Ultimi acquisti - Dicembre 2011

Ma non avevo elencato gli ultimi acquisti già il mese scorso? Com'è che siamo di nuovo a parlare di musica così presto? Il fatto è che a dicembre si fanno i regali, e fare i regali vuol dire andare in giro per negozi, e andare per negozi significa infilarci una tappa da Mastelloni e fare razzia. Non posso evitarlo, nonostante le insistenti richieste del mio portafoglio. E quindi, stavolta in un unico post, ecco i nuovi sette pezzi della mia collezione.

Ho già citato una volta Ruede Hagelstein, giovane talento di casa Souvenir che dopo aver prodotto diversi singoli di buona qualità è arrivato al suo primo album. Prodotto in collaborazione con The Noblettes, Soft Pack contiene 11 pezzi che ascrivere all'ambito techno non sarebbe solo riduttivo, ma del tutto sbagliato. Si può piuttosto parlare di electro-pop, con un paio di pezzi strumentali e canzoni in cui viene evidenziato tanto il gusto per la melodia pura che quello per le lyrics, mentre la componente adatta al clubbing passa decisamente in secondo piano, facendone un disco adatto all'ascolto.



Di tutt'altro carattere è l'atteso album di Oliver Huntemann, che è uno dei principali esponenti di quel genere di techno dalle atmosfere cupe e graffianti con accenni neotrance, e uno dei collaboratori di altri mostri del calibro di Stephan Bodzin, Marc Romboy e Xenia Beliayeva. Paranoia è il suo quarto album, a tre anni di distanza dall'ultimo H-3, e si presenta come una continuazione del percorso dell'autore in tema con i suoi precedenti. Nessuna sorpresa, quindi, ma dodici tracce potenti ed efficaci, che riescono a travolgere coi loro suoni elettronici distorti e i bassi invadenti. Oltre al cd, l'album contiene anche un dvd con i video delle tracce, e consiste quindi in un'opera ancora più completa del solo album musicale. Da segnalare il video di Magnet, in cui Huntemann si esibisce in una performance live utilizzando il ReacTable.


Ormai abbonata alla mia rubrica, anche stavolta devo parlare di Ellen Allien. Non che abbia una particolare predilezione per lei, ma trovandomi davanti i suoi cd non posso evitare di prenderli. Voi fareste lo stesso, credetemi. Thrills è uno degli album che ancora mi mancava, datato 2005. A dire la verità, per quanto valido, mi è sembrato meno "ispirato" di altri come e Dust e Orchestra of Bubbles, di cui ho già parlato. Una techno arricchita di sonorità electro ma più pesante del solito, con alcune tracce al limite del loop vero e proprio. Comunque un album sempre in linea con il talento della dj.



Reworked/remixed non è esattamente un album, ma una collezione di pezzi di cui Trentemoller, un altro nome ricorrente in queste pagine, è soggetto od oggetto di remix. Un'operazione simile a quella di The Trentemoller Chronicles: due cd in cui compaiono remix di alcune tracce dell'album del 2010 Into the Great Wide Yonder, oppure remix effettuati dallo stesso Trentemoller su canzoni di altri autori. C'è poco da dire in casi come questi, si può solo rimanere incantati dalla capacità di questo Artista (maiuscola non casuale) che riese a interpretare in maniera così eccellente ed emotivo pezzi che appartengono anche a generi del tutto diversi, come ad esempio il classico No You Girls di Franz Ferdinand. Anche i remixer fanno un buon lavoro, come i Kollektiv Turmstrasse su Even Though You're with Another Girl, UNKLE con Neverglade e Andrew Weatherall per Silver Surfer Ghost Rider Go!!!. Impredibile e indimenticabile.


Si passa poi alle compilation vere e proprie, iniziando da Henry Street Grooves. Due cd prodotti dalla storica etichetta BBE che raccolgono (cito il sottotitolo) "classic deep funky and jazzy house from New York". La definizione è perfetta, perché le tracce contenute nelle loro versioni integrali (che in alcuni casi sfiorano i 10 minuti) sono l'espressione più pura di quel tipo di house, vera house che oggigiorno si è praticamente estinta. I dischi risalgono quasi tutti ai primi anni '90, anche se ce ne sono alcuni che raggiungono o superano di poco il 2000. Una buona collezione di classici di autori come Dirty Harry, Robbie rivera, Mike Delgado, immancabile per chi ama questo genere ormai scomparso.


Un po' datata è la compilation Sonnemondsterne X3, in cui Felix Krocher e Lexy mixano i loro pezzi preferiti del 2009. Per la verità non si può parlare di un capolavoro: la selezione delle tracce è sicuramente di qualità, ma niente di particolarmente esaltante in questo doppio cd in cui compaiono brani che si sono sentiti e risentiti in giro, da Deepgrove & Jamie Anderson a Nick Curly, da Oliver Koletzki a Gui Boratto. Indicato come sottofondo, o ancora di più per l'ascolto alla guida.




Mi ha invece positivamente sorpreso l'annuale appuntamento con il "suono della stagione" di Sven Vath. Il doppio mix cd che ogni anno il padrone di casa Cocoon produce in sintesi dell'annata musicale è sempre un must, ma quest'anno devo dire che la qualità è più elevata rispetto ai precedenti. Non so se questo significhi che il 2011 è stato un anno di grande musica, ma The sound of the twelfth season mi ha catturato più dei suoi predecessori, grazie forse all'apporto di pezzi eccezionali come quelli di Efdemin, Boys Noize, Omar S, Maceo Plex, Steffi e così via. Speriamo che la tredicesima stagione sia all'altezza.

Futurama 6x23 - The Tip of the Zoidberg / La punta dello Zoidberg

Come già era successo nella sesta stagione con Lethal Inspection, questo è un episodio in cui vengono rivelati eventi passati che coinvolgono alcuni dei protagonisti della seriem che in questo caso sono il Professore e Zoidberg. Già in Möbius Dick avevamo appreso come il rapporto tra i due risalisse a cinquant'anni prima, tanto che Zoidberg faceva già parte della Planet Express all'epoca della prima (sfortunata) missione. Lì era stato mostrato per la prima volta il giovane Zoidberg in perfetta linea e quasi simpatico ai suoi colleghi, ma la relazione col Professore è ancora più vecchia, ed è in questa puntata che viene mostrato come i due si sono conosciuti.

La storia dei due, colleghi in una pericolosa missione guidata da Mamma alla ricerca di un pericoloso yeti tritoniano, risponde anche a una domanda che i fan di Futurama possono essersi posti di quando in quando: come mai, nonostante la sua manifesta incapacità, Zoidberg continua a lavorare per il Professore? The Tip of the Zoidberg rivela che c'è un accordo segreto, siglato proprio in quella remota occasione, per cui Farnsworth ha fatto in modo di tenere con sé il mollusco dalle dubbie conoscenze mediche.

La struttura dell'episodio segue gli eventi presenti, in cui i membri dell'equipaggio pretendono il licenziamento del dottore in seguito all'ennesimo incidente in sala operatoria, parallelamente all'avventura di Zoidberg e Farnsworth nel 2928. Si apprende così che il rapporto tra i due prosegue fin da allora, e se anche non è parso troppo evidente, Professore e dottore si considerano amici di lunga data. La scoperta di questo rapporto profondo infonde una buona carica emotiva all'episodio, mentre l'azione è data dai tentativi del resto della Planet Express di scoprire il segreto, e, in seguito, di porre rimedio alle accuse mosse a Zoidberg. Alla fine, come in The Silence of the Clamps, toccherà a lui risolvere la situazione, in uno dei rari ma memorabili momenti in cui mette da parte il suo abituale ruolo patetico e impersona l'eroe.

Le gag forse non arrivano al meglio, e in particolare nella prima parte all'interno dello studio di Zoidberg le battute si fanno un po' ripetitive e le situazioni al limite del paradossale. Ma la storia si riprende bene, e ci sono alcune sequenze davvero eccezionali, come quella del Murdolator (tm), una complicatissima macchina di Rube Goldberg a cui tutti i membri dell'equipaggio prendono parte. Un altro dettaglio degno di nota è il fatto che per la prima volta viene rivelato il vero nome di Mamma, e che a usarlo è proprio Zoidberg, che inaspettatamente sembra aver mantenuto con lei un buon rapporto, e addirittura ottenere da parte sua un insolito rispetto.

Un episodio quindi interessante, che va a ad aggiungere tasselli importati al canone della serie, e dà maggior profondità ad alcuni rapporti finora trascurati. Una di quelle puntate che una o due volte per ogni stagione riescono a soddisfare maggiormente i fan affezionati, piuttosto che gli spettatori occasionali. Voto: 7.5/10

Bustina # 7

You come from nothing, you're going back to nothing: what have you lost? Nothing!

dal finale del film Life of Brian dei Monty Python


Data l'atmosfera natalizia di questo periodo dell'anno, ecco una edificante citazione a tema. Il film Life of Brian (in italiano Brian di Nazareth, ma se ne consiglia la visione in lingua originale) è forse il meglio riuscito dei lungometraggi dei Monty Python, e racconta la storia di un contemporaneo di Gesù che viene suo malgrado scambiato per messia e forse per questo destinato alla stessa fine. La storia assume chiaramente una connotazione parodistica, e in mezzo ai soliti sketch surreali c'è tempo anche per qualche azzeccato commento satirico. Il finale è poi una scena memorabile, in cui i crocifissi sul Calvario si mettono a fischiettare e cantare.

