ambient e idm. Il tutto risulta evidente da tracce come Siamese Twins By Choice di Eating Snow, Feel the Fall di Dillon & Telefon Tel Aviv, Find U di Cormac. Non sarebbe sgradito se questa compilation diventasse un appuntamento fisso, come la Cocoon di cui parlavo prima.

Skan Magazine n. 13

Ero presente nel numero 11 di Skan Magazine, rivista elettronica gratuita dedicata a racconti di genere, ma ho saltato il mese di agosto. Per questo non mi trovate nel numero 12, ma col numero 13 di settembre ritorna la rubrica "Being Piscu".




Anche questa son presente con un racconto inedito: I padri fondatori, breve racconto di una paginetta scarsa sui paradossi del viaggio nel tempo (o forse no?). Come sempre, ricordo che la rivista è scaricabile gratuitamente o direttamente sfogliabile online attarverso il sito.

Coppi Night 08/09/2013 - Kick-Ass 2

Sono rari i casi in cui riesco a fornire in questo blog recensioni di saghe complete. Questa è una di quelle. Kick-Ass, visto pressappoco due anni fa, mi era sostanzialmente piaciuto per la sua interpretazione "quotidiana" dell'archetipo supereroistico. E anche per l'abilità con cui il tema era stato trattato in modo leggero, nonostante i risvolti drammatici che emergevano nella parte finale della storia.

Kick-Ass 2 riprende a qualche anno di distanza dal primo film, quando il giovane Dave ha ormai messo da parte la tutina verde da giustiziere, mentre Mindy, aka Hit-Girl, si dà ancora da fare per mettere a posto chi se lo merita, nonostante il suo padre adottivo le chieda di smetttere e nonostante... beh, l'adolescenza. Da quindicenne appena arrivata nell'ambiente del liceo, Mindy deve confrontarsi con un mondo diverso, più pericoloso di quanto immaginasse. Infatti, proprio quando Dave decide di ributtarsi in strada, Mindy promette di non interpretare più Hit-Girl, per non rischiare di finire male. Abbandonato dalla sua compagna, Kick-Ass si unisce a un gruppo di altri supereroi, un fenomeno cresciuto in seguito al suo exploit di qualche anno prima, e compie quindi le sue missioni di pattuglia e infilstrazione con i Justice Forever (diretti dal Colonnello interpretato da Jim Carrey). Intanto Chris D'Amico, il figlio del mafioso che era il villain del primo film, è cresciuto anche lui, nutrendo il suo desiderio di vendetta, e quando vede nascere il gruppo di supereroi decide di mettere su il suo di supercriminali, in aperta sfida ai "buoni". Qualcuno poi ci va di mezzo, ed è la guerra.

Kick-Ass 2, almeno nelle intenzioni, è forse un film più profondo del primo, che si accontentava di mostrare un ragazzo deciso a "fare la differenza". Qui c'è un intero gruppo di persone dedite alla causa, ognuna con la sua storia (ad esempio la coppia il cui figlio è scomparso), e lo stesso Dave sente in qualche modo il bisogno di dover dare qualcosa. Ma è Mindy/Hit Girl il personaggio più centrale, trovandosi in piena crisi adolescenziale, stretta tra i nemici della strada e quelli della scuola. La sua storia, anzi, prende quasi il sopravvento rispetto a quella del protagonista, mostrando risvolti più complessi (anche se la conclusione è quella che ci si poteva aspettare fin dall'inizio). Per la verità, gli aspetti più "teen" della vicenda, come lo scontro con il gruppo di fighette, sono forse anche eccessivi, e non aggiungono poi molto al personaggio, anche se mostrano il tentativo fallito di Mindy di vivere una vita "normale".

Come nel film precedente, i combattimenti sono ben orchestrati, senza risparmio di scene cruente, sangue e amputazioni. Sicuramente, fin da quando viene mostrata, il personaggio più cattivo appare Mother Russia, e non poteva che esprimersi in uno scontro finale con Hit-Girl, ma anche gli altri hanno la loro parte. Lo humero poi non manca, anche qui altenrando momenti goliardici, e gag caccavomito (letteralmente), ad altre situazioni più ambigue. In alcuni casi anzi la battuta arriva in un momento di estrema tensione, e non si sa bene come reagire. Jim Carrey, unico attore "di punta", ha un po' lo stesso ruolo di Nicholas Cage dell'altro film: un mentore esaltato, e in ultima analisi sacrificabile.

Nel complesso quindi Kick-Ass 2 prosegue in modo efficace sulla linea del primo, anche se una volta perso l'effetto sorpresa, la freschezza e l'originalità vengono a mancare, e ci si ritrova così di fronte agli stessi schemi. Nonostante qualche accento troppo marcato su alcune sezioni marginali, il film risulta comunque godibilissimo, una buona controparte al filone supereroistico in voga ultimamente.

