Rapporto letture - Ottobre/Novembre 2021

Guarda che lo so che siamo a fine dicembre e quindi è tardi per parlare della roba letta a settembre anche perché francamente la memoria inizia a farsi lacunosa, però che ti devo dire, prima non c'è stato verso, credimi ci ho pensato tante volte che dovevo fare questo post ma oh, proprio non ce l'ho fatta, quindi arrivo ora e spero di non dimenticarmi niente di quello che ho letto nei due mesi scorsi, fortunatamente ho preso la semiabitudine di documentare fotograficamente su instagram quello che mi passa per le mani ed è un grande aiuto mnemonico, non sto nemmeno a promettere che farò meglio il prossimo anno perché no, se proprio le cose dovessero cambiar da quel punto di vista sarà semmai in peggio, perché obiettivamente il tempo è poco e i canali sono troppi e bisogna ottimizzare secondo i dettami della dea SEO.

Iniziamo con il recupero di quello che è diventato a suo modo un classico, soprattutto per il successo dell'adattamento cinematografico: I figli degli uomini è il romanzo da cui è stato tratto il film di Cuaron, scritto negli anni 90 da P.D. James, autrice nota principalmente per la sua produzione di gialli. La storia è universalmente nota, una distopia che racconta di un mondo in cui non nascono più bambini, l'infertilità è globale e mette tutte le nazioni del mondo di fronte alla prospettiva di una fine imminente. Rispetto al più noto film, nel romanzo viene delineato in modo più dettagliato come funziona il nuovo regime, che si sforza da una parte di cercare persone fertili e dall'altra di fornire una vita comoda e serena a chi sta per andarsene. La vicenda della ragazza incinta inizia molto più tardi (forse anche troppo) e si intreccia con il rapporto personale tra il protagonista e il dittatore inglese. Anche l'aspetto religioso (da cui deriva il titolo) è più marcato, e l'autrice stessa ha dichiarato che la storia voleva essere un retelling della natività. Un romanzo senza dubbio interessante, anche se devo ammettere che la resa cinematografica è decisamente più d'impatto, mentre il libro è in generale più blando nel tono e nel ritmo. Trivia: sempre nel mese di ottobre è uscita la raccolta 404 Fantascienza non conforme che contiene anche il mio racconto Generazione D, che parte da una premessasimile di natalità "anomala"; uno dei personaggi principali della mia storia (quello che dovrebbe dare inizio a una nuova generazione) si chiama Julian, proprio come la donna di questo libro; solo che il racconto uscito a ottobre l'avevo scritto in estate, prima di leggere il romanzo di James, quindi non era un omaggio voluto: coincidenza? Voto: 7/10

 

Dopodiché per alleggerire il carico (anche perché venivo da letture devastanti dei mesi prima) mi son concesso un'incursione nell'universo di Dune, stavolta dalla prospettiva farsesca di Brian Herbert & Kevin J. Anderson, che hanno ancora il coraggio di scrivere romanzi ambientati nel duniverse. Il Duca di Caladan è il primo volume di un'ulteriore trilogia prequel che parte un anno prima di Dune e come previsto, è una schifezza totale, da tutti i punti di vista. Non mi dilungo troppo a parlarne qui, perché gli ho dedicato un video apposta su Story Doctor proprio perché ha un suo valore istruttivo esaminare quanto sia disastroso questo lavoro, sia come prequel di Dune sia come romanzo a sé sia come esempio di scrittura. Inoltre qui sul blog a suo tempo dedicai ampio spazio proprio all'operazione necrofagica degli eredi di Frank Herbert, e tutto quello che scrivevo allora vale ancora oggi. Non mi soffermo quindi ulteriormente e per chi è interessato rimando a questi altri contenuti, dove c'è tutto quello che vorreste sapere. Evito di esprimere un voto finale perché questo sarebbe un riconoscimento del valore (se pur scarso) di quest'opera che invece non ha nessuna dignità creativa e umana.

 

Poi siccome in questo periodo stavo seguendo dei corsi sulla narrativa per ragazzi, ho deciso di immergermi nella materia leggendo per la prima volta un megaclassico di quelli "ma come non l'hai mai letto?", e ora posso finalmente dire che sì, certo che ho letto La storia infinita di Michael Ende! Come sempre quando mi trovo a parlare di libri che tutto il mondo conosce mi pare inutile arrivare io a dire "ah sì questo libro parla di questo bello eh mi è piaciuto". Evito quindi di commentare il romanzo in sé, segnalo solo che per chi come me conosce La storia infinita soprattutto per il film, questo libro contiene molto di più, eventi che in parte sono narrati dal sequel ma non trasposti nel modo più fedele allo spirito della storia. L'aspetto metanarrativo è sicuramente uno dei più interessanti, di come il libro sia una storia-nella-storia-nella-storia, e da questo punto di vista a mio avviso pur essendo tradizionalmente classificato come fantasy è in realtà un testo che può stimolare l'interesse degli appassionati di fantascienza, in particolare per quel sottogenere che gioca con le contrapposizioni della realtà e della percezione che ritroviamo in autori come Dick o Priest. Insomma, sarà pure una storia per bambini, ma ti smuove parecchio il cervello, anzi a mio avviso letto da piccoli non si riesce a comprenderne in pieno i diversi livelli di lettura.