E cosa cantano? Una canzone che tutti voi conoscete. Avete presente quel motivetto fischiettato che fa "fi-fi, fi-fi fi-fi fi-fi-fi"? Ecco, quella canzone viene proprio da questo film, si intitola Bright Side of Life ed è stata composta proprio per il finale del film. E inserita nel contesto del film, e del suo finale, la citazione di sopra assume un senso agrodolce davvero caratteristico.

La bustina qui somministrata sintetizza tutto lo spirito del look on the bright side of life, ovvero: cosa c'è da perdere? Partire dal niente, e tornare al niente: una scommessa vinta in partenza. O per lo meno, non persa in partenza.

[quote] # 6

Il brano che segue è una composizione di estratti dei libri L'età dell'oro e La luce del millennio di John C. Wright. I romanzi sono rispettivamente il primo e l'ultimo volume di una trilogia (la parte centrale è intitolata Phoenix) fantascientifica in cui viene immaginato un lontano futuro in cui la società umana ha raggiunto un inimmaginabile livello di splendore, grazie all'affermazione di sofisticate nanotecnologie e controllo dell'energia, e con l'aiuto di potenti intelleigenze artificiali, i sophotec.

L'eroe della saga, Phaeton, si accorge però che qualcosa minaccia la splendida utopia dell'Ecumene Dorato, e decide di opporsi alle istituzioni per salvare il futuro dell'Umanità. Messo in minoranza viene però esiliato dalla società, ed è così costretto a portare avanti la sua battaglia contando solo sulle proprie risorse e la collaborazione di ambigui personaggi. Alla fine, com'è giusto che sia in ogni epopea, riuscirà a trionfare, ma non prima di mille pagine di rivelazioni, battaglie e colpi di scena.

Quella che viene riportata è parte della conversazione che Phaeton tiene con il sophotec del suo Casato, Rhadamanthus, prima di essere esiliato e quindi escluso per sempre dalla possibilità di comunicare con lui. È un momento triste, perché per tutta la durata del libro Rhadamanthus, mostrandosi in forma di pinguino, ha assistito Phaeton, e si percepisce la scena come l'abbandono di un grande amico. La conversazione non viene però riferita completamente, ed è solo alla conclusione del terzo libro che si scopre cosa il sophotec ha dettoal suo protetto. Ciò che seguie è quindi moderatamente spoileroso, ma in fondo niente che vi sottrarrà il piacere della lettura di una saga immaginifica e sorprendente in tutti i sensi.
[da L'età dell'oro]
Lui appoggiò la fronte al battente di quercia, guardandosi le mani. Poteva sentire la tensione nelle nocche delle dita. Stava cercando di radunare tutto il suo coraggio.
Girò ancora la testa. "Perché diavolo ti travesti da pinguino? Me lo sono sempre chiesto."
Il goffo ucello si strinse nelle spalle. "Io sono una creatura fatta di puro intelletto, ma mi sono assunto il compito di badare alle faccende degli umani, alle loro belle qualità e alle loro folli passioni. Mi sento fatto per qualcosa di più gradevole del duro ambiente che mi circonda. Come il pinguino, sogno di volare, ma non ho vere ali, e mi trovo ad annaspare nel mare."
"Sei... sei felice, qualche volta?"
"Io sono sempre felice. Molto. Anche un uomo condannato a un esilio crudele, tuttavia, può esserlo."
"Come? Qual è il segreto?"
Il pinguino venne avanti, spiccò un salto e si appollaiò su una spalla di Phaeton. Poi si chinò, gli accostò a un orecchio il freddo becco odoroso di pesce, e mormorò un breve messaggio. Lui sorrise, annuì e raddrizzò le spalle. Il pinginuo balzò al suolo.

[da La luce del millennio]
"Per curiosità", domando il più anziano, "cosa ti ha detto Rhadamanthus in quegli ultimi istanti, nell'aula dell'inchiesta, prima che gli esortatori di mandassero in esilio?"
Il più giovane sorrise. Da qualche tempo sembrava che la sua faccia fosse assai più incline al sorriso. "Ha detto che per essere felici bisogna conoscere la propria natura, e vivere secondo questa natura.  Se sei un pinguino, impara a fare ciò che i pinguini fanno meglio, ovvero nuotare, pesacre, sopportare il freddo, e non sognare di volare. Ma se sei un uomo, la tua natura è quella di un essere razionale. La ragione deve dirti di non desiderare le cose fuori dalla tua portata. La mente, la volontà, la capacità di giudizio, sono sotto il tuo controllo; il mondo esterno non lo è. Controlla ciò che puoi controllare, e lascia stare il resto. Riproponiti di avere una mentalità solida, una volontà forte e una buona capacità di giudizio, e li otterrai. Ma tratta col mondo esterno come se fosse un sogno, magari interessante ma non di eccessiva importanza. E, a differenza dei pinguini..."
"Sì...?"
"Sogna di volare."

Mi paiono parole di valore universale, che difficilmente possono essere contraddetti. Forse come "segreto per la felicità" può sembrare scontato, eppure, a pensarci, non è così banale. È qualcosa di più profondo di un semplice "chi s'accontenta gode": riuscire a comprendere i limiti della propria natura non significa non avere aspirazioni, ma mantenerle entro un raggio realistico. Questo implica consapevolezza, maturità, razionalità... quanti possono vantare la giusta combinazione di questi elementi?
Vi lasci a rifletterci, e aggiungo solo che consiglio la lettura della Trilogia del Millennio a tutti gli uomini e pinguini.

Coppi Night 11/12/2011 - Come ammazzare il capo e vivere felici

Ultimamente avevo manifestato uno scarso entusiasmo per le americommedie elette a proiezione all'interno delle Coppi Night. Il fatto è che, bene o male, in questo tipo di film si sa bene cosa aspettarsi e lo si ottiene, cosa che mi lascia sempre un certo vuoto, come quando bevi il primo bicchiere d'acqua la mattina che ti pulisce la bocca ma non ti disseta. Un genere che quindi raramente mi soddisfa del tutto, e che mi costringe a brevi recensioni sottotono, a meno che la frustrazione non sia proprio la frustrazione a spremermi fuori le parole.

Ma, accidenti, stavolta non è così! Perché questo Horrible Bosses, il cui titolo italiano è stato inutilmente complicato, è una commedia davvero valida. Oh, non sto scherzando: stiamo parlando di roba al livello di classici come Animal House o di prodotti più recenti come The Hangover e Hot tube time machine. Già la trama in sé non presenta la solita situazione di Coppia Sfaldata da rimettere insieme, o lo Sfigato e il Figo, o il Grande Bussatore che incontra l'Amore, ma parte da un'idea più originale: i tre protagonisti, impiegati di medio livello, odiano a morte i loro capi per ragioni diverse. E "a morte" non è una metafora: il loro disprezzo è tale che decidono di ammazzare i boss in questione, convinti di poter finalmente vivere sereni grazie all'omicidio. Dopo aver rifletutto sulla cosa, i tre si accordano per un'azione alla Hitchcock: "delitto per delitto", ovvero ognuno farà fuori il capo di un altro in modo da non attirare i sospetti. Naturalmente il compito non si rivela così faicle, e già dalle prime fasi esplorative il trio combina i casini che si potevano attendere da soggetti del genere. Naturalmente un film di questo tipo finisce sempre bene, quindi alla fine i tre otterranno quello che vogliono, ma il modo in cui tutti arrivano a liberarsi degli odiati capi non è scontato come si potrebbe pensare, anzi viene raggiunto con una serie di rivolgimenti della trama abbastanza efficaci. La credibilità della trama vacilla solo quando uno dei tre afferma di odiare il suo capo perché si tratta di una Jennifer Aniston decisamente porca che insiste per scopare continuamente sul lettino del dentista: ora, per quanto la Aniston non sia certo avvenente quanto la mia recente infatuazione Antje Traue che vedete qui sotto, alzino la mano gli uomin che sarebbero in grado di rifiutare un'offerta del genere, e addirittura arrivare a ritenerla offfensiva (ho messo tre F apposta). Ma il personaggio in questione in effetti dimostra di essere il più squilibrato, quindi si può attribuire il suo atteggiamento irrazionale a una evidente tara genetica.

Se quindi si parte da una storia già interessante, e si aggiunge un ottimo livello delle gag, che non solo sono davvero divertenti, ma anche continue, si ottiene già una commedia che colpisce nel punto giusto. Fare esempi dei momenti più divertenti è poco utile, ma tra recitazione, battute ed equivoci la sequenza non si interrompe mai, e in alcuni casi mi sono trovato a ridere per un minuto di fila. Le gag si basano principalmente sull'inettitudine dei protagonisti, opposta al sadismo dei loro capi, e nonostante alcune battute più sordide di carattere anatomico-sessuale, non scade mai nel trash.