Lost in Lost #6 - Ep. 2x05-2x07

Abbiamo appena fatto la conoscenza di Desmond (che se n'è andato, per ora), del pulsante, e del gruppo di coda dei sopravvissuti, che nel giro di tre puntate vengono messe diverse nuove carte in gioco. Ignoriamo pure la puntata n. 5, un abbastanza inutile siparietto della coppia coreana, ma già in Abbandonata, puntata dedicata a Shannon (sì, c'è ancora Shannon...) vediamo apparire Walt nella foresta, ed è proprio lui (in seguito visto anche da Sayid, quindi non si tratta di un'allucinazione) ad attirare la ragazza verso il colpo di pistola che la stende. La puntata Gli altri 48 giorni, infine mostra come il gruppo di coda ha passato i quaranta e passa giorni sull'isola prima di incontrare i naufraghi della zattera, facendo apparire la vita sulla spiaggai dell'altro gruppo come una villeggiatura. Tra rapiti, morti e infiltrati, il team Ana Lucia ha perso pressoché tutti i membri in poche settimane, ed è abbastanza chiaro che non si fidino dei "nostri", quando li incontrano. Altrettanto comprensibile la reazione dell'ispanica, che pianta un piombo nel petto a Shannon che le corre incontro... attirandosi tutta l'attenzione di Sayid, (che finalmente, dopo un ritardo dovuto al lutto per la morte di Boone, era riuscito a farsela dare).

Alla luce di queste nuove nozioni, la mia cavia ha aggiornato alcune delle sue teorie. Sulle prime le apparizioni di Walt risultavano irritanti, qualcosa di aggiunto per creare apposta un mistero eclatante, sfruttando la classica immagine kinghiana del bambino creepy, ma quando anche Sayid vede il ragazzino, allora forse Walt è davvero presente, e in qualche modo deve essere in grado di scappare dagli Altri che l'hanno rapito, e ci tiene a farsi vedere dai suoi compagni con cui però non può avere contatti (infatti intima sempre di fare silenzio). La vita dei sopravvissuti della coda è stata nettamente più difficile, ma anche più consapevole delle dinamiche dell'isola: la costante pressione dei rapitori/assassini rende il gruppo più forte e compatto, ma anche feroce e sospettoso. C'è quindi da aspettarsi che l'incontro con gli altri dell'815 produrrà qualche attrito. Abbandonata la teoria della malattia che avrebbe decimato il gruppo, visto che è stato mostrato che sono stati gli Altri a rapire ed eliminare i loro compagni. Si è anche visto Bernard armeggiare con la radio, e ricevere il messaggio lanciato da Boone con la radio dell'aereo nel quale ha trovato la morte.

Le prospettive per i prossimi episodi riguardano soprattutto i rapporti tra i due gruppi appena congiuntisi, rapporti che non cominciano all'insenga della fratellanza visto che il primo contatto è stato stabilito con una pistola. Tuttavia la mia cavia è convinta che Shannon non morirà, giacché finora tutti coloro che sono stati colpiti con una pistola non sono mai morti (lo sceriffo, Sawyer). Questo però non toglie che Sayid si incazzerà parecchio, e potrebbe attaccare subito i nuovi arrivati, considerando il suo temperamento focoso. È anche probabile che presto giungeranno news da Walt, che si è fatto molto vivo ultimamente, il che non esclude anche una comparsata degli Altri... chiunque essi siano.

Rapporto letture - Agosto 2013

L'insolita maledizione di luglio è passata, e se il mese scorso avevo letto solo un libro, ad agosto sono rientrato in media con sei titoli buttati giù, peraltro con una certa varianza di temi e stili. Merito forse anche delle brevi sortite per "vacanze" e dei viaggi da passeggero (in macchina o in treno) che mi sono trovato a fare.

Più riguardo a Nel segno di TitanoIl primo libro letto è Nel segno di Titano, o Wizard, secondo capitolo della saga di Titano di John Varley. Titano, primo libro letto qualche mese fa, mi era piaciuto abbastanza: una space opera avvincente e originale, una sequenza di scoperte e un finale intrigante. Mi aspettavo pertanto buone cose da questo seguito... e ci sono rimasto piuttosto male. Il fatto è che quello che c'era da scoprire su Gea, la stazione spaziale vivente, è già stato scoperto nel primo libro, e qui non si aggiunge niente. Tutto il libro è un lungo viaggio dei pellegrini in cerca di imprese eroiche per guadagnarsi un miracolo da parte della semidivinità, ma a parte l'incontro con qualche mostro dalla fisiologia improbabile non succede niente di che. Nessuna rivelazione, nessun brivido. Solo l'epilogo, che comunque serve soltanto a piantare la premessa per il libro conclusivo, scuote qualcosa, ma il resto è fondamentalmente noioso. Voto: 4/10


