Doctor Who 11x10 - The Battle of Ranskoor Av Kolos

E siamo arrivati quindi al season finale di questo soft reboot di Doctor Who. Stagione più corta di tutte le precedenti, che contavano 12 o 13 episodi, ma di minutaggio inferiore, circa un quarto d'ora in meno, quindi alla fine il tempo trascorso guardando questa stagione è abbastanza simile alle altre dieci.

Come sempre nel finale di stagione vengono riannodati i fili sparsi nel corso degli episodi trascorsi, e si arriva così al compimento dell'arco narrativo che... ah, no. In questo caso la volontà di Chibnall di fare una stagione interamente episodica e disgiunta, un "monster of the week" estremo, ci porta a un finale che non ha niente del finale, nel senso che non va a concludere niente di aperto. È vero, l'antagonista principale è uno che abbiamo già visto, ma si trova in una situazione completamente diversa a quella precedente e non c'era comunque nessun indizio a far credere che sarebbe stato l'avversario finale. Insomma è soltanto un recurring villain, non la chiusura di una storyline.

Un altro punto da togliersi subito dalla testa è il titolo: non c'è nessuna "battaglia" in questo episodio. Certo c'è un confronto, uno scontro con un nemico che ha intenzioni malvagie, ma una battaglia è un'altra cosa, richiederebbe la presenza di un qualche tipo di esercito e uno scambio di colpi. Anche a volerla intendere in senso metaforico è un concetto che va mooolto stiracchiato per adattarlo a come si svolgono le cose.

Ma veniamo allora a quello che questa puntata è, piuttosto che quello che non è. Il Dottore e soci rispondono a una richiesta di aiuto e arrivano sul pianeta del titolo, dove trovano i resti di diversi naufragi. Prima di atterrare il Dottore si premura di fornire a tutti degli stabilizzatori neurali, perché il pianeta ha la anomala capacità di influenzare la mente e provocare amnesie e cambi di personalità. Ricordatevelo, perché ci torneremo dopo. Incontrano l'ultimo superstite di una di quelle astronavi precipitate, che non ricorda cosa era venuto a fare, solo che era una missione di salvataggio. Il pianeta è abitato dagli Ux, una razza di alieni (completamente umani, come quasi tutti gli alieni visti in questa stagione) che ha il potere di influenzare la materia con la mente, una specie di Forza (quella di Star Wars) potenziata perché trascende anche i limiti dello spaziotempo. Roba forte. E si scopre che questi alieni sostanzialmente onnipotenti sono stati plagiati da Tzim-Sha, il Predat-ehm, lo Stenza battuto dal Dottore in The Woman Who Fell to Earth. Il cattivo è stato esiliato proprio su quel pianeta, e i due Ux hanno pensato bene che fosse il loro creatore e hanno iniziato a servirlo in tutto e per tutto. Che è come se a Thanos rubassero la carta di credito con una mail di phishing dal finto sito di Poste Italiane.

Ma insomma, batti e ribatti alla fine il Dottore riesce a convincere gli Ux che sono stati dei fessi e far saltare il piano del cattivo, che stava intrappolando uno alla volta interi pianeti. Tutto questo però, per quanto drammatico, non riesce mai a trasmettere quel senso di urgenza e di pericolo che dovrebbe. L'equipaggio dell'astronave imprigionato? Boh, chi li conosce. I pianeti imprigionati? Sì, ok, ma dove li ha presi? È come quando la Morte Nera distrugge Alderan, ci interessa qualcosa solo perché il pianeta della principessa. Ci prova Tzim-Sha a prendere la Terra (a quanto pare aspettava proprio che arrivasse il Dottore per passare a quella), ma ovviamente viene fermato prima. E delle conseguenze del raggio cosmico con cui la Terra viene investita non sappiamo nulla, quindi vabbè, tutto come prima.

