Rapporto letture - Gennaio/Febbraio 2023

Inizio con il primo rapporto letture dell'anno che sono già in ritardo. Ma forse neanche tanto. Comunque, abbiamo nei primi mesi dell'anno un variegato campionario di libri vecchi e nuovi, italiani ed esteri, di narrativa e saggistica.

Iniziamo con una lettura davvero estranea alle mie abitudini: L'imitazion del vero è una novella ambientata nel tardo medioevo in un borgo italiano che ha per protagonisti un geniale inventore e il suo ragazzo di bottega. Tra i due si sviluppa un amore segreto (non perché l'omosessualità in sé sia malvista ma perché nessuno dei due vuole dichiarare i suoi desideri esplicitamente) che viene soddisfato tramite un macchinario che gli permette di avere rapporti senza vedersi. La particolarità della novella di Ezio Sinigaglia è che è anche scritta in una lingua simile a quella che si trova nei testi dell'epoca, per cui si ha l'impressione di leggere un racconto di Boccaccio, sia per la scrittura che per i temi. Oggi si potrebbe discutere se le azioni dell'inventore si possano considerare grooming nei confronti di un ragazzo molto giovane (che da parte sua in effetti è rapido ad approffitarsene), ma spostando l'epoca della storia e della scrittura viene quasi istintivo seguire gli standard morali decisamente più gioiosi del Decameron. Una lettura leggera e gradevole, buona per staccare un po' tra cose più complesse. Voto: 7/10

 

Visto che avevo un libro in prestito almeno da novembre, ho pensato che fosse il caso di leggere Cosa vediamo quando leggiamo per poterlo rendere alla proprietaria. Questo saggio di Peter Mendelsund è una raccolta di considerazioni sul rapporto tra lettura e immaginazione, e in particolare su come la nostra capacità visiva viene stimolata (o no) dalla lettura. Non è un trattato scientifico, anzi essendo Mendelsun un grafico il libro stesso è impostato in maniera molto visiva, sembra quasi di assitere a un TedTalk. Niente di strettamente scientifico, ma comunque un approccio interessante alla questione, a mio avviso valido proprio per chi vorrebbe sviluppare la capacità di suscitare quelle immagini, ovvero per gli scrittori. Ne parlerò meglio in un video sul mio canale, che ho già registrato ma non è ancora uscito, quindi se vi interessa attivate e notifiche e guardatelo di là.

Blast from the past (in diversi sensi) con Dinotopia. Sì, proprio quello, il libro illustrato di James Gurney, di cui conservavo un ricordo probabilmente falsato. Se non lo conoscete, questo è uno dei più famosi racconti di "umani e dinosauri che vivono insieme" un'avventura in una terra remota in cui i dinosauri sono sopravvissuti e hanno costituito una civiltà utopica. Io ero convinto di averlo letto molti anni fa (forse addirittura alle elementari) eppure riprendendolo adesso temo di aver confuso questoo libro con qualcos'altro, forse uno degli spinoff o addirittura la serie tv. Mi ricordavo una rappresentazione arretrata e antiscientifica dei dinosauri, invece devo dire che a parte alcuni elementi estetici datati, gli animali sono rappresentati in modo abbastanza moderno e sfaccettato... al netto ovviamente del fatto che sono dinosauri parlanti e civilizzati. Rimane comunque un'avventura per bambini e non succede praticamente niente se non che padre e figlio naufragati su quest'isola esplorano le varie zone. Dinotopia (l'isola) è noiosamente utopica, tutto va bene e tutti sono gentili ed empatici. Chiaramente non era la complessità della storia l'obiettivo dell'autore, ma creare un'ocacsione per le illustrazioni. E se è questo che serve per far appassionare i bambini ai dinosauri, io ci sto. Voto: 8/10