Più riguardo a L'incubatriceDiscorso diverso per L'incubatrice, raccolta di racconti di Paolo Di Orazio pubblicata in edizione digitale da Mezzotints. Ora, io non sono in effetti un esperto di horror, che rientra occasionalmente nelle mie letture ma non abbastanza da consentirmi valutazioni solide. Il motivo per cui spesso scanso questo genere è che l'immaginario horror mi pare pressoché già esplorato, e tra demoni, motri, mutazioni e assassini raramente si trova qualcosa di nuovo. I racconti qui presenti però... beh, fatico ad ammetterlo ma mi hanno seriamente turbato. Il tema che unisce tutte le storie è quello della carne: corpi stravolti e tormentati, gestazioni, madri degeneri, figli mostruosi e dolori viscerali. Il racconto che dà il titolo alla raccolta è terribile, una serie continua di doglie e parti devastanti di creature da incubo, in un continuo sogno senza risveglio del tutto disorientante. Ma anche gli altri lavori sfruttano gli stessi archetipi, con un livello di inquietudine raramente riscontrabile in altre opere del genere. Da una parte mi sento di consigliare questo libro agli amanti del genere, dall'altro sarei quasi portato a invitare cautela a chi non ha una buona resistenza alla repulsione, perché le storie e le immagini evocate sono davvero forti. Meravigliosamente disturbante. Voto: 9/10


Breve ebook scovato sul kindle store, questo Schrodinger's Telephone è una storia di fantascienza "soft", in cui l'autrice Marion Stein racconta di una telefonata impossibile, ricevuta dalla protagonista da parte di suo marito, in un momento in cui lui avrebbe dovuto essere già morto, vittima di un'aggressione in strada. Da questa impossibilità nasce la ricerca della verità, la lotta per essere creduta nonostante la sua affermazione risulti incredibile, e l'appiglio alla speranza che, da qualche parte, il marito sia ancora vivo e felice in una vita migliore di quella che ha conosciuto in questo universo. Il romanzo, in effetti, non spiega niente: non vengono proposte teorie del multiverso, non viene infine rivelato cosa è successo o se si tratta in effetti di un'autosuggestione della protagonista. Ma è forse proprio in questo dubbio, nel tentativo di trovare conforto dopo una perdita così terribile, che si trova il senso della storia. Un libro facile (ed economico) da leggere anche per chi approccia la fantascienza con diffidenza. Voto: 8/10


Più riguardo a GOD BLESS YOU, MR. ROSEWATERGod Bless You, Mr. Rosewater è uno dei tanti libri di Kurt Vonnegut che mi sparo ogni tanto, per la prima volta in lingua originale. Come in tutti i suo romanzi c'è una certa "circolarità", con personaggi già visti o citati in altri libri: lo stesso Rosewater, miliardario eccentrico, e Kilgore Trout, scrittore squattrinato di fantascienza; poi gli alieni di Tralfamadore, e qualche riferimento al bombardamento di Dresda. In questa storia, però, manca secondo me quella componente "fantastica" che funge da premessa di molte altre sue opere, e in questo senso perde quindi parte del suo fascino. La storia di Rosewater, a cui un manipolo di avvocati vuole togliere il patrimonio dimostrando la sua infermità mentale, è più una parabola sulla ricchezza/povertà, sul capitalismo e la ricerca della felicità, tutto calato in termini prettamente americanizzanti. Certo la lettura è piacevole e leggera nei toni, se non nei temi, come accade sempre con Vonnegut, ma non all'altezza di altri romanzi. Voto: 6.5/10


Più riguardo a Baci, amore and One Direction. Le storie delle DirectionerSì, l'ho letto davvero. Baci, amore e One Direction. Ma non l'ho comprato, sia chiaro. L'ho preso in prestito da mia nipote, per una sorta di curiosità sociologica. Il libro contiene tra racconti di tre ragazze di cui adesso mi sfugge il nome, che rappresentano in pratica fanfiction nei confronti della band inglese fenomeno del momento. Ma non voglio parlarne qui, perché più in là dedicherò un post apposito a questo tema e questo libro, quindi non voglio sprecare le argomentazioni. Non attrribuisco nemmeno un voto, perché non credo che sia un libro valutabile secondo i miei standard.


