La zuppa di Mamma Han

Ehi, ma è passato parecchio tempo dall'ultima volta che ho proposto qui una storia! Un raccontino breve ogni tanto per spezzare il ritmo di post impegnativi come quelli che compaiono su questo blog ci vuole! La cosa mi è venuta in mente quando, spulciando un ammasso di fogliacci con l'intenzione di rimetterli a posto, mi sono imbattuto in due paginette scritte a mano con su un racconto. Il lavoro risale a un'edizione live di Minuti Contati, tenutasi il maggio scorso durante un raduno delle Edizioni XII al quale ho partecipato. In quell'occasione, per la prima volta è stato eseguito "di persona" il concorso storicamente ospitato da XII e che da qualche mese si è spostato su Nero Cafè. Il tema dell'edizione live era "svisceramento d'autore", e, nel giro di un paio di birre, e con enorme sforzo di polso, ho tirato fuori questa storia.



La zuppa di Mamma Han

Chu strappò il foglio dell'ordine per il tavolo 4.
1 x ravioli di carne al vapore
1 x zuppa di mamma han
Chi ha chiesto la zuppa? chiese indispettito a uno dei camerieri.
Uomo con signora, molto bella spiegò disinteressato questi, passando per ritirare due piatti di spaghetti di riso.
Chu si affacciò dalla cucina per spiare il tavolo 4. La donna era davvero bella, era... era lei.
Cinque anni di licelo insieme, cinqe anni di amore non corrisposto. Cinque anni di umiliazioni.
Era proprio il tipo da ordinare una zuppa di Mamma Han, il piatto più elaborato e impegnativo. Gli ingredienti erano innumereveoli e ricercatissimi. Le avrebbe preparato una zuppa adatta a lei.
Si mise al lavoro iniziando a sgusciare i gamberi. Poi, con cura, passò a pulire il pesce palla.

Intossicazione alimentare riferì il medico. Ha ingerito un veleno a rilascio lento. Avete mangiato qualcosa di insolito, ultimamente?
I presenti scossero la testa, straniti. Sconvolti per quella morte improvvisa, non riuscirono a focalizzare l'attezione sulla domanda.
La zuppa rispose infine una di loro. Al ristorante cinese. Ha preso una zuppa di pesce...

Chu la vide tornare la settimana dopo. Una settimana dopo il giorno in cui sarebbe dovuta morire.
Era con un gruppo di amiche, festeggiavano qualcosa. Il cameriere gli consegnò l'ordine del loro tavolo.
Otto zuppe di Mamma Han. Signora festeggia. Marito morto, lasciati molti soldi.
Chu si affacciò a osservarla anche questa volta. Sembrava felice, come la precedente. Una felicità che lui non era riuscito a toglierle.
Sospirando, prelevò gli ingredienti per la zuppa. Iniziò sgusciando i gamberi. Poi passò a pulire il pesce palla, eviscerandolo ad arte degli organi interni, in modo che il veleno non fuoriuscisse.

Bustina # 16


Meglio èsse' brìao che scemo.
Canè - personaggio locale di Montecatini Terme

Ogni metropoli, cittadina, paese ha i suoi personaggi. Alcuni sono dei semplici scemi del villaggio, altri possono distinguersi per altre bizzarrie che li rendono unici, riconoscibili, anticonformisti. Possono essere degli storpi o dei vecchi, dei ritardati o dei filosofi (come nel caso di Filippo Bellissima [il link qui accanto è di Nonciclopedia, che non sempre si può considerare affidabile, ma in questo caso le citazioni sono autentiche, posso garantire io stesso!]). A volte, come nel caso dell'autore della citazione, sono semplicemente delle spugne.

Non c'è molto da raccontare su Canè, se non che lo si può tipicamente trovare che si aggira in bicicletta per la città, o in sosta in qualche bar. In passato era uno dei più illustri ultras dell'Agricola Gloria, ma con la decadenza della squadra anche la sua passione si è affievolita, anche se lo si può ancora trovare tra il pubblico di alcune partite giocate in casa. Ultimamente anche la sua predilezione per l'alcool è in calo, forse anche per questioni di salute legate all'età, ma anche da sobrio Canè rimane comunque un personaggio notevole, per quanto sia difficile comprendere buona parte delle sue parole.

La citazione in oggetto costituisce una delle frasi più storiche di questo eroe, ascoltabile anche in questo video, e probabilmente in altri della serie presenti tra i video correlati. Pur sembrando un semplice rantolo da ciucco che cerca di giustificarsi, la profondità della frase non è da trascurare: perché, insomma, se bisogna passare da idioti, come nella maggior parte dei casi capita nella vita di tutti i giorni, è meglio che gli altri pensino che lo siamo perché ubriachi, piuttosto che stupidi. E allora, tanto vale esserlo sempre. Ubriachi, non stupidi.

È un messaggio forse un po' ambiguo, ma non ottuso.

Oltre ai video linkati sopra non ci sono fonti ufficiali riguardo a Canè, e per chi non è della zona l'unico modo per avvicinarsi al personaggio è quello di iscriversi al Canè Fan Club presente su facebook, di cui naturalmente sono un membro.