Dai dinosauri agli elfi (sort of) con un fantasy italiano ad ambientazione storica: Dolomites è un romanzo di Sara Simoni che si svolge all'epoca dell'invasione dei goti in italia, sotto il regno di Teodorico. L'elemento fantasy sta nel fatto che i popoli che si scontrano non sono solo goti e latini ma anche i salvan, una specie di elfi dei boschi (ispirati ad alcune creature del folklore locale) che vivono in una comunità nascosta sotto le dolomiti. Tra umani e salvan esiste un odio viscerale che porta entrambe le parti a voler sterminare gli estranei. Quando la figlia di Teodorico riesce a raggiungere la città dei salvan, sterminarli e schiavizzarli tutti, gli unici che si salvano sono Ilde (principessa a sua volta figlia del re dei salvan) e Dola, un umano cresciuto tra i salvan e da loro mai del tutto accetato. I due inizialmente sono avversarsi ma si trovano forzati a collaborare per salvare il loro popolo e nel farlo si ritrovano ad avvicnarsi sempre di più fino a sviluppare dei sentimenti reciproci, cosa che configura questo libro come un enemies to lovers. La storia di per sé non è male, e per il suo pubblico di riferimento è certamente una buona lettura, ma ho trovato diversi problemi a livello di struttura e scrittura. La storia è un po' troppo prevedibile e alcuni personaggi secondari sono quasi macchiettistici nella loro cattiveria, inoltre la parte centrale ha tutto l'aspetto di subquest inseritre come filler, con scarso senso di progressione della storia principale. A livello di worldbuilding c'è qualche incoerenza in particolare nell'estensione dei poteri dei salvan (che hanno una sorta di mente-alveare), che in alcuni casi sembra molto limitato e in altri invece totalizzante... sempre in base alle necessità immediate della scena. Il finale è affrettato, non del tutto risolutivo e anche piuttosto deusexmachina, visto che il climax viene risolto per un intervento esterno che toglie valore alle battaglie dei protagonisti. La scrittura è mediamente buona, ma a ci sono molte espressioni ripetitive e spesso i tentativi di evocare immagini intense e poetiche risultano un po' stucchevoli. Nel complesso un libro sufficiente, ma che se fosse stato asciugato e focalizzato meglio avrebbe potuto essere più efficace. Voto: 6/10

Ho letto poi un libro di Zona 42 che avevo da tempo ma non avevo ancora aperto (come la maggior parte dei libri che ho, nda), una storia weird di Miki Fossati ambientata in un paesino inglese in cui lui si è trasferito con la figlia. Dico "lui" senza specificare autore o protagonista, perché in Finalmente è troppo tardi i due coincidono. E questa per me è già una red flag. Fossati parla di sé stesso e del suo rapporto con la figlia, mentre inizia a consocere il nuovo mondo in cui si trova a vivere. Inizialmente la storia sembra molto vaga, con capitoli che sono episodi tra loro scollegati tra i quali emerge subito qualche elemento weird, come la presenza di fantasmi e di mutanti crostacei. Da metà in poi si inizia a scorgere una trama principale che riesce anche a spiegare alcuni eventi precedenti, e quindi la lettura si fa più coinvolgente. Rimane comunque un libro molto dolce, pieni di buoni sentimenti, oggi si direbbe cozy. Non credo sia la lettura più adatta a me (anche perché non usa i segni di dialogo mannaggiaccristo) ma devo dire che comunque sono andato avanti con curiosità e alla fine mi ritengo soddisfatto. Voto: 6.5/10

Un altro blast from the past ma stavolta non dal mesozoico: tornaimo a quando ero in terza superiore e tutti parlavano di Melissa P. e di quel libro scandolo che era il suo diario erotico. Sì, ho letto Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire. O meglio riletto, perché appunto lo avevo già fatto all'epoca. Questa è stata una delle mie riletture formative, per rivedere con occhio adulto e formato cose che avevo già affrontato forse con superficialità. In realtà io avevo sempre avuto l'impressione che sotto la patina scabrosa (che poi neanche tanto) questo libro avesse una storia da raccontare, un vero e proprio percorso di formazione, e volevo vedere se ero capace di trovarlo. Per conoscere la risposta, dovrete di nuovo aspettare che esca il video corrispondete sul mio canale. Comunque la lettura non mi è risultata pesante (anche perché è piuttosto breve) e anche se non lo consiglierei a nessuno, devo ammettere che non mi è rimasto proprio sgradevole. Voto: 5/10


Rapporto letture - Novembre/Dicembre 2022

Ultima tornata di libri dell'anno, che a conti fatti in termini di lettura è stato abbastanza disastroso dal punto di vista numerico, perché ho letto molto poco (o almeno, di letture che non fossero "per lavoro") ma dal punto di vista della qualità è andata abbastanza bene, perché in media ho letto cose abbastanza buone tra cui qualche perla (come Piranesi e Le città invisibili) di cui ho già parlato. Certo cis ono state anche alcune mezze delusioni, ma in generale mi ritengo soddisfatto.

