Doctor Who 8x06 - The Caretaker

Tutto l'universo narrativo di Doctor Who potrebbe accrescere immensamente di credibilità se un giorno qualcuno spiegasse che cosa diamine ha la Terra di tanto speciale, da fare in modo che fin dal'alba dei tempi migliaia e migliaia di alieni si trovino volontariamente o per caso a visitare, transitare, naufragare, attaccare, spostare, annichilire questo pianeta. Di tutti i mondi che esistono in tutta la storia dell'universo, che ci fanno tutti qui? Chiaramente la presenza degli alieni sulla Terra serve gli scopi narrativi, eppure viene da chiederselo ogni tanto, quando l'ennesima macchina si "perde" proprio qui e mette incidentalmente a repentaglio la vita, la storia e l'umanità. La stessa casistica si ripropone anche qui con il robot assassino che è il villain della puntata, anche se in realtà la sua presenza sembra più un accessorio per mettere in moto dinamiche di altro tipo.

Come in Listen infatti, la presenza del mostro passa praticamente in secondo piano rispetto all'interazione tra i personaggi, con un Danny Pink che dopo tanti teaser sale finalmente al ruolo di comprimario. C'è in effetti poco da commentare circa la natura del robot e la strategia adottata per combatterlo, si può giusto notare che per essere una macchina distruttrice ha una mira piuttosto scadente, e che il piano pensato dal Dottore è alquanto complicato (ma non è una novità che concepisca idee fin troppo arzigogolate per problemi anche semplici). Il focus dell'episodio è invece il rapporto tra Clara e Danny (una relazione ormai stabile, a quanto pare), e il primo incontro ufficiale tra questi e il Dottore. Primo, se si esclude quello avvenuto durante l'infanzia di Rupert/Danny, che qui sembra quasi non sia mai avvenuto, visto che il Danny adulto non riconosce il Dottore (e peraltro non aveva riconosciuto nemmeno Clara). Si può comunque ipotizzare che quella nottata sia stata col tempo ridimensionata a livello di incubo e dimenticata.

C'è da subito un certo attrito tra i due uomini, e l'aspetto che più sembra infastidire il Dottore è che Mr. Pink fosse un soldato. Questo lo renderebbe inaffidabile e abietto, e in ogni caso inadatto ad accompagnare Clara. Quando poi è Danny a scoprire la verità sul Dottore e la sua natura, a sua volta si dimostra diffidente e scontroso contro quello che, per quanto disprezzi tanto il soldato, si comporta a tutti gli effetti come un ufficiale (d'altra parte si definisce Time Lord). Nonostante quindi l'atto di eroismo, Danny non si conquista la fiducia del Dottore, ma sembra comunque non essere interessato alla sua approvazione.

Non è chiaro come mai questo Dottore mostri un tale astio nei confronti dei militari (lo aveva fatto anche in Into the Dalek), quando uno dei compagni storici più longevi della serie è il Brigadiere, ufficiale dell'UNIT, che chiaramente era un militare e si comprtava nella maggior parte delle occasioni come tale. Anche altri personaggi che affiancano il Dottore erano soldati o agivano da soldati (in tempi recenti basta ricordare Strax, ma anche il capitano Jack), e non si capisce quindi perché adesso basti la sola parola a farlo incazzare. Si può supporre che qualcosa sia cambiato in lui dopo gli eventi di The Day of the Doctor, quando il War Doctor ha dimostrato di non essere l'assassino che credeva, ma in questo caso non avrebbe dovuto a maggior ragione far pace con se stesso (e tutti gli altri soldati della storia)? Non sono sicuro quindi se ci sia una ragione precisa per questo atteggiamento, o se si tratti piuttosto di un meccanismo per creare tensione tra i personaggi, che però meriterebbe di essere giustificato.

L'osservazione di Pink in effetti non è scorretta: è vero che il Dottore ripudia la violenza, ma è anche evidente che se lui non si sporca le mani, riesce quasi sempre a manipolare (magari senza malafede, ma di fatto lo fa) i suoi compagni a compiere le azioni, anche violente, di cui è bisogno per risolvere la situazione. Non si tratta di un tema nuovo, anzi nel finale della quarta stagione Davros accusava proprio di questo il Decimo Dottore, facendogli notare come egli stesso creava dei mostri disposti a qualunque atto sconsiderato per affermare i propri ideali. La tematica quindi è interessante, ma qui sembra inserita quasi a forza, perché l'odio irrazionale del Dottore merita una spiegazione più approfondita.

Da notare nel corso di questo episodio prologo ed epilogo, entrambi scollegati dalla trama principale: all'inizio vediamo il Dottore e Clara incatenati in un deserto, una situazione che probabilmente si ricollegherà a qualcosa che emergerà verso il finale di stagione, mentre alla fine troviamo una nuova vittima nel "paradiso" gestito dalla misteriosa Missy che avevamo visto nei primi due episodi. A questo punto la mia teoria che in quel posto venissero raccolte le vittime del Dottore perde di senso, perché il poliziotto carbonizzato dal robot assassino non aveva niente a che fare con lui, ed è stato ucciso prima che entrasse in azione. Inoltre questo paradiso inizia ad assumere un significato più letterale, con enormi stanze vuote comlpetamente bianche e un ufficio reception surreale.

The Caretaker è quindi un episodio di transizione, ma anche se instaura delle dinamiche potenzialmente interessanti, lo fa a scapito della vicenda principale. Per quanto sia piacevole vedere la struttura del "monster of the week" arricchita da una storyline più complessa che abbraccia numerosi episodi, in questo caso siamo però all'opposto, con un nemico inserito quasi svogliatamente solo per giustificare un intervento del Dottore e le dinamiche successive. Viene da pensare che lo scontro con Pink avrebbe potuto tranquillamente inserirsi all'interno di una storia più organica, pertanto la valutazione di questa puntata rimane bassa proprio perché sembra quasi un'avventura monca. Voto 5.5/10

Coppi Club 21/09/2014 - Demolition Man

Questo film è un classico, c'è poco da dire. Risalente a un'epoca in cui probabilmente fare un film era più facile, nel senso che non esisteva (o forse era appena iniziata) la corsa all'effetto speciale e la gara a sorprendere lo spettatore con riferimenti incrociati, easter egg e scene after-credits. E forse era anche più facile risultare credibili mostrando tecnologie fantascientifiche diventate di uso comune a distanza di pochi anni, quando adesso difficilmente si riesce a farla franca mostrando nuove tecnologie di 10-20-30 anni nel futuro. Quindi non c'è da meravigliarsi che gli spettatori smaliziati di allora abbiano adorato Demolition Man, che conserva ancora qualcosa del suo fascino originario.