Coppi Night 19/02/2012 - La casa stregata

Ho avuto molteplici occasioni di esprimere la mia opinione riguardo i film cosiddetti "comici" all'italiana, coi soliti attori che interpretano i soliti personaggi nelle solite storie. Per questo non mi dilungo nel dire quale scarsa considerazione abbia del genere, nonostante, lo ammetto, qualche rara perla si possa scovare. In questo caso, il film vede come protagonista un Pozzetto come reincarnazione di un guerriero saraceno colpito da una maledizione per aver profanato la figlia di una potente megera promessa in sposa a un principe (!!!). C'è quindi un vago "elemento fantastico", che si manifesta poi con i fenomeni paranormali che avvengono all'interno della casa del titolo. La trama si riassume in: Pozzetto vuole trombarsi la fidanzata Gloria Guida, ma perché l'incantesimo si rompa deve aspettare il plenilunio, per cui il fantasma ci si mette di mezzo e gli impedisce in un modo o nell'altro di consumare. Disavventure, equivoci, e gag conseguono a questo.

Ora, per quanto coerenza e solidità non siano requisiti da ricercare in questo tipo di film, devo riconoscere che questo mi è sembrato leggermente sopra la media, forse proprio per la ricerca di una storia più originale. È anche vero che nel panorama degli attorucoli "comici" italiani, Pozzetto è uno di quelli che mi piace di più, soprattutto per come riesce a rendere certe sue battute classiche (come l'incazzatura portata avanti in tono del tutto calmo, con un pacifico discorso che termina in "non mi devi rompere i coglioni"). Al di là di questo, alcune gag più surreali mi hanno strappato qualche risata autentica, che è già un buon risultato. Peccato che negli ultimi venti minuti, quando Pozzetto (cioè, la sua controfigura magra) si trasforma in hulk (e non credo abbiano pagato i diritti alla Marvel) il livello di credibilità precipita, ma fortunatamente si arriva velocemente al lieto fine e non si soffre troppo.

Raccontando questo film in giro, io che non l'avevo mai visto ho appreso che è in qualche modo un "classico", una cosa tipo Fantaghirò che tutti quelli della mia generazione hanno visto e rivisto da piccoli. Sono lieto di aver colmato questa lacuna. Ma ora come ora anche Alessandra Martinez non è che me la riguarderei volentieri.

Fantaweb 2.0

L'ultima segnalazione di pubblicazione risale all'anno scorso, ed era l'ora che mi prendessi lo spazio per un'altra autopromozione. Si tratta ancora di una raccolta di fantascienza, stavolta non derivante da un concorso ma da una vera e propria selezione editoriale ("che differenza c'è?" potrebbero chiedersi alcuni lettori occasionali: la differenza è sostanziale ma probabilmente poco interessante per i non addetti al settore, per cui evito di addentrarmi nella spiegazione).

Ed ecco quindi, dopo una lunga gestazione di qualche anno, venire alla luce Fantaweb 2.0!


Pubblicato nella collana "Fermenti" di Edizioni Della Vigna, una piccola casa editrice particolarmente attiva nel campo della fantascienza, che ha portato in Italia anche alcuni notevoli testi di autori stranieri (come Mike Resnik), oltre a pubblicare annualmente i vincitori del Premio Giulio Verne, questo libro ha avuto una genesi particolare. L'iniziativa infatti è partita su aNobii, in un gruppo dedicato alla fantascienza, nel quale qualcuno ha aperto una conversazione proponendo di mettere insieme una raccolta di racconti degli utenti e tentare di pubblicarla. Questo accadeva diverso tempo fa, e tra reclutare gli scrittori, aspettare i loro lavori, valutarli e sistemarli, mettere insieme il manoscritto, cercare un editore, accordarsi per la pubblicazione eccetera, i mesi sono scorsi velocemente. Ma alla fine, grazie alla perserveranza del curatore Matteo Ciccone (che si è sobbarcato tutto il peso di mettere insieme i testi e sottoporli agli editori) e alla fiducia nel progetto di Luigi Petruzzelli (titolare di Della Vigna), il libro è stato realizzato ed è disponibile per l'acquisto, in formato cartaceo e anche elettronico.

