So che sto un po' neglettando il blog in queste ultime settimane, ma il tempo giornaliero che mi rimane dopo il completamento delle necessità fisiologiche mangiare-dormire-lavorare lo sto dedicando per lo più alla stesura di Scrabble, progetto di cui ho accennato anche qui pareeeecchio tempo fa ma che solo ora ho iniziato ad affrontare. Ma in fondo sono l'unico che si accorge della minor frequenza dei post qui sopra, quindi non serve scusarsi con nessuno. Se non con me stesso. Ma io non mi perdono mai. Mai.
Premesso questo, passiamo ai libri letti nel corso di novembre. Dopo l'autarchia narrativa del mese precedente, stavolta siamo tornati a una più sana alternanza di nazionalità ed epoche degli autori letti.
Iniziamo da Brian Aldiss, considerato tra gli autori classici della fantascienza. Sicuramente ho già letto altro di suo, anche se al momento mi sfugge cosa. Certo non mi aspettavo di trovarmi davanti una cosa come L'ora di ottanta minuti. Iniziamo dal titolo: che cos'è questa "ora di ottanta minuti"? Boh. Viene citata un paio di volte, è una specie di provvedimento preso dal megacomputer che domina il mondo per esercitare un controllo più puntuale ma come funzioni o come imfluisca sulla vita della gente non si capisce. In questo romanzo abbiamo una schiera di personaggi dai nomi improbabili, una ventina sono presentati solo nel primo capitolo e poi ritornano ogni tanto e ti devi ricordare chi sono. Succede un qualche casino spazio-temporale e alcune fette di pianeta si trovano sbalzate nel passato e si pensa che ci sia dietro questo computer ma in realtà c'è anche un tizio che si credeva morto perché aveva inventato e promosso l'utilizzo di un chip che permette di controllare lo stimolo alla riproduzione. E poi tutti cantano. Un capitolo sì e uno no, da un momento all'altro, i personaggi si mettono a cantare i loro dialoghi con duetti, come in un film Disney. In effetti è tutto molto teatrale anche l'esasperazione dei sentimenti e dei concetti espressi da ognuno. Una lettura davvero strana, non posso dire di essermi appassionato perché appunto non ci capivo niente, però è stato piacevole. Alla fine un voto 6.5/10 glielo concedo.
Passiamo poi al numero 81 di Robot, che risale a diversi mesi fa ma come sempre arrivo io in ritardo. Un numero un po' atipico perché buona parte dei racconti sono difficilmente inquadrabili come fantscienza, sarebbe più appropriato catalogarli come weird. Vale tanto per Pat Cadigan che per Emanuela Valentini, per China Miéville e Lorenzo Crescentini (con un racconto che avevo già letto in Animali). Alla fine l'unica storia di sf propriamente detta che si trova è quella di Davide Del Popolo Riolo, un racconto piutosto struggente su un astronauta che torna a casa per natale dopo molti anni passati nella prima colonia marziana. L'unica cosa che manca a mio avviso è un ultimo capitoletto che facesse da epilogo, ma per il resto è davvero un testo carico di spunti e sentimenti, dallo straniamento per un mondo irriconoscibile al rimpianto di aver abbandonato la famiglia. Tra gli articoli presenti nel volume il più interessante è senza dubbio quello sul rapporto tra la fantascienza e il ruolo degli "intellettuali", declinato in forma diversa per ogni epoca.