 

Iniziamo da Spine, il romanzo vincitore dell'ultimo Premio Urania scritto da Franci Conforti, che abbiamo ospitato in una puntata del podcast insieme a Dario Tonani, come rappresentanti della "fantascienza uranista". La storia è ambientata in un universo narrativo che l'autrice ha già esplorato in altri racconti (come per esempio quello in Distòpia) e vede la protagonista, un'umana "aumentata" abitante in una colonia orbitale, tornare da clandestina sulla Terra per compiere una missione di mediazione tra i nativi terrestri e gli animar (animali intelligenti e parlanti diffusi in tutte le colonie). In questo contesto biopunk si svolge una storia che è sostanzialmente un thriller investigativo, con la protagonista che fa presto squadra con un poliziotto dal passato burrascoso (già presente in altri racconti) e insieme si prefiggono di scoprire ed esporre alcuni progetti occulti di mutlinazionali di bioingegneria. Se da una parte la storia ricca di azione rende la lettura scorrevole e facile, dall'altra l'impressione è che le caratteristiche specifiche di questa ambientazione non siano davvero parte integrante della storia, che invece si svolge appunto come un qualunque thrillerone degli anni 60, solo con il prefisso bio- aggiunto prima di molte altre parole per rendere il contesto futuristico. L'esempio più lampante di questa tendenza è il fatto che la professione dell'eroina (che è una "mediatrice" tra animar e umani, ed è anche un personaggio pubblico famoso per alcune trasmissioni che conduce) non ha nessuna rilevanza particolare negli eventi che si succedono, e anzi tutta la questione dell'incidente da mediare è piuttosto secondaria, e viene presto sostituita dalle magagne del poliziotto, che frequentava brutti giri e agiva sotto copertura in un gruppo terroristico e in passato aveva distrutto un fungo senziente sotterraneo... insomma delle ragioni che hanno spinto la protagonista a rischiare un viaggio clandestino sulla Terra (che personalmente era l'aspetto che mi sembrava più interessante in questa ambientazione con animali senzienti) non rimane molto dopo quaranta pagine e invece ci si trova a seguire il plot di rivincita del poliziotto e a sgominare traffici di androidi. Inoltre una cosa che ho trovato davvero fastidiosa è il fatto che il prologo ci proietta in medias res, con la nostra eroina catturata dal villain che la sta torturando e interrogando (ed è lei quindi a tornare indietro per raccontare tutto quello che l'ha portata fino a quel momento), ma quando poi si arriva alla fine si scopre che quella scena del prologo non era reale ma solo una sua allucinazione indotta da un trattamento che le stanno facendo in ospedale dopo che il villain è già stato sconfitto. L'ho trovato un plot twist al ribasso, uno stratagemma molto cheap per promettermi una situazione di tensione altissima (il cattivo l'ha catturata tutti i suoi alleati sono sconfitti e anche lei sta per essere ammazzata oddio come farà a salvarsi adesso!?!?!?) che però poi non arriva e non è mai esistita: una promessa tradita, quindi. Ci sono anche altre situazioni in cui le decisioni e reazioni dei protagonisti mi sono sembrati poco coerenti ma inserite soltanto per portare avanti il plot, così come altre informazioni tenute nascoste contro la logica solo per inserire un plot twist, per questo in generale questa sensazione di promessa tradita è quella che ho percepito di più a fine lettura. È un peccato perché l'ambientazione mi sembra interessante e c'era potenzialmente il modo di creare una trama interessante che trattasse temi complessi, invece si è scelta la strada dell'avventura più immediata. Non dico che non mi sia piaciuto, perché comunque la lettura è avvincente, ma mi ero aspettato di più dalle premesse poste nelle prime pagine e nel setting. Sicuramente è il tipo di storia apprezzata da una parte del pubblico scifi, ma personalmente non mi ha soddisfatto in pieno. Voto: 6/10

 