All'interno, il mio contributo consiste nel racconto Il senso della vita. Vi suona familiare? Già, in effetti non solo è un racconto che si era già visto in giro, ma addirittura l'eponimo della mia raccolta pubblicata in ebook dalle Edizioni Scudo. In una versione rivista e corretta ma sostanzialmente equivalente, il racconto è lo stesso, che, scaricando il pdf, potete leggere insieme agli altri. Perché allora dovreste perdere tempo a comprare Fantaweb 2.0 se il mio racconto è disponibile aggratisse? Perché, ovviamente, il mio non è l'unico lavoro degno di interesse, anzi. La lista degli autori presenti include infatti personaggi noti come Daniele Picciuti (autore de I racconti del sangue e dell'acqua e mio coautore in Uomini e Spettri, entrambi pubblicati da Bel-Ami), Stefano Andrea Noventa (già letto in Carnevale di Edizioni XII e finalista in parecchi concorsi di rilievo), Alfredo Mogavero (autore di Six Shots per Edizioni XII), Alberto Cecon (creatore di Sadastor Edizioni Amatoriali per il quale è uscita la raccolta Voci dal vortice)... oltre agli altri, tra cui, appunto, io. E il mio racconto che potete già leggere liberamente può darvi un'idea del contenuto e del livello della raccolta, anche se i temi e gli stili variano ampiamente per gli altri lavori. Ecco la lista completa di autori e relativi racconti:

La vita in un segmento di Angelo Frascella
Alter ego di Stefano Andrea Noventa
Habemus Messiam di Francesco Cotrona
Labirinti di Matteo Gambaro
Teorema sinfonico di Massimo Ferri
Jack Farner di Emanuele Gabellini
Come scarabocchi su una lavagna di Alfredo Mogavero
Il senso della vita di Andrea Viscusi
Albert di Patrizio Frosini
Il viaggiatore di Daniele Picciuti
Dalla culla alla tomba di Alberto Cecon

Avendo nelle prime fasi di preparazione letto tutti i racconti poi inclusi (e anche diversi che poi non sono rientrati nella seleizone finale), posso affermare con cognizione che si tratta di una raccolta di ottimo livello, composta da opere valide tanto nelle idee che nella forma, e un paio delle quali (per correttezza non dico quali) veramente eccezionali. Un acquisto che mi sento di consigliare per gli appassionati di fantascienza, tanto per far vedere che anche gli autori di casa nostra sanno combinare qualcosa una volta ogni tanto. E un'occasione per dare un'occhiata al ricco catalogo delle Edizioni Della Vigna, cartaceo e digitale.

Nei prossimi mesi cercheremo anche di farci trovare un po' in giro per promuovere il libro, quindi se proprio non vi fidate a scatola chiusa, potreste anche venirci a trovare e farvi convincere di persona.

Coppi Night 12/02/2012 - Sunshine

Pare che ultimamente il Coppi Club si sia dato alla fantascienza, considerando gli ultimi film che hanno vinto le votazioni. Ma se sia Equilibrium che Fantasmi da Marte non avevano convinto il mio lato di appassionato di sf, con Sunshine invece il discorso è ben diverso. Questo, infatti, è un film intelligente, verosimile, e ben realizzato pressoché in tutti gli aspetti.

La storia si può ridurre a una classica "avventura su astronave", paragonabile ad esempio alla parte centrale di 2001: Odissea nello Spazio, o anche un Apollo 13 o il più recente Pandorum (che cito solo per avere un altro pretesto per mettere una foto di Antje Traue). La missione dell'astronave Icarus 2 è quella di raggiungere il Sole, che per ragioni non precisate si sta spegnendo con qualche miliardo di anni di anticipo, e riaccenderne il nucleo con una speciale bomba, in modo da renderlo di nuovo abbastanza caldo da supportare la vita sulla Terra. La missione è la stessa che era stata affidata alla precedente Icarus, misteriosamente scomparsa, e l'equipaggio sa bene che questa è l'ultima possibilità per riaccendere il Sole, e che dal successo della missione dipende la sopravvivenza di tutta l'umanità. Poi, chiaramente, le cose iniziano ad andare male, a iniziare da quando viene captato il segnale di soccorso della Icarus 1, il che richiede un cambiamento di rotta, e qualche problema agli scudi antiradiazioni, e giù di lì si iniziano a contarsi le prime vittime, autosacrificatesi o coinvolte in incidenti, fino ad arrivre al punto in cui gli astronauti rimasti sanno che non potranno comunque più tornare indietro, se anche riuscissero ad arrivare fino alla stella. Senza entrare troppo nei dettagli, le difficoltà che gli uomini dell'Icarus si trovano ad affrontare sono sempre più complesse, ravvicinate e inspiegabili, e dietro a esse si nasconde anche una rivelazione piuttosto spiacevole. Come tutto vada a finire potete immaginarlo, è il finale più classico delle storie "uomini che si battono per l'umanità", ma non per questo è un esito scontato e noioso, anzi, superate le fasi iniziali di "ambientazione" all'interno del film, il livello di attenzione rimane sempre alto.

Dal punto di vista strettamente scientifico c'è forse qualche incongruenza, ma niente di insopportabile. Quando un film è ben realizzato, si sospende volentieri l'incredulità (almeno un minimo!) per potersi gustare l'opera. E in questo caso i peccati non sono nemmeno gravi come possono essere quelli di un Green Lantern, per dirne una. Al di là della storia infatti, il film riesce anche a catturare con delle immagini spettacolari del Sistema Solare interno, in momenti davvero poetici in cui l'abbagliante luce del Sole vicinisimo investe ogni dettaglio. Insomma, questo è un film che tutti i bambini che da piccoli dicevano di voler fare l'astronauta devono amare. Il più soddisfacente che abbia visto dai tempi di Source Code.