Infine è da apprezzare anche il cast: i tre protagonisti non sono nomi noti, ma si adattano perfettamente alle loro parti, e altrettanto efficaci sono gli attori di supporto, decisamente più famosi: oltre alla già citata e assatanata Jennifer Aniston, ci sono un perverso edonista Colin Farrel e un ottimo Kevin Spacey che interpreta a meraviglia uno psicopatico dirigente egocentrico, il più pericoloso e malvagio dei boss, che di fatto diventa il villain principale del film.

Questa combinazione di elementi ben amalgamati dà origine a un film non solo divertente, ma anche appassionante e originale. Uno dei pochi casi di commedia che rivedrei volentieri, e che, sono sicuro, alla seconda visione apprezzerei quanto la prima.

Rapporto letture - Novembre 2011

Ma sono io che leggo troppo lento o i mesi che passano troppo in fretta? Mi sembra passato troppo poco dall'ultimo rapporto letture, e già ci risiamo. Novembre è stato proficuo, con sette libri metabolizzati, che andiamo a ripercorrere.


More about Il circo dei gatti di VishnuFinito proprio nel giorno di ognissanti, Il circo dei gatti di Vishnu è un romanzo breve di Ian McDonald, uno degli autori di maggior rilevanza della nuova hard-SF. Il libro, pubblicato in Italia dalla Delos, segue in retrospettiva la storia di Vishnu, bambino bio-ingegnerizzato per essere longevo e superintelligente, che si muove insieme ai suoi fratelli altrettanto dotati in un'India del prossimo futuro disassemblata nelle sue regioni. Si assiste a una serie di rivoluzioni e controrivoluzioni sociali, politiche e tecnologiche, che sfociano inevitabilmente in una singolarità e nella conseguente trascendenza di almeno una parte dell'umanità. Tutti temi molto in voga ultimamente, con cui pressoché ogni autore è tenuto a confrontarsi, ma la storia di McDonald pare proprio un compitino svolto senza passione. Ambientare la storia in India non ha un grande effetto, perché in realtà a parte l'onnipresente cricket non si percepisce granché il contesto orientale. Voto: 5/10

More about Progetto QuatermassIl seguente non è un romanzo, ma una sceneggiatura, o almeno l'adattamento letterario di una sceneggiatura, sfrondato di tutti i riferimenti tecnici della ripresa cinematografica. Il film in questione è Quatermass II del 1957 portato in Italia come I vampiri dello spazio. Essenzialmente si tratta di una storia alla "ultracorpi", con invasori alieni che prendono il controllo degli umani per portare avanti il loro progetto di conquista. L'autore della sceneggiatura è Nigel Kneale, autore oltre a questo Progetto Quatermass anche di altre due storie con protagonista lo stesso dottore del titolo. Non si può certo dire che si tratti di una storia originale, ma più che viziato da cliché questo romanzo ha contribuito a crearli, e si inserisce in fatti nel filone di quella fantascienza-horror anni '50 che ha prodotto tanti classici di entrambi i generi. Personaggi, situazioni e temi sono di certo prevedibili, ma in modo più rassicurante che irritante, e alla fine si ha il piacere di essersi immersi in un'atmosfera ormai superata ma ricca di fascino. Voto: 6.5/10


More about Toxic@Toxic@ è il seguito di Infect@, romanzo di Dario Tonani pubblicato qualche anno fa su Urania e che ha avuto un discreto successo. Le storie sono ambientate in una Milano futuristica in cui, a causa della diffusione di una droga allucinogena, la città è invasa da personaggi dei cartoni in carne e ossa (o meglio: in gelatina e china), che si mescolano alla popolazione umana con intenti non sempre simpatici. Qualche mese fa, parlando degli autori italiani di fantascienza da tenere d'occhio, citavo proprio Tonani e le sue opere, e questo romanzo può considerarsi al livello degli altri citati. Un techno-thriller costruito con abilità, costituito da buona azione e efficaci colpi di scena, con la giusta dose di violenza. Alcune parti credo che avrebbero potuto essere sfoltite, e alleggerire di circa un terzo il libro, che racconta ventiquattro ore continue di caccia tra i personaggi, non avrebbe influito negativamente. Alcuni elementi nuovi (come il magma, che mi ha ricordato la melma di Ghostbusters II, il Sole di Bart e le pistole spara-cartoon) arricchiscono la storia, che però in alcuni punti si inceppa leggermente nel tentativo di mostrare gli scenari della Milano del 2030. Un paio di venali errori di continuità (la discromatopsia della cacciatrice sembra che funzioni a fasi alterne!) si riescono a perdonare, così come alcuni dettagli retconizzati rispetto ad Infect@ (in particolare è stato ignorato l'epilogo di quest'ultimo, e la presenza dei cartoon non sembra più allucinaria ma fisica a tutti gli effetti), visto che nel complesso mi è sembrato che questo romanzo sia più completo del precedente. Il che è una consolazione per me che da un po' di tempo sono molto scettico sugli autori italiani che compaiono su Urania. Voto: 7/10


More about La voce del padroneLa lettura di La voce del padrone mi ha lasciato abbattuto. Cioè, per essere precisi, sono rimasto completamente estasiato dal libro, ma affranto perché mi rendo conto che Stanislaw Lem è il narratore che io non sarò mai. La sua capacità di evocare pensieri e sensazioni è tanto raffinata da sembrare innaturale. Da una peraltro banale storia di "messaggio dalle stelle", Lem riesce a tirare fuori un'insieme di riflessioni profonde e affascinanti sulla scienza, la cultura, l'evoluzione, la violenza, la felicità, la morte, la solitudine, e le relazioni tra tutte queste. Il narratore è un matematico coinvolto nel colossale progetto di decifrazione del messaggio ricevuto attraverso i neutrini, e per tutto il libro non fa altro che descrivere le varie operazioni e teorie del vasto comitato di scienziati, politici e militari coinvolti nel "Progetto Voce del Padrone". In questo, con descrizioni incredibilmente realistiche dei personaggi (si fatica a credere che siano inventati), Lem riesce a collocare tutti i punti di cui sopra, e si permette alla fine di non rispondere a una sola di tutte le domande che ha indirettamente posto al lettore. Se non assegno il massimo dei voti a questo libro, è solo perché l'autore non è riuscito a ignorare il paradigma del bipolarismo del mondo, che all'epoca della scrittura era in piena Guerra Fredda, e alcune considerazioni del tipo "noi contro loro" oggi appaiono superate. Voto: 9.5/10


More about XSta poi a Cory Doctorow, di cui avevo letto qualche racconto qua e là ma non avevo mai provato sulla lunga distanza. Il suo Little Brother, da noi inspiegabilmente riportato col titolo di X, è un romanzo che penso possa essere definito come manifesto della nuova era dell'informazione, dedicato a chi ha imparato a digitare prima di scrivere. Il protagonista è un ragazzino diciassettenne, accusato di aver organizzato coi suoi amici un attentato terroristico al quale è del tutto estraneo. Per questi sospetti lui e i suoi amici vengono detenuti e torturati, per poi essere rilasciati solo sotto stretto controllo. Ma mentre la libertà e la privacy vengono sempre più minacciate dalle intrusioni del nuovo Dipartimento per la Sicurezza, il gruppo di ragazzi è deciso a opporsi a questo sistema oppressivo e distruttivo. Con qualche furbata tecnologica e una buona organizzazione, i protagonisti riescono a intralciare il Dipartimento, ma questo non rende le cose più facili, e il gioco si fa presto troppo pesante. Paragonare Little Brother ad altri romanzi distopici come 1984 (a cui ciharamente il titolo si ispira) o Il mondo nuovo è forse esagerato, ma la carica rivoluzionaria del libro è comunque forte, e i consigli pratici di resistenza al regime sono più che validi. Una lettura appassionante e istruttiva, che dovrebbe stare nella libreria di ogni geek del pianeta. Voto: 8.5/10


More about L'inferno degli specchiQuesto mese mi sono fatto un buon campionario di nazionalità, e si aggiunge alla lista pure il Giappone con una raccolta di racconti di Edogawa Ranpo, autore molto famoso in patria e un po' meno all'estero. Questa raccolta di racconti uscita per Urania Collezione col titolo L'inferno degli specchi offre una panoramica dei suoi lavori, che spaziano dall'horror al giallo puro, dal mistery al thriller. Storie di grande atmosfera, che anche se non appaiono troppo originali riescono comunque a catturare con il loro sapore classico, e raggiungono ottimi livelli andando a mostrare i sordidi risvolgi psicologici dei personaggi. Da semplici storie di "delitti perfetti" ad altre che puntano sulle inquietanti deformità (fisiche e mentali) dei protagonisti. Una pubblicazione che con Urania non ha nulla a che fare (probabilmente era stata prevista per la collana parallela Epix, scomparsa prematuramente), ma che può soddisfare i lettori di vedute più ampie. Voto: 7.5/10


