Rapporto letture - Agosto 2019

Eccoci ai libri di agosto, quelli letti durante le "vacanze", e in effetti non sono pochi, anche se in verità alcuni sono piuttosto corti e quello più lungo me lo sono tirato dietro come lettura accessoria già da mesi. Iniziamo proprio da quest'ultimo.


Non è narrativa, e già questa è un'eccezione qui sopra. È Il libro degli essere a malapena immaginabili, un bestiario moderno di Caspar Henderson, che come detto dall'autore nell'introduzione, del bestiario classico ripete l'approcio, cioè quello di parlare di animali ma di agganciare a questi anche riflessioni sulla scienza, la filosofia, l'arte e tutto il resto. In questo senso questo volume è davvero come sfogliare un'enciclopedia aprendo pagine a caso, i temi trattati sono tanti e tanto vasti che si fatica a trovare un filo conduttore. Che in realtà c'è, è appunto quello degli animali, scelti in base ad alcune loro caratteritiche che li rendono per qualche ragione incredibili. Dalle spugne agli elefanti, dai quetzalocatlus ai polpi, dai tardigradi agli umani: c'è veramente di tutto, e se anche di queste creature non viene tracciato un profilo completo, gli argomenti tirati in causa da un capitolo all'altro bastano per sostenere conversazioni in società per i prossimi due secoli. Il libro è ricco, corposo e anche costoso, ma ne vale la pena. Mi azzerderei a dire, che è ottimo anche per chi degli animali in fondo non ha gran curiosità.


Passiamo a China Miéville e il suo romanzo breve pubblicato da Zona 42. L'uomo del censimento è una storia atipica, di un autore che le storei non le scrive se non sono atipiche. Si parla di un ragazzo, scappato di casa dopo un omicido, che racconta la sua storia, ma non la racconta adesso, la racconta in seguito, con la prospettiva degli anni e narra di un paese strano, difficile da riconoscere e associare a una nazione e un'epoca precisa. Per questa stessa ragione è difficile dire se si tratti di un romanzo di genere, perché la definizione di fantascienza, o weird, o slipstream o quel che vi pare si applica male in ogni caso. Non ci sono eventi sraordinario, niente mostri o alieni, miracoli o guerre, solo una serie di avvenimenti costantemente sul filo dell'uncanny, che creano una continua situazione di angoscia difficile da dissipare. C'è forse qualcosa da capire, ma forse molto altro no, e ho come l'impressione che lo stesso Miéville non sappia del tutto cosa ha scritto, che abbia davvero aperto uno squarcio su un mondo di cui è riuscito a cogliere appena uno spiraglio prima che gli scomparisse dalla vista. Come in altri casi di questo autore, onestamente non sono sicuro se lo consiglierei, perché è piuttosto ermetico, ma ho comunque provato una malsana forma di soddisfazione nel leggerlo. Voto: 7.5/10


Breve interludio per un altro manualetto, I teoremi di incompletezza, rapida guida ai Teoremi di Kurt Godel, che mi ero già rinfrescato tempo fa con la lettura di Godel, Escher, Bach di Hofstadter. Questo volume di Gabriele Lolli è molto più tecnico, ma definisce anche meglio il contesto storico e le reazioni immediate e successive alle teorie di Godel. Se mi seguite con tanto amore da almeno sei-sette anni forse potete subodorare la ragione di questa lettura. Ma forse no, quindi passate pure avanti.






Letto in effetti durante il mio rapidissimo soggiorno fuori casa, We are all completely fine e un romanzo di Daryl Gregory, autore che mi ero ripromesso di approfondire e quindi eccoci qui. La storia inizia da un gruppo di sosteno per persone che hanno subito un trauma, con la narrazione che ad ogni capitolo si sposta da uno all'altro. Quelli che all'inizio sembrano solo personaggi un po' eccentrici si rivelano poi parte di un mondo più complesso e un progetto ben definito: c'è un cacciatore di mostri, l'unico sopravvissuto di una setta di cannibali, un ragazzo capace di vedere strane entità che accompagnano le persone, una donna le cui ossa sono state incise da un folle suprevillain. Il romanzo si trasforma gradualmente in una storia weird, via via che si scopre che ognuno di loro è sì vittima di un trauma, ma sempre derivante dall'incontro con fenomeni poco ordinari. Il finale lascia aperta la possibilità di un sequel ma ad ora non mi risulta che ne esistano. In ogni caso, Gregory conferma la mia impressione di autore capace di mouversi a cavallo dei generi, con uno stile di scrittura moderno e una capacità di dare vita a personaggi e storie memorabili. Non per nulla lo avevo citato tra i possibili autori da consigliare a chi è digiuno di fantascienza. Voto: 8/10