Non sto a descrivere la trama perché appunto si tratta di un film più che noto, anche se devo ammettere che, sottraendo tutta la parte di distruzione e scontro tra buoni e cattivi, il plot è meno banale di quel che può sembrare. Per dire, ha molto più senso (con le dovute proporzioni) quello che succede in questo film rispetto, chessò, ai più recenti A-Team o Mercenari (ma anche ai ultimi Batman di Nolan, per dire). Un aspetto interessante è sicuramente la parte satirica, perché anche se non si può dire che il film abbia un valore allegorico, c'è sicuramente un sottinteso nel ritratto di questa società del futuro in cui la polizia non sa cosa sia un omicidio e le macchinette automatice multano per ogni oscenità pronunciata. Quindi non voglio stare a scavare e tirare fuori interpretazioni da cinema d'essai, ma l'utopia del 2030 non è soltanto un'ambientazione a sé, ma un'efficace parodia di quello che già conosciamo.

Ribadisco anche che il film segue dei cliché piuttosto facili: il poliziotto infallibile, il criminale psicotico (Phoenix probabilmente è un buon esempio di allineamento chaotic evil), il politico corrotto, il povero coraggioso e così via. In questa società artefatta però la formula non stona troppo, e tutto sommato lo spettatore empatizza con Stallone che a sua volta si trova spaesato e confuso dal nuovo contesto. C'è però qualche discrepanza nel modo in cui viene mostrata la nuova epoca: dando pure per buoni tutti gli avanzamenti tecnologici e sociali, si tratta comunque del 2030, quindi 30-40 anni nel futuro rispetto all'epoca di partenza. Ora, alcuni personaggi hanno pressappoco trent'anni, altri anche di più, per cui è improbabile che possano davvero aver dimenticato tutto del mondo di qualche decennio prima, dalla criminalità, alla musica, alla carta igienica. Forse è una sottigliezza, e alla fine dei conti un peccato lieve che non ha impatto sulla trama (a differenza di altri plot hole ben più rilevanti in altri film), ma è impossibile non farci caso.

Quindi un film d'azione vecchio stile, quando non ci si faceva troppi scrupoli a mostrare una certa violenza anche cruda, e tutto sommato sempre piacevole da rivedere.

Doctor Who 8x05 - Time Heist

La rapina in banca è un classico. Forse è uno dei crimini più socialmente accettato, perché il popolino ha la percezione che in questo modo vengano colpiti i ricchi che non meritano tutti quei soldi, per cui quando un gruppetto di scappati di casa riesce a infliggergli un colpo sa di giustizia poetica. La filmografia in proposito è vasta, anche se un nuovo standard è stato stabilito in tempi recenti da Ocean's Eleven e successivi, e abbiamo esempi del genere anche in Futurama (Viva Mars Vegas) e nel cinema italiano (il per nulla mediocre I mitici). Per cui in un sottogenere tanto vasto, che cosa può aggiungere Doctor Who?

La risposta è quasi banale: il viaggio nel tempo. Anzi, come giustamente fa notare il Dottore, pianificare una rapina quando si ha un Tardis è una sciocchezza. Ma in queste occasioni c'è sempre un ostacolo che rende l'utilizzo della macchina del tempo impossibile, ed ecco che ci si trova a dover usare i tipici mezzi del furto organizzato per arraffare il malloppo. Come nella miglior tradizione, la prima fase è la composizione della squadra in cui ogni membro ha un ruolo specifico: abbiamo così l'hacker ciberneticamente potenziato e la mutante che può assumere l'aspetto di altre persone, oltre al Dottore e Clara che di superpoteri, apparentemente, non ne hanno. Reclutati da un individuo misterioso che si autodefinisce "L'Architetto", come prima mossa decidono di cancellarsi tutti la memoria, in modo da dimenticare di aver preso l'accordo e quale sia il loro obiettivo.

Questo inizio fulmineo è intrigante, perché nei primi cinque minuti ci si trova completamente destabilizzati, tuttavia andando avanti la trama va annacquandosi. Il problema è che la rapina in sé è fin troppo facile, e quella che dovrebbe essere la banca più impenetrabile della galassia può essere infiltrata semplicemente scappando nei corridoi e collegandosi a un paio di terminali. Piuttosto che sulla meccanica del furto la storia si concentra sulla fuga da un mostro telepatico, guardiano supremo della banca, capace di percepire le intenzioni ostili e spappolare (letteralmente) il cervello delle sue prede. Ecco quindi che il focus della puntata cambia, e anche se ovviamente ci si aspettava che l'obiettivo finale non fosse un semplice furto di denaro, ci si trova davanti una storia che non è quella che si aspettava. Intendiamoci, venire sorpresi dalle storie non è un male (anche Listen è una storia diversa da quella che sembrava inizialmente), ma in questo caso credo che un'avventura pura e semplice, con un tesoro nascosto da recuperare (che poteva essere qualcosa che si ricollega all'arco narrativo principale), avrebbe fatto il suo lavoro.