L'unico punto della vicenda che riesce a trasmettere un po' di tensione, è la vendetta di Graham. Saputo che sul pianeta è presente l'alieno responsabile della morte di sua moglie, è deciso a rendergli lo stesso servizio. Ne parla con il Dottore, e per la prima sacrosanta volta vediamo uno scontro diretto di opinione tra questo Tredicesimo e i suoi compagni. Graham è assertivo, dice semplicemente "io lo ucciderò"; lei gli risponde che se lo farà non potrà più viaggiare con loro; a Graham sta bene così. Non cede di fronte al dilemma morale del giustiziere che compie un torto pari a quello del criminale. Almeno non all'inizio. Poi sappiamo già come andrà a finire, ma il duello tra lui e Tzim-Sha è l'unico momento davvero intenso della puntata. Certo è che l'alieno deve aver perso un po' la mano di feroce cacciatore, perché si presenta allo scontro senza nessuna arma e per essere fermato basta pestargli il piede, più o meno.

Comunque, il cattivo viene messo in stasi, i pianeti tornano al loro posto, gli Ux decidono di scoprire un po' l'universo perché si rendono conto di quanto idioti sono stati, e il Dottore se ne va coi suoi amici. Fine della puntata e della stagione. Cosa è cambiato rispetto all'inizio di queste dieci puntate? Nulla. Soltanto il rapporto tra Ryan e Graham si è consolidato (anche se non ho capito perché Graham ci tenga tanto che lui lo chiami nonno, voglio dire, non ha sei anni, ne avrà ventidue, è capace di distinguere che lui non è suo nonno e volergli comunque bene), ma era già successo nella puntata precedente. Graham ha affrontato il suo avversario, ma questo desiderio di vendetta si era appena manifestato, quindi non era un tratto distintivo che lo ha caratterizzato finora. Yaz... vabbè, Yaz sta lì e basta, anche stavolta. E il Dottore. Niente, il Dottore continua a fare quello che stava facendo, perché non aveva un obiettivo e non c'era niente da imparare.

Ah, vi ricordate quella caratteristica così peculiare di Ranskoor Av Kolos, che altera le percezioni, i ricordi e gli stati d'animo dei suoi occupanti? No, ecco, nemmeno Chibnall se lo ricordava. Questo punto così fondamentale viene completamente messo da parte. Peggio ancora, il Dottore è davvero costretto a rimuovere il suo stabilizzatore neurale e quello di Yaz, ma la cosa gli procura solo un po' di stordimento, si rimette l'aggeggio e risiamo in pista! Sarebbe stata un'occasione servita tanto bene per un conflitto di qualche tipo (Yaz che dà di matto e si oppone al Dottore? Il Dottore che si dimentica cosa sta facendo?), ma no, niente. Un'altra delle pistole di Chibnall caricate a salve, come ne abbiamo già viste parecchie in precedenza.

Alla fine dei conti, The Battle of Ranskoor Av Kolos non si può nemmeno definire un episodio brutto. Ma non ha nessun guizzo da season finale che sarebbe ragionevole aspettarsi, si presenta come un altra storia indipendente dalle altre che non lascerà traccia appena dopo essere finita. Voto: 6.5/10

Rapporto letture - Novembre 2018

So che sto un po' neglettando il blog in queste ultime settimane, ma il tempo giornaliero che mi rimane dopo il completamento delle necessità fisiologiche mangiare-dormire-lavorare lo sto dedicando per lo più alla stesura di Scrabble, progetto di cui ho accennato anche qui pareeeecchio tempo fa ma che solo ora ho iniziato ad affrontare. Ma in fondo sono l'unico che si accorge della minor frequenza dei post qui sopra, quindi non serve scusarsi con nessuno. Se non con me stesso. Ma io non mi perdono mai. Mai.

Premesso questo, passiamo ai libri letti nel corso di novembre. Dopo l'autarchia narrativa del mese precedente, stavolta siamo tornati a una più sana alternanza di nazionalità ed epoche degli autori letti.