 

E infine abbiamo il numero 86 di Robot, che è quello in cui ho fatto la mia comparsa per la prima volta. E sarà quella cosa delle mamme degli scarrafoni, ma a me questo è sembrato come uno di migliori numeri della rivista degli ultimi tempi. I racconti sono tutti di buon livello, dal vincitore del Premio Robot di Linda De Santi, in cui viene descritto il rapporto con una fatina e altre bestie mitologiche arrivate attraverso una frattura intorno al Monte Serra, alla breve ucronia di Lavie Tidhar in cui si immagina un filone di narrativa erotica nazi vs ebrei. Senza dubbio il racconto di Greg Egan sul surrogato artificiale di attore che rimane l'erede dopo la sua morte è il più impressionante, ma da Egan ci si poteva aspettare. Anche gli articoli sono di buona qualità, con un tentativo di tracciare un percorso tra la sf e il mainstream, una prospettiva sulle sex dolls, e il profilo di alcuni operatori storici della sf italiana scomparsi di recente. Voto: 8/10

Il lettore universale live @ Mr Ibis, Roma 21 settembre

Se ne è parlato parecchio sui giornali in queste settimane, della nuova edizione de Il lettore universale uscita a fine estate, con nuova copertina e un racconto bonus. C'è stato tanto camore intorno a questa iniziativa, che insieme ai signori Moscabianca abbiamo deciso di organizzare un evento per portare il libro di fronte al suo affezionato pubblico.

Quindi ecco che il 21 settembre a partire dalle ore 18, ci troveremo al Mr Ibis di Roma, per una chiacchierata intorno a biblioteche universali, spore, immortalità e robot pistoleri. Le solite cose, insomma.


A condurre il tutto ci sarà Alberto Panicucci, presidente dell'Associazione RiLL che da oltre vent'anni si sbatte a organizzare l'omonimo premi letterario e selezionare i migliori racconti fantastici da pubblicare nella raccolta annuale. Alcuni dei racconti contenuti in Il lettore universale sono stati scritti proprio per il Trofeo RiLL, quindi è una poetica chiusura del cerchio avere lui a portare avanti la serata.

Inoltre Mr Ibis è un locale particolre, pub, caffè letterario, sala giochi da tavolo, quindi c'è di che passare le ore, anche concluso il main event. Per chi è interessato, potete aggregarvi all'evento facebook.

Leila

Che spasso questa golden age delle serie tv. Ogni settimane escono due o tre titoli diversi da bingare, contemporaneamente ne annunciano altri sette-otto, e altrettanti vengono cancellati senza troppo riguardo per la storia in corso. In quest'eterno buffet audiovisivo, già da tempo ho un atteggiamento di cauto isolamento, tenendomi a distanza dai punti in cui si affolla la ressa che puccia le mani nel vassoio senza sapere quante olive ascolane ci siano per arrivare al fondo. Molte delle serie più popolare degli ultimi anni le ho volutamente evitate, non per snobberia (o almeno non solo) ma perché c'è così tanto da mangiare che se assaggiassi tutto mi troverei subito iperglicemico.

Questo per dire che tra gli arbitrari criteri di selezione da me adottati, c'è anche quello di dare più attenzione alle cose che non provengono dal mondo anglofono. USA e UK sono notoriamente i produttori più assidui di serie tv, ma l'entrata di altri distributori nel gioco (Netflix su tutti), sta dando spazio anche ad altre Nazioni di far arrivare le loro serie su canali internazionali. Ed è proprio con questo criterio che mi sono andato a seguire serie come 3% (che nonostante il livello in calo, ha fatto da apripista a questa mia tendenza), Si no t'hagués conegut, Sintonia e infine, nelle settimane scorse, Leila.