Vittorio Catani - Il quinto principio

In un certo senso, questa recensione l'avevo promessa. Non in modo esplicito, ma quando per una settimana circa il mio blog si è infiammato dopo che mi ero scagliato contro la pessima qualità dei Premi Urania, tra gli intervenuti nei commenti c'era proprio Vittorio Catani, al quale ho detto: "in ogni caso quando l'avrò letto ti farò sapere. ma non posso sapere quando succederà, perché scelgo i libri con un criterio abbastanza casuale...". Era il 12 gennaio 2011. Ora, a distanza di tredici mesi, ho finalmente letto Il quinto principio e posso riferire al pubblico (e all'autore) le mie impressioni.

Il romanzo è ambientato qualche decennio nel futuro, in un 2040 e rotti in cui alcune attuali tendenze politiche, sociali e tecnologiche sono esasperate al limite. È una storia “corale”, con numerosi personaggi di differente estrazione che si muovono in contesti diversi, e ognuno dei quali contribuisce a dare un'idea del futuro distopico (non dichiaratamente tale, ma l'intenzione dell'autore è certamente questa) verso cui ci stiamo dirigendo. Delle varie sottotrame dei personaggi, alcune sono più rilevanti, e costituiscono la vera e propria ossatura del romanzo: un complotto organizzato per sovvertire l'ordine mondiale, ed eliminare i centri di potere che prosperano sulle spalle della popolazione mondiale praticamente schiavizzata. Nelle ultime fasi, alcune di queste sottotrame convergono, e i protagonisti, riuniti per questo scopo ultimo, lanciano il loro attacco. Questa in poche e spoilerfree parole è la trama. Passiamo ad approfondire i singoli elementi.

L'ambientazione: questo è uno dei fattori più interessanti. Catani è riuscito in un'estrapolazione convincente delle correnti che fluiscono oggi nel mondo. La tecnologia informatica è progredita al punto di dotare ogni persona di una “PEM” (Protesi Elettronica Mentale), una specie di telefono-computer applicato direttamente sul cranio. Un po' come se vi appiccicaste il vostro iPad dietro l'orecchio e lo controllaste col pensiero. La PEM è fondamentalmente un dispositivo di comunicazione, ma anche di potenziamento delle facoltà mentali (memoria, calcolo, eccetera), ma essendo un computer è sensibile anche ad attacchi esterni di virus o trojan, che possono aggredire non solo l'apparecchio ma anche il cervello stesso del suo possessore. Non ci sono altre strabilianti meraviglie tecnologiche, tranne qualche colonia extraterrestre all'interno del Sistema Solare, la cui esistenza viene però solo annunciata. Più elaborato è il contesto socio-politico del romanzo. Il mondo del 2040 è dominato da un'élite occulta di ultraricchi, che niente hanno a che vedere con i governi tradizionali (ancora nominalmente esistenti, ma di fatto impotenti), ma dirigono le sorti di tutto il pianeta smuovendo gli immensi capitali di cui dispongono. Questo limitato gruppo di persone è completamente estraniato dal resto del mondo, e vive a Città Grande, o Diaspar, un'enorme città-stato sospesa al di sopra della foresta amazzonica, la cui stessa esistenza è sconosciuta a tutti tranne che ai suoi occupanti. Questi ultimi vivono secondo principi puramente edonistici, traendo ogni forma di piacere resa possibile dal loro potere (ovvero: facendo tutto quello che vogliono). Il resto dell'umanità per loro non è altro che forza-lavoro, impiegabile per aumentare la loro ricchezza e rifornirli delle materie di consumo di cui hanno bisogno. Infine, a livello “ambientale”, c'è un altro fattore determinante: da diversi anni, il pianeta è sconvolto da fenomeni catastrofici e inspiegabili, quali smottamenti di interi continenti, colonne d'acqua alte chilometri, esplosioni della superficie terrestre. Questi “Eventi Eccezionali”, negati dalla scienza ufficiale, sono i primi indizi dell'emersione del “Quinto Principio” del titolo, di cui parleremo di più tra poco.


Coppi Night 05/02/2012 - Equilibrium

Anche se in finale avevo votato per Scanners invece di questo, si tratta di un film di cui avevo sentito parlare e che da tempo mi ero ripromesso di vedere. Ora che ho colmato la lacuna, posso dire che Equilibrium non è un gran film. Per riassumere il problema in una sola parola, si può dire che è soprattuto superficiale.