Lo spunto iniziale quindi si perde un po' dietro a situazioni e personaggi già visti: da una parte Johnny Mnemonic e un ibrido Mystica/Rogue, dall'altra l'ennesimo alieno last-of-his-kind che fa lo stronzo ma in fondo in fondo è un bonaccione. Alla fine dei conti un episodio piacevole, che però avrebbe potuto sfruttare meglio le sue premesse e tirare fuori qualcosa di più scoppiettante. Voto: 6.5/10

Futurama 7x25 - Stench and Stenchibility / Puzza e sentimento

Il dottor Zoidberg all'inizio della serie era un alieno strambo, incompetente nel suo lavoro e ignorante degli usi e costumi umani, ed è stato solo gradualmente che il suo personaggio ha virato verso il patetico, mostrandosi via via sempre più misero, dalla vita infelice e indecorosa, spesso oggetto di scherno degli altri (o anche autoinflitto). Anche negli episodi in cui era il protagonsita, Zoidberg era di solito destinato all'illusione o al fallimento, come quando è tornato sul suo pianeta natale per l'accoppiamento (che non ha ottenuto) o ha cercato di spronare il suo vecchio zio a dirigere un nuovo film (che è stato un fiasco). Per questo l'inversione di tendenza vista nelle ultime stagioni, in cui il dottore riesce effettivamente a dimostrarsi utile e anche coraggioso, non dispiace affatto: è lui l'eroe a salvare il Professore dopo un patto decennale, ed è colui che riesce a opporsi alla robomafia sia sulla Luna che su Marte. Il fatto che in questa puntata (la penultima!) Zoidberg riesca a trovare una compagna amorevole e normale ha quindi un che di giustizia poetica.

In realtà, il fatto che il decapodiano riesca a risultare non solo non repellente, ma addirittura piacevole, alla giovane e bella (per gli standard umani) Marianne, dipende soprattutto dal fatto che questa non ha il senso dell'olfatto, cosa che peraltro non le rende facile il mestiere di fioraia. La felicità della coppia è quindi messa in dubbio quando la ragazza esprime il desiderio di poter finalmente annusare il profumo di un fiore e Zoidberg le rivela di essere in grado di svolgere l'operazione che le renderà l'olfatto. Il dottore deve quindi decidere se è più importante la felicità di Marianne o la sua relazione, che si basa essenzialmente sulla barriera odorosa tra i due.

Come in molti episodi, parallelamente a quella di Zoidberg si svolge una trama secondaria, in cui  Bender insegue il suo ennesimo sogno di gloria, stavolta dedicandosi al tip-tap, di cui ha appena sentito parlare e che vuole dominare vincendo un torneo di quartiere. Il suo avversareio però è una piccola e adorabile bimba, che non è solo un'abilissima ballerina ma anche una creatura di estrema perfidia.

L'episodio è tutto sommato leggero, anche se il dilemma amoroso di Zoidberg non è di poco conto. Certo, per come siamo abituati a considerare il crostaceo, tutta la storia fa sorridere, tuttavia è facile capire come possa trattarsi di una questione della massima importanza per qualcuno che non ha mai avuto una sana vita sociale. Alla sottotrama di Bender e del tip-tap tocca la parte più ricca di gag, per cui alla fine la puntata nel complesso non risulta smielata. Anzi, Bender qui raggiunge una delle sue performance più macarbe, compiendo un'azione che va ben oltre il politically correct anche per una serie fuori dagli schemi come Futurama.

È curioso notare come nella versione originale la doppiatrice di Marianne è Emilia Clarke, meglio nota al pubblico come Daenerys Targaryen Stormborn Khaleesi Mother of Dragons, e un sacco di altre cose, insomma, l'attrice di Game of Thrones, quando proprio un episodio fa si intitolava Game of Tones, e all'interno di questo c'era un cameo di Seth MacFarlane (il creatore di Family Guy e American Dad), il quale ha anche avuto una relazione con la suddetta Emilia Targaryen. Ma probabilmente è solo una coincidenza multipla. Notevole anche il cameo di Wash Bucket (che vedete nell'immagine), il secchio di Scruffy che aveva avuto una parte centrale in The Prisoner of Benda.

Alla fine, questo episodio è soprattutto una buona occasione per dare anche al dottor Zoidberg un'ultima possibilità di riscatto, prima della fine della serie. Perché è vero che fa schifo, ma alla fine dei conti vogliamo bene anche a lui. Voto: 7/10

Doctor Who 8x04 - Listen

Fin da quando Steven Moffat è diventato lo showrunner di Doctor Who (cioè l'autore responsabile della serie nel suo complesso, che indirizza gli episodi, anche quelli scritti da altri sceneggiatori, verso i temi e l'arco narrativo da lui predisposti), la comunità degli Whovians ha subito uno scisma che vede contrapporsi sostenitori integralisti e detrattori terroristi del Moffat stesso. Già dai primi episodi da lui scritti per la serie (ancora ai tempi di Russell T Davies) si è evidenziata la sua propensione a basare le sue avventure sulle più remote paure infantili: è il caso degli Angeli (che non sono altro che la trasposizione fantascientifica del gioco 1-2-3-stella), degli incubi reali (quelli della Biblioteca), dei nemici dai quali puoi sfuggire solo trattenendo il respiro. La cosa curiosa è che il partito dei sostenitori afferma che da queste storie si palesi la grandezza di Moffat, mentre i suoi oppositori lo contestano proprio per la banalità di queste idee.

Anche Listen si inserisce nello stesso filone, in quanto essenzialmente si tratta di stanare e combattere il mostro sotto il letto. Il tutto parte con un monologo del Dottore, che ipotizza che come l'evoluzione ha sviluppato sistemi di caccia e di difesa perfetti, deve esserci da qualche parte anche il prodotto della perfetta mimesi, una creatura tanto abile a nascondersi che sia impossibile da individuare, anche se è costantemente intorno a noi. Questo si collega all'incubo ricorrente che tutti fanno almeno una volta nella vita, di una presenza che si muove nella notte intorno al nostro letto e appena mettiamo piede in terra ci afferra la caviglia intimandoci di tornare a dormire.

Personalmente non ricordo nello specifico se mi sono mai sentito afferrare la gamba, ma la presenza nel buio della camera da letto è sicuramente una delle esperienze più terrificanti e oppressive che si possa sperimentare. Dare la caccia al vero responsabile di questi incubi è un buon punto di partenza per una di quelle puntate che capitano ogni tanto dalle atmosfere tendenti all'horror. Mi vengono in mente almeno tre filmacci horror che sfruttano questo tema, ma in questo caso non si cerca di spiegarlo in chiave soprannaturale ma fantascientifica.

