Coppi Night 23/12/2012 - La sposa cadavere

La minaccia di cenoni e pranzacci festivi non ci ha impedito di portare avanti la mission del Coppi Club. E per mantenere un appropriato clima natalizio, è stato scelto un film che parla di morti, sortilegi, matrimoni forzati e inganni! Per la verità, La sposa cadavere lo volevo vedere da parecchio ma non avevo avuto occasione, per cui l'ho accolto con entusiasmo. E devo dire che alla fine sono rimasto soddisfatto.

Partiamo premettendo che non sono un grande fan di Tim Burton. Sia per quanto riguarda i film che l'animazione, la sua vena fantastica, per quanto apprezzabile, a volte mi sembra troppo tendente al favolistico. E va bene che di favole si tratta, con roba tipo Nightmare Before Christmas e La fabbrica di cioccolato, ma anche altre cose tipo i Batman da lui realizzati mi sono parsi inopportunamente slegati dalla realtà. Predisposizione mia, lo ammetto, perché che sia un grande artista non c'è nessun dubbio. Quello che intendo è che non ho quell'adorazione zelota di alcuni suoi seguaci, e se un suo film mi fa cagare lo dico senza problemi.

Mentre invece La sposa cadavere, per buona parte, mi è piaciuto. Questo accavallamento dei regni dei mortali e dei morti, questro intreccio di promesse e sentimenti, riesce a creare un racconto che, se anche non brilla certo per originalità, ha comunque una buona presa. I personaggi, per quanto stilizzati, appaiono credibili nelle loro azioni e motivazioni, in particolare proprio la sposa del titolo, che pare il più tormentato (e giustamente) di tutti, assieme ai due giovani promessi ostaggi delle rispettive famiglie. Come la storia procede e si conclude non serve dirlo, e quelle due-tre sorpese che vengono fuori, anche se intuibili, danno un tocco in più di sapore al tutto. Quello che mi interessa sottolineare è come l'ambientazione nelle due diverse "dimensioni", quella dei vivi e quella dei morti, appaia capovolta: grigio (letteralmente) e noioso il mondo terreno, colorato e festoso quello ultraterreno. Dove da una parte i genitori dei due rampolli complotanno un matrimonio di interesse, fregandosene della felicità dei rispettivi figli, dall'altra bande di scheletri si suonano a vicenda le clavicole e festeggiano i nuovi arrivati. Penso che il significato del film risieda più o meno tutto in questa contrapposizione: una forma di esorcismo nei confronti della morte, si potrebbe dire, o un'accettazione serena di quello che, presto o tardi, ci attende tutti.

Quello che ho gradito meno sono state le canzoni, che non sono molte, ok, però i musical non mi sono mai piaciuti quindi le ho sopportate male. Ma anche qui, problema mio. Mi chiedo sempre in questi casi come abbiano fatto i traduttori ad adattare il testo originale all'italiano mantenendone il senso, problema che mi assilla dai tempi di Aladdin. Ma questo è un altro discorso. Un altro particolare forse un po' superficiale è la volatilità del protagonista, che sembra accettare con troppa facilità il giuramento (involontario) e sembra cambiare direzione del suo amore troppo alla leggera. Ma forse più che di amore in questo caso si parla della dedizione che il giuramento comporta, nei confronti di chiunque sia pronunciato. A fronte di queste imperfezioni ci sono però alcune scene davvero belle, poetiche e commoventi, come il ritrovamento del cane e il finale, in cui la sposa si allontana. Per cui la bilancia pende decisamente verso il positivo, e La sposa cadavere risulta come un buon film.

Rapporto letture - Novembre 2012

Arrivo un po' in ritardo, siamo praticamente a fine mese e devo ancora fare la lista di quel che ho letto il mese scorso! Ma tanto in questi giorni di feste immagino che molti di voi, affaticati dai pranzi e dai cenoni e dagli avanzi consumati nei giorni successivi, avrete poco di meglio da fare che ciondolare per i blog, e magari trovare il tempo per leggervi il mio resoconto delle letture di novembre.


More about Corti - Terza stagioneIl primo minilibro da registrare è Corti Terza Stagione: Il ritorno dei Corti viventi, di cui ho già parlato all'epoca dell'uscita, trattandosi di una raccolta che include tre miei racconti. All'interno di questo volumetto tascabile (in senso )letterale si trovano una sessantina di racconti, di vari autori italiani, di lunghezza variabile ma sempre ridottissima: 200, 900 o 1800 caratteri, tutti "di genere". Come nelle due precedenti istanze della raccolta, il gusto di queste storie sta nel saper cogliere i sottintesi, le suggestioni e i suggerimenti che gli autori hanno inserito senza poter rendere esplicite. Non tutte le storie sono così "profonde", alcune sono più leggere e si riducono a semplici battute, ma l'amalgama risulta buono, e se pure la lettura è veloce, è quasi impossibile non tornare sui racconti già letti, per cercare di capire ogni singola parola e trarne il più possibile. Per inciso, questo è anche l'ultimo libro pubblicato da Edizioni XII. Voto: 8/10


More about AnathemE qui mi trovo in estrema difficoltà a parlare del secondo libro consumato nel mese (in realtà già cominciato a ottobre, ma completato solo a metà novembre, data la corposità). Perché Anathem, terzo libro che leggo di Neal Stephenson, è talmente complesso e onnicomprensivo che affrontarne i singoli aspetti è riduttivo in modo offensivo; d'altra parte, parlarne ampiamente, in un post dedicato, sarebbe superfluo, perché molti, prima di me, l'hanno già fatto. Per cui, se volete sapere meglio della storia e del mondo di Anathem vi rimando a chi lo ha già fatto, e io qui cerco solo di riferire le mie impressioni. Si tratta di un libro assolutamente completo, nel senso che contiene praticamente ogni cosa che dovrebbe avere una "grande opera": dall'avventura alla scoperta, da personaggi credibili e coerenti a misteri e colpi di scena, dal sentimento al sense of wonder. I temi poi che vengono inclusi nella lunga narrazione sono vari e tutti affrontati in modo acuto e coinvolgente: dalla matematica alla religione, dalla cultura alla filosofia, dalla scienza alla politica. Stephenson non ha solo creato un mondo (o meglio: una worldtrack), ma lo ha dotato di una sua storia, che presenta chiari parallelisimi con la nostra (non solo perché il lettore si possa divertire a trovare l'equivalente arbrano del Teorema di Pitagora e del Rasoio di Occam, c'è un motivo per cui accade), e si mostra determinante nello svolgesi degli eventi. Anche quando sembra che le "lezioni" impartite dall'autore (alcune davvero illuminanti sulla percezione della realtà e le dimensioni parallele) siano fini a se stesse, si scopre in seguito che il tempo speso ad assimilar queste nozioni viene ripagato nel corso della narrazione, e niente di ciò che si legge va perso. Stephenson stesso sapeva comunque di aver creato un libro complesso, per questo ha fornito un glossario e una cronologia del suo mondo, per aiutare il lettore a districarsi, soprattutto nelle fasi iniziali. Ma davvero, è veramente difficile riuscire a fornire un quadro esaustivo dell'esperienza che costituisce Anathem. Si può solo provarla, per capire. Non per niente, nel mio sondaggio Locus riguardo i migliori libri di fantascienza del decennio, lo avevo messo al rimo posto pur non avendolo ancora finito. Avevo già capito di trovarmi di fronte a un capolavoro, che non può meritare altro che un voto 10/10.


The Science Fiction Megapack è il primo libro acquistato sul kindle store direttamente dal mio aggeggino! D'altra parte 70 centesimi per 25 classici della sf mi sembrava un buon affare, per cui l'ho tirato giù subito e l'ho letto, procedendo spedito nella lettura grazie anche alle 10 ore di attesa al pronto soccorso quando mi hanno distrutto la macchina, il giorno dopo il mio compleanno... ma questa è un'altra storia. Il libro contiene racconti di autori storici come Fredric Brown, Mack Reynolds, Eando Binder, C.M. Kornbluth, Ben Bova, Lester Del Rey, Harry Harrison, Robert Silverberg... e vabbè mi fermo qui. Si tratta di racconti "classici" del genere nel senso che hanno una prospettiva avventurosa, a cui viene aggiunta la componente di mistero o di scoperta dell'elemento fantascientifico. Non tutti sono eccellenti, alcuni sono forse un po' lunghi per quello che hanno da dire, ma altri invece sono un concentrato di idee pure, proposte al lettore senza fronzoli. Una lettura ghiotta per farsi un po' di cultura di base, considerando che la traduzione italiana (se esiste) difficilmente si riesce a reperire. Voto: 8/10