Iniziamo da Brian Aldiss, considerato tra gli autori classici della fantascienza. Sicuramente ho già letto altro di suo, anche se al momento mi sfugge cosa. Certo non mi aspettavo di trovarmi davanti una cosa come L'ora di ottanta minuti. Iniziamo dal titolo: che cos'è questa "ora di ottanta minuti"? Boh. Viene citata un paio di volte, è una specie di provvedimento preso dal megacomputer che domina il mondo per esercitare un controllo più puntuale ma come funzioni o come imfluisca sulla vita della gente non si capisce. In questo romanzo abbiamo una schiera di personaggi dai nomi improbabili, una ventina sono presentati solo nel primo capitolo e poi ritornano ogni tanto e ti devi ricordare chi sono. Succede un qualche casino spazio-temporale e alcune fette di pianeta si trovano sbalzate nel passato e si pensa che ci sia dietro questo computer ma in realtà c'è anche un tizio che si credeva morto perché aveva inventato e promosso l'utilizzo di un chip che permette di controllare lo stimolo alla riproduzione. E poi tutti cantano. Un capitolo sì e uno no, da un momento all'altro, i personaggi si mettono a cantare i loro dialoghi con duetti, come in un film Disney. In effetti è tutto molto teatrale anche l'esasperazione dei sentimenti e dei concetti espressi da ognuno. Una lettura davvero strana, non posso dire di essermi appassionato perché appunto non ci capivo niente, però è stato piacevole. Alla fine un voto 6.5/10 glielo concedo.


Passiamo poi al numero 81 di Robot, che risale a diversi mesi fa ma come sempre arrivo io in ritardo. Un numero un po' atipico perché buona parte dei racconti sono difficilmente inquadrabili come fantscienza, sarebbe più appropriato catalogarli come weird. Vale tanto per Pat Cadigan che per Emanuela Valentini, per China Miéville e Lorenzo Crescentini (con un racconto che avevo già letto in Animali). Alla fine l'unica storia di sf propriamente detta che si trova è quella di Davide Del Popolo Riolo, un racconto piutosto struggente su un astronauta che torna a casa per natale dopo molti anni passati nella prima colonia marziana. L'unica cosa che manca a mio avviso è un ultimo capitoletto che facesse da epilogo, ma per il resto è davvero un testo carico di spunti e sentimenti, dallo straniamento per un mondo irriconoscibile al rimpianto di aver abbandonato la famiglia. Tra gli articoli presenti nel volume il più interessante è senza dubbio quello sul rapporto tra la fantascienza e il ruolo degli "intellettuali", declinato in forma diversa per ogni epoca.


E per finire passiamo a un autore cubano, Carlos Hernandez, con la sua raccolta Guida cubana integrata alla santeria quantica, pubblicata (indovinate un po') da Future Fiction qualche mese fa. Racconti tutti estremamente godibili, diversi tra loro per temi e svolgimento, tutti pervasi da un sottofondo di ironia che li rende più leggeri senza per questo annacquarli. Quello che dà il titolo alla raccolta è la storia di un ragazzino che dopo la perdita della madre (sparita? morta? scappata?) si dà alla santeria e inizia per poter avere il favore degli dèi in cui in realtà non crede ma ai quali vuole dimostrare il suo impegno. Qui troviamo una scena molto forte sul sacrifico di un piccione che toglie davvero il respiro. Poi abbiamo un'interfaccia neurale che permette di conservare il talento di un pianista dopo la morte, e i conseguenti interrogativi sul fatto che quello sia davvero lui o solo un algoritmo che ha imparato da lui? Il racconto più divertente invece è sicuramente quello in cui un programma di conservazione dei panda impiega robot pandiformi teleguidati da operatori inseriti in costumi da panda in modo da mostrare agli animali scene di accoppiamento così che possano imparare come si fa (perché a quanto pare i panda hanno bisogno della pornografia almeno quanto gli umani). Con il sottile cavillo che pilotare un costume da panda con i sensi tutti concentrati sul mondo percepito da un panda ti fa credere di essere un panda per cui quando vieni montato da un panda il rapporto è pericolosamente accostabile alla zooerastia e qualcuno non è d'accordo, per cui pur nei suoi toni grottestchi anche questo racconto pone degli interrogativi davvero interessanti. In generale tutta la raccolta è di ottimo livello, perché suscita molte domande senza sbatterle a forza in faccia al lettore. Voto: 8/10