Ma in realtà il mostro sotto il letto non è il vero protagonista, piuttosto è un pretesto per un episodio che ha più peso nella continuity della serie di quanto potrebbe sembrare a prima vista. Torniamo infatti a vedere Danny Pink, introdotto in Into the Dalek e a quanto pare personaggio chiave di questa stagione; e oltre a lui conosciamo anche un suo presumibile discendente, Orson, protoviaggiatore nel tempo finito fuori rotta. Entrambi dimostrano una connessione piuttosto forte con Clara, e forse anche con il Dottore stesso. Ma non è nemmeno questo l'aspetto più rilevante della puntata, perché a pochi minuti dalla fine dell'episodio si assiste a un'ultima scena, un nuovo incontro tra Clara e il Dottore lungo le loro timeline continuamente intrecciate, e scopriamo l'origine di questa fissazione del Dottore per il mostro sotto il letto e gli incubi che ti parlano.

E scopriamo anche qualcos'altro: un Dottore che sbaglia, un Dottore che ha paura e cerca risposte a domande che lo terrorizzano. La paura è come un compagno, la paura sarà sempre con te, è questo che il Dottore impara, e probabilmente si porta dietro dall'inizio del suo viaggio, da sempre. Credo che la forza di questo episodio stia soprattutto in questo: per una volta il Dottore non è l'eroe che conosce alla perfezione ciò che sta affrontando, non ha la soluzione in mano e anzi è lui stesso a convincersi (forse suggestionarsi) della natura del suo avversario. In questo senso l'episodio mi ha ricordato in parte Midnight, l'unica altra puntata del nuovo DW in cui il Dottore si è trovato completamente disarmato e incapace di reagire.

Poi sicuramente ci sono tanti particolari poco chiari. Alla fine non sappiamo se il mostro c'era davvero o no, anche se qualcosa si è visto. L'episodio non lo spiega, e ci fa capire che non importa, ma a qualcuno non piacerà questa idea. A qualcuno non piacerà che Clara abbia incontrato il Dottore bambino, anche se abbiamo già scoperto che si sono incrociati numerose volte per via di quanto accaduto in The Name of the Doctor; a qualcuno non piacerà che il sistema di mimesi perfetta ipotizzato dal Dottore è tutto sommato quello usato dai Silent, così come il fatto di non dover guardare il mostro è proprio l'opposto di quanto si fa con gli Angeli, che sono le due creature più rappresentative dell'era Moffat; a qualcuno non piacerà il riferimento forse forzato a The Day of the Doctor. Sono elementi che anch'io ho notato e che probabilmente deviano dalla via dalla perfezione una puntata eccellente. È vero, c'è qualche stonatura, ma alla fine dei conti se ne esce con un quadro decisamente più ricco di quello che avevamo finora, con questo nuovo Dottore che sta mostrando una serie di sfaccettature che sembrano quasi indirizzarlo a rifiutare il suo ruolo tipico. Per questo secondo me questo episodio merita un voto 8/10, e credo che difficilmente nel corso della stagione potrà essere eguagliato.


Un'ultima nota per concludere. Mi sembra di essere l'unico ad averci fatto caso, quindi chiedo conferma: ma solo a me sembra che Capaldi abbia gli orecchi montati a testa in giù? In questa puntata abbiamo anche un grazioso primo piano dell'organo in questione, e ditemi voi se non ha il lobo orientato nella direzione sbagliata...

Futurama stagione 7b su Italia 1

È quasi una sorpresa scoprire che a solo un anno di distanza dalla messa in onda su Italia 1 degli episodi della stagione 7a, anche la seconda parte della settima stagione di Futurama andata in onda nel 2012 su Comedy Central è finalmente arrivata in Italia. Questo significa che, a malincuore, Futurama sta per finire anche da noi, visto che questo è l'ultimo blocco di puntate prima della terza cancellazione dello show.


 I 13 episodi residui andranno in onda come al solito alle 14:35 su Italia 1, a partire da lunedì 15 settembre, e per tre settimane circa. Ecco la lista degli episodi con il titolo italiano e quello originale, e link al mio commento pubblicato già tempo fa (in effetti mi rimarrebbero da commentare gli ultimi due, perché me l'ero presa con calma, ma lo farò nel frattempo).


Non meravigliamoci troppo per la superficialità di certe trasposizioni dei titoli ("Fry e Leela"!? Seriously? E ci vuole così tanto a capire che "T. the terrestrial" è una parodia di ET, quindi sarebbe da tradurre come "terrestre" invece di "umano"? E "Game of Tones" è chiaramente ripreso da "Game of Thrones", quindi poteva avere più senso "Il gioco del suono" invece che "suoni", no?), e rallegriamoci che almeno anche qui potremo finalmente godere di quest'ultimo tour de force della serie animata più geek della storia.

La morte dell'orso e il ruolo dell'Uomo

È di questi giorni la notizia che Daniza, l'orsa che verso la metà di agosto aveva aggredito un fungarolo in Trentino, è morta in seguito alla cattura, apparentemente per le conseguenze dell'anestesia subita. Preciso subito che in questo post non ho intenzione di affrontare la questione in sé, che reputo vergognosa (anche se non per i motivi condivisi dai più), ma voglio cogliere l'occasione per una riflessione più profonda sul rapporto tra l'Uomo e le altre specie che popolano questo pianeta. Il mio contributo all'argomento nasce dal fatto che le reazioni più immediate a questa notizia (così come a molte altre che riguardano crudeltà varie su animali) sono sul tono di "gli uomini sono i veri animali, stiamo distruggendo l'equilibrio della natura" e così via. Per quanto superficiali e approssimative, il senso ultimo di queste affermazioni sta nella domanda, che forse ogni tanto qualcuno si pone: in quanto "specie dominante" della Terra, l'Uomo ha una qualche responsabilità verso le altre? Fino a dove si estende il suo diritto di disporre della vita delle altre forme di vita?