More about Il gioco di EnderInfine mi sono aggiornato su un altro classico della fantascienza che ancora mi mancava, leggendo Il gioco di Ender di Orson Scott Card, pubblicato qualche anno fa dalla Nord nell'ottima collana (anche quella defunta) "Cosmo Biblioteca". In tutti i libri/film di guerra, almeno per quanto mi riguarda, la parte più appassionante è quella dell'addestramento, in cui il protagonista apprende le arti del combattimento dai suoi maestri. Ecco, questo romanzo è in pratica tutto addestramento: Ender, il protagonista, è un bambino progettato per essere un abile guerriero e soprattutto condottiero, e viene in tenera età spedito alla scuola di guerra per essere messo alla prova, tenuto sotto stretta sorveglianza e forte pressione, in modo da spremere da lui il meglio. Le crescenti difficoltà di Ender sublimano nel finale, in cui viene rivelato che il suo non era un semplice addestramento. La storia del ragazzino è coinvolgente, e forse per questo pare che ne stiano facendo un film, mentre i suoi fratelli rimasti sulla Terra seguono un percorso parallelo meno convincente, ma forse necessario per la preparazione dei seguiti che hanno fatto di Ender una vera e propria saga. Questo libro è comunque autoconclusivo, anche se la voglia di sapere cosa ne sarà degli Scorpioni (gli insettoidi nemici dell'umanità) alla fine rimane... voto: 7.5/10

Futurama 6x22 - Fry Am the Eggman / Fry ci cova

Fry ha già dimostrato di prendere molto a cuore il rapporto con i suoi animali, in particolare nello struggente episodio Jurassic Bark in cui il suo vecchio cane viene trovato fossilizzato. In questo episodio, è ancora una devota e affettuosa creatura ad assorbire tutte le sue attenzioni, ma non si tratta di un comune e innocui cagnolino.

Mr. Peppy, l'animaletto in questione, nasce da un uovo "biologico" che Leela ha acquistato in un mercato di contadini locali (dove per "locali" si intende appartenenti al gruppo locale galattico), per opporsi al distruttivo regime alimentare da fast food diffuso all'interno della Planet Express. Quando Fry scopre che l'uovo è fertile decide di covarlo, e in seguito di crescere il cucciolo. Ma cosa ci si può aspettare da un uovo sconosciuto acquistato su una bancarella spaziale? Come minimo, che l'occupante sia un mostro assassino destinato a fagocitare il suo padrone. E Mr. Peppy infatti si rivela piuttosto pericoloso, soprattutto quando cresce fino a diventare più grande di Fry stesso, anche se la sua affezione per il suo genitore umano rimane immutata. Dopo aver scoperto a quale specie la creatura appartiene, il gruppo decide di riportarlo sul suo pianeta natale, per scoprire che in realtà la specie di Peppy era stata deliberatamente cacciata e sterminata dagli abitanti del posto. Così, dopo alcune scene che evocano l'inizio di Un lupo mannaro americano a Londra, Fry scopre non solo che Mr. Peppy è l'ultimo della sua specie, ma che i paesani sono ben intenzionati ad abbatterlo prima che turbi la loro tranquilla vita campestre fatta di pecore e acquari di whiskey.

A voler essere onesti, questo episodio non brilla certo per originalità. L'affezione di Fry per i suoi animali rientra nel suo carattere naif, ma come detto all'inizio è un tema già sfruttato, così come il sacrificio che lui è disposto ad affrontare per il bene della bestiola. Ci sono alcuni velati momenti di tensione quando Leela viene abbordata dal leader degli indigeni del pianeat di Mr. Peppy, ma per il resto l'episodio è una storia a sé che non ha particolare incidenza sul canone della serie. Un'avventura leggera, mediamente divertente, che guadagna principalmente nella parte finale, con l'introduzione degli ignoranti e alcolizzati contadini del pianeta originario di Peppy. Si può quindi parlare di un episodio di contenimento, efficace nel far trascorrere 20 minuti piacevoli ma non in grado di catturare lo spettatore come Futurama riesce a fare in altre occasioni. Voto: 7/10

N.A.S.F. 7

Praticamente un anno fa segnalavo l'uscita del libro N.A.S.F. 6, antologia contenente racconti di fantascienza di autori italiani scritti con un tema preciso. E oggi, puntualissimo, arriva il nuovo volume della raccolta che da anni riunisce scrittori più o meno esordienti, riuniti dalla passione per la fantascienza, e che fin dal numero 4 mi vede orgogliosamente presente tra i selezionati.

La passione degli autori per la SF è ancora più evidente in questo N.A.S.F. 7, dal tema "Tribute". Massimo Baglione e Carlo Trotta, curatori dell'antologia, hanno scelto per questa edizione di riunire una serie di racconti in "omaggio" ai grandi autori, alle saghe più famose e ai personaggi più amati.



Tutti i racconti sono quindi un tributo alla storia della fantascienza, e contengono riferimenti a un particolare universo immaginario ben noto a tutti i fan del genere. Una raccolta quindi dedicata a chi la fantascienza la vive e la ama, categoria a cui mi sento di appartenere in pieno. Per quanto non mi muova del tutto a mio agio nei mondi creati da altri, alla fine sono riuscito a mettere insieme il racconto Stelle cadenti, inseribile all'interno del lunghissimo (e per buona parte intradotto) Ciclo dei Berserker di Fred Saberhagen.

Come tutti quelli della serie, N.A.S.F. 7 è acquistabile online, attraverso il print-on-demand di ilmiolibro. E come ogni anno, arriva puntuale per il natale, per cui se ancora state decidendo cosa regalare al vostro vecchio zio che ha in cantina scatolate di vecchi Urania, questa è l'idea giusta.

Ultimi acquisti - Novembre 2011 (parte 3)

Terza e conclusiva parte degli ultimi acquisti musicali del mese di novembre. Dopo il primo post dedicato agli album techno/electro, il secondo per gli album di genere vario, ecco il turno delle compilation.


Si inizia con una label compilation. La Dessous è l'etichetta di Steve Bug che da diversi anni sta cacciando fuori dischi interessanti di buona house. Con Best Kept Secrets 3 l'etichetta propone (come si evince, per la terza volta) una raccolta di pezzi, molti dei quali inediti e realizzati appositamente per questa uscita. La compilation è composta da un cd contenente i singoli, con pezzi di Jamie Anderson, Phonique, 9west, Vincenzo (che è già passato su queste pagine), Tigerskin, lo stesso Steve Bug e così via; il secondo cd è invece un mix realizato ancora da Phonique con una selezione delle più recenti tracce della Dessous. Niente di estremamente esaltante, ma una raccolta di qualità di artisti di buon livello.


La Cocoon invece, che di compilation ne sforna una al mese o giù di lì, stavolta ha affidato il compito a Lawrence, da poco incluso nella scuderia di Sven Vath. Mentre di solito i mix includono tracce recenti, questo Timeless, come si potrebbe dedurre dal titolo, raccoglie canzoni dagli anni 2000 a oggi, e qualcuno anche precedente. Un set di vera house con nomi forse non troppo noti ma ricercati, come Aril Brikha, Isolée, Melchior Productions, Baby Ford. L'ascolto non è banale, proprio per la cura nella selezione dei pezzi, e solo chi apprezza questo genere di musica nella sua forma più pura può apprezzare il lavoro di Lawrence.


Anche Soul Clap e Wolf + Lamb si sono impegnati a selezionare i pezzi per il loro Dj-Kicks. Quella dei Dj-Kicks è una delle istituzioni dei mix-cd portata avanti da diversi anni da !K7, e come le compilation del Fabric è sempre un indice di prestigio per gli artisti venire scelti per realizzare la loro compilation. Fare una lista dei nomi che si sono succeduti alla guida dei Dj-Kicks sarebbe superfluo, ma la qualità non è mai mancata. In questo caso, il duo di autori (che poi diventa un quartetto essendo entrambi delle coppie) ha scelto una sequenza di pezzi molto particolari, di produttori poco conosciuti (almeno per me), ma che si inseriscono alla perfezione nell'atmosfera tech-house del mix, ricco di vocal accattivanti e intervallato da alcuni interludi strumentali.


Infine una chicca per gli amanti della disco-house degli anni 80 e 90: la raccolta Hard to Find, compilata da Bill Brester per l'etichetta inglese New State, riunisce in due cd 20 pezzi che hanno fatto la storia della musica dance di quegli anni, in edizioni ormai rare o remix esclusivi. Canzoni di gente come William Orbit, Saint Etienne, Frankie goes to Hollywood, Leftfield, A Tribe Called Quest eccetera, e remixer come Underworld, Chemical Brothers, Sasha. Un tuffo in quelle sonorità che oggi sembrano superate, ma che raccontano un'epoca di grande impatto. Consigliato a chi (a differenza di me) è cresciuto in quegli anni e ha sentito queste canzoni, o le loro versioni originali, passare in discoteca la domenica pomeriggio.