Più riguardo a Crociata spazialeInfine un Grand Master della fantascienza: Poul Anderson, di cui non leggevo niente da parecchio tempo. In Crociata Spaziale, l'autore mette insieme una storia sorprendente e originale: un villaggio dell'inghilterra feudale assiste all'atterraggio di un'astronave aliena, e, già che era in preparazione per una crociata, ne prende possesso e si lancia in una crociata verso l'impero alieno che li ha attaccati. La formula è molto convincente, e nonostante l'incredulità iniziale l'autore è bravissimo a dimostrare in che modo con cavalli, spade e frecce si possa sconfiggere un nemico che combatte con raggi mortali e campi di forza. L'intera storia, narrata da un frate incaricato di stilare la cronaca della crociata, è pervasa di una sottile ironia, in particolare nel confrontare la visione del mondo dogmatica con le evidenze empiriche dell'era spaziale, ma queste contraddizioni non fermano i crociati, che se la cavano bene tanto in guerra quanto nella diplomazia, e cedono solo quando si presentano conflitti interni. A completare il volume un buon racconto di Sergio Donato, per cui il libro nel complesso risulta più che gradevole. Voto: 8/10

Coppi Night 01/09/2013 - The Descent

La cinematografia horror mi lascia quasi sempre perplesso o indifferente. Nelle varie istanze del Coppi Club che hanno premiato questo genere, raramente ho espresso entusiasmo per un film ben fatto, a parte qualche caso di trash dichiarato, e il mio giudizio finale è sempre tiepido se non infastidito. Dio ne guardi se si tratta poi di quei film "found footage" (alla fine l'ho trovata la parola con cui si indicano quei film composti da supposte riprese di una videocamera a mano!). Pertanto, sono abbastanza soddisfatto di poter dire che questo film mi è effettivamente piaciuto! Vediamo perché.

The Descent ha una trama horror standard: un gruppo di ragazze (una delle quali, la protagonista, ha perso marito e figlio in un incidente pochi mesi prima) parte per un'esplorazione speleologica negli appalachi. Delle sei, solo due sono "professioniste", le altre lo fanno solo per spirito di avventura e per riunire il gruppo. Poi siccome in qualunque horror ci dev'essere la persona che fa la cazzata mettendo in pericolo di vita tutti quanti, una delle due apripista conduce il gruppo in una caverna non esplorata, senza cartine a disposizione, e quando la via d'accesso cede dietro di loro sono costrette a proseguire per cunicoli e baratri poco agevoli, in cerca di un'uscita che potrebbe anche non esistere. Le cose si complicano ulteriormente quando, all'interno delle caverne, scoprono una razza di subumani piuttosto disgustosi e affamati di carne, di cui presto diventano le prede. Il gruppo si divide, le prime ragazze vengono catturate, e tutto butta per il peggio. Come andrà a finire?

La trama può sembrare abbastanza prevedibile. Anzi, lo è: segue praticamente tutti i cliché dell'horror: il gruppetto, il retroscena drammatico, la fuga, la separazione, i mostri. Tuttavia, se sulle prime io stesso ero scettico (in particolare quando, nei primi cinque minuti di film, assistiamo alla morte della famiglia della protagonista, per poi vedere la scritta "x mesi dopo"), in seguito la struttura e le dinamiche del film prendono corpo e si dimostrano efficaci. Forse a contribuire all'inquietudine generale c'è già solo il setting: case stregate, manicomi, chiese sconsacrate le conosciamo fin troppo bene. Ma quando vedi una persona che si trascina in un tunnel largo appena per far passare le spalle, l'ansia monta velocemente. Non sono claustrofobico, ma l'idea di infilarmi in un canale del genere, senza la possibilità di girarmi e tornare indietro, mi mette un'angoscia terribile, e quando la ripresa mostra chiaramente questo senso di costrizione iniziavo già a stare male. I contrasti che si creano poi all'interno del gruppo non sono artificiosi: l'accusa verso la tizia che ha scelto una caverna inesplorata, la rabbia per quella che corre avanti lasciando le altre indietro, e altri particolari che non posso rivelare, e che se pure non detti risultano implicitamente ammessi, contribuiscono a creare un'atmosfera poco confortevole. Quando poi arrivano i "mostri", ben oltre metà film, sembra quasi un'aggiunta non necessaria. Eppure gli abitanti delle caverne hanno una loro logica e un'origine del tutto credibile: una razza di ominidi adattati alla vita nei tunnel sotterranei, predatori ciechi che individuano le loro vittime con l'ecolocalizzazione. Non c'è niente di soprannaturale o mistico, e nemmeno esagerato: come a volte vengono scoperti popoli rimasti isolati dalla "civiltà" per millenni, è del tutto possibile che da qualche parte esista davvero una subspecie di umani di questo tipo. Gli "uomini delle caverne" sono selvaggi, veloci, forti, immuni alla paura e al dolore. Affrontarli non è facile, e per riuscire a sopravvivere le ragazze devono regredire al loro livello, lasciandosi dietro quella che viene considerata la loro "umanità" e diventare delle bestie altrettanto spietate.