Leila è una serie distopica indiana, che vede tra i suoi protaginisti alcune star del cinema d'oltrehimalaya come Huma Qureshi e Siddarth. Non mi aspetto che siano nomi familiari, perché il cinema indiano è una specie di realtà parallela che raramente tocca quella del cinema occidentale. La storia si basa sul romanzo omonimo di Prayaag Akbar, opportunamente adattata per la tv. Huma Qureshi interpreta la protagonista Shalini, una donna benestante nell'India pre-rivoluzione, prima che si instauri il regime dell'Aryavarta, che si basa su fondamentalismo religioso, segregazione razziale e sociale, propaganda. Nel prologo della serie Shalini, sposata con un musulmano, viene presa di mira da una banda di esaltati aryavartani: sua figlia viene rapita, il marito ucciso, e lei finisce in un centro di rieducazione per donne "impure". Qui trascorre due anni prima che la storia riprenda con il suo tentativo di fuggire dalla prigionia e andare in cerca di sua figlia, la Leila del titolo.

Volendo semplificare al massimo, si può inquadrare Leila come una versione indiana di The Handmaid's Tale. I punti tematici di fondo infatti sono molto simili: il fondamentalismo religioso al potere, la donna ridotta a ruolo di serva e procreatrice, gli inevitabili movimenti di resistenza contro il regime. Tuttavia non sarebbe corretto considerarla solo come una variazione sul tema, tanto per gli snodi della trama quanto per le differenze nell'ambientazione, che mostrando un mondo così diverso già in partenza da quello che conosciamo produce un senso di straniamento molto forte nello spettatore occidentale. La serie è ambientata in un futuro non troppo lontano, e ci sono brevissimi accenni di avanzamento tecnologico come proiezioni olografiche, ma la speculazione tecnologica non è assolutamente il punto centrale della storia, si tratta di aspetti secondari.

Un elemento di forte impatto è l'estrazione sociale di Shalini, che passa da essere tanto agiata da potersi permettere una piscina (e sulle prime si crederà che la ragione dell'attacco sia proprio questo spreco di acqua), a perdere qualunque status: nel centro di rieducazione femminile in cui passa due anni, le donne sono tanto umiliate che una viene fatta sposare ad un cane, per ribadire la sua condizione di sub-umanità. Il contrasto tra la sua vita di prima e quella di adesso emerge in diverse occasioni, e Shalini avrà modo di riflettere su come in precedenza la sua attitudine fosse tutt'altro che inclusiva e altruista. Anzi saranno proprio alcune delle azioni da lei compiute nella sua vita precedente a influenzare l'esito della sua ricerca della figlia. Nel suo viaggio nell'Aryavarta, Shalini si troverà a confrontarsi con altre persone che sono in un certo senso la rappresentazione di se stessa o di chi le stava vicino: la bambina orfana degli slum, la moglie dell'ingegnere che cade a sua volta in disgrazia, i suoi familiari e il braccio destro del dittatore Joshi, con cui ha un legame insospettato. Tutti questi personaggi hanno una loro funzione nel portare la donna a riconsiderare la vita trascorsa prima della prigionia.

Dal punto di vista tecnico la serie è sicuramente ben fatta, e un ruolo notevole lo assumono fotografia trucco e scenografie, che sono eccellenti nel mostrare il contrasto tra la realtà afosa e sudata del popolo rispetto a quella pulita e formale dell'élite. La recitazione è di buon livello, senza le teatralità che ci si può aspettare se si pensa al cinema bollywoodiano. Personalmente mi piace anche sentire gli attori parlare in hindi, con questo miscuglio di inglese dal forte accento e lingua locale.

C'è da rilevare che in patria Leila è stata accolta con parecchie critiche, perché il regime dell'Aryavarta è stato accusato di perpetrare un'agenda hindufobica, argomento a cui certe regioni dell'India sono piuttosto sensibili. Questo forse potrebbe anche influire sull'eventuale produzione di una seconda stagione, che non è ancora stata annunciata. La prima stagione finisce in un momento di altissima tensione, in cui Shalini è in bilico tra riottenere o perdere tutto, di nuovo. Sarebbe un peccato se la storia non fosse portata a compimento, ma si sa, questo è il rischio della golden age delle serie tv. In ogni caso a mio avviso la visione anche di questa prima parte merita, proprio per la prospettiva che la serie offre su una società di cui non conosciamo molto, e che in realtà sta assumendo un peso sempre più alto nell'equilibri globale.