 

E arriviamo a quello che tutti stavano davvero aspettando, ovvero il mio commento all'antologia italiana di Urania uscita quest'estate nello speciale Millemondi, come da tradizione consolidata da ben tre anni. Non ho fatto mistero tra instagrame e podcast di non aver gradito questa antologia dedicata ai viaggi nel tempo, ma finora non ero potuto entrare nel dettaglio. Ho già dichiarato come Temponauti sia decisamente inferiore sia a Distòpia che Strani mondi, probabilmente perché il tema dei viaggi nel tempo ha portato molte autrici e autori a cercare di costruire una storia che presentasse un qualche originale paradosso temporale, non fosse che un appassionato di fantascienza (e il lettore medio di Urania è tale da almeno quarant'anni) di queste cose ne ha viste a sfare e non sarà certo un paradosso di predestinazione a fargli esplodere il cervello; aggiungiamo a questo il fatto che a mio avviso alcuni degli autori coinvolti non hanno sufficiente familiarità con la fantascineza (lo dimostra il fatto che mi vuoi spiegare il wormhole con l'analogia del verme nella mela, ma pensi che abbia sei anni!?) e quindi hanno creduto di poter davvero stupire con questi trucchi, e il risultato è desolante. Inoltre c'è da considerare anche di quattordici racconti cinque hanno a che fare con Hitler, nazisti o seconda guerra mondiale, che davvero, basta: sarà anche una mia fissazione la reductio ad hitlerum, ma a mio avviso a un certo punto dovrebbe essere anche il curatore dell'antologia a chiedere un maggior impegno invece di accettare che più di un terzo dei racconti vada a pescare nello stesso ambito. Detto questo, qualcosa di buono c'è, purtroppo però senza eccellenze. In effetti il primo racconto di Fabio Aloisio è forse il migliore, perché utilizza un concept di base originale (il viaggio nel tempo usato dagli uomini del futuro per scaricare i rifiuti nel passato) e costruisce su questo una dinamica personale tra i protagonisti. Forse dedica troppo tempo a un subplot meno rilevante, probabilmente con più spazio a disposizione avrebbe potuto essere più equilibrato, comunque è un racconto che merita la lettura. Franci Conforti ha costruito una storia troppo complicata (non complessa), che cerca di intrecciare troppi personaggi, relazioni, piani temporali e tecnologie, ma alla fine ne emerge una massa confusa il cui finale aumenta il senso di smarrimento. Corvi di Davide De Boni è frustrante per la scarsa considerazione in cui tiene il lettore, un racconto costurito su expositione e coincidenze, personaggi che sono sempre esattamente nel posto giusto al momento giusto con le persone a spiegargli come funzionano le cose e come possono cambiarle, un amore che attraversa il tempo di cui non ce ne frega nulla (perché non è stato costruito in nessun modo ma solo dichiarato che a un certo punto esiste) e un nucleo fantascientifico banale e visto decine di volte. Parlando del racconto di Luigi De Pascalis sono quasi imbarazzato, perché è davvero molto cringe. Il protagonista è Stephen Hawking, quello vero, proprio lui, che entra in comunicazione in qualche modo con una tizia dal futuro che gli racconta che le cose sono messe male perché adesso i bambini nascono in provetta invece che con una scopata, e si usano i pronomi neutri, e non si dice più "mamma/papà", insomma, è letteralmente la dittatura del politicamente corretto! Il racconto è estremamente noioso perché si svolge tutto come uno scambio di battute, voci nel vuoto che (anche qui) si spiegano le cose, con Hawking che fa anche la figura dell'imbecille capriccioso più volte. Ma la cosa davvero stupefacente e oserei dire offensiva è la soluzione della storia: che cosa vuole la ragazza del futuro da Hawking? La sua mente brillante, la sua conoscenza, la sua saggezza? No: il suo sperma. Quello che la ragazza vuole è concepire nel futuro suo figlio. Perché è evidente che il valore di Hawking come umano è determinato dagli spermatozoi che ha nello scroto, no? Mi sentito come ad ascoltare le battute razziste dello zio al pranzo di natale, e spero davvero tanto che nessuno di coloro che curano gli interessi dell'eredità di Hawking lo venga mai a sapere, perché secondo me c'è materiale per una querela. Davide Del Popolo Riolo è un autore che di solito apprezzo, anche lui però qui è caduuto nella trappola del fuhrer, con un racconto che è sostanzialmente il solito "riportiamo in vita Hitler per reinstaurare il reich". Inizialmente è interessante perché la storia è narrata dalla prospettiva di una ricercatrice ingenua che si trova a fronteggiare la minaccia, poi però si perde interesse perché da una parte non è credibile che Hitler con una decina di suoi soldati possa soggiogare l'Europa (anche se si dice che la popolazione si è rammollita, comunque cento milioni contro dieci ti ammazzno anche solo a carezze) per cui non si avverte davvero la minaccia, e dall'altra perché la protagonista non agisce in nessun modo, si limita a seguire le indicazioni di un'IA che risolve la situazione. Lanfranco Fabriani è uno degli autori italiani "famosi" per il viaggio nel tempo, grazie alla sua serie di romanzi sull'UCCI, l'Ufficio Cronotemporale Centrale Italiano. Il suo racconto porta in scena Leonardo Da Vinci e lo coinvolge in un paradosso sulla nascita stessa dell'UCCI, con qualche complotto tra agenzie temporali concorrenti. Un racconto gradevole, che