Coppi Night 04/12/2011 - Green Lantern

Ho già avuto modo di dire in diverse occasioni che la mia conoscenza dei fumetti è piuttosto scarsa. Conosco al più i nomi dei personaggi e l'origine di alcuni dei più famosi, ma in pratica non ne ho mai letto uno quindi non ho familiarità con supereroi, villain, continuity e cross-over. Per questo ogni volta che mi accosto a un film derivato da un fumetto ho il timore di essere troppo ignorante per capirlo appieno, cogliendo riferimenti, e implicazioni che solo un fan conoscerebbe. Quindi, se Spiderman non mi è piaciuto più di tanto nonostante l'acclamazione generale, se Iron Man 2 mi è sembrato fiacco nonostante la presenza di Mikey Rourke, mi dico che sono io a non avere gli strumenti per apprezzarne tutti i lati.

Questo discorso non si applica però a Green Lantern. Non conoscevo il personaggio Lanterna Verde prima dell'uscita del film, e data la lunga introduzione deduco che sia un supereroe minore, noto ai più affezionati ma non al grande pubblico. Già la premessa a base di forza di volontà usata come forma di energia, immortali guardiani universali e power ranger intergalattici, mi hanno reso piuttosto scettico. Quando poi è venuto fuori il protagonista, espressivo come una penna bic e fortemente antipatico, ho capito che il film non mi sarebbe piaciuto. Oltre ad essere realizzato con superficialità, con personaggi piatti e vicende dall'alto potenziale narcoletico, è la storia stessa che presenta a mio avviso diversi problemi di coerenza. Voglio dire: è ovvio che se guardo un film di supereroi accetto le premesse, per quanto incredibili, dell'universo narrativo in questione. Quindi non questiono che gli X-Men sviluppino poteri al limite delle leggi fisiche, non obietto se un'imprecisata esposizione alle radiazioni fa lievitare e inverdire la muscolatura di Hulk. Ma in Green Lantern il problema è diverso.

A parte il fatto che trovo abbastanza insensato un potere che permette di ottenere praticamente qualsiasi cosa. Cioè, graziarcazzo, se puoi fare tutto dove sta la sfida? Ma questa pare sia proprio la prerogativa delle Lanterne Verdi, il corpo dei guardiani universali, per cui come dicevo lo posso accettare (anche se ammazza tutto il pathos). Quello che non torna è che all'interno della storia stessa le basi vengono stravolte. E qui si va nello spoiler, ma insomma, c'è poco da rovinare, quindi non penso di fare danni. Se proprio temete di perdervi questa grandiosa esperienza, saltate il prossimo paragrafo.

Esempio #1: fin dall'inizio viene chiaramente detto che tutto il potere delle Lanterne Verdi viene dall'anello. Forte, e sapendo questo si trattiene il respiro quando l'eroe porge di sua volontà l'anello al boss del primo livello. Ma poi ecco che l'arrogante ragazzetto ci mostra che pure senza l'anello può lanciare le sue palle di fuoco verde Slimer. [Citazione odvuta, visto che in attesa del film ci siamo goduti un paio di scene di Ghostbuster 2 in tv.] Ma allora ci hanno presi per il culo fin dall'inizio? Lo stesso vale per l'Esempio #2: il boss finale, quel cattivo divora-mondi che era stato intrappolato con un nodo da lupetto, e che nel suo piano di conquista dell'universo (nota bene: l'universo, non l'orto di casa mia e nemmeno l'Alsazia e la Lorena) pensa bene di prendersela con un pianeta remoto e insignificante come la Terra, se la prende col suo discepolo umano perché ha fallito nella sua missione, dopodiché lo trucida. Ma non doveva portargli l'anello di Green Lantern? E in quel momento ce l'aveva proprio al dito! Ma è rincoglionito pure lui? Questi sono esempi lampanti, ma ci sono decine di inconsistenze simili: il fatto che il megacattivo muoia incendiato dal sole (com'è che un intero plotone di giustizieri cosmici immortali non ci aveva pensato?), proclami assurdi del tipo "più è grande, più brucia in fretta", e in definitiva una diffusa, fastidiosa superficialità nella trattazione della storia, con molti punti sollevati e lasciati in sospeso: il nipote del protagonista? L'anello a base di paura? L'amico nerd? Il tema del superamento delle paure? Se si aggiunge a tutto questo qualche altro particolare insapore, come le assurde manifestazioni di energia di Green Lantern (perché cazzo materializzare una pista da corsa per evitare lo schianto di un elicottero? E le catapulte e le molle con effetti sonori da circo?), e il fatto che in tutta la sua carriera da supereroe si è limitato a salvare da morte soltanto un senatore (precedentemente ritratto come tipico soggetto corrotto e amorale), il suo seguito di lacché altoborghesi, e una maestra delle elementari, mentre intorno a lui le persone morivano nell'ordine delle centinaia, resta davvero poco di apprezzabile.

Falliti anche i tentativi di umorismo, e qui l'unica battuta funzionante è quella in cui la ragazza gli dà letteralmente del cretino pensand che non lo avrebbe riconosciuto con una mascherina verde che gli copre appena le palpebre e il naso. Prevedibile applicazione della regola del TQS (Tra Quanto Scopano), ed epilogo che invoca il valore supremo dell'umanità, senza dare idea di cosa avverrà dopo. Ma forse è meglio così. Perché non vogliamo saperlo. I Guardiani ci salvino da un Green Lantern 2.

Ultimi acquisti - Novembre 2011 (parte 2)

Seconda parte degli ultimi acquisti del mese da poco terminato. Se vi siete persi la prima, con la lista degli album techno/minimal, forse è il caso che vi mettiate in pari. Quelli che seguono sono invece album di genere vario, pur rientrando nell'ambito della musica elettronica.

Qualche pezzo di Ben Westbeech potreste averlo addirittura sentito alla radio, il che è un caso del tutto eccezionale per la musica di cui parlo io. Il suo è quel genere di luounge-house con il beat non troppo marcato e lunghe lyrics lamentose (almeno nel tono della voce, poi i testi in sé sono anche abbastanza leggeri). Si fa abbastanza presto a paragonarlo a Jamiroquai per avere un'idea del genere. Il nuovo album There's More to Life than This si inserisce in questo filone, con tredici pezzi da aperitivo non troppo impegnativi, di quelli che senti e canticchi, per poi dimenticare quando arrivi all'antipasto. Una buona musica da intrattenimento senza pretese.


Anche Sander Van Doorn potreste averlo sentito, se bazzicate un minimo l'ambiente della musica da club. Si tratta di uno dei nuovi talenti della trance, e di fatto l'unico tra tutti gli autori che presento in queste pagine a comparire nell'ultima Top 100 di Dj Mag (non è questa la sede di parlare dell'opinabilità della classifica...). Eleve11 è il suo secondo album, uscito sulla sua etichetta Doorn Records, e raccoglie 11 (+1) pezzi di quel genere di pop-trance che ora va abbastanza, la maggior parte dei quali ha anche featuring/collaborazioni di rilievo. Devo ammettere però che da Van Doorn, che già in passato si è dimostrato un artista di talento, mi aspettavo qualcosa di più, mentre quest'album è molto uniforme quanto a stile e sonorità, e se i pezzi hanno una buona carica non si può invece dire che riescano a colpire nel profondo. Risultato sufficiente, ma migliorabile.


Baldelli e Dionigi sono due veterani dell'elettronica italiana che da anni collaborano per produzioni di vario livello. In questo Adaptors i due hanno raccolto e rielaborato una decina di pezzi di Richard Bone, leggendaro compositore americano di musica ambient, e li hanno adattati in ottica da club, aggiungendo il kick dove mancava, esaltando i bassi quando serviva e così via, ma rimanendo sempre fedeli ai temi dei pezzi originali, che non vengono così semplicemente campionati ma reinterpretati, esaltandone gli aspetti caratteristici. Un ottimo lavoro, che riesce a soddisfare tanto gli amanti dell'electro (con qualche elemento tribal) che i fan della musica puramente ambient, e che grazie ai suoni particolari può farsi apprezzare anche da chi non ha idea di cosa sto parlando.


Da una leggenda all'altra: perché di Jeff Mills non si può dire altro che sia una delle semidivinità che la musica elettronica l'ha in pratica creata. E un personaggio di tale importanza è forse uno dei pochi al mondo che possa permettersi di prendere il film Viaggio allucinante del 1966 (basato sul romanzo di Isaac Asimov) e comporne una colonna sonora. Fantastic Voyage infatti è proprio questo. Come aveva già fatto con Metropolis, Mills ha tratto ispirazione dal classico e ne ha estratto una sua personale interpretazione. 22 tracce tra ambient e techno, un vero e proprio viaggio in atmosfere claustrofobiche ma calde, come può esserlo il corpo umano visto dall'interno. Tempo fa, quando parlavo di Luna di Bodzin & Romboy, mi sono azzardato a sottolineare quanto quell'album fosse profondamente fantascientifico, senza essere in grado di spiegarmi meglio. Ecco, per Fantastic Voyage vale la stessa similitudine, ma in modo molto più esplicito. Anche ignorando l'ispirazione dell'album, chiunque lo ascolti percepisce sicuramente l'aspetto misterotecnologico che fa da tema a tutti i pezzi.