Mi spiego meglio. La storia di per sé non è troppo originale: l'ambientazione è un futuro distopico in cui, per mantenere sotto controllo le pulsioni istintive dell'uomo (ed evitare conflitti e guerre potenzialmente distruttivi), l'élite al comando ha deciso di eliminare per legge le emozioni, attraverso la somministrazione capillare di una droga e l'eliminazione di tutte le possibili fonti di "turbamento", il che include tutte le forme di arte. Il protagonista è un cleric, un agente delle forze dell'ordine che si occupano appunto di scovare depositi di opere e darli alle fiamme. Dopo il confronto con un collega colpevole di tenere per sé alcune delle opere sequestrate, il protagonista (il buon vecchio fisicatissimo [tranne che in The Machinist] Christian Bale), inizia lui stesso a interessarsi a ciò che dovrebbe distruggere, e si mette in saccoccia qualche aggeggio interessante. Chiarimento: no, non sto parlando di Fahrenheit 451, questo è Equilibrium. Il cleric prosegue per un po' su questo doppio binario, dubbioso su quale lato scegliere, finché decide che la causa giusta è quella degli abitanti del sottosuolo, uomini "autentici" che provano emozioni "autentiche" e vivono vite "autentiche", e si allea con loro per portare al crollo l'attuale sistema dispotico. Nel frattempo ha modo di confrontarsi in diversi combattimenti con armi da fuoco, nei quali schiva le pallottole, o con armi improvvisate, con le quali spolpetta la faccia ai suoi avversari nonostante gli stiano sparando da otto centimetri di distanza. Chiarimento: questo non è Matrix, è Equilibrium. Alla fine, nonostante doppiogiochisti e tradimenti e sorprese e imboscate, il cleric riesce nella sua missione, e nelle scene conclusive si odono i boati degli scontri degli abitanti del sottosuolo saliti in superficie per reclamare la loro libertà contro il regime. Chiarimento: questo non è V per Vendetta, è Equilibrium.

Appurato che il film non avrebbe potuto vincere l'Oscar per miglior sceneggiatura originale, rimane da esaminare come viene portata avanti la storia. Ed è qui che la superficialità di cui parlavo prima si fa più evidente. Tralasciando le palesi impossibilità fisiche (e le assurdità del tipo: armi nascoste nelle maniche condotte senza alcuna difficoltà all'interno del Tempio Sacro del Despota), ci sono tanti altr particolari così scontati da far scadere ogni tentativo di profondità. Ad esempio, nelle prime scene il protagonista attacca un covo di dissidenti, e tra le opere che poi dà alle fiamme si trova nientemeno che la Gioconda. Quale manifestazione più stucchevole del concetto "stanno distruggendo l'Arte!"? Oppure, il formidabile piano della resistenza secondo cui per affossare il regime si debba uccidere il Tiranno: certo, perché un'istituzione basata sulla diffusione di droga e l'uso repressivo della violenza può essere fermato semplicemente rimuovendone il capo? E poi: i dialoghi con la ragazza tenuta prigioniera, i continui tentativi di salvare vite umane nel modo più ottuso possibile, il rapporto con i figli: tutto è così scontato che, se non fosse per le centinaia di morti occorsi nel film, potrebbe trattarsi di una puntata dei Puffi. E che dire del messaggio finale trasmesso, secondo cui la violenza pare essere l'unico modo per arrestare un sistema che promuoveva l'abolizione della violenza? L'unica scena che ho apprezzato di più è stata quella con i cani, sterminati senza pietà perché ritenuti privi di valore (tanto che un agente chiede: "che cosa ci fanno, li mangiano?"), perché si sa che la violenza sugli animali fa più impressione di quella sugli uomini. Ma anche questo è solo un breve inciso, e quattro minuti dopo si ritorna a un eccidio di agenti.

Per cui, Equilibrium mi è sembrato un tentativo rozzo di dare maggior spessore a una trama concepita per mettere in scena combattimenti frenetici a livelli crescenti di difficoltà. Ma paradossalmente, anche in questo, risultano più appassionanti gli scontri di Scott Pilgrim vs The World. Mi dispiace per Christian Bale, e anche per Sean Bean, che ultimamente vedo morire troppo spesso.

Coppi Night 29/01/2012 - Fantasmi da Marte

Il post arriva con un certo ritardo, come già paventato, ma non mi è stato possibile mettermi al lavoro pirma per fornire la cronaca del film visto nell'ultima domenica di gennaio. Peraltro, si trattava del mio turno da Anfitrione, per il quale avevo selezionato una serie di film tutti ambientati al di fuori della Terra. Forse intimoriti dalle distanze siderali, i membri del Coppi Club hanno infine deciso di affacciarsi giusto sul pianeta accanto, dando fiducia a questo film di Carpenter.

Marte è da sempre uno dei pianeti più cari alla tradizione fantascientifica, personificazione extraplanetaria della "frontiera", e protagonista di saghe di valore storico come quella di John Carter di Burroughs (Edgar, non William) e le Cronache Marziane di Bradbury. In questo senso, il film interpreta nel modo più "classico" l'ambientazione, facendo di Marte un pianeta sostanzialmente abitabile, anche se gli occupanti usano alcune accortezze praticamente invisibili per poter respirare l'aria rarefatta (nessun problema di pressione o temperatura, a quanto pare). La storia, comunque, ha ben poco di fantascientifico, e anzi si svolge secondo canoni horror piuttosto semplici, con i "fantasmi" che si impossessano dei corpi degli umani cercando di cancellare così l'occupazione del loro pianeta. Come ci si può aspettare da un film di Carpenter, tutto si basa sull'azione, con il gruppo di protagonisti prima assediati e poi in contrattacco contro la minaccia supernaturale. Ci sono sorprese e voltafaccia e morti e rivelazioni, ma niente che non si possa intuire già con diversi minuti di anticipo. Forse più originale del solito il sistema narrativo adottato in parecchie situazioni (fin dalla scena iniziale), nel quale un personaggio racconta attraverso un flashback nei quali compaiono altri flashback.