Non mi piace andare a cercare significati metaforici, ma credo che in questo caso il titolo non si riferisca soltanto alla discesa "fisica" all'interno dei tunnel sotterranei. La discesa è anche quella che le donne, e la protagonista in particolare, sono costrette a compiere per difendersi, abbandonando pietà, empatia e ragione per porsi allo stesso livello dei loro cacciatori. Questa regressione viene mostrata in modo abbastanza evidente quando, dopo le prime vittime, la protagonista si difende da uno dei mostri donna, combattendo con una ferocia inumana. Quando si ripresenta, intrisa di sangue e interiora, con sguardo glaciale e fisso, si capisce che, forse anche catalizzato dal dolore della sua perdita, lei è passata a uno stato mentale più basso, affidandosi alla parte rettiliana del suo cervello. Ed è sempre questo feroce istitnto di sopravvivenza che la guiderà al confronto finale, coi mostri e non solo. Questo è quel tipo di approfondimento che di solito manca nella maggior parte degli horror, che pur mostrando atrocità di vario genere non forniscono una vera "introspezione". Pertanto The Descent, pur essendo probabilmente un film a basso budget, dimostra una qualità inusuale rispetto ai suoi parenti più prossimi.

Si può al più lamentare che la storia sia piuttosto lenta nella parte iniziale, ma tutto questo si rivela in seguito funzionale. Inoltre, l'ultima sequenza (che non posso rivelare) può sulle prime infastidire perché infrange uno dei basilari patti con lo spettatore, ma se la si considera nell'economia di tutta la storia ci si accorge che è perfettamente giustificata e valida. Non è quindi un escamotage per risolvere e sorprendere, ma una conclusione più che appropriata, che aumenta il senso di inquietudine generale, e lascia quindi con un certo amaro finale. Un amaro piacevole, se è il gusto che cercate (come dovrebbe essere) in un horror.

Lost in Lost #5 - Ep. 2x01-2x04

La prima cosa che io ho saputo di Lost è che nella botola c'era "qualcuno". All'epoca non avevo idea di cosa fosse la botola, di chi fosse quel qualcuno, o di cosa in effetti fosse Lost: lessi un articolo su qualche rivista, sapendo che si trattava di un telefilm, ma che non seguivo e che, supponevo, non avrei mai seguito. In seguito mi capitò di vedere del tutto per caso il pilot della serie su Rai2, probabilmente un anno dopo la sua trasmissione sui canali a pagamento, quando era già in corso la seconda stagione. Vidi che si trattava proprio di quel Lost, e la visione del mostro che scuote gli alberi durante la notte mi incuriosì abbastanza da pensare che forse potevo aspettare di vedere cosa fosse questa botola. Quando questa viene mostrata, a metà della prima stagione, ero già stato incastrato.

Questo per dire che io sapevo già che "qualcuno" era presente nel bunker sotterraneo, ciò nonostante la prima sequenza della seconda stagione mi sorprese abbastanza. Per la mia cavia, non è stato tanto vedere un occupante all'interno della botola (l'idea era già nata, soprattutto a causa del faro che illumina Locke) a risultare inaspettato, quanto scoprire che lì sotto si trova un appartamentino con tutte le comodità, anche migliore di quello in cui abito io. Il fatto che Jack avesse già incontrato Desmond non è stato giudicato poi così fondamentale, ma solo un'altra espressione delle continue coincidenze che si presentano sull'isola (si è già visto nel corso della prima stagione che molti dei personaggi si erano incrociati già prima del volo). Alla fine del quarto episodio Tutti odiano Hugo, Desmond è già scappato, temendo che la distruzione del computer porti alla distruzione dell'isola stessa, e del suo destino non sappiamo nulla. Mi sono lasciato sfuggire che tornerà, e che diventerà uno dei personagi più importanti (e trallaltro il mio preferito), ma la serie a questo punto non lascia intendere che si rivedrà. Naturalmente, la grande novità che viene introdotta in queste prime puntate è Il Pulsante. Una delle idee più azzeccate della serie, probabilmente, è quel codice da inserire ogni 108 minuti, apparentemente senza un vero scopo. Il filmato che spiega il funzionamento della stazione Cigno non rivela in realtà niente sulla natura dell'"esperimento", per cui pare non ci sia da fidarsi molto di quell'asiatico in camice bianco. Il pulsante quindi non ha lo scopo di "salvare il mondo", come viene proclamato da Desmond, ma forse serve a mantenere inalterata la natura dell'isola, forse a stabilizzare la possibile "dimensione alternativa" in cui si trova (vedi la teoria formulata negli episodi precedenti). Se sulle prime poi si poteva pensare che Desmond non fosse l'unico occupante della botola, negli episodi successivi è chiaro che non c'è nessun altro, anche se, scoprendo la stazione dalla parte dell'isola (la Freccia, in cui si è rifugiato l'altro gruppo di sopravvissuti), si può ipotizzare che tute le stazioni siano in qualche modo connesse da un canale sotterraneo, e che sia possibile raggiungere il Cigno da lì. Il fatto poi che il gruppo di Ana Lucia (rivedere lei, che era già stata mostrata alla fine della prima stagione, ha cancellato il dubbio che quel gruppo fosse composto da "Altri") che all'inizio era composto da 23 persone, ora contenga solo 5 sopravvissuti, può far pensare che l'infezione di cui andava blaterando la Rousseau, e di cui anche Desmond aveva paura, possa in effetti esistere, e aver colpito solo i naufraghi in quella parte dell'isola. Il problema sarà, adesso, se questa si estenderà agli altri: Sawyer è già indebolito per la ferita alla spalla, e se, come è probabile, i due gruppi si riuniranno, l'infezione potrebbe arrivare anche agli altri.