Doctor Who 11x09 - It Takes You Away

Continuo a notare con piacere che la stagione attuale di Doctor Who continua a citare esplicitamente Futurama. Infatti dopo Nibbler/Mordicchio comparso in The Tsuranga Conundrum ora è il turno dell'Ipnorospo, protagonista assoluto della puntata odierna. Ma andiamo con ordine.

C'è anche un'altra cosa che accomuna questo episodio con Tsuranga: l'inadeguatezza del titolo. Come infatti non c'era nessun "conundrum" in quella storia, stavolta non c'è niente che "ti porta via", e soprattutto non c'è una ragione per cui quella frase debba essere detta nel momento in cui viene detta dalla persona da cui viene detta. Però bisogna ammettere che è un titolo molto a effetto, quindi passiamoci sopra.

It Takes You Away in realtà ha una serie di meriti abbastanza solidi, in particolare paragonato alla media di questa stagione. Riesce a bilanciare in modo efficace atmosfera e tensione, conflitto e risoluzione, e butta in faccia allo spettatore concetti fantascientifici di notevole portata, che per menti meno avvezze al genere potrebbero provocare un MIND = BLOWN.

La storia inizia come un monster movie scandinavo di quelli con i mostri della foresta, e mi ha ricordato in questa parte The Ritual visto poco tempo fa. Salvo che poi di mostri non ce ne sono davvero, e invece di doversi nascondere da qualcosa che li vuole prendere (e forsare "portare via", ma non si capisce perché debbano pensarlo), Doctor e compagni passano attraverso lo specchio in senso letterale e si trovano in un universo alternativo molto molto simile al nostro, a parte il fatto che i morti sono ancora vivi.

È questa la parte più interessante della storia e arriva forse troppo tardi nel corso della puntata, dopo che si è sprecato fin troppo temo in quella dimensione di mezzo con cannibali e falene che alla fine dei conti non serve a niente nell'economia della vicenda. Invece, da quell'altra parte, accadono un paio di cose interessanti. È l'universo stesso a riportare in vita le persone amate e perdute, e lo fa sia con il padre della ragazzina che con Graham. Rivediamo così Grace, la nonna di Ryan e moglie di Graham morta durante la prima avventura del nuovo Dottore. Ed è una Grace convinta di essere se stessa, che sa di essere morta ma ciò nondimeno è sicura di chi è e dei suoi sentimenti verso il marito. Ecco quindi che quando il Dottore porta all'attenzione il fatto che proprio quell'amore per qualcuno che è scomparso è una trappola che l'universo stesso sta tendendo a tutti loro, la vicenda si fa abbastanza straziante. Sia il giovane padre che Graham devono trovare la forza di abbandonare di nuovo ciò che hanno già perso una volta, pur sapendo che lì dove si trovano potrebbero vivere per sempre insieme e felici. Non è una scelta che augurerei a nessuno di dover compiere.

Poi abbiamo anche un momento, il primo di tutta questa stagione (e siamo alla penultima puntata) in cui il Dottore assume il suo ruolo. E così una volta comprese le vere intenzioni dell'universo-trappola, si offre in sacrificio: prendi me, perché io sono quello che vuoi davvero, sono io che posso darti tutto quello che hai sempre cercato, non questi miseri piccoli uomini mortali. È un discorso che riecheggia un po' quello dell'Unidcesimo in The Rings of Akhaten nella stagione sette, ma è piuttosto efficace.

E quindi arriviamo alla scena con l'Ipnorospo. Cioè, l'universo. Che si manifesta nella forma di una rana di gomma e parla al Dottore con movimenti da muppet. I due chiacchierano in confidenza, come due amici che si ritrovano dopo tanti anni, e avrei potuto seguire per un'altra mezz'ora questa scena, che invece è colpevolmente breve. È assurda, è spiazzante, è lisergica, è buffa. È perfettamente ciò per cui esiste Doctor Who, diamine.