Tralasciamo la parte dell'alimentazione: non voglio entrare nella faida che contrappone carnivori integralisti e anarcovegani, ribadisco in questo senso solo la mia idea che sia lecito mangiare qualunque altra creatura, e che non ci sia niente di diverso tra mangiare gamberi o mucche o cani (anche umani, al limite). Qui il discorso però è un altro: in Trentino un orso che ha attaccato un uomo (con ogni probabilità, per imprudenza e invadenza di quest'ultimo) è stato ucciso (non conta che sia stato un errore, o che la storia dell'anestesia sia una scusa): è "giusto" quanto è successo? Possiamo permetterci di decidere una cosa del genere?

Lo sdegno è stato pressoché unanime, quindi a furor di popolo si deduce che non è un comportamento auspicabile. Come ho detto sopra, anch'io trovo la faccenda vergognosa, ma ho qualche esitazione a sostenere che non si possa fare. È diffusa l'idea che l'Uomo non abbia una parte all'interno dell'ecosistema terrestre, che le sue azioni siano estranee al corso "naturale" delle cose, e che quindi quando un uomo uccide un animale, sta compiendo un atto violento e innaturale. Ora, il punto è che la specie umana è emersa dallo stesso percorso evolutivo che ha dato origine ad orsi, falene, cetrioli e amebe. Il fatto che l'Uomo sia riuscito in qualche modo a imporsi sulle altre creature, basterebbe da sé a giustificare qualunque sua scelta. È innegabile che la specie umana ha fortemente contribuito all'estinzione di migliaia di specie, sia attivamente (da quant'è che non vedete un mammut o una colomba migratrice?) sia come conseguenza indiretta di altre sue azioni, come cambiamenti climatici e urbanizzazione. Eppure, basta questo a dire che l'uomo è colpevole dell'estinzione di questi esseri?

Si può considerare l'estinzione come il fallimento di un processo evolutivo, il momento in cui la spinta all'adattemento di una specie non è sufficiente a garantirne la continuazione. Ma ecco dove sta il punto: si parla di adattamento, non di resistenza. La "sopravvivenza del più forte" è un mito: non si sopravvive con la forza, ma con la flessibilità. E per adattersi e sopravvivere in un ambiente dominato da una specie più forte, bisogna trovare il modo di convivere con questa, magari trarne anche beneficio. Cani, ratti, gabbiani, blatte, zanzare, patate, rose: ecco qualcuno che finora è riuscito ad adattarsi all'ambiente in cui l'Uomo è di fatto il padrone. La capacità dell'Uomo di alterare l'ambiente in cui vive è tale che egli stesso è un fattore dell'ambiente, e se non ci si adatta a un nuovo ambiente, ci si estingue. Per questo non ha senso dire "stiamo sconvolgendo la natura": per definizione ne siamo parte, e le alterazioni che possiamo causare non sono diverse da quelle di una glaciazione. E allo stesso modo, il classico "l'uomo è il vero animale" è ridicolo: non dobbiamo, in quanto specie, rispetto verso nessun'altra. E non tiriamo fuori la storia "gli animali non fanno la guerra": se le formiche legionarie avessero armi atomiche, questo pianeta sarebbe uno sferoide sterile.

Questo significa quindi che possiamo permetterci di andare in giro ad abbattere orsi, perché ne abbiamo la capacità e non dobbiamo rendere conto a nessuno? Beh, oddio, non è così semplice. Ad essere onesti, sì, potremmo in effetti comportarci in questo modo. Quella stessa evoluzione che ci ha portato verosimilmente ai vertici dell'ecosistema, ha anche fatto in modo di dotarci di doti intellettive ed emotive (che evidentemente sono una condizione essenziale della nostra ascesa come specie), e l'applicazione di queste porta molti a pensare che no, non è una buona cosa ammazzare un orso che sta solo comportandosi da orso. Dicono che un grande potere comporta grandi responsabilità, no? Ecco, più o meno le cose stanno così: solo che la responsabilità non ce l'abbiamo davvero, ma dobbiamo volerla, perché nessuno ce la impone dall'alto, sempcliemente perché non c'è nessuno più in alto*. Il vero scatto di maturità, per l'umanità intera, sarebbe quello di capire che non ha nessun ruolo assegnato all'interno del Sistema-Terra: non siamo i guardiani di questo pianeta, pertanto a maggior ragione prendersne cura sarebbe un atto di estrema generosità. Proprio perché ci troviamo (probabilmente in via transitoria) in una posizione di vantaggio, dovremmo sfruttarla in modo consapevole. Che non vuol dire necessariamente ballare nudi sotto la pioggia o abbracciare le sequoie.

La specie umana è, per quanto ne sappiamo, la prima a poter decidere coscientemente di provocare l'estinzione di altre specie (o anche di se stessa). Sta poi ad essa capire come utilizzare questo potere, ed è una scelta che siamo gli unici a comprendere, perché un rinoceronte bianco non ci mostrerà mai gratitudine per averlo risparmiato. Ed è questo, forse, che ci potrebbe un giorno distinguere davvero dagli "animali".



*Attenzione, non voglio essere frainteso: non sto dicendo che non c'è nessuna specie più forte/evoluta/importante di quella umana, intendo che non esiste nessuna forza superiore che impone all'Uomo (come a qualune altra specie) di rispettare le altre.

Coppi Night 07/09/2014 - Serpico

Bisognava che qualche pezzo del Coppi Club andasse in vacanza in Grecia perché venissimo a conoscenza di questo film che, a quanto pare, è un cult. Questo poliziesco degli anni 70 in cui si racconta la storia del poliziotto italoamericano, interpretato da un imberbe Al Pacino (cioè, imberbe in senso di giovane, perché la barba non gli manca) ha avuto riscontri tanto clamorosi che ne hanno tratto una serie tv, e ha avuto pure il suo emulo italiano: il personaggio del Monnezza deriva proprio da Frank Serpico, e anche se chiaramente Milian ha tutto un altro spessore, l'influenza è evidente a partire dal cappello di lana perennemente in testa.