Una lettura che invece rimandavo da tanto era La voce del fuoco, che ho letto a spezzoni nei mesi scorsi, intervallandolo ad altri libri che dovevo leggere per forza. Nonostante questa lettura frammentata, il romanzo/raccolta di Alan Moore si è rivelato una delle cose migliori lette quest'anno: una serie di racconti ambientati a Northampton, in ordine cronologico dal 4000 BC fino a oggi, tutti indipendenti tra loro ma con elementi che ricorrono e si ripropongono, proprio a dimostrare quella sedimentazione della storia, dei racconti e dei miti, in un vero e proprio processo di costruzione dell'inconscio collettivo. Notevolissimo anche il lavoro fatto sulla lingua (e che dev'essere stato difficilissimo da tradurre), che si evolve da "primitiva" a "moderna" nel corso dei racconti e delle epoche, cambiando anche in base alle voci dei protagonisti di ogni storia. Il tutto poi si conclude con un incastro metanarrativo in cui Moore stesso diventa personaggio e narratore consapevole di tutto il libro, svelandone le intenzioni in maniera esplicita, in maniera del tutto coerente senza apparire goffo o didascalico. Metto anche agli atti che I campi di cremazione, il secondo racconto, è uno dei più belli in assoluto che abbia mai letto. Uno dei libri che mi porterò dentro per molto. Voto: 9.5/10

 

Ho letto poi il romanzo autopubblicato di due autor* "emergenti", che avevo promesso di leggere perché Jessica Sanguettoli aveva risposto a una mia challenge su tiktok. Novus Ordo, scritto da lei e da Omar Doro, è un thriller storico con elementi soprannaturali ambientato a Torino nel 1899. La storia segue due protagonisti principali: Anita, ragazza di buona famiglia appassionata di occulto, che scopre come tutto il mondo intorno a lei sia intrecciato di complotti di gruppi e forze misteriose; Falco, poliziotto ruvido e testardo cresciuto in orfanotrofio, che persegue ideali di giustizia incompatibili con il sistema su cui si regge la società dell'epoca. I due si troveranno a indagare insieme su una serie di omicidi e sveleranno il potere di due potenti società segrete di ispirazione massonica, che si dividono il controllo della città. Tra le due società è da sempre in corso una guerra, ma con il passaggio del secolo potrebbe arrivare l'occasione per una di queste di sconfiggere per sempre la rivale. Il romanzo riesce a rendere bene l'ambientazione e per la prima parte suscita abbastanza la curiosità, soprattutto perché vogliamo vedere come questa coppia malassortita (tra i quali si avverte subito una certa tensione romantica, ma mai troppo esplicita) porterà avanti le indagini sfidando nemici così potenti. Purtroppo però verso un terzo di romanzo il filo principale di perde, l'indagine viene praticamente abbandonata (anche perché non ci sono più omicidi) e la narrazione si sposta più sugli stessi vertici delle società segrete, di cui vediamo direttamente i piani. Il motivo princpale di interesse quindi viene a mancare, e anche quando torniamo ad Anita/Falco non sembrano così motivati e coinvolti dalle indagini, dato che passano mesi interi senza nessuno sviluppo e tutte le scoperte che fanno gli arrivano da personaggi terzi che gli rivelano le cose. Ci sono anche alcuni problemi strutturali, con diversi capitoli filler che non hanno impatto sulla storia, gestione dei tempi confusa, personaggi con reazioni poco coerenti e dialoghi poco credibili, e narrazione a tratti didascalica. Questi difetti si fanno via via più pesanti, anche perché appunto la curiostià iniziale viene a mancare e quindi proseguendo senza un vero stimolo si fa più caso alle imperfezioni. Il finale è un climax in cui i due protagonisti non sono nemmeno presenti (!!!) e che sfrutta un deus ex machina che "risolve" la situazione resettandola in preparazione del previsto volume 2. Per essere un romanzo di autori praticamente esordienti non è così male, perché là fuori si vedono cose davvero terribili, e questo per lo meno è leggibile. Però a mio avviso rimane un'opera ancora incompleta, che aveva bisogno di una revisione molto più approfondita prima di essere proposta al pubbico. Voto: 5/10

 

Infine un altro autore italiano, in questo caso pubblicato da Hypnos, che di base si occupa di narrativa weird/horror, ma in questo caso ha proposto qualcosa di inaspettato perché le Cronache della Val Lemuria di Cristiano De Micheli sono un libretto dal tono umoristico, che può essere considerato come una guida turistica a questa ipotetica valle persa tra le colline liguri. Nel libro troviamo alternati dei veri e propri testi da guida o di cronistoria dei paesini della valle, ad alcuni racconti ambientati negli stessi paesini. L'umorismo è quello parodistico e a tratti surreale che si potrebbe definire di stampo inglese, e per questo da una parte non è sicuramente adatto a tutti, dall'altro mi fa paragonare questo libro a una versione nostrana della Guida Galattica di Douglas Adams. A me ha fatto ridere tanto (soprattutto alcune note a fondo pagina, come quella sull'elenco dei volumi di prossima pubblicazione) e quindi è stato un ottimo modo di concludere l'anno. Voto: 7.5/10


