Rapporto letture - Gennaio/febbraio 2024

 

Iniziamo a ristabilire la tradizione dei rapporti letture anche per il 2024, ovvero il 15esimo anno o giù di lì di blog. Che noia. Comunque, un inizio di anno abbastanza sorprendente, con alcuni titoli di livello e altri meno prevedibili ma mediamente interessanti.

 

Volevo leggere la novella di Amal El-Mohtar e Max Gladstone da tempo, ma stavo rimandando al momento più adatto, ed è stato il tragitto andata e ritorno a Viterbo per una presentazione. Sapevo già un po' cosa aspettarmi da Così si perde la guerra del tempo perché ne avevo sentito parlare, ma nonostante questo è riuscito comunque a coinvolgermi ed emozionarmi. Gli scambi epistolari contrapposti alle esperienze delle due protagoniste, la contrapposizione tra le fazioni e il modo in cui dalle provocazioni si passa alla comprensione profonda fanno di questo racconto una spirale travolgente. Forse le dichiarazioni d'amore a un certo punto si fanno un po' teatrali, e il plot twist finale non è del tutto un twist (o almeno, io che forse sono un po' sgamato sui paradossi temporali l'avevo intuito), ma sono sbavature minime in un lavoro di grande livello. Uno dei migliori esempi di storia d'amore in ambito fantascientifico. Voto: 8.5/10

 

Per staccare nettamente ho poi letto il romanzo di un autore italiano (anzi pistoiese) pubblicato da Polidoro. Il libro di Riccardo Romagnoli è quanto di più lontano potrebbe esserci dalle mie solite letture, perché si avvicina pericolosamente all'autofiction e si concentra poi sulla vita di un artista tanto emarginato quanto bohemien della Firenze degli anni 60. Ho letto Cuore in esploso perché mi era stato proposto di fare da relatore per la presentazione del romanzo (cosa che sta avvenendo sempre più di frequente, vedi sotto) e se il mio approccio era scettico, alla fine devo dire che ne sono rimasto se non altro sorpreso. La narrazione è limpida, serrata, e i personaggi sono veri, feroci. Non ci si sofferma su considerazioni morali ma si riporta le cose come sono, e in certi casi è inquitante vedere come erano. Il percorso artistico del protagonista (raccontato dal narratore che l'ha conosciuto e parla anche di sé in prima persona) è senza dubbio interessante e pone quesiti profondi sul valore dell'arte e il ruolo dell'artista. Sono convinto che per chi ama questo genere di racconti "di vita vissuta" possa essere una lettura di grande impatto, personalmente è piuttosto lontano da quello che cerco nella lettura quindi pur riconoscendone alcune qualità non posso dire che mi abbia sconvolto. Voto: 6.5/10

 

Torniamo nel confrotevole alveo della fantascienza con un tema classico del genere, le abduction. We Are the Ants è un romanzo che utilizza il meccanismo dei rapimenti alieni per esprimere il disagio di un adolescente che deve capire cosa fare della sua vita, dopo che il suo ragazzo si è suicidato, i bulli lo prendono di mira (e uno di questi lo sfrutta come amante) e la sua famiglia va a rotoli. Gli alieni offrono al ragazzo la possibilità di salvare la Terra dall'imminente distruzione, se lui sceglie di farlo, e nel corso dei mesi di narrazione dovrà trovare la ragione per evitare la fine dell'umanità. La storia di Shaun David Hutchinson non si occupa certo di raccontare l'esobiologia degli alieni o le loro motivazioni, quello dei rapimenti è un pretesto per mostrare l'isolamento e l'inadeguatezza del protagonista, che soffre di terribili violazioni personali e non viene creduto. Che è poi un tema ricorrente nelle narrazion sulle abduction, cosa di cui abbiamo parlato anche in un episodio del podcast. Chi cerca storie di invasioni e battaglie con gli extraterrestri gli stia pure alla larga, perché qui ci si concentra principalmente sui traumi e le relazioni. Voto: 7/10

 

Torniamo poi all'ultima tornata di Nodi di Zona 42, con il racconto Trofeo di Emanuela Cocco, che anche questo ho avuto occasione di presentare e ho descritto come "Toy Story in casa di un serial killer". La novella viene presentata come un thriller/horror, perché raccontata dal punto di vista degli oggetti appartenuti alle vittime di un assassino di donne, tuttavia lo scopo della storia non è quello di creare suspense o tensione riguardo il mostro e la sua cattura, quanto di mostrare il lato nostalgico di questo legame tra gli oggetti e i loro proprietari uccisi, il che può apparire paradossale se ci si ricorda che si sta parlando di corpi smembrati e seppelliti in giardino. Se quindi i temi trattati sono forti, viscerali, la delicatezza e il ritmo della scrittura inducono quasi a provare pena (se non addirittura tenerezza) per il killer, senza arrivare però a romanticizzarlo come avviene spesso nei tanto seguiti prodotti true crime. Voto: 8/10

 