More about Strani nuovi mondi 2012Ultima lettura del mese, alquanto in ritardo sui tempi di pubblicazione, è Strani nuovi mondi 2012, l'antologia che raccoglie i cinque racconti premiati al Premio Giulio Verne 2012, in cui mi sono classificato secondo con il mio Sinfonia per theremin e merli (la recensione si considera quindi al netto del mio lavoro, che non valuto). I racconti sono buoni, e incarnano anime diverse della sf: dall'ucronia di Simone Conti al pasticcio di x-files di Samuele Nava, dall'approfondimento tecno-sociologico di Ida Vinella alla descrizione di civiltà aliene di Vito Introna. Forse questa varietà è il pregio maggiore del libro, che offre stili e temi diversi in grado di soddisfare pressoché tutti i lettori. Certo c'è una considerevole differenza tra Troppo futuro per un uomo solo, frenetico e sgangherato, e La costumanza di Syulut, lento e ponderoso... ma appunto per questo dovrebbe andare bene a chiunque si trovi il volume per le mani. Voto: 7.5/10

Coppi Night 16/12/2012 - I mercenari 2

Non avevo visto I mercenari, quindi non ero troppo entusiasta della vittoria di questo film, perché mi sembra stupido partire da metà di una storia, anche quando, come in questo caso, non ci sono in realtà collegamenti solidi tra i due capitoli. I mercenari 2 si può infatti godere liberamente senza aver visto la prima parte, dato che tutte le (poche) nozioni di cui c'è bisogno vengono fornite nella prima parte del film. Che poi, alla fine dei conti, la "trama" è così essenziale che è difficile anche da riassumere: c'è una squadra di superuomini che deve vendicarsi, e lo fa. Fine. Tutto il gusto del film sta nello svolgimento: l'intento è quello di un film d'azione spropositato, esagerato fino al limite del realistico, ma non per questo pacchiano.

Una cosa eccellente di questo film (e presumo anche del precedente?) è che non ci sono tempi morti. In molti film d'azione, gli autori per qualche ragione pensano di dover dare "profonidtà" alle loro trame con momenti di approfondimento psicologico, flashback sul tormentato passato dei protagonisti, squarci di idilliaca vita familiare... qui non c'è niente di tutto questo. Dall'inizio alla fine si assiste ad azione pura, e i momenti di "calma" sono a loro volta farciti di battute o dialoghi relativi alla trama stessa, senza inutili sentimentalismi. C'è in realtà una sola di queste scene, quando il giovane cecchino della squadra di Stallone racconta la sua esperienza di guerra, ma in questo caso il personaggio puzza da lontano di redshirt, e il suo breve monologo ha la funzione di farci capire quale grave e imperdonabile perdita sarà la sua prossima morte (sì, questo sarebbe uno spoiler, ma sfido chiunque a non capirlo un quarto d'ora prima). Per il resto, i personaggi sono così chiaramente stereotipati (nel senso che si rifanno a figure ben definite, non nel senso che sono rappresentati in modo superficiale) che c'è poco da raccontare: i buoni sono buoni (anche se ammazzano più gente dei maggiori serial killer della storia messi insieme), i cattivi sono cattivi e pure parecchio stronzi.

Volendo applicare un minimo di logica a quanto si vede, viene da chiedersi di quali fondi disponga questo dream team di eroi, visto che possono permettersi di abbandonare delle jeep ultracorazzate, usare una moto per abbattere un elicottero, partire con un aliante raggiunto tramite aquascooter dal quale sparare sette-otto missili per abbattere un unico ponte... insomma, siamo sicuri che rientrino con le spese? Ma vabbè, anche mantenendo questi dubbi le scene rimangono parecchio godibili, e anche se in pochi minuti si consumano massacri di intere cittadine (già prima dei titoli di coda credo che vengano ammazzate un migliaio di persone), lo humor dark di molte scene è davvero spassoso. In realtà il film è così denso che non c'è tempo di farsi domande, e quando si arriva allo scontro finale Stallone/Van Damme sembra che sia finito davvero troppo presto. Io ero quasi convinto che mancasse una mezz'ora buona e che sarebbe venuto fuori qualche ultimo colpo di scena... invece era proprio la fine.

Non analizzerò singolarmente i vari elementi del cast, ma va da sé che riunire in un'unica storia tutti questi nomi che hanno fatto la storia dei film d'azione concede delle grandi gioie. Certo per la maggior parte di loro fa quasi tenerezza notare quanto siano invecchiati (oddio Van Damme perché ti sei levato gli occhiali da sole?) rispetto all'immagine che si ha di loro. Ed è piacevolissimo cogliere le battute e i riferimenti che infrangono la quarta parete, come Chuck Norris che cita egli stesso uno dei suoi famosi fact, e Statham che dice a Stallone che gli insegnerà la boxe.

Futurama 7x10 - Near Death Wish / Desiderio di un quasi morto

Fin dall'episodio pilota, la connessione tra Fry e il Professore è stata identificata nel fatto che il ragazzo appartiene a qualche appendice morta dell'albero genealogico della famiglia Farnsworth, pur non essendone un antenato diretto, come deduce anche in All the Presidents' Heads, dove si scopre che esisteva già un Farnsworth (non un Fry [perché, se non l'avete notato, Fry è il cognome]) all'epoca della guerra di secessione americana. È noto quindi che i Farnsworth sono in qualche modo collegati ai Fry, ma a parte questo si sa molto poco della famiglia del Professore. Una lacuna che con questo episodio è stata colmata: Near Death Wish infatti vede apparire addirittura i genitori del Prof!

Sì, so cosa viene da pensare: ma se già lui è vecchio oltre il limite della demenza senile, come fanno i suoi genitori ad essere ancora vivi? Allora, se vi sforzate un attimo, potete ricordarvi che nell'episodio della seconda stagione A Clone of My Own, il Professore, dopo aver ammesso di avere 160 anni, viene portato su quella che appare come una Morte Nera (la "Near Death Star"), una sorta di satellite-cimitero in cui i vecchi consumano la loro vita. In realtà, più che un cimitero si tratta di un colossale ospizio, e in effetti tutti gli ospiti sono collegati a una realtà virtuale condivisa, che nel frattempo mantiene i loro corpi in vita. Per questo, i signori Farnsworth sono ancora vivi, ed è Fry ad andarli a cercare, quando sente il bisogno di quell'amore familiare che ha lasciato mille e rotti anni nel passato. Scollegati e portati via dalla Near Death Star, i due anziani vengono ad abitare alla Planet Express, e Fry se la spassa con loro come se fossero i suoi nonni. Ma si scopre anche che il Professore, in realtà, non vuole avere niente a che fare con i suoi genitori, anzi, li odia con tutto se stesso, per le cose terribili che, a suo dire, gli hanno fatto sopportare da bambino. Alla fine, com'è giusto che sia, il Prof riuscirà a chiarirsi con i suoi vecchi, ma solo dopo un'ultima rivelazione che scombinerà quello che si era creduto fino a quel momento.

Come tutti gli episodi a tema "familiare", anche questo punta a un coinvolgimento emotivo più forte del solito, e il nucleo della storia non è tanto la battuta, l'avventura o l'idea fantascientifica, quanto la psicologia dei protagonisti, in questo caso del Professore, che se pure è il personaggio principale in molti episodi, raramente lo è a livello personale, semmai più per il suo ruolo di inventore/scienziato. Per questo è anche piuttosto insolito vederlo piangere e disperarsi, perché per abitudine sembra quasi che sia un personaggio privo di sentimenti... almeno nei confronti di altre persone. Riesumare (in senso quasi letterale) i suoi genitori non era certo una mossa prevedibile, e forse anche a puntata conclusa può sembrare un po' forzato il fatto che dopo tutto questo tempo (dodici anni, nell'universo narrativo di Futurama!) si scopra che i coniugi Farnsworth sono ancora vivi. La cosa è parzialmente giustificata dal fatto che proprio il Professore non volesse parlare di loro, ma rimane comunque piuttosto improbabile. Più comprensibile, da questo punto di vista, l'atteggiamento di Fry, che da bambinone qual è cerca l'affetto dei due vecchietti, in contrasto all'indifferenza nei suoi confronti del Prof. I Farnsworth contesi si mostrano benevoli e comprensivi, anche se leggermente rincoglioniti (ma vabbè, come dargli torto dopo decenni e decenni in un ospizio virtuale?), tuttavia anche da parte loro non sembra esserci troppo interesse a riallacciare i rapporti con il figlio. La componente sentimentale quindi  non funziona in modo perfetto, e la puntata ne risente nel suo complesso, essendo questo il focus dichiarato. In ogni caso, anche se la storia per come viene posta presenta alcune perplessità, le scene finali sono senza dubbio commoventi.