In sostanza, non un film memorabile, ma una storia valida nella sua leggerezza, che non pretende di colpire troppo e riesce bene nel semplice (ma non banale) intento di intrattenere.

Premio Robot 2012

Perché non abbiate a pensare che abbia archiviato la mia attività scrittoria, con questo post segnalo il risultato raggiunto al Premio Robot 2012. L'esito del concorso promosso dalla rivista di fantascienza (che ho iniziato proprio da qualche mese a seguire) storicamente diretta di Vittorio Curtoni è stato pubblicato proprio oggi sul sito Fantascienza.com, e lo riporto qui:


Vincitore 
Il lungo viaggio di Valentino Peyrano

Finalisti
Sinfonia per theremin e merli di Andrea Viscusi 
Mai dimenticherò quel viaggio nella città abbandonata di Marco Migliori 
Mondo nuovo sempre vecchio di Clelia Farris 
Universo 12 di Cosimo Vitiello


Ed è così che, con il racconto arrivato alla fase finale della selezione per Discronia indetta da Edizioni XII, sono riuscito a raggiungere comunque un buon risultato, che include entro la fine dell'anno la pubblicazione su un numero dello stesso Robot.

Quindi rimanete sintonizzati, e presto potrete apprendere l'improbabile connessione tra lo strumento elettronico più affascinante di tutti i tempi e gli uccelli canterini giallobeccuti.

Damian Lazarus - Smoke the Monster Out

Una bambina che indossa un grazioso vestitino di cui solleva un lembo della gonna. Tiene le gambe accavallate e un ditino sulla bocca, con fare timido. Ha la testa di un panda. E una macchia di sangue che parte dall'addome, come a voler deturpare quell'immagine di poetica innocenza. È così che si presenta Smoke the Monster Out, il primo album di Damian Lazarus, uscito nel 2009 sull'etichetta Get Physical. All'interno del libretto, altre immagini simili, con giovanotti dalla testa di cavallo a cui sembra abbiano sparato in testa. Se c'è un messaggio in questi disegni, non è del tutto chiaro. Ma la musica che il dj inglese propone in questo disco merita sicuramente un'attenzione particolare.

Non fosse altro per Moment, il singolo che ha preceduto l'uscita dell'album, assoluto capolavoro che riesce nella sua semplicità a suscitare veri e propri brividi a partire dal primo ascolto (ma anche al centoquarantaquattresimo non è da meno): un pezzo che inizia con alcune note di piano, pochi versi ripetuti come una ninna nanna, e si sviluppa in seguito con grande maestria, fino al climax centrale e il leggero fade out. Questa canzone in particolare rientra senza dubbio nella mia personale top ten, e non è un caso che l'abbia già citata come autentica ispirazione per un mio racconto, uno di quelli che considero migliori.

E se Moment si definire un pezzo techno, con il suo kick deciso e la riverberante linea di basso, l'album nel suo complesso sfugge alle classificazioni. Lazarus infatti non raccoglie soltanto pezzi da dancefloor, ma si impegna con generi differenti: melodie, accordi e parole che formano un insieme eterogeneo, che esito meno del solito a deinire anche "perfetto". Dalla cupa Memory Box, altro pezzo techno in cui il testo sembra descrivere una sorta di disordine mentale, alla gioiosa Neverending; dalle tracce strumentali come It's Raining Today e Cold Lizards alle più ritmate Lullabies e Come and Play. Ogni pezzo è diverso dagli altri, riesce a trasmettere sensazioni differenti, senza annoiare mai. Molti sono anche rielaborazioni o contengono campionature di altre canzoni, pezzi pop o rock di musicisti come Scot Walker.

E siccome nonostante le entusiastiche sensazioni del pubblico, i professionisti del club si sono lamentati che, sì, Smoke the Monster Out è proprio bello, ma come si fa a usarli in pista? Anche i pezzi più "duri" sono lenti, e difficili da collocare all'interno di un set. Damian Lazarus non si è fatto intimidire, e a qualche mese dall'uscita dell'album ha tirato fuori Smoke the Monster Out - Club versions, pubblicato sempre da Get Physical ma solo in versione digitale. La raccolta contiene appunto otto "club version" dei pezzi originali, reinterpretazioni di Lazarus stesso pensate per l'utilizzo in ambito danzereccio. Le tracce sono quasi tutte inedite, salvo un paio che erano già uscite negli EP relativi, insieme a remix di altri dj.