Tra i companion, Graham è quello certamente più toccato dalla vicenda. Ma anche Ryan ha una parte importante, perché si trova a gestire una ragazzina abbandonata dal padre, e viste le sue esperienze personali non fatica a credere che lui sia semplicemente scappato lasciandola sola. I suoi sforzi per contenerla sono quindi anche la battaglia per fare pace con se stesso e quella persona che non c'è più, stavolta per sua scelta. Era naturale quindi che alla fine dell'episodio si arrivasse anche a quel momento di accettazione per il nonno acquisito, e per quanto fosse prevedibile che sarebbe successo, è stato comunque soddisfacente.

Dall'altra parte Yaz continua invece a essere la borsa dentro cui il Dottore riversa il suo infodump, e anche stavolta lo fa in modo piuttosto grossolano, partendo da "mia nonna mi raccontava una storia" e guarda caso quella storia così particolare su un universo cosciente che è stato isolato dal resto della creazione perché altrimenti non avrebbe potuto mantenersi stabile e quindi da allora ha sempre cercato il modo di tornare in contatto con l'universo di cui faceva parte, è proprio quella la cosa che sta accadendo oggi! Ma certo, in universo infinito in un tempo infinito le possibilità sono infinte e pertanto anche queste coincidenze improponibili dalla prospettiva di una semplice vita umana si verificano.

A parte qualche scena un po' sbrigativa e qualche minuto in eccesso di filler, It Takes You Away è quella che mi è sembrata finora la puntata migliore in assoluto di questa stagione. Immaginativa fino ai limiti della decenza, con una forte componente emotiva, e un delizioso tocco di wtfamiwatching che è uno dei più deliziosi ingredienti di questa serie. È anche l'unica di tutte le puntate viste finora che potrei aver voglia di riguardare, se non altro per l'ipnorospo. Voto: 7.5/10

Doctor Who 11x08 - The Witchfinders

Terzo episodio ad ambinetazione storica di questa stagione, anche se in questo caso si ritorna al senso più tipio di "episodio storico" in Doctor Who, ovvero una storia che si svolge nel passato nella quale si infiltrano alcuni elementi estranei (in genere alieni). È vero che anche in Rosa e Demons of the Punjab c'erano degli elementi estranei, ma di fatto erano praticamente irrilevanti rispetto allo svolgersi della vicenda e non cambiano in alcun modo la nostra conoscenza della storia del periodo. In questo caso invece i mostri/zombie/alieni hanno invece un impatto, come siamo abituati in genere (l'esempio più recente è Thin Ice della scorsa stagione).

C'era da aspettarsi che nel momento in cui questo nuovo Dottore di aspetto femminile si fosse scontrato con la caccia alle streghe ne sarebbe rimasto vittima. Tralasciamo il fatto che di fatto le vere streghe le ha già affrontate (i Carrionite della stagione tre in The Shakespeare Code), è chiaro che un personaggio come lei può suscitare parecchi sospetti, soprattutto per le vaste conoscenze e per il fatto di agitare quell'accidenti di cacciavite come una bacchetta magica. Finora il fatto che il Dottore fosse donna non aveva ostacolato più di tanto le sue azioni, questa è la prima volta che succede e va bene così. Peraltro in questa puntata il Dottore è abbastanza "fisico", nuota, si bagna, corre, si muove e chiacchiera molto. Esprime quindi un po' di quella personalità di base che ogni Dottore dovrebbe avere e che finora era rimasta sempre da parte (escluso forse qualche accenno in Kerblam!)