La storia non è quella del poliziesco puro, nel senso che non si tratta di investigazioni e inseguimenti e sparatorie, perché Serpico, poliziotto diligente e idealista, si scontra piuttosto con i suoi stessi colleghi, e con la corruzione che dilaga all'interno della polizia stessa, in particolare nei reparti degli agenti in borghese, che si comportan con i criminali come un'organizzazione malavitosa che richiede il pizzo. Serpico, disgustato da questa consuetudine diffusa, rimane fedele alla sua morale e non accetta i soldi che gli spetterebbero per aver pattugliato le zone controllate dai criminali, e questo gli attira le antipatie di pari e superiori. La denuncia procede verso piani sempre più alti ma non viene accolta (evidentemente per connivenza), e tanto la sua carriera che la sua vita sono messe in pericolo per essersi esposto.

Il percorso di Serpico è sicuramente interessante, e anche se piuttosto privo di scene d'azione la tensione è sempre alta. Il film però procede lentamente, con il ritmo tipico dell'epoca, e al di là del nucleo narrativo principale ci sono molte sottotrame accessorie (in particolare sulla vita privata e sentimentale del protagonista) che aggiungono poco o nulla al resto. Per dire, la prima ragazza rimorchiata al corso di spagnolo, dopo mezz'ora rivela che se ne va in Texas per sposarsi con un altro, e di lei non si sa più nulla. Ci si chiede quindi perché perdere tanto tempo a mostrarla su schermo, visto che la comparsata non influenza in alcun modo lo svolgimento della trama, e lo stesso vale per vari altri elementi marginali. Probabilmente si tratta solo di un approccio diverso allo storytelling che andava per la maggiore in quegli anni, oggigiorno lo spettatore non ha tempo di stare a guardare un film per due ore e mezzo se non c'è continuamente uno sviluppo.

Nonostante questo non si soffre troppo, e si riesce comunque a godere di una buona storia (il fatto che sia "una storia vera" per me non la rende più interessante, ma lo è di per sé) e un'ottima interpretazione.

Doctor Who 8x03 - Robot of Sherwood

In un'epoca precedente, le storie di Doctor Who si dividevano essenzialmente in due filoni: quelle di ambientazione futura/fantascientifica, e quelle di ambientazione passata/storica. Agli albori infatti l'intento era anche quello di proporre una serie adatta ai ragazzi con qualche contenuto istruttivo, per questo la ricostruzione di epoche e civiltà passate e l'incontro con grandi personaggi storici era piuttosto frequente. Proprio il primo serial (quei blocchi di 4-6 episodi di 20 minuti circa in cui si divideva la serie classica) si svolgeva nel 100.000 avanti cristo, alla prese con una tribù che aveva perso il segreto del fuoco, e in seguito il Primo e il Secondo Dottore si ritrovano tra gli altri nella Francia rivoluzionaria, tra gli Aztechi, in compagnia di Marco Polo e così via. Col tempo però questo tipo di storie si rivelò meno apprezzato, e già nel corso dell'era del Secondo Dottore venne abbandonato: gli episodi ambientati nel passato restarono, ma anche in questi era sempre inserito un elemento insolito/fantascientifico. Nella serie moderna, basta pensare agli incontri con Dickens, Shakespeare, Van Gogh, Churchill eccetera: non esistono più quindi puntate storiche "pure", ma sempre contenenti qualcosa di fuori dall'ordinario che nei libri di storia non  è riportato.

Premetto questo per dire che forse non sarebbe male tornare ogni tanto a un periodo storico e visitarlo per quello che già conosciamo, senza necessariamente introdurre alieni, robot, mostri eccetera. Voglio dire, se ci si preoccupa che Doctor Who rimanga uno show di fantascienza, basta il pretesto del viaggio nel tempo per soddisfare la condizione. Anche perché nella maggior parte dei casi questo tipo di storie si risolve nello schema: robot/alieno/mostro infiltrato nell'epoca passata - rischio di distruzione del pianeta/alterazione della storia - intervento del Dottore - ripristino della storia conosciuta. Il fatto che i robot/alieni/mostri intervengano in mesopotamia, piuttosto che alla corte di Federico II o durante la crisi di Cuba cambia poco. E naturalmente tutto questo discorso si applica alla perfezione all'ultima puntata: conoscere Robin Hood è già eccezionale di per sé, aggiungerci dei robot che complottano con lo Sceriffo di Nottingham per impadronirsi del mondo (trama vista in almeno 1/4 delle puntate dal 1963 a oggi) non aggiunge praticamente nulla. Certo, c'è il tema di fondo dell'eroe leggendario, la cui storicità è dubbia, che rispecchia lo stesso ruolo del Dottore. L'unica frase significativa dell'episodio è proprio "Se non vuoi essere un eroe, smetti di comportarti come tale", ma questo non ha niente a che fare con la minaccia alienorobotica, e poteva benissimo essere usato in un contesto storico puro.

L'episodio in effetti scorre a balzelli, e se da una parte le scene tra il Dottore e Robin sono divertenti con il loro tentativo di squalificarsi a vicenda, altre parti sono meno efficaci (lo Sceriffo e Clara, i robot schiavisti che si fanno battere senza troppe difficoltà da dei vassoi...). Inoltre, nonostante non si possa negare la sua abilità nell'interpretare il Dottore, qui Capaldi appare un po' fuori luogo, e in effetti questo, per i toni e la struttura, sembra più un episodio scritto per Matt Smith che per lui. È anche possibile che qualche sceneggiatura già pronta da tempo sia stata riciclata adesso, ma il risultato è fiacco.

Da rilevare che in Robot of Sherwood c'è solo un piccolo riferimento all'arco narrativo di questa stagione, quando si scopre che i robot erano diretti alla "terra promessa" (per un momento ho pensato che potessero anche questi essere un'evoluzione dei cyborg rivisti in Deep Breath). E nonostante i dubbi sulla figura del nuovo Dottore continuino a fare da leitmotiv, qui non abbiamo sostanziali sviluppi su questo fronte. Tutto considerato quindi l'episodio risulta mediocre, e avrebbe beneficiato forse diqualche frivolezza in meno. Voto 5/10

Coppi Nigth 31/08/2014 - Grand Budapest Hotel

Quando è uscito Grand Budapest Hotel, i nomi presenti sulla locandina facevano pensare a un kolossal di quelli che si vedono una volta ogni 15-20 anni e segnano un'intera generazione di produzioni e attori hollywoodiani: Ralph Fiennes! Bill Murray! Jude Law! Edward Norton! OwenWilson! Jeff Goldblum! Adrien Brody! Deve essere qualcosa di epocale, no?