A livello di svolgimento e struttura, è da segnalare come già detto il ritorno alla Near Death Star, che si aggiunge agli altri richiami ad ambientazioni presentate in vecchi episodi all'interno della stagione 7 (il pianeta di Kif di Butterjunk Effect e il pianeta robot in Free Will Hunting). Ci sono anche citazioni di altre opere, in particolare (e forse anche in modo eccessivo) Matrix, a cui si ispira l'intero concetto della Near Death Star (realtà virtuale condivisa e umani usati come batterie). Essendo appunto un episodio "emotivo" le gag passano in secondo piano, ma il livello è comunque accettabile. Forse una delle parti più divertenti è proprio l'introduzione, in cui viene mostrata la cerimanai di premiazione dei migliori fattorini, a cui Fry partecipa (e vince, con notevole incremento di prestigio personale!). In definitiva la puntata è sufficiente, ma con un tema così forte probabilmente se ne sarebbe potuto trarre molto di melgio. Voto: 6/10

Edizioni XII chiude

Il 12 dicembre c'è stato un gran farfugliamento in giro per i blog e i social network riguardo il fatto che fosse il 12/12/12, probabilmente più di quanto è stato fatto per il 11/11/11, il 10/10/10, 09/09/09, e mi auguro che vi siate già stufati perché io non ne ho più voglia. Naturalmente non è successo niente in questo giorno che lo abbia distinto dagli altri 345 giorni precedenti del 2012, se non il fatto che è stata una giornata di merda come la metà di quelle 345 prima, tuttavia...

Tuttavia è stato opportunamente scelto come il giorno ideale per annunciare la chiusura delle Edizioni XII. Con un annuncio pubblicato sulla loro home page, su un enigmatico sfondo di menhir e chiavi, è stata data notizia ufficiale della chiusura di questa casa editrice, che tanto si era distinta nell'uderground italiana negli anni scorsi. I motivi non sono stati spiegati, e probabilmente non ce n'è davvero bisogno. Forse, per chi seguiva il gruppo, la cosa era già nell'aria da un po', da quando è stato chiuso il forum, alla chiusura della sezione concorsi, al ritardo della pubblicazione dei Corti Terza Stagione, che sarà, di fatto, l'ultimo libro edito da XII.



Non voglio fare discorsi sulle cause e le conseguenze di questa decisione, non è mio compito e tutto sommato non credo nemmeno sia rilevante, a questo punto. L'intento di questo post è quello di offrire un dovuto tributo a quella che è stata una delle più simolanti realtà editoriali degli ultimi anni. Edizioni XII, dal 2008 in poi, è stato davvero un punto di riferimento per la letteratura di genere, con prodotti di estrema qualità, concorsi e selezioni di alto livello (cioè, ve lo ricordate il Circo Massimo?), iniziative ed eventi unici. Non si può quindi non celebrare tutto quanto è stato, e forse è meglio che la fine sopraggiunga quando ancora i traguardi e i ricordi sono positivi, prima di venire consumati da una lunga e straziante agonia.

Se ricercate qui sul mio blog "xii" (nella casella di ricerca là sulla destra) potete notare quante volte questo nome è stato citato. Infatti dobbiamo a XII la pubblicazione di libri eccezionali di autori italiani come Melodia e Malapunta, di autori stranieri (inspiegabilmente ignorati in italia) come Brian Keene, di raccolte come Carnevale, la "scoperta" di autori come Samuel Marolla, la nascita di iniziative che poi si sono spostate su altri portali come USAM e Minuti contati, che tanto hanno contribuito a formare e far emergere decine di autori, e poi vabbè, non sto nemmeno a nominare le illustrazioni realizzate per loro da Diramazioni, a cui si deve anche l'immagine conclusiva qui sopra. Per quanto mi riguarda, XII è stata innanzitutto un'ottima palestra, grazie appunto ai concorsi già citati, che mi ha spinto e motivato a scrivere sempre di più e di meglio. In senso stretto, con loro ho pubblicato solo sui Corti, ma il coinvolgimento in altri progetti mi ha motivato a scrivere racconti che poi hanno fatto successo o raggiunto la pubblicazione altrove. Ma soprattutto, grazie a XII ho conosciuto molte persone, professionisti e amatori, che pur con accezioni diverse condividono la mia passione per le storie, la scrittura, le cose fatte bene. E questo, sono sicuro, rimarrà.

Per cui, alla fine dei conti, non considero la chiusura di XII un evento terribile e insuperabile. È triste di per sé, certo, e mi dispiace scoprire che non vedrò mai un Corti Quarta Stagione e il tanto anticipato Discronia. Ma questo addio non significa fine.  Quindi se devo accodarmi a qualcuno dei tanti che hanno diffuso la notizia, penso di rientrare nella scia di gelostellato aka Raffaele Serafini. So che le persone che formavano XII, che erano XII, si affacceranno presto in altre iniziative (anzi, lo stanno già facendo), e questo mi rincuora. Quindi più che "riposi in pace", mi sento di dire "grazie, e a presto".

Coppi Night 09/12/2012 - Il grande Lebowski

Ci avviciniamo alle ultime istanze del Coppi Club del 2012, che nelle ultime settimane sta soffrendo un po' di contraccolpi e defezioni dovuti a circostanze avverse e impegni superiori dei Membri. Poi si va verso le feste, quindi forse anche qualcuna delle prossime occasioni si perderà, ma vabbè, finché esisterà la domenica sera esisterà il Coppi Club.

Per la verità, riguardo al film in oggetto, ho poco da dire. O meglio, The Big Lebowski è uno di quei film cult di cui tutti hanno parlato e sentito parlare, citato di continuo, entrato nella pop culture da così tanto da diventare quasi un archetipo. Per cui, qualunque cosa io possa dire, sarebbe già stata detta e non aggiungerebbe nulla al patrimonio dell'umanità. Quindi non mi metto a raccontare di cosa parla e come lo fa, dico solo che personalmente lo apprezzo anche non lo idolatro, e rivedendolo a diversi anni dalla prima volta ho notato che forse inizia ad accusare un po' il trascorrere dei tempi, e può darsi che rivisto tra un altro decennio non avrà lo stesso potere (almeno non per le nuove generazioni, ma rimarrà un cult per chi lo ha assimilato in questi tempi). Ma, probabilmente, questa è proprio la definizione di cult, no?

Quindi ok, invece di parlare del film, faccio un appunto in merito al white russian, la bevuta che il signor Lebowski si prepara di continuo. Per chi non ha familiarità con i cocktail, il white russian è la variante "bianca", appunto, del black russian, composto da vodka (la parte russian) e liquore al caffè (la parte black, di solito kahlua); nel white, oltre a questi due si mescola anche la crema di latte, che poi sarebbe panna, ma non quella montata. Crema di latte che, badate bene, non è latte! Questo è uno degli equivoci più frustranti che capitano quando si va in giro, e in un locale si ordina un white russian: già non sempre è possibile trovare la kahlua, ma la crema di latte è praticamente estinta per cui ti ci mischiano il latte e allora me lo potevo preparare anche a casa! Quindi mi raccomando, se vedete il film e vi fate prendere la fissa del white russian, smorzate l'entusiasmo perché uno fatto ammodo lo troverete raramente. Adoperatevi perciò affinché i vostri baristi di fiducia si muniscano di panna!

N.A.S.F. 8 + Robot Ita 0.2

Doppia segnalazione di nuove uscite di raccolte di racconti di fantascienza che includono alcuni miei lavori. La prima riguarda N.A.S.F. 8, di cui avevo già parlato annunciando di aver vinto l'ultima edizione del concorso, e che a distanza di poche settimane è finalmente disponibile per l'acquisto tramite il portale Ilmiolibro.


Come ogni edizione del premio N.A.S.F., anche questa aveva un tema preciso, che si trattava di "mutazioni". Tra i trenta racconti (e qualche illustrazione) selezionati, il mio Il raccolto, che già era arrivato in finale al XIV Trofeo RiLL, è stato scelto come vincitore. Lo si può quindi leggere all'interno del volume, il quinto della serie dei N.A.S.F. (da N.A.S.F. 4 in poi) a vedere incluso un mio racconto, stavolta però nella privilegiata posizione di vincitore assoluto!

Inoltre, è da segnalare che con l'uscita di questo nuovo libro, tutti i numeri precedenti dell'antologia sono tornati disponibili su Ilmiolibro: i volumi dal 1 al 4 infatti erano stati inizialmente distribuiti con altri canali ed erano diventati introvabili, ma adesso sono di nuovo ordinabili. Potete quindi approfittarne per completare la collezione (come farò io, del resto). Tutte le info naturalmente si trovano sul sito dell'associazione N.A.S.F., e potete interagire direttamente con gli autori e i curatori della raccolta attaverso il relativo forum.


La seconda segnalazione riguarda una novità di questo mese delle Edizioni Scudo, che cito speso in quanto sono una delle più prolifiche fucine di pubblicazioni di ambito fantascientifico, sia in formato cartaceo che elettronico. La nuova uscita di cui faccio parte è Robot Ita 0.2, la seconda antologia di racconti dedicata al tema dei robot, appunto, che segue a qualche mese di distanza Robot Ita 0.1, progetto che mirava a raccogliere cento storie italiane di robot.