Freetaly

Ci è voluto un po', qualcosa come dodici anni, ma batti e ribatti sono riuscito ad avere il mio primo racconto pubblicato in inglese. Ok, forse non conta perché in effetti è una casa editrice italiana, ma è comunque un bel traguardo. Anche perché Freetaly è per quanto è dato di sapere la prima antologia di racconti fantascienza italiana pubblicata in inglese di sempre. Quindi insomma non proprio una roba da nulla, dai. Fa piacere farne parte.

Il tutto parte da un progetto di Francesco Verso, che con la sua casa editrice Future Fiction da sempre si dedica a diffondere la scifi non anglofona, principalmente dal mondo verso l'Italia ma anche in altre direzioni, e stavolta dall'Italia verso l'estero. In questa raccolta quindi sono presenti i racconti di autrici e autori italiani di varia provenienza, con racconti per lo più già editi in italiano che sono stati tradotti per l'occasione. Tra i nomi presenti per esempio troviamo Vallorani, Quaglia, Farris, Vietti, De Santi, Teodorani, Conforti.



Il mio contributo all'antologia è Bad Parents, ovvero la versione tradotta di Cattivi genitori, che all'epoca era stato pubblicato in Spore, la mia prima raccolta. Ma visto che Spore è fuori catalogo da quasi dieci anni, questo libro è di fatto l'unico in cui sia possibile leggerlo (a meno che non chiedete a me una delle poche copie rimaste di Spore in mio possesso, ma perché mai dovreste?). Ho scelto di proporre questo racconto perché è uno di quelli in cui si sente maggiormente l'"italianità", fattore che non metto spesso nelle mie storie ma che invece qui era cruciale, e che quindi mi sembrava adatto per una raccolta di "storie italiane nel mondo".

Freetaly è acquistbaile in ebook e cartaceo da amazon e sul sito di Future Fiction.



Rapporto letture - Settembre/Ottobre 2022

Siano benedette le novelle perché in questi mesi ho avuto da leggere molti testi "per lavoro" che non sono pubblicati e/o di cui non posso parlare, quindi non ho avuto tempo per dedicarmi a letture più lunghe "per svago". Fortunatamente sono riuscito a infilare qua e là un paio di letture brevi che mi aiutano a mantere in media il mio body count dei libri letti nell'anno.

 

Il primo è qualcosa di davvero particolare, perché non mi sarei mai aspettato di trovare una biografia di un dj di musica elettonica contemporanea scritta da un'autrice esordiente italiana pubblicata da una casa editrice indipendente. Eppure questa Mariana Branca ha davvero scritto Non nella Enne non nella A ma nella S che è la storia di Nicolas Jaar raccontata da un suo amico d'infanzia e Wojtek l'ha davvero pubblicato e io l'ho davvero letto. Probabilmente non sapete chi sia questo Jaar ma se lo cercate qui nel blog vedrete che ogni tanto l'ho nominato, quando ancora parlavo di musica; ancora più probabilmente pur sapendo che questo tizio esiste non ve ne frega nulla e lo posso capire, ma io quando mi sono trovato davanti questo libro ne ho letteralmente mollato un altro che avevo scelto e ho comrpato questo invece (l'altro era sempre di Wojtek quindi non ho fatto danno a nessuna CE). Ora, io non so quanto di quello che viene raccontato qui sia veritiero, dubito che Branca abbia avuto modo di parlare per sei ore con Jaar o col suo amico per farsi raccontare che magliette indossavano, quale macchina guidvano e con quante ragazze sono usciti, però dagli episodi che racconta si capisce che la conocenza della scena elettronica degli anni 90-00 c'è, e siccome non mi era mai capitato di trovare una storia che si svolgesse in questo ambito, per me è stata davvero una lettura corroborante. È stato bello cogliere anche le citazioni all'interno del testo ai pezzi dello stesso Jaar, ho sentito quella sottile connessione segreta di quando si condivide un interesse molto settoriale, cosa che non mi succedeva da tempo, soprattutto per la musica. Il libro in sé non racconta niente di speciale, solo una serie di episodi di questi due ragazzi che sono cresciuti e hanno vissuto questa epoca in questo settore, con un approccio che non è cronachistico ma che dà l'impressione di essere proprio il racconto di qualcuno che era lì e quelle cose le ha vissute e amate. Onestamente non credo che possa essere un libro interessante per chi non conosce i personaggi e l'elettronica, ma indubbiamente si tratta di una scelta coraggiosa sia da parte dell'autrice che dell'editore, per cui l'ho apprezzato davvero tanto. Voto: 7/10