Dopo aver mostrato un certo scetticismo arrivati alla fine della prima serie, il mio spettatore ora sembra aver riguadagnato curiosità. Infatti l'introduzione delle stazioni, della Dharma, e una presenza di minacce più tangibili (quelle che hanno decimato il gruppo di coda) risolleva l'interesse per le dinamiche dell'isola: quelli che dapprima erano solo misteri accennati iniziano a trovare approfondimento, anche se in realtà non si ha una soluzione ma solo uno slittamento della domanda a un gradino successivo. Questo però basta a suscitare interesse, dato che sembra che ci sia molto più da scoprire sull'isola che la posizione dell'acqua e l'origine degli orsi polari. Del nuovo gruppo di sopravvissuti, il personaggio più interessante è sicuramente il gigantesco negro (che finora non credo abbia rivelato il suo nome), mentre scoprire che il marito di Rose è in effetti vivo è stata forse la sorpresa più tenera dall'inizio della serie. Gli sviluppi possibili, secondo il mio soggetto, saranno appunto la riunione tra i due gruppi, la ricerca di Walt, e un confronto con gli Altri, intesi come quelli che hanno rapito il ragazzino. Il pulsante rimarrà sicuramente un mistero per parecchio tempo, così come la provenienza delle immense scorte presenti nella botola. Non resta che aspettare che quei 108 minuti scorrano tutti per vedere cosa succede...

Perché mi sono iscritto a "Masterpiece"

Tra blogsfera e social network, nelle ultime settimane c'è un notevole rimbalzo di news e commenti riguardo "Masterpiece", un nuovo programma che dovrebbe partire a novembre su Rai3. La curiosità sta nel fatto che si tratta di un talent show per scrittori: dopo cantanti, musicisti, ballerini, modelli, cuochi, la formula del talent si sposta così anche nel campo della letteratura, forma d'arte che da sempre è ritenuta a suo modo più sacra e nobile di altre, forse assimilabile solo alla pittura (un talent show per pittori, ve lo immaginate?). Forse è per questa concezione, probabilmente derivata dalla forma di educazione prettamente umanista con cui vengono cresciuti i ragazzi in Italia, che in larga misura l'idea del programma è stata da subito osteggiata dai più. Ancora di più, sono stati bersagliati gli "aspiranti autori" che si sono iscritti alla fase di selezione del programma.


A questo punto quindi, prima che si generino spiacevoli equivoci, sono tenuto a fare outing: anch'io mi sono iscritto a Masterpiece. Lo rivelo per due motivi: innanzitutto perché non ho niente di cui vergognarmi, e in secondo luogo perché, nel remotissimo caso in cui possa essere selezionato, non susciterò reazioni sulla scia del tu quoque.

Ma perché io, scrittore "emergente", di nicchia, con un minimo livello di dignità, ho deciso di prestarmi a questa messinscena? Provo a spiegarlo, in modo anche da prendere parte nella discussione che sta animando tanta gente, soprattutto nell'ambiente dell'editoria di piccole dimensioni.