Ultimi acquisti - Novembre 2011 (parte 1)

Ehi, ma era da agosto che non mi facevo una paccata di cd nuovi! La settimana scorsa ho provveduto a rimpolpare le mie riserve di suoni, accaparrando 13 nuovi oggetti da aggiungere alla mia collezione che è molto prossima alla massa critica di implosione. Trattandosi di parecchia roba, suddividerò il resoconto in tre parti: un primo post (questo) per gli album techno/electro, uno per gli album di genere diverso, e uno per le compilation.


Cominciamo con un album da poco pubblicato sull'etichetta M_nus (leggi "minus"), che come si evince dal nome si dedica principalmente alla minimal. After the Storm rispecchia in pieno la definizione dell'etichetta, con dieci tracce di pura techno minimale, di quella che sicuramente a voi profani viene a noi ad ascoltare, ma che un appassionato del genere riesce a gustare appieno. Il primo album di Barem si rivela quindi una buona prova, e sarà sicuramente interessante seguirne le prossime produzioni. Come nota a margine aggiungo solo che ho apprezzato molto (da fissato dei titoli quale sono) la scelta di nominare le tracce in sequenza con le parole che compongono la frase: there is nothing bettere than a clear blue sky after the storm.


Altra novità è Tridact, album sulla cui copertina non è riportato nemmeno l'autore ma che all'interno si scopre essere Brandon Johnson. Chiunque esso sia. Un nome che in effetti non dice nulla, ma un disco a cui non ho saputo resistere dopo un primo assaggio. Sonorità electro che ricordano una italo disco declinata in una struttura più moderna, con l'aggiunta di qualche corda nei punti giusti, che riescono a creare una serie di pezzi che in qualche modo ricordano le sere estive appena trascorse. Un album che forse non si presta al clubbing, ma che riesce a riscaldare il cuore durante l'ascolto, facendo affiorare qualche sorriso di compiacimento.


Sapevo già dell'uscita del nuovo album degli Extrawelt, e vedermelo davanti mi ha fatto aumentare abbondantemente la salivazione, anche più del profumo di lampredotto proveniente dal banchetto poco lontano da Mastelloni. Le aspettative per In Aufruhr, che google translate mi ha rivelato significare "in rivolta", erano alte, e posso dire che non sono state disattese. Le tracce sono tutte in perfetto stile Extrawelt, con ritmi incalzanti, bassi forti e un sapiente uso delle distorsioni del suono, e si riconosce il tocco presente anche in vecchi dischi come Titelheld e Doch Doch. Un paio di pezzi mi si sono fissati in testa già dopo il primo ascolto, come Aufwind e Swallow the Leader, e questo indica che il duo tedesco ha fatto bene il suo lavoro. Se proprio si vuole muovere una critica, devo dire che In Aufruhr non mi ha sorpreso come il precedente Schone Neue Extrawelt (anch'esso pubblicato da Cocoon): il gruppo si è forse stabilizzato su uno stile che padroneggia, dal quale non intende allontanarsi. Il che può andare bene, ma lascia l'aspettativa per qualcosa di innovativo, che sicuramente da loro ci si può aspettare.


Abbandoniamo il 2011 e passiamo a un paio di album più datati, ma non per questo meno validi. Paul Kalkbrenner potrebbe essere un nome non del tutto sconosciuto, che ha raggiunto un notevole livello di fama per aver interpretato nel 2008 Berlin Calling, uno dei pochi film dedicato al mondo della musica elettronica (dico "uno dei pochi" perché la mia cultura cinematografica non è così vasta, ma può darsi benissimo che sia proprio l'unico), di cui lui è sia attore che compositore della colonna sonora. Zeit risale al 2001, quindi antecedente al film, ma all'epoca Kalkbrenner era già un dj e produttore largamente affermato. Undici tracce, tra le quali un paio di interludi strumentali, e per il resto buona techno con una componente melodica importante. L'album è più che discreto, ma volendo trovare anche qui un difetto, si può obiettare che in effetti è troppo corto! Anche escludendo gli interludi, le stesse canzoni non sono molto lunghe, raggiungono al massimo i 5 minuti, e l'album intero dura forse meno di un'ora.


Per ultimo ho lasciato la sorpresa, il disco che non mi aspettavo e che mi ha fatto innamorare. Orchestra of Bubbles è una collaborazione realizzata nel 2006 da Ellen Allien e Apparat. Della Allien ho già parlato quando ho acquistato l'ultimo album Dust (e poco dopo la relativa raccolta di remix), e ho già potuto esprimere il mio apprezzamento per questa artista. Nell'album le sue tipiche sonorità morbide e emotive si sentono tutte, così come la sua voce che interpreta i testi riportati nel libretto. Apparat si miscela alla perfezione, dando alle canzoni una carica in più che riesce a rendere le tredici tracce tanto coinvolgenti quanto avvolgenti, adatte sia all'ascolto che all'utilizzo in pista. Un album che si potrebbe definire a metà tra techno/electro, con il beat che spesso non segue i 4/4, ma la varietà e ispirazione dei suoni rendono Orchestra of Bubbles una di quelle rare opere che non può non essere apprezzata da chiunque ami la musica come forma di arte in sé, al di là delle classificazioni. Provate ad ascoltare Way Out, Retina, Bubbles, e poi fatemi sapere.

Coppi Night 20/11/2011 - Human Nature

Solitamente quando si guarda un film lo si identifica innanzitutto con gli attori presenti. In secondo luogo si pensa al regista. Raramente lo sforzo va oltre nella catena di realizzazione dell'opera, rivolgendosi agli autori veri e propri della sceneggiatura. Perché, un film va anche scritto. In molti casi le sceneggiature sono adattamenti di romanzi, racconti, o film precedenti. Ma a volte si tratta di opere originali, concepite e scritte come film. In questo caso si può pensare che il film sia stato "creato" dall'autore, per poi essere realizzato da tutta la squadra di produzione, regista e attori inclusi. Ma sono pochi gli sceneggiatori che acquisiscono fama in quanto tali.

Uno di questi però è Charlie Kaufman. Senza voler ostentare troppo la mia più completa adorazione per questa persona che esprime in ogni sua opera la più pura forma di genio che si possa riscontrare in un essere umano, mi limito a citare i film scritti da Kaufman: Essere John Malkovich, Confessioni di una mente pericolosa, Il ladro di orchidee, Eternal Sunshine of the Spotless Mind, Synecdoche New York, e, ormai l'avrete capito, il presente Human Nature. Ora, bisogna ammettere che Kaufman ha avuto dalla sua registi di grande mestiere come Spike Jonze e Michel Gondry, che hanno saputo realizzare al meglio le sue idee, così come attori altrettanto validi (Catherine Keener, Jim Carrey, Kate Winslet, John Malkvocih [ma dai!?], Philip Seymour Hoffman, e... sì, pure Nicholas Cage). Quindi forse non è tutto merito suo se i film "written by Charlie Kaufman" sono dei capolavori, ma, insomma, conterà qualcosa, no?

A voler essere onesti, ora che ho visto tutti i film di Kaufman (eccetto Confessioni di una mente pericolosa, che ho scoperto che mi mancava proprio ricercando ora la filmografia completa: mancanza che rimedierò al più presto), posso dire che Human Nature è il meno riuscito. Certo il "meno riuscito" di Kaufman lo colloca al di sopra della media dell'intera produzione cinematografica mondiale annuale, ma in un'ipotetica Kaufman Collection sarebbe quello da mettere come prima uscita al prezzo lancio di 3,90 €, altrimenti nessuno lo comprerebbe. La storia ruota intorno a tre personaggi: un uomo cresciuto nel bosco da una scimmia (o meglio, da suo padre convinto di essere una scimmia), una donna che soffre di una forma estrema di ipertricosi che la rende completamente coperta di peli, e uno psicologo che studia il comportamento animale, con l'obiettivo di insegnare loro le norme della "civiltà". I tre raccontano ognuno dal proprio punto di vista, riferendo a un diverso tribunale, e mettono così insieme la storia che li ha visti intersercarsi e scambiarsi di ruolo in più di un'occasione. Si capisce che lo scienziato troverà l'uomo-scimmia e cercherà di civilizzarlo, la donna pelosa vorrà vivere come l'uomo scimmia, l'uomo scimmia vorrà essenzialmente solo accoppiarsi. In tutto ciò si hanno diverse situazioni paradossali, al limite del surreale, e qualche riuscito colpo di scena.