Il libro, in questo caso pubblicato attraverso Lulu, è disponibile per l'acquisto dalla pagina delle Edizioni Scudo, insieme alle decine di altre pubblicazioni accumulate negli ultimi anni, e contiene una quarantina di racconti di altrettanti autori, tutti a tema "robotico", tra i quali il mio Il guardiano del faro. Fate un giro pure qui e date un'occhiata all'ampia scelta di materiale disponibile, troverete sicuramente qualcosa di vostro gradimento, che sia steampunk o fantasy, horror o erotico, fino anche alle illustrazioni.

Ultimi acquisti - Novembre 2012 (parte 3)

Terza e ultima parte delle recensioni degli acquisti di novembre. Dopo aver esaminato nella parte 1 e nella parte 2 gli album di genere techno/minimal/house, concludo esaminando le compilation e un album che non rientrava nelle categorie precedenti.


Partiamo proprio con l'album, che è l'ultimo uscito di Deadmau5. Questo è un nome che potreste aver sentito, perché è uno degli elementi che hanno contribuito all'esplosione della "house" (virgolettato perché non credo sia la definizione giusta del genere) degli ultimi anni (per dire, insieme a gente tipo Guetta, House Mafia ecc). Forse, nel gruppo di questi soggetti, è quello più valido: la sua electro-house, dallo stile ormai caratteristico, si riconosce per i bassi corposi e le sonorità elettroniche. Deadmau5 (che si legge dead mouse, "topo morto") oltre a una serie infinita di remix, ha prodotto già diversi album, e questo > album title goes here < (sì, questo è il non-titolo, ma d'altra parte già in precedenza aveva usato nomi come Random album title) è soltanto l'ultima raccolta delle sue produzioni. Uso la locuzione "raccolta di produzioni", perché l'impressione derivante dall'album è un po' questa: non un lavoro unitario e omogeneo, ma una semplice composizione di lavori già pronti. Non sto dicendo che sia brutto, i pezzi nel loro genere sono tutti di buona fattura (a parte Failbait, che per la mia avversione al rap non riesco ad ascoltare), ma non emerge nessun tema di fondo che l'album dovrebbe perseguire. Per cui un buon lavoro, con pezzi di qualità come Superliminal, There Might Be Coffee e Closer (che riprende il tema musicale di Incontri ravvicinati del terzo tipo), ma che manca di un'anima vera e propria.


Dopodiché siamo alle compilation. La prima è Full Body Workout vol. 9, compilation dell'etichetta Get Physical mixata da Simon Baker, e distirbuita in edizione limitata (la mia copia è la 395/500). Si tratta, come nella tradizione dell'etichetta, di un mix di pezzi tech-house pubblicati da poco, raccolti qui tutti insieme. Si trovano nomi come Dj T, Onno, Alexi Delano e Martin Buttrich, sia come autori che come remixer. L'ascolto è piacevole, e il mix ben eseguito, tuttavia non ci sono pezzi o passaggi straordinari, per cui la compilation rimane nella media.




Ancora della Get Physical è Body Language vol. 12, la periodica mix compilation, stavolta mixata da Catz 'n Dogz. Il duo polacco è riuscito a comprimere 21 tracce negli 80 minuti di durata, includendo una serie di nomi non troppo noti del panorama house internazionale (ammetto che oltre a Soul Clap ne ho riconosciuti veramente poco). Il risultato è efficace, però forse un po' troppo monotono. Se ad esempio lo si confronta con la Body Language precedente, mixata da Nico dei Noze, il livello è ben diverso, in quanto quest'ultima aveva una selezione di pezzi molto più particolare (anche escludendo Zanini...). Insomma, anche questa una compilation ascoltabile ma che no lascia il segno.



Ultimo pezzo è la compilation Auslander, selezionata e mixata da Jiannis Siopis. Il genere è sempre tra techno e house, e anche in questo caso ci sono alcuni nomi non proprio conosciuti (i più famosi sono Soul Clap, Fur Coat, Deniz Kurtel). In questo caso però si nota una certa ricercatezza, infatti i pezzi raccolti hanno tutti un'atmosfera particolare e intensa, che riesce a dare al set un tono molto interessante. Onestamente so poco di Siopis, ma questo disco mi ha suscitato una certo curiosità, per cui credo che cercherò di informarmi meglio sul suo conto.

Coppi Nigh 02/12/2012 - The Ballad of Ricky Bobby

Metto il titolo originale perché di nuovo, nella versione italiana, ci è stato aggiunto un sottotitolo inverosimile e ingiustificato, che nemmeno voglio citare e se vi interessa ve lo andate a cercare su mymovies e inorridite per conto vostro. Questo film è un'altra di quelle commedie a tema sportivo, specificamente automobilistico, e come qualche settimana fa il protagonista è ancora Will Ferrel, sempre apprezzato dal Coppi Club. Personalmente non sono un grande esperto di motori, quindi i particolari "tecnici" del film, se ce ne sono, non ho potuto apprezzarli (anzi, mi sono dovuto anche far spiegare cos'è la NASCAR), tuttavia il film rimane comunque godibile.

Non c'è un granché da dire sulla storia. Bene o male ricalca la trama di tutti i film di questo tipo: un campione che fin da bambino è cresciuto con l'idea di primeggiare (qui spronato da un padre carismatico ma perduto), realizza il suo sogno ma poi vola troppo alto, si trova davanti un avversario più forte e crolla, per poi riprendersi eccetera eccetera. Non sto dicendo che sia noioso, solo che lo schema è il medesimo. Come sempre gli equivoci, le assurdita e gli sketch sono di buon livello, e risplendono sopratutto per le ottime interpretazioni del già citato Ferrel e anche di Sascha Baron Coen, che è il pilota francese che ruba il primato al protagonista (sarebbe stato interessante sentire il suo accento francese in lingua originale). In più di un'occasione si ride di gusto, anche se ho notato che il ritmo di questo film non è incalzante come altri dello stesso genere. Sembra che in alcuni casi si calchi troppo l'accento su alcune sequenze o sottotrame: come il primo scontro Ferrel/Coen, quando il francese gli immobilizza un braccio costringendolo ad ammettere di amare le crèpes: per quanto divertente, la scena si protrae troppo (e ci sono altre due o tre occasioni simili); o la parte riguardante i due figlioletti turbolenti messi in riga dalla nonna, che può andare bene come gag di sfondo ma viene riportata troppo spesso all'attenzione, quando incide molto poco sulla trama.

Insomma, un film leggermente sotto la media rispetto ai suoi cugini, ma sempre godibile e divertente. Se proprio ci inciampate sopra non fa male vederlo, ma non industriatevi troppo per trovarlo.

"Braid" su Il futuro è tornato

Invece di scrivere sul blog, oggi segnalo la pubblicazione di un mio post su Il futuro è tornato, il blog italiano dedicato alla fantascienza che, nonostante la giovane età, sta già facendo da punto di aggregazione per tutti gli appassionati del genere, grazie all'impegno e alla professionalità dei suoi gestori (per questo, al di là del mio articolo, vi invito comunque a seguirlo, merita davvero).

Ho deciso di passare a loro la recensione di Braid, un videogioco del 2008, perché sulle pagine del mio blog si sarebbe inserito male. Non avendo una rubrica specifica dedicata ai videogames, si sarebbe trovato fuori luogo, mentre invece su Il futuro è tornato trova il suo giusto spazio.

Braid è un prodotto indipendente, un platform che unisce alla struttura base del gioco la possibilità di riavvolgere e manipolare il tempo. Ma limitarsi a questo è molto riduttivo, perché in realtà Braid... ehi aspetta, ma è tutto scritto di là, mica devo ripeterlo? Basti sapere che sono stato profondamente toccato dall'esperienza con questo gioco, e (forse per la prima volta nei confronti di un videogame) ho sentito il bisogno di scriverne.

Vi lascio qui il trailer del gioco, così potrete valutare in un minuto se vi sembra il caso di sapere qualcosa di più su Tim e la sua Principessa rapita.



Quattro Apocalissi

Una decina di giorni fa annunciavo l'imminente uscita del mio primo e-book, e se siete in contatto con me su facebook o twitter potreste aver notato anche le anticipazioni di frammenti di copertina e brevi estratti dai racconti. Oggi, finalmente, metto fine ai misteri e calo l'asso, annunciando l'uscita ufficiale del mio primo libro elettronico. E lo faccio innanzitutto rivelando nella sua interezza la copertina realizzata da Simone Laurenzana:




Il titolo, come si dovrebbe riuscire a capire, è Quattro Apocalissi. Come avevo detto, si tratta di una raccolta di quattro racconti accomunati da un tema, e il tema è, appunto, la fine del mondo. Visto che ci stiamo avvicinando a una delle apocalissi più trendy degli ultimi secoli (anche meglio del millennium bug, direi), mi è sembrato opportuno scegliere questo filo conduttore per intrattenere il pubblico nelle poche settimane che rimangono.