Parto con una premessa: io non seguo i talent show. Un po' perché seguo già poco la tv (e al solito, non è una presa di posizione ideologica, è un dato di fatto: gli orari dei programmi quasi sempre non mi si incastrano, e solitamente passo il mio "tempo libero" in altro modo), un po' perché i talent venuti fuori finora non mi interessano: cantanti pop e ballerini mi fanno ridacchiare, una piccola eccezione l'ho fatta per Masterchef, di cui mi è capitato di vedere qualche puntata, ma che comunque non ho seguito regolarmente. La mia posizione quindi nei confronti di questo tipo di format è piuttosto neutrale: non mi interessa molto, ma non lo stigmatizzo. Sicuramente lo ritengo più stimolante dei reality show, di cui probabilmente è un parente prossimo. Ma ecco, francamente non saprei bene esprimere un'opinione sulla validità "artistica" di X-Factor o Amici.

Ora veniamo al punto. Cosa mi ha portato a decidere che fosse una buona idea iscrivermi a Masterpiece, sapendo già (perché lo sapevo) che sarebbe stata considerata una manovra furbetta, indegna, commerciale? Per quanto le possibilità siano infime, soprattutto perché tra i 5000 iscritti io mi colloco nella categoria meno rappresentata, e sicuramente meno interessante per il programma (quella degli scrittori di fantascienza), è ovvio che mi sono iscritto nella speranza di poter partecipare. Cosa spero di ottenere dalla possibile partecipazione?

Parliamoci chiaro. Fare lo scrittore, nel 2013 (ma anche nel 2008 e probabilmente nel 2036) significa principalmente una cosa: avere un pubblico. Sarà triste e svilente, ma per poter pubblicare non bisogna tanto dimostrare di essere talentuosi e originali, quanto avere una base solida di lettori. È su questa logica, consumistica quanto volete, che case editrici di tutto rispetto pubblicano i libri di personaggi come Zlatan Ibrahimovic*, Paolo Brosio, Matteo Renzi, o ancora le fanfiction delle directioner** o gli estratti delle gag dei comici di Colorado Café. Il valore letterario di tutte queste opere non è preso in considerazione da nessuno, ma si sa già che, mettendo in copertina il nome di tale autore o la foto di tale personaggio, gli acquirenti arriveranno. Personalmente, ritengo di avere una piccola base di lettori, una quindicina (forse) di persone che, se dovessi annunciare "Ehi, pubblico un libro!", potrebbero anche spendere 10-12 euro pre acquistarlo. Ma certamente non è di questo che le grandi case editrici hanno bisogno.

La partecipazione a Masterpiece, quindi, sarebbe per me principalmente una vetrina. Non mi interessa, sinceramente, una eventuale vittoria (che implica una pubblicazione con Bompiani), né un particolare favore dei giurati (che se sono quelli ipotizzati finora, rappresentano in pratica l'antitesi del mio modo di scrivere e intendere la scrittura). Il mio obiettivo, qui dichiarato apertamente, è quello di farmi vedere, conoscere, e, in seguito, magari arrivare a incuriosire qualche "pezzo grosso" al punto tale da poter avere qualche possibilità in più di strappare un contratto con diritti d'autore effettivamente retribuiti. Questo fa di me un marchettaro? Un venduto, un traditore? Bah, può darsi, ma io non ho niente di cui vergognarmi. Io non mi sento un "artista", non credo che le parole che batto al computer siano preziose colate di Creatività a futura memoria. Io sono un narratore, racconto storie e spero che queste possano intrattenere e coinvolgere il mio pubblico. Ma prima, deve esistere, questo pubblico.

Con questo, non sto dicendo che Masterpiece sarà uno show appassionante, trasparente, virtuoso. Si tratta sempre di un prodotto televisivo, e in quanto tale sarà artificioso, forzato, esasperato. Non so bene quali potranno essere le "prove" alle quali verranno sottoposti i concorrenti, ma sicuramente saranno teatrali e in ultima analisi poco indicative del vero "talento". Sicuramente tra quei 5000 che si sono candidati (e a me non sembrano nemmeno così tanti, in realtà) ci sono ragazzini presi dal fantastic romance, casalinghe di Voghera perse nel delirio erotomane, trentenni precari nichilisti che ci raccontano dei loro compagni di bevute, pensionati che hanno rispolverato i loro canzonieri scritti in gioventù: non mi aspetto (e mi auguro che nessuno lo faccia) che da questo marasma possa emergare seriamente la qualità, ma al tempo stesso si ha comunque un interessante spaccato del mondo sommerso della scrittura e dell'editoria.

Ed è anche chiaro che agli autori del programma non interessano tanto le opere (credo sia alquanto improbabile che da qui ai primi di novembre riescano a leggere 5000 romanzi), quanto i personaggi. Forse non vi siete presi la briga di controllare, ma nel form di iscrizione c'erano domande sulla famiglia, le aspirazioni, i gusti musicali, le esperienze passate. Saranno queste ad essere valutate, piuttosto che le opere, in modo da poter definire un gruppetto di personaggi interessanti ed eterogenei. È così evidente che l'indignazione di chi si è lamentato di domande come "Qual è stata l'esperienza più importante della tua vita?/Qual è il tuo più grande rimpianto?" mi pare davvero infantile, come se ci si stupisse che quando fai la raccolta punti dell'Auchan i regali che prendi avresti potuto comprarli a un terzo di quello che hai speso per accumulare i bollini.