Quello che non funziona in Human Nature è una direzione precisa data alla storia. Il tono è palesemente leggero, ma non si capisce se voglia essere deliberatamente comico o solo parodistico, se si sta cercando di inscenare una pantomima o un dramma. L'idea del selvaggi "corrotto" dalla civiltà e poi riportato alle sue origini di per sé è scontata, e le vicissitudini degli altri personaggi intorno a questo nucleo non riescono a dare maggiore profondità al tema centrale, quello della "natura umana" che si manifesta sempre e comunque (come nel finale a sorpresa). Un messaggio quindi troppo facile, per un film che forse non ha il coraggio di mostrarsi del tutto per quello che è, ovvero una fiaba moderna. Ciò detto, si tratta comunque di un film che riesce a intrattenere, e anche a divertire. La leggerezza non impedisce alla struttura di intrecciarsi, con i punti di vista dei personaggi che si incrociano e si accavallano, anche in luoghi e tempi diversi.

E con questo, sono riuscito a portare nel Coppi Club già tre film di Kaufman, dopo Essere John Malkovich e Il ladro di orchidee. Con Eternal Sunshine (che per inciso, è il mio film preferito in assoluto) ci proverò ancora, ma non credo che avrà una strada facile per aggiudicarsi la vittoria. Per Synecdoche New York (di cui Kaufman non è solo autore ma anche regista!) non ci provo neanche, tanto più che non è mai stato doppiato in italiano. Spero che mi abbiate sentito, distributori cinematografici: Synecdoche New York non è ancora stato tradotto in italiano! Datevi una mossa!

Flashback to Millions

Breve comunicazione di servizio: data la flebilmente annunciata imminente chiusura di Splinder, che sarà definitivamente offline a fine gennaio, tutti i contenuti del vecchio blog andranno persi. Per questo, ho intenzione di pianificare una più massiccia operazione di flashback su questa piattaforma, in modo da non perdere tutto quello che è stato il primo Unknown to Millions per oltre due anni.

Naturalmente non traslerò in blocco e senza criterio i vecchi post, ma cercherò di inserirli diluiti in mezzo ai nuovi. Inoltre non riprenderò tutti i contenuti, ma solo quelli ancora attuali e interessanti: le varie recensioni (musicali, letterarie o cinematografiche [esclusi i precedenti resoconti delle Coppi Night, sarebbero troppi]), le citazioni (bustine di zucchero, immagini e [quote]) e qualche altro post occasionale. Vecchie segnalazioni e autopromo chiaramente non hanno senso di essere riportati qui.

Per cui, se non volete perdervi nemmeno questi contributi più datati, avete un'ultima possibilità di farvi un giro sul primo Unknown to Millions. In seguito lavoreremo per rendere il vostro soggiorno qui sempre più piacevole.

Futurama 6x21 - Möbius Dick

Solo due episodi fa, Leela era la protagonista di una storia non troppo esaltante, in cui emergeva il suo animo filantropico/buonista. Ma il personaggio ha un carattere complesso, che oltre a farne una donna di ideali la mostra spesso come persona determinata, combattiva, pronta al confronto e allo scontro. È questa sua seconda natura che prevale in Möbius Dick.

Il titolo fa subito pensare al romanzo di Melville, con il gioco di parole che include il famoso "nastro di Möbius", una particolare costruzione topologica che risulta in una striscia bidimensionale che in realtà che scorre sulle tre dimensioni. E infatti, la storia consiste proprio nella caccia a una gigantesca balena spaziale quadridimensionale. L'equipaggio della Planet Express si trovà a confrontarsi col mostro dopo aver attraversato incautamente il "tetraedro delle Bermuda", una regione di spazio in cui molte astronavi sono andate perdute. Dopo i primi attacchi, che privano l'astronave del carico che avrebbero dovuto consegnare, Leela decide in qualità di capitano di catturare la balena, per recuperare la merce ma forse (soprattutto) per ottenere vendetta. Attivata la proplusione con le vele solari, i marinai spaziali inseguono Möbius Dick, che ha la capacità immergersi ed emergere dalla quarta dimensione, nella quale anche l'astronave si ritroverà per un breve tratto. Ma la lotta è impari, e nonostante le proteste degli altri Leela porterà avanti la sua caccia fino all'inevitabile rovina.

La puntata si fa interessante fin dalle prime battute, in cui si vede la fondazione della Planet Express risalente a cinquant'anni prima, con il primo equipaggio, la prima missione e il primo lancio nello spazio. Un giovane Zoidberg insolitamente popolare era già a fianco del Professore, e sarà l'unico sopravvissuto dell'attacco della balena che ha distrutto la Planet Express 1. La scoperta del relito della vecchia astronave, e la comparsa del mostro, aggiungono poi adrenalina alla storia, e l'inseguimento è a sua volta appassionante. In tutto questo, c'è anche spazio per una rivelazione finale, in cui Leela scopre la vera natura di Möbius Dick, apparentemente condannando se stessa e tutti i suoi compagni.

Quello di veramente notevole in Möbius Dick è come gli autori siano riusciti a rendere epica una banale consegna di merce. La determinazione e ossessione di Leela per il suo lavoro e il suo ruolo ne fanno un leader spietato ma inflessibile, ed è questo particolare a fare la differenza alla fine. Se si aggiungono a questo i flashback sulle origini dell'azienda del Professore, la breve sequenza nella quarta dimensione, e particolari geek come le budella della balena (fatte proprio in forma di nastro di Möbius) o le sue sfiatate costituite di frattali, si ottiene un episodio di grande livello, un'avventura dal passo rapido e composta di ottimi ingredienti nelle giuste proporzioni. Voto: 9/10

La fine dell'era della tv in casa Piscu

Venerdì è arrivato anche qui (una tra le ultime zone italiane) il temuto switch off. Ovvero, da quel momento tutti i segnali televisivi trasmessi sulla banda analogica (uhf/vhf) sono stati spenti, e si può ricevere solo il nuovo segnale digitale. I cinque televisori di casa Piscu, da quello stesso momento, sono regrediti alla funzione esclusiva di monitor per altri apparecchi come videoregistratori (sì, ce l'ho ancora!) e lettori dvd. Nessuno finora aveva acquistato un decoder, e nessun televisore è abbastanza nuovo da riuscire a ricevere il digitale come dote innata. A dirla tutta, nessun televisore è abbastanza nuovo da funzionare con un sistema più moderno del tubo catodico.

Per cui, da venerdì in casa mia non c'è più la televisione. Ora, io non sono un grande televisofago, anzi il tempo che passo seguendo il palinsesto è piuttosto limitato: quando sono a casa preferisco intrattenermi al computer, e se ho voglia di guardare un film lo faccio più spesso lì, o appunto guardando un dvd. Capita raramente che trovi in tv qualcosa che mi interessa. L'unico appuntamento pressoché fisso è quello dell'ora di pranzo, che passo volentieri seguendo i cartoni su italia 1, a patto che si tratti di classici come Simpsons, Dragon Ball, Lupin, e in periodi fortunati pure Futurama. Allo stesso tempo però, non sono un integralista anti-tv, e sono molto scettico quando sento quei discorsi da bar secondo cui tutti i presunti mali della società attuale, dal consumismo alla superficialità, dai cani assassini alle stragi del sabato sera, provengano dall'influenza malefica della televisione. Ho sempre pensato che ognuno sia libero di farsi intrattenere come preferisce, ben conscio del potere del telecomando che gli consente di zittire l'apparecchio quando si fa più invadente o più noioso.

Ma da un paio di giorni, anche il telecomando ha perso il suo potere. Con tutta la buona volontà, non è in grado di far apparire anchorman e presentatori, comici e vallette, moderatori e politicanti, predicatori e calciatori. Poco male. È mia ferma intenzione non acquistare il decoder, proposito confermato proprio ieri mattina, quando recandomi al supermercato per comprare qualche ingrediente per la cena [seppie ripiene con patate, nda], ho visto una scatolina con scritto "DECODER DIGITALE" in almeno metà dei carrelli. No, io non ne voglio fare parte. Non escludo che qualcun altro in famiglia decida di dotarsene, ma a me non interessa.

Come ho smesso di ascoltare la radio quando l'unico conduttore che seguivo è stato sospeso, adesso ho il pretesto per liberarmi anche della presenza della tv. Senza rancori, ma con determinazione. Si può vivere anche senza televisione, no? Bene, scopriamo come si sta.

Coppi Night 13/11/2011 - Ocean's Eleven

Come negli altri sporadici casi di film ampiamente noti al grande pubblico, mi pare inutile fornire la mia recensione di questo. Posso solo dire che lo ritengo brillante, ben congegnato e supportato da un validissimo cast, e che nonostante avessi bisogno (tanto, davvero tanto bisogno) di dormire in quell'ora e quaranta di domenica sera, non ci sono riuscito perché mi sono lasciato trascinare dal film, pur conoscendolo e avendolo visto già un paio di volte.