Piccola digressione. A parte la copertina, ho eseguito personalmente tutte le altre operazioni necessarie alla preparazione dell'e-book, dall'impaginazione al test su dispositivo. Ora, so che a dire che questo è un e-book autoprodotto rischio di attirarmi la diffidenza di alcuni. Perché, si sa, se uno si pubblica da solo può far uscire qualunque porcheria, se non c'è un editore a fare da filtro come si fa a sapere che non si tratta soltanto di merda d'autore? Ecco, questo è il punto che preoccupava anche me, all'inizio: l'impressione di volersi "mettere sul mercato" a tutti i costi, quando non si ha ancora l'esperienza o il seguito per essere presentabile. Ma. Ma se è vero che chiunque (o almeno chiunque che abbia una minima conoscenza di formattazione testi, html eccetera) può realizzare il suo e-book, è anche vero che è il lettore a poter operare la selezione (come dovrebbe sempre essere, del resto). E personalmente, senza falsa modestia, non credo di poter essere considerato esattamente "chiunque" in questo senso. Il fatto che abbia pubblicato negli ultimi anni una quarantina di racconti in raccolte di vari editori, e abbia ottenunto circa venti menzioni/posizionamenti in altrettanti concorsi a livello nazionale, dovebbe dimostrare che non sono proprio l'ultimo arrivato. Certo non sono uno scrittore professionista (se non altro perché non ho mai riscosso nulla dalle mie opere... beh, insomma, quasi nulla), ma forse tutto sommato sono un buon artigiano. Per questo, non mi sento in difetto a raccogliere alcuni miei lavori e metterli a disposizione. L'acquisizione del kindle, e la scoperta delle sue immense potenzialità, mi ha convinto che fosse un passo meritevole di essere compiuto. Fine della digressione.

Quattro Apocalissi contiene quattro racconti di lunghezza variabile, per un totale di circa 65 cartelle. La fine del mondo è uno dei temi più ricorrenti, soprattutto in generi come la fantascienza e l'horror, e io stesso ho scritto forse una decina di racconti che trattano o si concludono con la distruzione della civiltà, della vita, del mondo, dell'unvierso. Ho scelto di accorpare questi quattro perché a mio avviso rappresentavano un buon assortimento di temi e toni, in grado di soddisfare più o meno tutti i gusti. Se da una parte infatti l'atmosfera è cupa e sinistra, altrove è surreale e grottesca, o del tutto leggera; se in una storia si gioca sulle costanti cosmiche, in un'altra si tirano in mezzo divinità e in un'altra ancora pandemie virali. Insomma, i quattro testi, anche se forse non tutti eccellenti, offrono una buona panoramica delle potenzialità del genere... e di quelle mie.

Dei quattro racconti, tre sono del tutto inediti. Il primo è Il giorno più importante, l'unico direttamente legato all'apocalisse prevista per il 21 dicembre 2012, che mostra la giornata non proprio comune di un normalissimo ragazzo, che si confronta con situazioni sempre più strane che lo porteranno a capire (forse) come il mondo sta andando in rovina. In En prison, racconto che si è piazzato al terzo posto nel Circo Massimo 2011, il protagonista scopre di avere un'inconscia compulsione al suicidio, ma dietro ad essa si nasconde una minaccia ben più grave, che coinvolge l'intero pianeta, e anche oltre. Il Giorno del Giudizio è stato di fatto il primo racconto che ho pubblicato su Short Stories 5 nel 2008, e che ho deciso di riproporre qui: il racconto appunto del Giudizio Universale, che però si rivela ben diverso da quello che avevamo capito diversi millenni fa (se preferite, potete leggerne anche la versione tradotta in francese!). Chiude il libro Mal d'amore, un breve excursus sulle tecniche riproduttive sviluppate nel corso dell'evoluzione e di quali imprevisti queste possono comportare.


L'e-book è scaricabile dall'apposita pagina sull'altro mio blog-vetrina, in formato mobi, epub, pdf o in uno zip che li raccoglie tutti. Ho testato la leggibilità sul kindle e mi pare che funzioni tutto a dovere, ma si tratta pur sempre del primo che preparo, quindi qualcosa potrebbe essermi sfuggito. Eventuali segnalazioni in merito saranno estremamente gradite, così come feedback e commenti di qualsiasi tipo, anche direttamente qui sul blog. Ringrazio per la fiducia chi vorrà scaricarlo e concedergli le poche ore di lettura che richiede, sperando di riuscire a fornire una giusta dose di intrattenimento intelligente in attesa del compiersi delle profezie. E se verrà fuori che mi sono sbagliato, e il mondo non finisce in nessuno di questi modi, magari l'anno prossimo potrei pensare di farvi leggere anche qualcos'altro. Quale prospettiva vi spaventa di più?

Ultimi acquisti - Novembre 2012 (parte 2)

Dopo aver esaminato nella parte 1 gli album techno/minimal, in questo secondo post passo in rassegna gli album techno/house e derivati. Nella terza e ultima parte ci saranno invece compilation e un album di altro genere.

Cominciano con un album che viene dai Crosstown Rebels, etichetta già citata più volte su queste pagine, e che costituisce probabilmente il più fulgido esempio di house contemporanea. I Fur Coat si inseriscono perfettamente all'interno del solco tracciato qualche anno fa da Damian Lazarus, con suoni e vocal leggeri ma efficaci. Tuttavia, in Mind Over Matter manca forse qualcosa. Se i pezzi sono buoni e di facile ascolto, non si nota però nessun guizzo di originalità, nessuno spunto particolare in grado di elevare l'album da una semplice raccolta di pezzi a un lavoro completo.



Di matrice opposta è invece Death by Misadventure, primo album di Chymera. Pur avendo pubblicato un album già nel 2005, il dj irlandese ha raggiunto notorietà a partire da qualche anno, grazie soprattutto ai suoi dischi usciti su Cocoon (come Fierenix e Pump). Qui, se pure rientramo a grandi linee nell'ambito techno, lo stile è personale, i temi evocati profondi, e ci si perde facilmente nell'ascolto di titoli come An Island in Space o The Chase. Chymera si conferma così un autore in grado di trasmettere una forte emotività attraverso i suoi pezzi, come alcuni singoli usciti negli anni precedenti facevano intuire. Un disco, questo, che rientra probabilmente tra i migliori usciti nel 2012.
 

Di Kalkbrenner si è già parlato in altre recensioni musicali, ma attenzione: in questo caso non si parla di Paul, dj conosciuto a livello internazionale anche grazie all'interpretazione del film Berlin Calling, ma di suo fratello Fritz. Questo suo primo anno, uscito nel 2010, dimostra le evidenti affinità con lo stile del fratello, ma conserva comunque una sua identità. In Here Today Gone Tomorrow si trovano pezzi techno-electro, per buona parte arricchiti da testi scritti e cantati dallo stesso Fritz (a proposito: anche la famosa Sky and Sand è stata scritta e cantata da lui, non da Paul!). Si nota però anche una componente che riprende suoni e metriche della musica country/folk, in particolare in pezzi come Right in the Dark, Wichita Lineman, Facing the Sun. Ogni canzone dell'album viene anche accompagnata da un commento dell'autore che ne illustra le origini e il significato, e aggiunge così valore al lavoro complessivo.
 

Sempre di Fritz Kalkbrenner (perché, c'erano entrambi, non dovevo prenderli?) è Sick Travellin', uscito a ottobre di quest'anno. Lo stile, rispetto all'album precedente, è pressoché lo stesso, anche se qui si nota un'evoluzione verso i suoni più da club, che comunque non snatura l'indole già mostrata in Here Today Gone Tomorrow. Si trovano quindi tanto pezzi costruiti intorno al testo come Little By Little e Get a Life, quanto tracce più rivolte all'ambito techno come Make Me Say e Monte Rosa. Le due componenti tuttavia non cozzano tra loro, anzi si riesce comunque a percepire una comunione di intenti, un messaggio di base che emerge da tutte le canzoni che formano l'album.