 

Creature dell'assenza è una delle novelle del primo blocco della collanta Tardigradi di Eris Edizioni, dedicata alla narrativa fantastica breve. Le autrici sono Gloria Bernareggi (ehi ho scritto il nome giusto!) e Sephira Riva, di cui avevo letto un racconto nell'antologia Oltre la soglia che mi aveva catturato subito e quindi ero curioso di provare anche questo, che mi sono letto durante un unico viaggio in treno (le circostanze di quel viaggio preferisco dimenticarle). Si può anche dire che questa storia sia ambientata nello stesso mondo del Raperonzolo fantasy dell'antologia, perché anche qui sono presenti creature fantastiche, ma si tratta di un mondo del tutto adiacente al nostro. La storia comunque è indipendente e quotidiana, e racconta di famiglia, perdita ed elaborazione del lutto. Un racconto delicato e struggente, che non si basa su azione e twist ma su una su una costruzione paziente e profonda dei personaggi. Voto: 7.5/10

 

Altra storia breve, altra collana di novelle, altra lettura rapida in treno, stavolta di uno dei primi racconti di China Miéville, pubblicato nei Cuspidi di Moscabianca. A Jake, con amore è un racconto postapocalittico ambientato a Londra dopo una fine del mondo indefinita e sfuggente. C'è qualcosa che si sfilaccia nel tessuto della realtà e il narratore non sa bene cosa sia e perché sia successo, solo che la gente inizia a sparire e nessuno sa perché e ci sono strane creature in giro che forse non ci sono davvero. Per essere un racconto di Miéville è del tutto accessibile, almeno nella forma, anche se il contenuto ha la sua buona dose di ermeticità, e ci si trovano dentro elementi che sono confluiti e riemersi in altre storie dell'autore, come La città e la città. Sicuramente da leggere per i fan di questo autore, per scoprire un suo lato quasi (quasi, ho detto) sentimentale. Voto: 7/10

 

Infine back to basics con un romanzo d'avventura di L. Frank Baum che ci ho messo un po' a capire essere l'autore del Mago di Oz. La chiave universale è successivo al suo grande successo ma ne riprende le caratteristiche di base, una storia di formazione di un ragazzo che si trova a ottenere i doni di un potente (e benevolo) Demone dell'Elettricità, grazie ai quali può viaggiare per il mondo e affrontare cannibali, pirati, re e scienziati. Curioso anche leggere quel paradigma razzista/imperialista che pervade il testo per il quale è normale che tutto ciò che non è Occidente sia considerato incivile e per un ragazzino di dieci anni non sia problematico uccidere centinaia di turchi, tanto in fondo sono musulmani, che problema c'è? Non è certo al passo con la sensibilità di oggi, ma le avventure e il messaggio di fondo rimangono comunque universali quindi rimane una lettura godibile, se si sa cosa aspettarsi da un romanzo per ragazzi di inizio novecento. Mi sento però di suggerire magari all'editore Clichy qualche sforzo in più per la copertina. Voto: 6.5/10


Doctor Who 13x09 - The Power of the Doctor

Di nuovo utilizzo una numerazione che è interamente un mio headcanon perché credo che i tre episodi del 2022 siano da considerare degli "special" e quindi non rispettano il normale conteggio, ma a sto punto, ancora più di prima, sticazzi tanto è finita. The Power of the Doctor è l'ultima avventura del 13° Dottore e si conclude con la sua rigenerazione, è l'ultima volta che vediamo Jodie Whittaker (esclusi eventuali cameo futuri) ed è l'ultimo episodio della reggenza di Chris Chibnall come showrunner della serie. Era l'ora, mi sento di dire.