Ci stava a questo punto un'immersione nei classici e così mi sono rispolverato un testo di Alexandre Dumas. Forse vi stupirà sapere che in gioventù mi sono letto e goduto assai tutto il ciclo dei tre moschettieri, quindi tornare a leggere il suo romanzo "minore" Il signore dei lupi mi ha trasmesso una certa familiarità per il modo di raccontare. Questa storia è una delle poche di Dumas che contiene elementi soprannaturali, in questo caso in buona sostanza un patto col diavolo da cui il protagonista può ottenere di realizzare i suoi desideri che però lo portano su una strada di continua perdita e perdizione. Come ci si può aspettare da Dumas, il racconto è abbondante di descrizioni, digressioni, considerazioni del narratore, e ironia. Naturalmente chiunque si approcci sa quello che potrebbe aspettarsi, per cui non sto a fare troppi disclaimer sul fatto che è una narrazione molto lontana dai canoni attuali. Voto: 7.5/10


Avevo rimandato la lettura dell'ultimo romanzo di Alessandro Forlani da troppo tempo, e quindi mi sono preso qualche giorno per Non tutti certo moriremo. Ora, di Forlani io ho letto tutti i romanzi di ambito scifi e li ho sempre trovati notevoli. Mi rendo conto che non è un autore facile da leggere, bisogna in qualche modo "sbloccare" la sua poetica come lo si fa con Dick, e faccio un nome non a caso perché questo è sicuramente il libro più dickiano che abbia mai scritto. Non è un romanzo unico ma frammentato, singoli episodi che compongono un mosaico di personaggi tra loro interconnessi ma senza un arco narrativo definito, singole storie di apocalissi personali in una realtà che perde i suoi riferimenti temporali e cognitivi. Ci sono tanti riferimenti ad altri suoi romanzi, così come satira profonda e sottile verso molti settori, dai media all'insegnamento, dalle istituzioni all'editoria. Siccome i singoli episodi sono scollegati, l'ho letto dalla fine verso l'inizio, e ha comunque funzionato. Come sempre con Forlani, non so se consigliarne la lettura. È uno di quei libri di cui è difficile identificare il pubblico ideale, perché può far parimenti incazzare chi legge fantascienza (che non è nemmeno così vistosa) così come chi legge generalista. Quindi fate voi. Dimenticavo, è scritto in ottonari. Voto: 8.5/10


E per ultimo un altro libro letto per presentare l'autore Claudio Pozzani, che forse è il personaggio più editorialmente illustre che mi è capitato di conoscere finora, visto che è fondatore e direttore del più grande festival internazionale di poesia italiano, tradotto in 14 lingue e collaboratore per vari progetti con gente come Jodorowky e tanti altri che nemmeno conosco. Il che mi ha messo un po' in difficoltà quando mi sono dovuto approcciare al libro sapendo che poi ne avrei dovuto parlare, anche perché io di poesia so quello che mi hanno insegnato a ragioneria e temevo che questo romanzo ne facesse ampio uso. Al contrario, Confessioni di un misantropo è scritto in prosa asciutta, funzionale e immediata, che si concede solo qualche metafora, e procede spedita a raccontare a posteriori l'ascesa e caduta della "dittatura dei creativi", un regime che nel 2030 prende il potere e governa per otto anni, sovvertendo l'ordine sociale e istituzionale e combattendo (o più spesso: mitragliando) lobby, burocrati, raccomandati, pigri, e così via. La misantropia del titolo emerge sicuramente quando il protagonsita, unico sopravvissuto del quadriumvirato che ha messo in opera il golpe, arrivato alla fine della sua vita concede un'intervista in cui conferma la fedeltà in tutti i principi che hanno sostenuto la dittatura, che voleva scardinare valori quali la "dignità del lavoro" e imporne di nuovi come l'arte e la bellezza. La storia segue l'intervista e viene intervallata da flashback della rivoluzione e momenti personali del protagonista, che ha dovuto infine cedere al ritorno del solito sistema interiorizzato dalla popolazione, in una sorta di dittatura al contrario, che non opprime da fuori sui corpi ma da dentro nelle anime. Le idee ciniche ed estreme sono estremamente accattivanti, e nonostante il protagonista sia un personaggio volutamente sgradevole si finisce gradualmente per empatizzare con lui, tuttavia ho trovato che la storia avrebbe potuto dare più spazio a mostrare i cambiamenti imposti alla società, per farci credere che davvero si stava meglio "qvando c'era lvi". Poiché l'unica esperienza che facciamo della dittatura dei creativi è quella raccontta quarant'anni dopo, in mondo del 2070 che per la verità sembra molto quello del 1994. Sarà una mia deformazione professionale, ma quando vedo spunti fantapolitici e potenziali rivoluzioni innescate dalla tecnologia (visto che l'uso dei robot come forza lavoro è un punto cruciale del programma), mi piace sempre vederli in opera, cosa che qui mi è mancata. Rimane comunque un libro provocatorio che va volutamente contro le convenzioni del buon costume e le derive del politicamente corretto, cosa che ogni tanto è rinferscante. Voto: 6.5/10