Quindi invece di parlare del film, rimuovo l'etichetta cinematografica dal post, e lo sfrutto per dare qualche gustoso quanto non richiesto particolare in più sullo svolgimento delle Coppi Night. Il Coppi Club si riunisce ormai da più di tre anni (non c'è una precisa data di inizio, è stato un processo graduale), e nel corso del tempo si sono instaurate delle tradizioni che vanno anche al di là del Regolamento vero e proprio. Per esempio, nonostante non ci siano criteri definiti per la selezione di film da proporre durante ogni serata, ogni Anfitrione ha delle caretteristiche che col tempo si sono affermate. Si hanno così tanto una "serata trash" come una "serata blockbuster", e varie sfumature e livelli di ricercatezza differenti per i vari Membri. Domenica scorsa si trattava proprio di una di queste serate blockbuster, nelle quali, da anni, l'Anfitrione era solito proporre, come ultimo film della lista, senza nemmeno preoccuparsi di aggiungere una descrizione (o limitarsi a un laconico "lo sapete"), proprio Ocean's Eleven.

Ecco che, dopo anni, questa cartuccia gli è stata tolta dall'arma. Alla vittoria del film, avvenuta peraltro con la monetina (a sua volta ritrovata da me la mattina prima, dopo che era stata dispersa per mesi in mezzo agli spiccioli in macchina) dopo un pareggio finale, si è levato un boato da parte degli altri Membri del Club, soddisfatti di aver finalmente portato alla vittoria gli undici di Ocean. Adesso, tra i "grandi successi" che Mr. Blockbuster continua a proporre quasi ogni volta, gli rimane solo Cool Runnings, che però raramente è stato votato da più di due persone.

La lunga storia della mia pressione per Pitch Black ve la risparmio invece per un'altra volta.

Rapporto letture - Ottobre 2011

Una mattinata sotto l'effetto dell'acido acetilsalicilico è l'occasione ideale per redigere il rapporto letture del mese scorso, impresa impegnativa visto che si tratta di rievocare sette libri. Sarà un post più lungo della media quindi parto subito.


More about La scacchieraQuesto vecchissimo Urania è un romanzo di John Brunner, autore che ho già avuto modo di apprezzare intanto per l'ottimo e innovativo Tutti a Zanzibar, e poi per una serie di racconti sempre di buon livello che mi è capitato di leggere. Se di solito però Brunner si occupa di fantascienza (anche se non nella sua forma più hard), questa storia è invece un mistery/giallo, ambientato in un'ipotetica capitale di un paese sudamericano governato da un dittatore. Il protagonsita è un analista del traffico, assunto apparentemente solo per risolvere i problemi di viabilità della città, ma ben presto si scopre che la posta in gioco è molto più alta, ed egli stesso rimane coinvolto in un gioco più grande di lui. Non costituisce spoiler rivelare che La scacchiera è ingegnosamente costruito basando i movimenti dei personaggi su quelli di una famosa partita di scacchi, ma se sulle prime questo sembra più una sfida per lo scrittore che un plus per il lettore, arrivati alla fine si scopre che questa impostazione non è puramente strutturale, ma anche funzionale alla trama, e non si può che riconoscere la grandezza di questo scrittore che è riuscito a mettere insieme un meccanismo così perfetto. Voto: 8/10


More about Missione eternaGeneralmente apprezzo Joe Haldeman, ma la mia considerazione nei suoi confronti sta via via scemando. Forse perché di recente mi sono trovato sempre più spesso a leggere sue storie che sembrano scritte per inerzia, più che per ispirazione. Questo Missione eterna, che dovrebbe essere un seguito dell'eccellente (quello sì!) Guerra eterna, è un esempio chiaro di questa tendenza. A parte il fatto che con il capitolo precedente ha in comune solo i personaggi, e che la storia è completamente diversa (non sarebbe necessariamente un male, se non si pensasse maliziosamente che Haldeman abbia voluto cavalcare il successo dell'altro libro), questo è un romanzo che sembra non avere una direzione precisa, come se fosse stato scritto portando avanti idee improvvise e tra loro indipendenti. Quasi metà libro per entrare nell'azione vera e propria, e una conclusione che francamente appare ridicola, un finale che si sarebbe potuto appiccicare senza criterio a qualunque storia. Non ci siamo. Voto: 5/10


More about Il mondo nuovo - Ritorno al mondo nuovoAccostandomi a Il mondo nuovo ero leggermente timoroso. Questo perché credevo che il romanzo di Aldous Huxley, come molti "classici" fosse ponderoso e difficile da seguire per stile e temi. Invece questo romanzo distopico non è solo interessante per le sconvolgenti idee che espone, ma anche una lettura appassionante per le vicende di cui i personaggi sono protagonisti. I brevi saggi aggiunti alla fine aiutano a inquadrare in maniera più completa i problemi affrontati nel libro, dando una visione inquietante del "mondo nuovo", che oggi pare quanto mai vicino (e infatti proprio da qui ho tratto il [quote] # 14). Si associa spesso questo libro a 1984di Orwell come esempio di distopia futuristica, ma è mia convinzione che questo sia molto più subdolo e realistico: la dittatura del piacere al posto di quella della repressione; popolazioni condizionate non ad avere paura, ma a godersi la vita; sovraccarico di frivolezze invece della censura. Vi ricorda qualcosa? Voto: 8.5/10


More about Sotto la dicitura dei miracoliNon avrei mai letto questo libro (anche perché probabilmente non lo si trova in libreria), se non mi fosse stato prestato da un conoscente dell'autore Vladimir G. Londini, desideroso di avere la mia impressione sul romanzo (forse abbagliato dal titolo di Scrittore dell'Anno di cui ancora posso fregiarmi). E, a dirla tutta, se non avessi letto questo Sotto la dicitura dei miracoli non mi sarei perso niente. Pur figurandovi alieni e pianeti diversi, si può dire che sia fantascienza nella stessa misura in cui le favole di Esopo sono etologia. La storia è confusa e incomprensibile, mescola misticismo neocristiano a filosofia newage, tira in ballo valori e rivelazioni senza ragioni precise, utilizza personaggi tutti simili tra loro che agiscono senza ragioni precise. Se devo essere onesto, dato che un minimo conosco questo mondo, è chiaramente l'opera di un principiante pubblicata senza una minima critica letteraria. Voto: 3/10


More about GesùRestiamo in ambito pseudoreligioso con un altro libro che mi è stato prestato, l'unico non-narrativo di tutto il mese. In Gesù - L'invenzione del dio cristiano, l'autore Paolo Flores d'Arcais sfrutta argomenti storici e culturali per mostrare come la figura di Gesù, che probabilmente fu soltanto un predicatore come tanti, sia stata manomessa dai suoi stessi seguaci fino a farne diventare un messo divino. Sfruttando in gran parte le stesse fonti dei vangeli, si scoprono le contraddizioni e le interpretazioni distorte volutamente dalla Chiesa, ed è difficile riuscire a confutare la validità delle argomentazioni. Una lettura sicuramente interessante, forse resa più ostica dalle numerosissime citazioni che compaiono per tutto il libretto. Voto: 7/10


More about Strani attrattoriStrani attrattori viene presentato come "antologia di fantascienza radicale", ma in realtà mi sembra più opportuno parlare solo di letteratura underground, perché molti racconti di fantascientifico non hanno proprio nulla. Questo non vuol dire che la raccolta perda di valore, perché i molti autori coinvolti riescono a fornire una panoramica di temi, stili e interpretazioni del mondo moderno capasce di lasciare un segno profondo nel lettore. Si trovano opere di gente conosciuta come Sterling, Ballard e Di Filippo, così come altri meno noti e alcuni addirittura anonimi. Oltre ai racconti veri e propri ci sono anche alcune poesie, e brani di testo costituiti di poche righe di difficile collocazione. Peccato scoprire solo nella postfazione che la ShaKe, per la trasposizione italiana, sia stata costretta a tagliare un numero considerevole di lavori. Voto: 8/10


More about MalapuntaL'ultimo libro del mese ho finito di leggerlo sul treno di ritorno dal Lucca Comics, mentre alcuni ragazzini di fronte a me discutevano del fratello di Vegeta. Si tratta di Malapunta, che riporta in copertina Morgan Perdinka come autore. Questo Morgan Perdinka, che difficilmente avete sentito nominare, è un personaggio del romanzo L'estate di Montebuio di Danilo Arona, e (ve lo rivelo io) in realtà Arona è l'autore anche di questo libro di Edizioni XII, di cui lui si dichiara soltanto curatore. Una storia complessa, ambientata su un'isola (Malapunta, appunto) dell'arcipelago toscano, un posto misterioso e forse "magico", in senso molto ampio. In Malapunta di mescolano elementi fantascientifici, mitologici, horror e onirici, in un percorso che da un test di "sogno collettivo" procede verso una probabile e imminente fine del mondo. Forse manca qualcosa per poter dire che questo libro è perfetto, perché arrivati alla fine non tutti i dettagli trovano una loro chiara spiegazione (anche se il confine tra realtà e sogno è uno dei temi principali, per cui può darsi che si tratti di un effetto voluto), e alcuni personaggi e situazioni sembrano non essere sfruttati al pieno delle loro potenzialità. Ma la storia è avvincente e soprendente, e in più di un'occasione ci si trova di fronte a degli sconvolgimenti che obbligano il lettore a riconsiderare tutto quanto appreso fino a quel momento. In definitiva, un ottimo romanzo di un autore italiano che non ha niente da invidiare ai colleghi best-selling internazionali. Voto: 9/10