 

Partiamo con le cose positive. TPotD non è noioso. Questo è già qualcosa di notevole visto che in molte altre occasioni precedenti questi epsiodi soprattutto quando si protraggono per oltre un'ora sono risultati pesanti e vuoti. In questo caso invece bisogna riconoscere che per lo meno il plot scorre veloce, grazie anche ai continui salti di personaggi e alle numerose special guest coinvolte per dare epicità alla fine di Thirteen. Il nemico principale è il Master, nella azzeccata interpretazione di Sacha Dawan che è riuscito ogni volta a lasciare una traccia memorabile in ogni puntata in cui è comparso. Per quanto riguarda le altre comparsate, ritroviamo Tegan e Ace, companion storiche rispettavimente del Quarto/Quinto Dottore e del Settimo, e rivediamo anche gli stessi Peter Davison e Sylvester McCoy, che ritornano per dare una breve impression dei loro Dottori. Ci sono anche David Bradley (nella sua resa del Primo) e Paul McGann (Ottavo) ma con un ruolo più marginale. Fa sempre piacere vedere i Dottori precedenti, anche quando sono queste versioni "invecchiate" come nel caso di Tom Baker nello speciale del 50°. E le loro interazioni con le companion dell'epoca sono toccanti e forse tra i momenti più riusciti di tutto l'episodio.

Detto tutto ciò, la storia di TPotD non ha senso. Non ce l'ha intanto per le diverse epoche in cui si svolge: il Master agisce sia nel presente che nel 1916, ma non è chiaro perché debba operare su questi due piani temporali. Probabilmente l'idea era semplicemente quella di dire che Rasputin era lui, e per quanto l'accostamento tra i personaggi sia efficace, in realtà non c'è niente nella storia che lo giustificihi. Ovvero, il Master non ha nessun motivo per essere specificamente nel 1916 in Russia a manipolare gli zar, tutto quello che fa qui avrebbe potuto farlo in qualunque altro posto e tempo, non c'è nessun evento significativo che richieda la sua presenza proprio qui. Oltre a questo, il Master ha in qualche modo convinto i Dalek a collaborare coi suoi CyberLord (o CyberMaster) cioè i cybermen ricavati dai timelord alla fine della stagione 12, così anche stavolta non abbiamo uno, non abbiamo due, ma abbiamo tre avversari, che per qualche ragione cooperano e dovrebbero aumentare la posta in gioco, ma invece finiscono per affossarsi a vicenda. Una cosa che Chibnall non ha mai capito è che non serve aggiungere plot su plot, personaggi su pesonaggi, nemici su nemici, per aumentare la tensione.

A partire da questo, il piano del Master è quello di catturare il Dottore (cosa che risulta piuttosto facile) e forzarlo a rigenerarsi come lui. Il che non ha assolutamente senso, proprio dal punto di vista biologico. Se l'idea della rignenerazione forzata era intrigante e spaventosa (è accaduto così al Secondo Dottore, come punizione inflitta dai Timelord), quando si vede che il Dottore diventa fisicamente il Master e ha i ricordi e la personalità del Master, la cosa perde qualunque valore. Non è una rigenerazione, è una specie di "scambio di coscienza" se non fosse che in effetti cambia anche il corpo. Il Master ha "sostituito" il Dottore ma non ha nessuna sua caratteristica, né i suoi ricordi né i suoi sentimenti o la sua personalità; è semplicemente sé stesso, mentre il Dottore non c'è più. Non è così che funziona la rigenerazione, e anche se ci fosse un modo di farla funzionare così, a che scopo per il Master? In seguito vediamo molto di sfuggita che il Master sta andando in giro per l'universo a commettere atrocità nel nome del Dottore, ma questo avrebbe potuto farlo già da prima, tanto più che appunto non ha né l'aspetto né le conoscenze del Dottore, quindi avrebbe potuto semplicemente presentarsi dove voleva e dire "ehi, sono il Dottore, e adesso sterminerò la vostra specie" e avrebbe ottenuto lo stesso risultato.