Bisogna ammettere che le club version non hanno la stessa carica emotiva che si poteva sentire negli original mix, proprio per il fatto che sono versioni adattate alla pista, e quindi calate in una situazione molto meno riflessiva. Dove prima si poteva pensare all'ascolto e al gusto dei suoni ricercati e insoliti, adesso c'è bisogno soprattutto di energia, decisione, e kick in 4/4. Ma nonostante questa commercializzazione Lazarus è stato comunque bravo a dare un'interpretazione fedele all'originale, e l'atmosfera dei pezzi non viene tradita. È il caso di di Lullabies, che conserva il suo carillon in una melodia distorta, con qualche accenno funk; Bloop Bleep continua a sembrare un divertissement e mantiene echi della musica da big band della versione originale; Memory Box con le sue atmosfere cupe, e Neverending con quelle giocose. E naturalmente c'è anche la club version di Moment, che insiste con il potente basso già presente nella prima versione, ma lo sfrutta in modo diverso, dandogli un contorno più ricco originario. E se Moment era una traccia lenta, difficilmente utilizzabile in un set se non come pezzo di apertura, questa nuova versione si presta perfettamente a far parte di una sessione musicale ricca e convincente. Mancano richiami all'intro di pianoforte, ma compensano le lyrics sfruttate abilmente (come avviene anche per le altre club version).

Damian Lazarus è soprattutto un dj, e a parte vari remix i pezzi di sua produzione non sono molti. Il suo sforzo di alcuni anni fa è stato ampiamente ricompensato con un livello qualitativo eccellente, ma da allora si è dedicato principalmente a dirigere la sua etichetta Crosstown Rebels, dando notorietà ad artisti come Art Department, Seth Troxler, Jamie Jones, Maceo Plex. Non è dato sapere quando Lazarus si alzerà per camminare e ci regalerà un altro album. Ma sicuramente vale la pena di aspettare.

Rapporto letture - Gennaio 2012

Il primo mese dell'anno si è rivelato paginalmente proficuo, infatti sono riuscito a mettere in saccoccia i primi sei libri che andranno a formare il totale delle letture del nuovo anno (avete già dato un'occhiata a quello che invece ho letto nel 2011?).

More about Schiavi degli invisibili Si comincia con un classico. Eric Frank Russell è un autore di fantascienza che forse non rientra tra i Grandi Nomi citati spesso, ma la sua attività è stata senza dubbio di rilievo, in particolare agli albori del genere, e quanto letto di lui finora non mi ha mai deluso. In questo Schiavi degli invisibili (cioè: Sinister Barrier), Russel parte da alcuni fatti inspiegabili ("dannati" in senso fortiano, come le piogge di animali e le morti improvvise di persone con assurdi elementi in comune) e cerca di condurli tutti a un'unica spiegazione, che si può tutto sommato riassumere nella citazione proprio di Charles Fort: "siamo tutti proprietà altrui". La storia procede come una vera e propria indagine, con i primi indizi che vengono messi insieme e conducono lentamente alla soluzione: la scoperta di una specie di esseri eterei, invisibili, che alleva gli umani come greggi da cui mungere le emozioni di cui si nutrono. L'idea è estremamente intrigante, e gli esempi portati a favore della tesi rendono tutto alquanto inquietante e credibile, al punto che si arriva a chiedersi se non possa davvero essere vero che siamo controllati dai Vitoni. I personaggi sono forse leggermente stereotipati, ma il ritmo è così rapido, tra azione e successive rivelazioni, che si procede senza intoppi fino al confronto finale con i nostri padroni. Voto: 8/10

More about I vermi conquistatoriI vermi conquistatori è invece un libro recente, scritto nel 2005 da Brian Keene e portato in italia nel 2009 da Edizioni XII. Keene si conferma in questo romanzo maestro dell'horror internazionale, con una storia che parte da un diluvio intenso e globale, tanto da sommergere buona parte della superficie terrestre, al quale si accompagnano in seguito creature mostruose e devastanti che emergono dalle profondità della terra e dei mari. Il tutto è narrato dal punto di vista di un solitario campagnolo ottantenne, che se pure sembra aver perso quasi tutto nella sua vita non si lascia sconfiggere dall'evidente apocalisse che sembra intenzionata a cancellare l'umanità. Il libro si fa da subito avvincente, e anche nelle prime fasi, più lente e meno spaventose, pone le premesse per l'orrore che viene evocato in seguito, raccontato dal protagonista e dai suoi improvvisati compagni. Le descrizioni sono accurate e evocative, e ogni dettaglio riesce a rendere appieno l'idea della fine di tutto. Voto: 8/10