Coppi Night 25/11/2012 - Mientras duermes

Non so quanto siano graditi i miei commenti sulle trasposizioni dei titoli dei film nelle versioni italiane, che spesso premetto alle recensioni vere e proprie. Tuttavia è un particolare che non posso fare a meno di notare, forse perché personalmente, in quanto a mia volta "autore", do molta importanza al titolo, che in pratica è il nome con cui un autore battezza la sua creatura. In questo caso poi, la versione italiana... non è italiana! Nel senso: Mientras duermes è stato presentato qui da noi come Bed Time, con l'aggiunta sui poster di una malandrina crocetta su quella prima e per farla diventare una a, creando così un pun piuttosto prevedibile. Ora, mi chiedo: a parte il fatto che Mentre dormi mi sembra un titolo molto evocativo, di grande impatto e coerente con l'opera, ma se proprio lo si vuole cambiare, perché inventarsi un titolo in inglese? Trallaltro, nella sua versione anglofona, lo stesso è stato trasposto come Sleep Tight, quindi non è nemmeno stato ripreso quello. Forse l'idea avanzata da qualche espertone di marketing è che un titolo anglofono tira più di uno italiano che tira ancora più di uno spagnolo? Vabbè, non mi voglio addentrare dentro menti del genere, ma ci tenevo a sottolineare l'anomalia.

Ho sostenuto Mientras duermes con poco entusiasmo, aspettandomi (forse anche per via di quel titolo sballato?) un tipico horror in cui, presumevo, spunta l'uomo nero o qualche mostriciattolo simile, magari ripreso con la videocamera a spalla, con tanto sangue ma senza la gioia dello splatter, urletti e attori neri che muoiono per primi... ma mi sbagliavo. Questo film non è un horror, a meno non nella sua definizione attuale più comune: non c'è niente di soprannaturale, e nemmeno maniaci che si divertono a sgozzare gli ospiti del loro albergo per farne degli snuff movie. Volendo definirlo, è forse più corretto parlare di "thriller psicologico", perché è un film che per tutta la durata tiene in tensione lo spettatore, ma lo fa senza scene di azione, inseguimenti e sparatorie. Tutto sta nel seguire il protagonista/narratore, comprendere i suoi obiettivi e cercare di partecipare alla sua missione.

Che poi, in effetti, questo protagonista si potrebbe tranquillamente chiamare maniaco. Stalker, quanto meno, anche se sta allo stalking come Darth Sidious sta al Lato Oscuro della Forza: magari non l'ha inventato lui, ma ne ha fatto una disciplina metodica e ordinata, quasi una ragione di vita a sé. Si presenta come un tipo mediocre, che lavora senza troppa dedizione come portiere in un palazzo, e si sente profondamente infelice. In uno degli appartamenti dell'edificio, però, vive una ragazza, giovane, bella, solare, che tutte le mattine lo saluta e gli rivolge un sorriso di buongiorno. César, il portiere, è ossessionato da Clara, la ragazza, ma se all'inizio la sua può sembrare una semplice infatuazione amorosa, ben presto si scopre che è molto di più e molto di peggio. Si tratta piuttosto di una seria, forte (e folle?) determinazione a renderla infelice quanto si sente lui, a "cancellarle quel sorriso dalle labbra". Il piano viene realizzato intanto con lettere ed sms minacciosi, ma soprattutto con delle intrusioni notturne in casa di Clara, mentre lei dorme, durante le quali riesce a lasciare segni più concreti, più fisici, della sua oppressione. In tutto questo, César ha anche un piano a lungo termine, un obiettivo lontano e terribile che, è sicuro, riuscirà a cancellare per sempre la serenità dalla vita di Clara.

Il film rende alla perfezione le atmosfere cupe e claustrofobiche che sperimenta il protagonista, specialmente nelle sequenze che si svolgono di notte nell'appartamento della ragazza. Sono lievemente scettico su come lui riesca a muoversi in libertà per casa sua senza farsi scoprire: è vero che la droga apposta con cloroformio o simili, ma mi pare strano che l'effetto sia così pesante e così duraturo da lasciargli tutto il tempo e la sicurezza di fare quello che deve. Comunque, dando per buono questo particolare, assistere alle sue macchinazioni incute una profonda inquietudine... ma non solo. Questa, forse, è la cosa più riuscita di Mientras Duermes: César è per sua stessa ammissione il "cattivo", le sue intenzioni sono malvagie e le sue azioni meschine (e quel che è peggio, lui sa di non essere nel giusto, è perfettamente cosciente di stare facendo del male), eppure il film è girato in modo che lo spettatore si trovi ad empatizzare con lui. Per quanto questo sia sbagliato, distorto, orribile, quando il portiere rischia di essere scoperto, si rimane in tensione per lui; quando si scontra con il ragazzo di Clara, si tifa per lui. E se anche ci si rende conto "ehi, aspetta, ma lui è lo stronzo!", per qualche incomprensibile effetto di straniamento in realtà appare come il punto di riferimento. Il suo terribile scopo, perseguito con tanta tenacia (nonostante lui stesso commetta alcuni errori, e rischi di mandare tutto a monte per alcune superficialità), lo fanno passare quasi come l'eroe, anche se le sue "virtù" sono certamente discutibili.

In conclusione, un film a suo modo disturbante, che lascia lo spettatore in uno stato di confusione morale. Forse, per questo, non è un "film per tutti", perché è crudo e diretto, e quello che si prova durante la visione non è del tutto piacevole. Ma non sempre piacevolezza e profondità coincidono, e questo ne è un ottimo esempio. Peraltro, si è trattata di una scelta azzeccata per la giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Ultimi acquisti - Novembre 2012 (parte 1)

Sono passati tre mesi dall'ultima sortita per l'acquisto di cd, e il mio bisogno di nuova musica iniziava a farsi fisiologico. Per questo, il giorno successivo al mio compleanno, sono andato dal solito Mastelloni (avete letto l'articolo che parla di lui su L'unità, vero?) e ho riportato a casa una quindicina di nuovi pezzi da aggiungere alla mia collezione. Come di consueto, suddivido l'analisi in più parti: in questa prima parlerò degli album puramente techno, nei successivi due passerò ad altri generi e commistioni e alle compilation.

Cominciano con Artifakts (bc), che è una ristampa dell'album del 1998 di Plastikman, alias d'esordio del personaggio attualmente noto come Riche Hawtin. La serie di album iniziata all'epoca con Sheet One (la cui cronistoria è riportata all'interno della custodia) costituiva uno dei più interessanti esperimenti di techno-minimal essenzialista, pura nella definizione più "pulita" del termine. I suoni sono definiti e precisi, il ritmo continuo ma non affrettato, la struttura dei pezzi è lineare e intuitiva. Non è certo musica che può piacere a tutti, anzi, molti faticherebbero a definirla "musica", proprio per la sua asetticità, evidenziata dal design candido del package. Eppure, questa a suo modo è storia.


Si rimane in ambito minimale, di nuvo con uno dei nomi più importanti. Ricardo Villalobos è praticame il Re Mida della minimal, perché trasforma in oro qualunque cosa tocca. Il suo nuovo Dependent and Happy, appena uscito per Perlon, è l'ennesima conferma della sua immensa competenza in questo genere. Forse, anzi, dopo il boom degli anni scorsi, Villalobos è uno dei pochi in grado di produrre ancora della minimal di qualità: i suoi pezzi sono sì lunghi e ripetitivi, ma anche profondi e sorprendenti. È difficile definire cosa renda Koito o Timemorf, che all'apparenza sono pezzi semplici, delle tracce così eccellenti. Ed è incredibile come solo con un kick, un hat e un sample vocale l'autore sia riuscito a creare l'atmosfera di Put Your Lips. Insomma, ha poco senso starne a ragionare, va solo ascoltato e assimilato.


Personalmente ho scoperto Daniel Stefanik tre o quattro anni fa, con il suo remix di Zugunruhe di Ripperton, che mi aveva profondamente affascinato. Non ho seguito gli ultimi sviluppi del dj, ma sapevo dell'uscita di un nuovo album e l'ho cercato subito. Confidence, pubblicato da Cocoon, riesce a esprimere bene lo stile dell'autore. Si tratta di techno incisiva, decisa ma non invadente, che si attesta su ritmi non eccessivi e aggiunge alla base una varietà di suoni che riescono a dare un'atmosfera più ampia ai pezzi. Questo non tradisce però l'anima techno dell'album, che risulta coerente nella sua proposta musicale, chiara ed efficace.



Steve Bug ha il merito di essere il fondatore dell'etichetta Poker Flat, una delle etichette più solide nel campo techno/house. Questo di per sé dimotra che è un dj di esperienza, e le sue produzioni raramente mancano il bersaglio. È questo il caso anche per Noir, uscito da poco. I suoi pezzi forse non eccellono per originalità, ma la qualità non manca: sia che si tratti di techno in senso più stretto, sia le contaminazioni più houseggianti arricchite di vocal. L'intento dichiarato è comunque quello di una raccolta pensata per il club, più che per l'ascolto, il che emerge dalla struttura e tono di tracce come No Adjustments e Those Grooves. Qualche pezzo cerca di sviluppare meglio la parte strumentale, come The Seventh Victim, e anche se non si tratta di esperimenti falliti, bisogna ammettere che il focus è più azzeccato per le tracce pensate per il dancefloor.