In realtà la parte di molti di questi attori è davvero minima (Murray tra tutti), e buona parte dello screentime è occupata da Fiennes e dallo sconosciuto ragazzino (sconosciuto a meno che non sia una qualche star di bollywood) che gli fa da compagno per tutto il tempo. Questo può quindi aver inzialmente misdirezionato le aspettative, tuttavia il film non è comunque da squalificare. Senza stare a riassumere la trama, che tutto sommato è abbastanza lineare, lo si può definire una commedia, una di quelle storie piene di viaggi e personaggi sopra le righe e sotterfugi, con qualche deriva verso il grottesco e un po' di humor nero. Inizialmente si può rimanere leggermente spiazzati dai successivi salti temporali all'indietro, ma la storia si svolge tutta nell'epoca più lontana, in quelle successive è solo la narrazione di quegli eventi a procedere.

È difficile valutare oggettivamente un film di questo tipo, che apertamente non fa nessuno sforzo per sorprendere lo spettatore con finezze ed effetti, ma basa tutto sulla performance dei suoi attori e sulla regia. Sicuramente, per quanto non sia competente in materia, ci sono delle interessanti scelte in ambito di fotografia, scenografia e direzione, ma al netto di queste non so se rimane poi molto. Forse il modo migliore per godersi un film del genere è proprio quello di non pensare all'aspetto formale, di non cercare a tutti i costi il capolavoro declamato da più direzioni,  ma seguire senza pretese la semplice storia che si snoda e accontentarsi di un'ora e mezzo di intrattenimento onesto.

Rapporto letture - Agosto 2014

Generalmente si ritiene che in vacanza si legga di più, perché con più tempo da dedicare a passatempi e passioni c'è la possibilità di stare una giornata intera a leggere e aumentare il ritmo di assorbimento dei libri. Per me non è così, anzi vale quasi il contrario: sarà che la lettura fa già parte della mia routine quotidiana, per cui quando questa viene scombinata mi ritrovo di fatto con meno tempo di quello previsto solitamente per leggere.

È per questo che ad agosto ho letto solo due libri, ma in questo post parlerò praticamente di uno solo.


Non mi soffermo a parlare del primo libro letto (principalmente durante le due effettive settimane di ferie) semplicemente perché ho dedicato un post intero a The Adjacent, ultimo romanzo di Christopher Priest, che il pubblico generico forse conosce soprattutto per aver scritto il libro da cui è stato tratto il film The Prestige. Rimando all'altro post per un commento più approfondito, qui aggiungo solo che quando sei sulla nave che ti sta portando a fare il giro delle calette del golfo di Orosei e pensi che potresti approfittare per leggere, vuol dire che stai leggendo un buon libro. Voto 9/10, per questo e tutte le ragioni espresse di là.


Più riguardo a Falsi dèiMi rimane quindi tutto il resto del post per parlare di Falsi dèi (che preferisco scrivere con l'accentto grave per evitare equivoci), secondo romanzo di Francesco Troccoli con protagonista Tobruk Ramarren e ambientato nell'"Universo Insonne". Ho letto Ferro Sette, primo volume della serie, alcuni mesi fa, e mi è parso abbastanza buono da meritare di leggerne il seguito. Come nel libro precedente, il protagonista rimane Tobruk, il mercenario convertito alla causa del Sonno, qui in veste quasi ufficiale come diplomatico in viaggio verso un remoto sistema stellare per esportare il modello di Ferro Sette. Ma chiaramente si tratta di un libro che si basa soprattutto sull'azione, quindi non assistiamo per 300 pagine a dibattiti politici: qualcosa va storto già sulla nave che trasporta Tobruk e il resto della squadra di colonizzazione, e (lieve spoiler) durante l'atterraggio d'emergenza sul pianeta l'astronave attraversa un'ignota anomalia che scaraventa tutti di qualche migliaio di anni indietro nel passato. La missione quindi si complica, anzi, perde del tutto la sua natura iniziale, e starà perlopiù al protagonista riuscire a capire come venirne fuori e soprattutto perché il suo mentore ha deciso di andare proprio lì. Le rivelazioni si susseguono e si accumulano, e anche se non tutto è chiarito (lasciando presumibilmente il posto allo sviluppo di un terzo libro), la storia si incastra bene con quanto già stabilito nel libro precedente. Alcuni temi classici della fantascienza sono qui riproposti, dal viaggio nel tempo alla percezione extrasensoriale ad altre cose che non posso dire per non rovinare la lettura, ma il fatto di non contenere idee originali non penalizza la storia. Il ritmo è sempre incalzante, e anche durante i necessari infodump è difficile annoiarsi. Forse il finale è un po' affrettato, ma appunto questo è probabilmente il libro "di collegamento" tra la prima parte e la terza (ultima?) che speriamo di veder pubblicata presto. Voto: 7/10

Doctor Who 8x02 - Into the Dalek

Raramente c'è stata una stagione di Doctor Who senza Dalek, e in questo caso ci siamo levati presto il pensiero facendo incontrare al nuovo Dottore il suo villain n° 1 subito dopo la sua presentazione. Questo episodio parte come il Viaggio allucinante di Asimov, con i protagonisti (Doctor, Clara, e un paio di soldati in guerra coi Dalek) che vengono ridotti a dimensione microscopia per entrare letteralmente all'interno di un Dalek danneggiato e trovare la causa del suo malfunzionamento, che lo porta a essere "buono": il Dalek in questione (battezzato Rusty dal Dottore) riconosce l'inutilità della battaglia della sua specie, che cerca di eradicare la vita nonostante questa continui ad emergere in continuazione, e di conseguenza ritiene che sia giusto che i Dalek stessi vengano eliminati. 