però necessita forse di una conoscenza troppo profonda della serie per poter essere compreso in pieno, per esempio le dinamiche pregresse tra i protagonisti, su cui si fonda buona parte del conflitto, non sono chiare a chi non li conosce già. Anche di Clelia Farris mi fido, anzi come ho detto altre volte la considero una delle migliori autrici italiane di fantascienza di oggi. Il suo Le parole è una storia di viaggi nel tempo che coinvolge Anne Frank (e sempre lì siamo...), con qualche spunto originale soprattutto sull'interpretazione del diario; tuttavia tutto il racconto è riferito, un lungo resoconto di cose ipotizzate e non vissute, per cui non ci si sente davvero parte della storia e tutto scivola in modo abbastanza indifferente. Mangiatempo di Andrea Franco è un thrillerottesco insipido, una scrittura caricata artificialmente di enfasi per situazioni che non hanno nessuna tensione perché le abbiamo viste in tutte le fiction mediaset da Carabinieri in poi. La soluzione del mistero non è coerente con l'impostazione della storia e ai personaggi d'altra parte non sembra importare minimamente di quale sia la verità, e allora figurati a me. Anche il racconti di Lukha Kremo mi ha messo in difficoltà, ho la sensazione che mi sia sfuggito qualcosa perché non può essere semplicemente un bootstrap paradox, Kremo non è un autore da limitarsi a un'idea così basilare; in effetti ci sono altri elementi, complotti e IA e riscrittura della storia, ma ci sono anche cloni spirituali di Napoleone e Hitler (daje) e Cesare che... boh, non lo so che ci stanno a fare, perché l'azione è da un'altra parte. Forse mi sono perso qualcosa io, ma non ho capito il punto. Flavia Imperi in Chronology parte con un'idea interessante, ovvero una setta basata sull'utilizzo del viaggio nel tempo (una forma di) come elemento princpale del culto. Peccato che poi però questo elemento diventi quasi secondario, e soprattutto che la soluzione porti in una direzione diversa e contraddittoria rispetto a quello che era il tema portato avanti fino a quel momento dell'ambiguità del culto. Leonardo Patrignani invece ha scritto un racconto leggero ma caloroso, forse il suo è tra i migliori perché non ha cercato di strafare: il viaggio nel tempo è l'immersione nei ricordi del passato, alla cerca della chiave per sbloccare una gigantesca eredità (una cosa alla Ready Player One, o se preferite Tutti gli uomini del del deficiente). I personaggi vengono tratteggiati efficacemente con poche battute, e la gara mette ognuno di fronte ai propri pregiudizi creando un piccolo arco di trasformazione per ognuno. La soluzione forse non è così equilibrata, perché arriva dal nulla senza che ci fossero elementi perché il lettore la ricavasse da sé, ma comunque si incastra bene nella storia. Anche il racconto di Giovana Repetto è discreto, perché al contrario di molti non cerca di stupire con gli effetti speciali ma si concentra sulla protagonista. La storia riprende il setting di un mondo-copia che compare in altre sue storie (che non ho letto), ma il racconto riesce bene nel fornire gli elementi necessari a poter seguire senza dover ripescare nozioni mancanti. Anche qui siamo dalle parti della seconda guerra mondiale, tuttavia la tensione innescata dalla vicenda regge bene fino alla fine. Tectiti di Dario Tonani descrive una dinamica interessante di trasposizione temporale in una zona precisa del pianeta (tra il presente e la seconda gue... vabbè che lo dico a fare), però ho trovato insufficiente la dimensione della storia ad approfondire la dinamica e le conseguenze di quello che sta succedendo, al punto che mi è rimasta quasi la voglia di saperne di più, ma non nel senso di una storia che ti spinge a voler conoscere tutto quello che ci sta intorno, piuttosto è un appetito insoddisfatto. A chiudere il volume c'è Claudio Vastano, che scrive il racconto più hard-scifi della raccolta, con un'idea nemmeno malvagia (i buchi neri usati come hard disk), però personalmente il suo approccio alla fantascienza non è quello che mi coinvolge di più (lo avevo già notato nel racconto nella prima antologia): lui ha un'idea e poi mette in scena dei personaggi che si girano un po' intorno fino a che non arrivano a spiegare quell'idea, dopodiché la storia finisce. Anche questo racconto è fatto di gente che parla e si spiega le cose, con qualche accenno a un altro classico paradosso del tipo "uccideresti Hitler da bambino" (fortunatamente senza Hitler stavolta) e un finale che non finisce niente ma sembra quasi il punto d'inizio della storia. Mi dispiace dirlo, ma questa volta l'antologia per me è sotto la sufficienza, con appena tre racconti buoni e forse un paio accettabili. Non per questo credo che il progetto sia da concludere, secondo me era il tema dei viaggi nel tempo a non prestarsi a interpretazioni originali. In ogni caso sarebbe auspicabile un maggior controllo sulle storie accettate, cosa che avevo notato anche nella raccolta precedente in cui diversi racconti (peraltro anche buoni) non avevano praticamente niente di distopico. Insomma, stavlta è andata male, vediamo se al prossimo giro si trova un tema che dia più libertà e si esegue una selezione più dura, non basata solo su quelli che sono gli autori più intimi. Ultima nota negativa: a dispetto della copertina, questa antologia non contiene dinosauri. Ci sono rimasto molto male :(