Questo è probabilmente il gioiello principale che mi sono portato a casa, a maggior ragione perché non mi aspettavo di esserne colpito così tanto. Primavera è il secondo album di Basti Grub, dj che da almeno quattro-cinque anni si è distinto soprattutto per le sue produzioni in stile latin. Il suo album precedente del 2009 era praticamente incentrato tutto sulle sonorità latine, tribali e "big band" riproposte con una base più pressante di stampo techno. Il giochino, pur gustoso, nel corso dell'ascolto si faceva prevedibile, quindi il doppio cd Das Dschungel Orchester non funzionava in pieno. Ma Primavera è un altro discorso. Si tratta sempre di techno, stavolta ancora più definita e inequivocabile. Ma la componente tribal/latin qui è sfruttata con una sapienza che raramente si riscontra altrove. Forse in tempi recenti Nick Curly è riuscito a fare qualcosa di simile, ma qui siamo obiettivamente su un altro livello. Perché Basti Grub, che nonostante l'amore espresso per le sonorità sudamericane e africane è tedesco purosangue da dodici generazioni, non si limita a inserire su una base techno dei campionamenti di musica latina, come solitamente viene impostata quella che si definisce latin techno, ma costruisce i suo i pezzi intorno ad essa, esaltandone l'atmosfera. Per questo, le tracce di Primavera non sono semplici "mash up" di musica elettronica e tradizionale, ma costituiscono una vera e propria fusione di queste due anime apparentemente antitetiche, ma che invece si dimostrano complementari. È anche un album "da secondo ascolto", che acquisisce valore ogni volta che lo si risente e se ne colgono ulteriori, meravigliosi dettagli. Provate ad ascoltare un paio di volte Verano e forse capirete cosa sto dicendo.

A breve il mio primo ebook!

Siccome questo è il mio blog, e "mio" significa che ci faccio quel che mi pare, spreco un post per pubblicizzare l'imminente uscita del mio primo ebook. Posso anticipare infatti che nel giro di pochi giorni metterò a disposizione per il download gratuito il file, in una varietà di formati che dovrebbe accontentare tutti. Sto curando personalmente l'impaginazione, ed essendo la prima volta che mi ci metto devo ancora risolvere alcune dettagli tecnici, ma il grosso del lavoro (scrittura a parte) è fatto, quindi dovrei riuscire a diffonderlo in tempi brevi.
 
Non voglio per il momento svelare il contenuto. Dico solo che si tratta di quattro racconti indipendenti ma con un tema comune, di lunghezza variabile, tutti più o meno fantascientifici con qualche deriva verso il weird. Dei quattro solo uno è stato già pubblicato (anzi, è proprio il mio primo racconto selezionato per un'antologia!), mentre gli altri sono inediti. Il resto preferisco svelarlo al momento dell'uscita ufficiale, fornendo nel frattempo qualche teaser e sneak peek, perché mi piace pensare che sia una cosa che davvero qualcuno possa attendere con trepidazione. Questi frammenti non li metterò qui sul blog, che non voglio intasare, ma se mi seguite su facebook o twitter li vedrete comparire già nei prossimi giorni.

Ma ora che ci ripenso, dai, il primo assaggino ve lo concedo già ora. Ecco un frammento della copertina che mi sono fatto appositamente realizzare dal primo grafico professionista disposto a farmi il lavoro a gratis che ho trovato:




 
Passate da queste parti per gli aggiornamenti che giungeranno a breve!

Coppi Night 18/11/2012 - Dogma


Questa settimana era il mio turno di proporre i film, ma per questioni logistiche e disavventure assortite non sono stato in grado di proporre un tema univoco a cui fare riferimento. Tuttavia, dalla selezione messa insieme è alla fine emerso questo film, un esempio secondo me valido di prodotto leggero ma creativo.  

Dogma è piuttosto conosciuto, e il "Buddy Christ" presentato nelle prime scene è anche diventato un meme abbastanza diffuso (tant'è che ne hanno fatto anche un action figure!).  Qui da noi forse non è conosciuto come fuori, e non voglio dire che in italia non è stato promosso perché è un film che scherza sulla religione (quella cattolica in particolare) e noi abbiamo il papa in casa e cloro al clero, ma insomma, è strano che sia meno famoso, per dire, di un film come Das Experiment. Quindi, breve riepilogo della trama per contestualizzare l'analisi. Dogma inizia quando due angeli rinnegati, Loki e Bartleby (rispetivamente Matt Damon e Ben Affleck), condannati da tempo immemore a vivere sulla Terra, scoprono che esiste un modo per ritornare nel Regno dei Cieli: un vescovo ha infatti indetto un'indulgenza plenaria per chi parteciperà alla cerimonia di inaugurazione di una nuova cattedrale, per cui se i due entrano in quella chiesa, e poi muoiono, andranno in paradiso! Così facendo però, i due dimostrerebbero che Dio aveva torto, quando ha loro imposto che non sarebbero più ascesi al Cielo, e questo paradosso, incidentalmente, farebbe collassare tutta l'esistenza. Dio potrebbe anche intervenire per sistemare la questione, se non fosse che... è stato rapito in una delle sue passeggiate sul pianeta. Per questo alcuni messi divini (il serafino Metatron) convocano un gruppetto di umani che possano mettersi sulle tracce degli angeli e fermarli. Tra questi ci sono l'ultima discendente di Cristo e due fattoni, ai quali poi si aggiunge il tredicesimo apostolo e una musa in pensione (Salma Hayek). Il gruppetto si imbatte in difficoltà successive, scopre poco per volta la natura e il senso della sua missione, e giunge infine al confronto finale coi due angeli, che danno e attaccano a sterminare gente a caso (come ci si aspetterebbe da dei buoni Angeli della Morte, del resto). Nel frattempo, se possibile, ci sarebbe anche da rintracciare e liberare Dio...

Già da queste linee essenziali si può intuire he la storia di Dogma è fantasiosa, con alcuni interessanti spunti di riflessione sia logica che filosofica, poi forse anche teologica, se non fosse che il tono del film, per buona parte, è leggero, quasi al limite del demenziale. Alcuni personaggi, come la coppia di "profeti" e il tedicesimo apostolo, hanno l'obiettivo dichiarato di buttare una battuta ogni tanto, spendo a sfondo sessuale, esorcizzando così la "profondità" dei temi. Sull'altro lato però, vengono messi in evidenza anche problemi più complessi: questioni sulla fede, il libero arbitrio, il "piano di Dio", il senso della vita. Queste parti riescono a dare alla storia una prospettiva più epica, se non bastasse che in gioco c'è la sopravvivenza stessa del cosmo. Tuttavia, forse dall'attrito tra queste due componenti si ricavano alcune pecche nel film. Infatti, a volte, non è chiaro se le uscite dei personaggi debbano essere prese seriamente o costituiscano delle battute. Non è facile infatti cambiare prospettiva mentale tra un ragazzone che insiste per scopare con la discendente di Gesù, e Metatron che racconta di quanto ha spiegato proprio a un Gesù ragazzino la sua missione; si rimane spiazzati quando Bartleby diventa furioso per essere stato abbandonato da Dio, quando mezz'ora prima il suo collega voleva sparare a una signora che non gli aveva detto "salute" dopo uno starnuto. In retrospettiva, non è nemmeno chiaro quale sia l'atteggiamento del film nei confronti della religione: è vero che tutta la storia è un pastrocchio che prende in giro la mitologia cristiana, ma quando si parla della fede il tono è sempre serio, e la presenza di Dio (quando si manifesta) è davvero salvifica, anche per chi non credeva nella sua esistenza.

In definitiva, si tratta di un film godibile, anche se manca di un'identità precisa. Di buono ha che riesce sia a intrattenere sia a far sorgere qualche domanda, ma in compenso a volte si perde troppo in una direzione (il mostro di merda!) o nell'altra (che piani ha Dio per una donna che ha perso l'utero?). Sicuramente, per qualcuno che non si è mai posto problemi di natura teosofica, può essere un buon punto di partenza per interrogarsi.

Rapporto letture - Ottobre 2012

Eh, ottobre è stato un mese di magra! Infatti a quanto risulta dal mio aNobii, ho letto solo tre libri, cioè la metà di quella che è la mia media mensile. Anche se, a fare meglio i conti, in realtà si può constatare che uno dei libri contiene due romanzi, e ce n'è un altro che su aNobii non compare, quindi si arriva a cinque, e siamo già su valori più accettabili. Passiamoli in esame uno per volta.