E per finire passiamo a un autore cubano, Carlos Hernandez, con la sua raccolta Guida cubana integrata alla santeria quantica, pubblicata (indovinate un po') da Future Fiction qualche mese fa. Racconti tutti estremamente godibili, diversi tra loro per temi e svolgimento, tutti pervasi da un sottofondo di ironia che li rende più leggeri senza per questo annacquarli. Quello che dà il titolo alla raccolta è la storia di un ragazzino che dopo la perdita della madre (sparita? morta? scappata?) si dà alla santeria e inizia per poter avere il favore degli dèi in cui in realtà non crede ma ai quali vuole dimostrare il suo impegno. Qui troviamo una scena molto forte sul sacrifico di un piccione che toglie davvero il respiro. Poi abbiamo un'interfaccia neurale che permette di conservare il talento di un pianista dopo la morte, e i conseguenti interrogativi sul fatto che quello sia davvero lui o solo un algoritmo che ha imparato da lui? Il racconto più divertente invece è sicuramente quello in cui un programma di conservazione dei panda impiega robot pandiformi teleguidati da operatori inseriti in costumi da panda in modo da mostrare agli animali scene di accoppiamento così che possano imparare come si fa (perché a quanto pare i panda hanno bisogno della pornografia almeno quanto gli umani). Con il sottile cavillo che pilotare un costume da panda con i sensi tutti concentrati sul mondo percepito da un panda ti fa credere di essere un panda per cui quando vieni montato da un panda il rapporto è pericolosamente accostabile alla zooerastia e qualcuno non è d'accordo, per cui pur nei suoi toni grottestchi anche questo racconto pone degli interrogativi davvero interessanti. In generale tutta la raccolta è di ottimo livello, perché suscita molte domande senza sbatterle a forza in faccia al lettore. Voto: 8/10
Iniziamo da Brian Aldiss, considerato tra gli autori classici della fantascienza. Sicuramente ho già letto altro di suo, anche se al momento mi sfugge cosa. Certo non mi aspettavo di trovarmi davanti una cosa come L'ora di ottanta minuti. Iniziamo dal titolo: che cos'è questa "ora di ottanta minuti"? Boh. Viene citata un paio di volte, è una specie di provvedimento preso dal megacomputer che domina il mondo per esercitare un controllo più puntuale ma come funzioni o come imfluisca sulla vita della gente non si capisce. In questo romanzo abbiamo una schiera di personaggi dai nomi improbabili, una ventina sono presentati solo nel primo capitolo e poi ritornano ogni tanto e ti devi ricordare chi sono. Succede un qualche casino spazio-temporale e alcune fette di pianeta si trovano sbalzate nel passato e si pensa che ci sia dietro questo computer ma in realtà c'è anche un tizio che si credeva morto perché aveva inventato e promosso l'utilizzo di un chip che permette di controllare lo stimolo alla riproduzione. E poi tutti cantano. Un capitolo sì e uno no, da un momento all'altro, i personaggi si mettono a cantare i loro dialoghi con duetti, come in un film Disney. In effetti è tutto molto teatrale anche l'esasperazione dei sentimenti e dei concetti espressi da ognuno. Una lettura davvero strana, non posso dire di essermi appassionato perché appunto non ci capivo niente, però è stato piacevole. Alla fine un voto 6.5/10 glielo concedo.
Passiamo poi al numero 81 di Robot, che risale a diversi mesi fa ma come sempre arrivo io in ritardo. Un numero un po' atipico perché buona parte dei racconti sono difficilmente inquadrabili come fantscienza, sarebbe più appropriato catalogarli come weird. Vale tanto per Pat Cadigan che per Emanuela Valentini, per China Miéville e Lorenzo Crescentini (con un racconto che avevo già letto in Animali). Alla fine l'unica storia di sf propriamente detta che si trova è quella di Davide Del Popolo Riolo, un racconto piutosto struggente su un astronauta che torna a casa per natale dopo molti anni passati nella prima colonia marziana. L'unica cosa che manca a mio avviso è un ultimo capitoletto che facesse da epilogo, ma per il resto è davvero un testo carico di spunti e sentimenti, dallo straniamento per un mondo irriconoscibile al rimpianto di aver abbandonato la famiglia. Tra gli articoli presenti nel volume il più interessante è senza dubbio quello sul rapporto tra la fantascienza e il ruolo degli "intellettuali", declinato in forma diversa per ogni epoca.
E per finire passiamo a un autore cubano, Carlos Hernandez, con la sua raccolta Guida cubana integrata alla santeria quantica, pubblicata (indovinate un po') da Future Fiction qualche mese fa. Racconti tutti estremamente godibili, diversi tra loro per temi e svolgimento, tutti pervasi da un sottofondo di ironia che li rende più leggeri senza per questo annacquarli. Quello che dà il titolo alla raccolta è la storia di un ragazzino che dopo la perdita della madre (sparita? morta? scappata?) si dà alla santeria e inizia per poter avere il favore degli dèi in cui in realtà non crede ma ai quali vuole dimostrare il suo impegno. Qui troviamo una scena molto forte sul sacrifico di un piccione che toglie davvero il respiro. Poi abbiamo un'interfaccia neurale che permette di conservare il talento di un pianista dopo la morte, e i conseguenti interrogativi sul fatto che quello sia davvero lui o solo un algoritmo che ha imparato da lui? Il racconto più divertente invece è sicuramente quello in cui un programma di conservazione dei panda impiega robot pandiformi teleguidati da operatori inseriti in costumi da panda in modo da mostrare agli animali scene di accoppiamento così che possano imparare come si fa (perché a quanto pare i panda hanno bisogno della pornografia almeno quanto gli umani). Con il sottile cavillo che pilotare un costume da panda con i sensi tutti concentrati sul mondo percepito da un panda ti fa credere di essere un panda per cui quando vieni montato da un panda il rapporto è pericolosamente accostabile alla zooerastia e qualcuno non è d'accordo, per cui pur nei suoi toni grottestchi anche questo racconto pone degli interrogativi davvero interessanti. In generale tutta la raccolta è di ottimo livello, perché suscita molte domande senza sbatterle a forza in faccia al lettore. Voto: 8/10
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