More about I premi Hugo 1995-1998Dopo averlo ignorato sullo scaffale per almeno cinque o sei anni, ho deciso di aprire la raccolta dei Premi Hugo 1995 - 1998, edita dalla Nord e curata da Piergiorgio Nicolazzini. In effetti in questo volume sono raccolti solo i racconti o romanzi brevi, e non i romanzi completi che si spera siano stati pubblicati a sé. Il livello qualitativo è naturalmente medio-alto, e gli autori (quasi tutti nomi noti: Resnik, Steele, Martin, Willis, Sterling...) spaziano sui temi più classici: dal contatto con alieni al viaggio nel tempo, dall'ucronia alla storia di civiltà ormai scomparse. Da segnalare che contiene il romanzo breve Sangue di drago di George R.R. Martin, che in pratica è la prima parte delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco che si svolge nel Dothrak e vede come protagonista Daenarys. Non so poi se fosse nato come storia a sé, in seguito espansa con la storia del Westeros, o Martin l'avesse isolato all'interno del romanzo intero. Voto: 8/10

More about Seconda origineSeconda origine, a quanto pare, è un romanzo molto noto in Spagna, o almeno in Catalogna. Il suo autore, Manuel de Pedrolo, pare infatti sia uno dei maggiori scrittori moderni catalani, e probabilmente il più importante in ambito fantascientifico. Questo romanzo parte da un'istantaneo sterminio dell'umanità, a opera di non meglio precisati dischi volanti, alla quale sopravvivono solo due ragazzini. I due comprendono subito la situazione, e si danno da fare per rimettere insieme i pezzi della civiltà perduta. La storia ha quindi innanzitutto un'impostazione survivalista, ma nelle azioni e dialoghi dei protagonisti non si nota tanto lo sforzo per sopravvivere, quanto la volontà di creare qualcosa di nuovo, di autentico, con impegno e responsabilità (verso il passato e verso il futuro). Il libro è scritto in modo insolito, suddiviso in "versetti", che la fittizia postfazione dell'editore chiarisce, aggiungendo una dimensione intertestuale alla storia. Portato in Italia da Atmosphere libri, Seconda origine è un libro forse più adatto ai "ragazzi" (infatti in Spagna per molto tempo è stato fatto leggere nelle scuole, quando da noi si legge I Malavoglia...) ma non per questo banale o ingenuo. Voto: 7.5/10

More about Senza veliDi Chuck Palahniuk ho letto praticamente tutto. E so quello che si dice di lui: che ormai è un autore finito, che va avanti per inerzia, che i livelli di Soffocare e Fight Club non li raggiungerà mai di nuovo. Ora, a parte che tra i suoi libri i miei preferiti sono Diary e Rant (in italia: Rabbia), che molti dicono appartenere già alla parabola discendente, in ogni caso credo che non sia tanto la bravura dell'autore a venire meno, quanto la "freschezza" del suo stile particolare, fatto di ripetizioni e citazioni e leit-motiv che si ripetono alla nausea nel corso di ogni libro. Se si accetta che i romanzi di Palahniuk sono così, se ne può godere comunque. Infatti, anche Tell-All (in italia: Senza veli) è scritto in questo modo, stavolta applicando la formula al mondo delle stelle del cinema degli anni 50-60. Protagonista/narratrice è l'assistente di una di queste superdive in declino, che racconta della vita assurda della sua padrona e dei tentativi ancora più assurdi del suo amante di assassinarla. Come sempre, il tono è volutamente ironico, con momenti quasi grotteschi, ma capace di evocare ciniche riflessioni e in grado di sorprendere in più occasioni. Una buona prova, come sempre. Voto: 7.5/10

More about 365 Racconti horror per un annoInfine, terminata il mese scorso ma iniziata ad agosto, la lettura di 365 racconti horror per un anno, raccolta di 365 racconti horror (chi l'avrebbe mai detto?) realizzata dalla Delos grazie al contributo di altrettanti autori italiani. Ora, mi rendo conto che l'horror, specialmente compresso in una sola pagina, è un genere difficile, perché si cade presto nel cliché, ma quando si fatica tanto per leggere un libro vuol dire che qualcosa non va. In effetti, tra tutti, i racconti meritevoli sono una percentuale esigua (direi meno di un quarto), quelli memorabili forse meno di dieci, mentre un'altra parte mi è risultata del tutto incomprensibile. Classidicazione, questa, che prescinde dalla presenza di "autori noti" (quelli in copertina), che non si discostano dal livello medio degli sconosciuti (me incluso). Era mia intenzione segnalare i giorni corrispondenti ai racconti migliori, ma mi sono dimenticato di farlo volta per volta e a libro finito, mesi e mesi dopo la lettura, non sono più riuscito a ritrovarli. Nel dubbio, credo che possiate evitarlo senza soffrirne troppo. Voto: 4/10

Bustina # 9

Tendiamo a considerare l'intelligenza come una naturale conseguenza dell''evoluzione. I batteri se la cavano molto bene senza intelligenza.



Già, perché, probabilmente si accetta per convenzione più che per convinzione il fatto che l'intelligenza sia l'apice di una catena evolutiva. Ma è del tutto opinabile il fatto che una maggior intelligenza garantisca maggiori proabibilità di sopravvivenza, e lo dimostrano certe creaturine che gironzolano su questo pianeta da qualche miliardo di anni.

Insomma, anche l'idiozia paga. E se vi guardate intorno, sono sicuro che non potrete fare a meno di notare che questa casistica non è l'eccezione, ma la regola.