More about Millemondi Inverno 2010: Un impero per l'infernoIl primo è proprio quello che vale per due: Un impero per l'inferno è il titolo comune sotto cui sono stati riuniti i romanzi Ph0xGen! e Ascensore per l'ignoto, rispettivamente di Italo Bonera + Paolo Frusca e Stefano Carducci + Alessandro Fambrini: quattro autori in un libro solo! I due romanzi sono degli "scarti" di un Premio Urania, segnalati alla fase finale ma non vittoriosi, e scelti in seguito per la pubblicazione. Ph0xGen! è un'ucronia in cui l'impero austriaco ha vinto la prima guerra mondiale, e da lì ha consolidato il suo dominio sull'Europa e il primato sul mondo intero, sostituendosi al ruolo degli USA come superpotenza nella nostra linea temporale. Tuttavia non tutti sono così contenti del dominio asburgico, e così da più parti si iniziano a combinare complotti per rovesciare l'impero. Il mistero centrale ruota intorno a un "segreto" custodito nelle segrete di una certosa, che garantirebbe agli Asburgo il controllo di tutto il mondo. Personaggi diversi si intrecciano quindi dal momento in cui il nuovo imperatore viene assassinato il giorno dell'incoronazione, e lentamente si procede verso la soluzione di tutti i misteri. La storia non è particolarmente originale, ma scritta comunque in modo avvincente, quindi si segue bene. A stupire è soprattutto l'ambientazione, che i due autori hanno reso al meglio, infondendo di "austricità" tutto il mondo moderno, a partire dai termini tecnologici/informatici che hanno matrice tedesca piuttosto che inglese. Molto gustosi anche i richiami a personaggi contemporanei traslati nell'universo ucronico. L'altro romanzo si muove su temi completamente diversi: parte all'inizio come una sorta di pastiche al limite dell'assurdo, ma dalla metà in poi si sviluppa sostanzialmente sul modello di un fantasy, con una principessa che incarna il Bene che deve sconfiggere un terribile signore del Caos. Ci sono accenni di satira, ma oltre metà libro non sono altro che un continuo avvicinarsi dei due avversari, che sfruttano quelle che di fatto sono doti magiche per condurre la battaglia. Il finale poi non illustra né rappresenta nulla di concreto, quindi non si capisce come finisce davvero la storia. Il voto 6/10 complessivo che assegno al libro è composto dalla media tra il 7 per Ph0xGen! e 5 per Ascensore per l'ignoto.


More about Minuti contatiSi rimane sugli autori italiani con la raccolta Minuti contati, curata da Maurizio Bertino per Nero Cafè. Ne avevo già parlato segnalando l'uscita del libro, che contiene anche cinque miei racconti, quindi per capire di cosa si ritratta vi rimando a quel post. Nel complesso la raccolta mi ha soddisfatto, anche perché in molti casi ha riportato le memorie del fulmineo concorso a tema da cui il libro ha origine, ed è stata una sensazione piacevole. Ma al di là di questo, il libro contiene diversi racconti di buon livello, e stupisce come autori "non professionisti" siano riusciti a creare pezzi di qualità in così poco tempo, oltre a fornire un'interessante prospettiva dei temi interpretati in modo diverso da ogni autore. I toni e i generi sono variegati, dall'horror alla fantascienza, dal thriller all'umoristico, ma tutti i racconti hanno un loro "nucleo" in grado di sostenerli. Il curatore inoltre ha anche inserito un'utile cronistoria del concorso, illustrando come si sono svolte le varie edizioni e quali autori sono via via emersi, per andare poi a formare la classifica finale, inserita in appendice. Si ottiene quindi un prodotto ben studiato che celebra una delle iniziative attualmente più valide che si trovano in giro. Voto: 7/10.


Ecco il libro che non compare su aNobii, e si tratta del primo vero e proprio ebook consumato sul mio recentemente acquisito kindle! Si tratta di Lo schiacciaporci, ebook gratuito di Simone Corà, scaricabile dal suo blog. Non è un romanzo, ma un racconto lungo, che segue le avventure di una guida che accompagna in una grotta del suo paese un turista, ignorando che questi è in realtà un cacciatre di mostri, che a quanto pare sono abbondanti e feroci in tutto il mondo. Il racconto è pieno di azione e di umorismo nero, quindi si legge velocemente e con piacere. La storia non è certo sconvolgente, si limita appunto a una caccia al mostro, ma proprio perché il tono rimane leggero e il ritmo serrato si legge con piacere. Forse il finale non è del tutto completo, e fa pensare che questo possa essere il primo capitolo di una serie piuttosto che un racconto autoconclusivl, ma il rapporto soddisfazione/impegno è assolutamente positivo. Voto: 7/10


More about Vita con gli automiEccezionalmente, questo mese James White è l'unico autore straniero che ho letto. E anche Vita con gli automi contiene in realtà due romanzi: Vita con gli automi, appunto, e Partenza da zero. Il primo racconta di un medico che si risveglia dopo un lungo criosonno in un mondo in cui la vita ha praticamente cessato di esistere, e l'unica compagnia esistente sono i robot che mantengono attivo l'ospedale in cui lui era ibernato. Resosi conto di essere l'unico sopravvissuto, cercherà di dirigere il suo esercito di robot per riportare la Terra in condizoni abitabili, ma si accorge che i progressi sono troppo lenti, e sarà costretto a successive lunghe ibernazioni per vedere i risultati delle sue azioni, in una simulazione di viaggio nel tempo monodirezionale. Partenza da zero si apre invece con una guerra tra umani e una razza aliena, e un piccolo contingente di prigionieri abbandonati sul pianeta che gli alieni utilizzano come pirgione aperta. I nuovi venuti hanno intenzione di mettere insieme un piano per fuggire, e lavoreranno anni interi per preparare tutto il necessario, incidentalmente industrializzando il pianeta-prigione. Alla fine, si scopre che il vero obiettivo del comandante era ben altro, ma che è stato raggiunto senza che nessuno se ne accorgesse. Entrambe le storie seguono più o meno la stessa struttura, quella di un complesso problema di base che viene affrontato un pezzo per volta, e la cui soluzione si rivela poi sorprendente. Forse la prospettiva più ampia del primo lo rende migliore, ma comunque anche l'altro è più che sufficiente. Voto: 7/10

Random music updates

Un post veloce per un paio di segnalazioni in ambito musicale che riguardano argomenti che sono già stati trattati su questo blog.


Numero 1: avete presente quando elenco i miei ultimi acquisti, e affermo che tutti i cd che acquisisco provengono dal solito posto, Disco Mastelloni? Ecco, siccome il negozio in questione, che frequento da diversi anni, costituisce un pezzo importante della storia della musica elettronica italiana, voglio condividere l'articolo che Jacopo Cosi ha scritto sul sito de L'unità intervistando proprio Roberto, aka Deejay Roby, titolare da decenni del Disco Mastelloni. Questp signor Mastelloni (che poi non si chiama così, ma leggete per scoprire l'origine del nome), contrariamente a come ci si potrebbe immaginare il tipico rivenditore di musica unzunz, non è un ragazzetto con la cresta e i piercing che gli deturpano il viso, ma un "qualunque" ometto 65enne pieno di esperienza e buon umore. Protagonista del panorama dei club toscani (anche prima dell'epoca in cui i club di questa zona erano i più rinomati d'italia), Roby impersona la componente "umana" di questo mestiere. Condivido il pezzo perché leggendo la storia del negozio e di chi ci sta dietro, si può percepire come anche questo genere musicale, considerato dai più banale e privo di valore artistico, ha una sua identità e uno sfondo fatto di passione e impegno. E mi ritrovo perfettamente in parole quali:

Se volete un disco da “suonare” in un club, invece, di quelli tirati solo in 500 copie, senza nemmeno la copertina, dovete andare da Mastelloni come al bar con un amico, e lui vi tirerà fuori dal cassetto dietro la consolle proprio quello che stavate cercando.

È proprio questo lo spirito che muove e, incredibilmente in questo periodo di crisi cosmica, mantiene in vita Disco Mastelloni. Il tributo era quindi doveroso, e vi invito a concedergli qualche minuto di tempo, perché è una storia che, una volta tanto, fa sorridere. Se poi passate da Firenze, fargli una visita è anche meglio.


Numero 2: non so se vi ricordate quando parlavo dell'album Paranoia di Oliver Huntemann, e delle sue performance live con il ReacTable. Huntemann, nel frattempo, è diventato un vero e proprio sponsor dell'oggetto, e si esibisce in interi tour suonando i suoi pezzi al ReacTable. E nelle settimane scorse ha rilasciato una versione interattiva del suo album, che sfrutta proprio il modello strutturale del ReacTable per dare la possibiltà di decostruire e reinterpretare le tracce in modalità live. Non si tratta di un'app, quindi non di un vero e proprio set di pezzi per il proprio ReacTable (anche perché, con quel che costa, avercelo...), ma è comunque un'applicazione interessante, che anticipa un nuovo livello del concetto di remix e performance live. Direi che spiattellare un video può dare un'idea più chiara della cosa:


Concludo ricordando che, qualora vi avanzassero quei 10000 €, lo considero sempre un regalo gradito.