Ripeto, le mie probabilità di rientrare nel nucleo dei selezionati sono minime, tanto più che a domande del tipo "Quale musica ascolti? Canzoni e/o cantanti" ho fatto nomi come Johannes Heil, Dominik Eulberg e Trentemoller, specificando che è improprio parlare di "canzoni" in questo contesto, e che come autori di riferimento ho indicato Douglas Adams e Ted Chiang. Ma se dovesse capitare, non mi sentirei affatto fuori luogo, e potrei quantomeno ascrivere al mio curriculum una nuova esperienza, che tutto sommato potrebbe tornarmi utile. Come ho già detto altre volte, la mia arte*** ha bisogno di essere alimentata, e trovare il modo di mantenermi impegnato e sul pezzo fa parte del mio lavoro (questo era in effetti uno dei motivi per cui ho aderito al progetto della Factory I Sognatori). Va da sé che, se fra i giurati ci saranno davvero Baricco, Siti e Maraini, non solo sarò eliminato alla prima tornata, ma sarò fiero di esserlo.

Quindi, ci vediamo su Rai 3!



*Spero di averlo scritto giusto. Se così non fosse, mi scuso col dott. Ibrahimovic e mi auguro che non voglia querelarmi o bucarmi le gomme per il refuso.
**Directioner: n.f., fan (solitamente femminile, di età compresa tra gli 11 e i 18 anni) del gruppo pop inglese One Direction, che manifesta spesso sintomi di alta dipendenza e asservimento alla band. Ne parleremo in seguito su questo blog.
***Sto scherzando, ovviamente. Non c'è nessuna arte in quello che faccio.

Coppi Night 25/08/2013 - Gangster Squad

Dopo una pausa dovuta a una breve trasferta, il Coppi Club riapre con un film che arieggiava da un po' ma non si era mai aggiudicato la vittoria, e finalmente si è imposto sugli altri. Le descrizioni online non erano molto rinfrancanti, ma data la scarsità di alternative è stato premiato e proiettato di fronte al Club riunito. Premetto che ho una certa allergia per i film "gangster": New York, anni '40 e simili. Che ci siano di mezzo mafiosi italiani o no, in generale credo sia un genere da visto uno visti tutti, dato che bene o male le dinamiche sono sempre le solite. Forse Gangs of New York esce un po' dagli schemi, ma compensa con una noiosità insostenibile. Quindi ok, mi sono detto, magari si vede qualche sparatoria gustosa e siamo a posto.

Le sparatorie gustose ci sono, anzi, forse sono anche un po' esagerate per il tono del film, che ogni tanto vira pericolosamente, ma non dichiaratamente, verso il pulp. La storia si muove intorno a una squadra di poliziotti, incaricati di distruggere una banda di gangster che sta assumendo troppo potere (incredibilmente capeggiata da un ebreo di nome Coen, non da un italiano di nome Lomonaco), ma del tutto in segreto, senza mandati ufficiali e usando gli stessi mezzi dei gangster che combattono. Per cui questo gruppetto di agenti diventa a sua volta una gang e comincia ad ammazzare e bruciare e sparare, e questo forse è l'unico guizzo del film, che ci fa vedere cattivi e buoni che sono praticamente indistinguibili. Purtroppo questa affinità di procedure viene fatta notare in modo piuttosto ottuso, come se gli autori avessero paura che arrivati a tre quarti di film lo spettatore non se ne fosse già accorto, e si sentissero in dovere di dargli di gomito: "Ehi, hai visto? I poliziotti ammazzano come i gangster!" Inoltre come sempre viene messa di mezzo una donna, che come sempre è la cagnetta del boss, che come sempre viene adescata (in tempo otto secondi) da Ryan Gosling, e naturalmente questo porta allo sfacelo finale, arricchito da narratore fuori campo.

Per cui se l'idea iniziale poteva suscitare una minima curiosità, al solito viene poi mistrattata e tradita, mettendo in scena le solite dinamiche dei dilemmi morali e delle famiglie in pericolo e dell'amore che deve prevalere anche quando fai la puttana per l'uomo più pericolo della città che ammazza le persone in pieno giorno a cielo aperto se solo gli guardano i lacci delle scarpe. E la cose incredibile è che la signorina in questione (che è la stessa di Crazy Stupid Love, e pure lì intrallazzava con Gosling), alla fine, sopravvive pure.