Quello in cui l'episodio soffre è l'equilibrio. Si passano i primi quaranta minuti a cercare l'origine della minaccia, e quando finalmente viene svelato il complotto alieno che sta dietro tutto, la faccenda viene risolta in otto minuti, soltanto con qualche torcia accesa. Il problema è che la costruzione che porta fino a quel momento è efficace e ben calibrata, ma sembra che poi si siano resi conto che mancava pochissimo tempo e dovevano infilare tutto negli ultimi minuti. Probabilmente Witchfinders avrebbe beneficiato di uno sviluppo allungato su due puntate, lasciando la rivelazione degli alieni come fine della prima e dedicando la seconda a spiegare il loro piano e contrastarlo. Ci sono stati così tanti two-parter che avrebbero potuto essere ridotti in una puntata sola, questo forse è il primo caso in cui avrebbe avuto senso il contrario.

La punta di diamante invece è Re Giacomo I. L'interpretazione sopra le righe di Alan Cumming è fenomenale, e ruba la scena ogni volta che compare. Il modo in cui il re viene rappresentato è sicuramente esagerato, eppure i tratti della sua personalità storica sono rispettati: è accertato che Giacomo I fosse omosessuale (o almeno nutrisse un dichiarato amore per molti suoi collaboratori maschi), fervente cattolico, sospettoso fino alla paranoia per via dei suoi trascorsi familiari, e un grand esperto di caccia alle streghe, almeno fino a un certo punto in cui smise del tutto di occuparsene. La cosa eccezionale è che per quanto istrionico si presenti, il re lascia intuire una certa complessità. Il suo dialogo privato con il Dottore imprigionato prima del processo per stregoneria è molto profondo, e riesce a mettere in difficoltà il Dottore stesso. Spiace dirlo, ma per i quaranta minuti che è sullo schermo, Re Giacomo I risulta un personaggio più convincente di tutto il Team Tardis che abbiamo seguito per le ultime otto ore.

Come nell'episodio precedente, anche qui c'è un po' di confusione sul messaggio che si vuole dare. Abbiamo infatti la caccia alle streghe presentata come un modo per liberarsi di quelle donne che non si sottomettono alle regole stabilite, che è un argomento piuttosto serio. Poi però si scopre che degli atti di stregoneria (i cadaveri rianimati) esistono davvero. E poi che dei mostri deformi capaci di magia (o tecnologia sufficientemente avanzata, come ci suggerisce il Dottore citando Clarke) sono gli artefici di queste anomalie. Quindi, in pratica, le streghe o almeno qualcosa che una persona dell'epoca avrebbe potuto classificare come "streghe" esistono davvero. E infatti nella sequenza finale Dottore e companion vestono letteralmente i panni dei cacciatori di streghe e le sconfiggono bruciandole con le torce. Allora, alla fine dei conti aveva ragione chi credeva genuinamente nella necessità di bruciare ed eliminare le streghe sospette? Non si sarebbe dovuto concludere in qualche modo che evidenziasse più nettamente la differnza tra la superstizione e la realtà dei fatti, magari battendo gli invasori con un'iconografia che richiamasse meno la realtà della caccia alle streghe?

A mio avviso sarebbe stato meglio invertire l'ordine degli episodi storici mostrati finori. The Witchfinder avrebbe dovuto essere il primo, con svolgimento più classico. Qui infatti il Dottore si premura di dire come sempre "non interferite" e poi contravviene alla sua stessa parola, dando in questo modo il cattivo esempio agli altri. A seguire in Demons of the Punjab abbiamo Yaz che ricorda che il Dottore ha interferito quindi si sente autorizzata a fare lo stesso per la sua famiglia. Alla fine vediamo Rosa e qui il gruppo è costretto a interferire per far sì che tutto avvenga come sanno che deve essere, e si ritrovano quindi a essere spettatori passivi per necessità. Visto che non c'è nessun arco complessivo (né a livello di trama né nello sviluppo dei personaggi, che è del tutto assente), non ci sarebbe stato nessun problema a scambiare di posizione questi episodi e dare così una progressione nel modo in cui il Dottore e gli altri si approcciano al passato.

Comunque nonostante queste sbavature nel complesso la puntata è godibile, e soprattutto è resa divertente dalla fenomenale presenza di Alan Cumming, quindi alla fine si merita il suo voto 7/10.