Meanwhile, il Dottore finisce in una sorta di limbo in cui rivede alcune sue vecchie incarnazioni, e così abbiamo un'altra puntata in cui Tredici non fa altro che aspettare inerme che gli altri agiscano in sua vece. In questo caso sono i vari companion, da Yaz a Tegan, Ace e Kate Stewart, così come Graham che riemerge all'improvviso. Le avventure di tutti loro sono piuttosto raffazzonate e poco credibili, con Tegan che sopravviva alla caduta dalla cima di un palazzo perché sì e Graham che compare senza spiegazione dentro un vulcano in sudamerica dove si stanno muovendo i Dalek. Dan invece non c'è, perché all'inizio della puntata, senza troppe cerimonie dice al Dottore "ok basta così grazie ciao". Il compito di tutti i companion passati e presenti è quello di fermare il piano dei Dalek+Cyberlords per far eruttare tutti i vulcani della Terra, anche se non è chiaro cosa ci guadagnerebbero e perché i Dalek dovrebbero partecipare. A un certo punto ricompaiono pure Vinder (ve lo ricordate? non importa, tanto non serve a nulla) e Ashad, che da temibile avversario nella puntata in cui era l'unico nemico è diventato una macchietta la pari dei Dalek che sbagliano la mira. Insomma appunto una zuppa di avanzi in cui Chibnall ha buttato tutto quello che aveva preoccupandosi solo di aumentare la quantità di ingredienti ma non del loro equilibrio. Il paradigma del cibo americano per cui per fare un buon hamburger ci devi mettere dentro tutto quello che hai in casa.

Ma appunto la cosa più imperdonabile come dicevamo è che il Dottore in tutto ciò è completamente passiva. Essendo letteralmente assente dalla scena, tutto il lavoro è compiuto dai suoi companion, coadiuvati da un ologramma intelligente che gli spiega le cose che non sanno, così abbiamo sia il Dottore passivo sia il Dottore expositioner! Il meglio dei due mondi preferiti di Chibnall. Così alla fine ci troviamo con un episodio di commiato del Tredicesimo Dottore in cui il Dottore non fa praticamente nulla se non farsi colpire alla fine per indurre la rigenerazione.

Si potrebbe obiettare che il punto dell'episodio era proprio questo, che il potere del Dottore è proprio quello di indurre i suoi compagni ad agire, ma a parte che è un concetto già esplorato alla fine della quarta stagione con il Decimo (addirittura con la stessa scena di sei operatori alla console del Tardis), rimane il fatto che il modo di mostrare questa cosa non è escludendo il Dottore dall'azione proprio nella sua ultima avventura. La stessa rigenerazione è piuttosto anticlimatica, perché il Dottore sviene e quando si riprende tutti se ne sono andati ed è rimasta solo Yaz. Il commiato con la sua companion preferita (ma de che!?) è sbrigativo e freddo, proprio perché non c'era nessun rapporto reale tra di lor, nessuna base emotiva su cui costruire un addio emozionante. E così il Dottore rimane sola e si rigenera.

C'è da dire che gli ultimi minuti della puntata sono ben fatti, alternando da una parte la riunione dei companion anonimi (con ulteriori cameo degli attori che hanno interpretato Jo e Ian nella serie classica) e dall'altra la scena davvero ben girata della rigenerazione, quindi l'episodio si conclude con una nota positiva, ma basta voltarsi un attimo a riguardare cosa c'è stato prima per rendersi conto di quanto anche questa storia sia superficiale e caotica, il che è ancora più imperdoanbile per un episodio che porta alla rigenerazione.
 
 
Sulla sorpresa finale della rigenerazione credo ci sia nulla da dire, visto che è già noto che si tratta di una fase "transitoria" per lo speciale dei 60 anni da cui poi si passerà il testimone al vero Quattordicesimo Dottore interpretato da Ncuti Gatwa. Sono abbastanza curioso di vedere come verrà spiegato questo fenomeno e a cosa porterà nella storia, ma non sono rimasto particolarmente sconvolto.

Alla fine di tutto questo ci sarebbe da fare una panoramica finale delle ultime stagioni, una retrospettiva dell'era Chibnall di Doctor Who, ma onestamente non se ne ho davvero voglia. Quello che penso credo sia emerso abbondantemente nei miei commenti pubblicati in tutti questi anni, e per me tutto questo periodo è stato come un lungo momento di standby, come l'ultima settimana di lavoro prima dell'inizio delle ferie. Mi auguro soltanto che il disastroso lavoro di Chibnall (che ha sprecato malamente anche l'occasione del Dottore donna) non abbia rovinato così tanto la fama di DW da impedire che il pubblico continui a seguirlo. Ma magari proprio a questo serviva rivedere la faccia di David Tennant, a riprendere i contatti con quella parte degli spettatori che hanno abbandonato la serie in questo periodo (e anch'io ci sono andato vicino). Vedremo se Russell T. Davies saprà raccogliere i cocci. Ma non lo vedremo prima di un anno.

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