In tutto questo l'interesse del Dottore è principalmente quello di dimostrare che non esiste un "Dalek buono". Decide quindi di esaminare dall'interno Rusty e cercare di capire che cosa lo ha portato a questo straordinario cambio di prospettiva. Si scopre poi che una semplice fuga di radiazioni nel suo reattore interno ha in qualche modo compromesso le funzioni cognitive, facendo saltare le inibizioni di memoria e sensazioni che lo mantenevano "puro". Una volta sistemata la perdita infatti Rusty torna alla sua programmazione originaria, e ricomincia ad attaccare gli umani da quali sperava di ricevere aiuto.

Per molti aspetti questo episodio ricorda Dalek della prima stagione del 2005, in cui il Nono Dottore incontrava il supposto unico sopravvissuto alla Time War: anche qui infatti non abbiamo il confronto con un esercito o l'intero Impero Dalek, ma con un singolo, confuso esemplare, che non costituisce tanto una minaccia fisica quanto un dilemma morale. Questo contribuisce sicuramente a rendere l'episodio più teso, perché i Dalek subiscono quella paradossale regola dei mostri nei film, secondo cui uno solo è spaventoso, mentre molti tutti insieme risultano quasi ridicoli (pensate ai passati episodi con i Dalek e vedrete che è davvero così). Rusty infatti attraversa diverse fasi nel corso della puntata, passando da paziente a minaccia ad alleato, e dal suo cangiante umore dipende la sopravvivenza dei protagonisti (sia al suo interno che all'esterno).

Al di là del mostro in questione, il tema principale di questo episodio è di nuovo la moralità del Dottore. Trovandosi di fronte a un Dalek potenzialmente "buono", il dubbio che si pone lui è lo stesso, ed è costretto a chiederlo alla sua companion: "Sono una buona persona?". Clara dichiara di non saper rispondere, probabilmente perché ancora non è riuscita a inquadrare il Dottore dopo la rigenerazione. Ma nel suo confronto finale faccia a faccia con Rusty, abbiamo qualche indizio. Condividendo ricordi e sentimenti, il Dalek trova una nuova spinta all'odio per la sua stessa specie, perché è questo che il Dottore esprime più di tutto. Si può in effetti affermare che i Dalek non solo sono il nemico più iconico del Dottore, ma anche la sua più efficace controparte. I Dalek erano presenti in molti dei suoi momenti più importanti: è lui stesso a ricordarlo, facendo riferimento al loro primo incontro su Skaro, che si tratta della prima avventura off-Earth del Primo Dottore (in pratica il secondo episodio della serie). Il Dodicesimo dice che "prima di conoscere voi [Dalek] stavo solo fuggendo, è stato lì che ho capito chi ero". Forse è un'affermazione un po' pesante adesso, non sappiamo bene cosa abbia fatto il Dottore con sua nipote Susan prima che Ian Chesterton e Barbara Wright entrassero nel Tardis, ma... può anche essere che siano stati loro a portarlo a pensare che doveva fare qualcosa di più che nascondersi dai Time Lord. E i Dalek erano lì durante la Time War, hanno provocato la nascita del War Doctor, e poi Bad Wolf, e la crisi interuniversale in cui il Decimo ha perso Rose, e l'assedio finale a Trenzalore in cui l'Undici (che in realtà era già Tredici) ha rischiato di morire definitivamente. Insomma, se esiste un avversario in grado di far smuovere il Dottore, si tratta proprio dei Dalek, e qui accade proprio questo.

Certo non tutto è perfetto, e il confronto dall'interno forse in alcune parti risulta un po' spicciolo. Il modo in cui Clara riesce a riattivare i ricordi-chiave di Rusty è un po' banale, così come la facilità con cui il Dottore entra in "comunione" con la sua mente. Stupisce anche che una nave ammiraglia di un esercito in lotta con i Dalek non avesse misure di sicurezza adatte a contenere un solo Dalek prigioniero. Forse anche l'idea di mostrare l'interno del Dalek poteva essere sfruttata meglio per illustrarne il funzionamento, mentre qui si tratta semplicemente di scendere o arrampicarsi e fuggire dagli anticorpi. E questi ultimi sono fin troppo simili a quelli che abbiamo visto all'interno del Teselecta della sesta stagione. Non ho capito bene che tipo di tecnologia abbia permesso di rimpicciolire la squadra, ma mi pare qualcosa di diverso dal "campo di cmopressione" usato proprio dall'equipaggio del Teselecta: mi chiedo perché tirare in ballo altre fantatecnologie quando ne hai già una che serve allo scopo, ma è un dettaglio marginale. Da notare anche che Clara (o almeno una sua iterazione) si trova fisicamente all'interno di un Dalek per la seconda volta, più del Dottore stesso!

Infine, c'è stata una nuova apparizione di Missy, cosa che non mi aspettavo veder richiamata così presto. Anche stavolta la vediamo accogliere in paradiso una vittima del Dottore. A questo punto si inizia a delineare qualche ipotesi, e forse il piano di Missy è proprio questo: riunire le vittime del Dottore per un possibile scontro successivo? Mi ricorda un po' quando Goku trova all'inferno Freezer, Cell e il dottor Gelo e deve batterli di nuovo... vedremo se è davvero così o qualcosa di più complesso. Sull'identità di Missy, qualcuno in rete ha proposto che possa essere un'incarnazione femminile del Master (Master - Mistress - Missy): non è ancora certo che un Time Lord possa cambiare sesso durante una rigenerazione, ma non è nemmeno escluso. A confutare questa ipotesi c'è il fatto che Missy parli del Dottore come suo fidanzato, il che non ha molto senso, anche se il rapporto Doctor/Master tutto sommeto è qualcosa di simile all'odio/amore.

Della prima apparizione di Danny Pink, collega di Clara che sappiamo già diventerà a sua volta companion, non c'è per il momento molto da dire. Curioso il fatto che un altro dei personaggi si chiamasse invece Blue, ma probabilmente non significa nulla.

In definitiva un altro episodio che riesce a portare in primo piano gli aspetti più cupi del Dottore, che sembra quasi destinato a una specie di giudizio da parte delle sue vittime. Qualche superficialità che sarebbe stato meglio gestire diversamente, ma è chiaro che non è facile rimanere del tutto coerenti, soprattutto quando ci sono di mezzo i Dalek, che sono vecchi almeno quanto il Dottore stesso. Voto: 7/10