Doctor Who 13x06 - The Vanquishers

Sì è vero, ero arrivato al quarto episodio di Flux e ho saltato il commento al quinto (Survivors of the Flux) perché mi sono ritrovato con troppe cose da fare nel frattempo, ma forse non fa molta differenza. Molte delle cose che dirò adesso come osservazioni finali su tutto il serial di sei episodi avevo iniziato a intravederle già nell'episodio precedente, e qui sono state ampiamente e tragicamente confermate.

Detta in modo veloce: no, Chri Chibnall non ha ancora capito Doctor Who. Ma ancora più di DW, a Chibnall mancano proprio alcune skill di base di sceneggiatura e storytelling. Lo so che quando uno fa affermazioni del genere poi la risposta è "oh, ma allora se sei più bravo scrivile te, ci sarà una ragione per cui lui è showrunner di DW e tu scrivi su blogspot". Certo, avrà sicuramente dei meriti, ma io posso valutare solo quello che mi trovo davanti e il risultato è per lo più un pastrocchio privo di equilibrio e di significato. Non ho visto Broadchurch per cui Chibnall viene generalmente apprezzato, ma se quello era così valido e DW invece è un disastro irrimediabile da cinque anni, mi sale la sensazione che sia proprio l'approccio al fantastico a metterlo in difficoltà. Credi che Chibs soffra della sindrome del "tanto è fantasy" per cui si può dire e fare qualunque cosa, che viene automaticamente giustificata dal contesto fantascientifico per cui ogni cosa può essere possibile e allo spettatore basta buttargli addosso due parole di technobabble per ottenere la totale ed eterna sospesione dell'incredulità.

Eppure non è solo questo. Perché anche rimuovendo tutte le sovrastrutture speculative, riducendo tutti i personaggi alle loro funzioni e le storie al loro sviluppo, ancora c'è qualcosa che non funziona. Gli archi narrativi non funzionano, i subplot non combaciano, le pistole di Checov non sparano (quante volte l'abbiamo detto riguardo a Chibnall?), i conflitti non si risolvono e in generale tutti i personaggi sono profondamente incoerenti, sembrano affermare valori opposti in scene successive. Non mi piace fare la lista della spese delle cose rimaste aperte o insoddisfacenti, perché è l'approccio nitpicker del fandom tossico, però per la miseria, ci sono degli aspetti nella conclusione di questo Flux che danno di nuovo la sensazione di aver girato tanto intorno per arrivare... a cosa? Siamo di nuovo al punto di partenza, ovvero dove eravamo alla fine della stagione dodici: il Dottore ha un passato misterioso di cui non sa niente, è l'essere più importante dell'universo e forze oscure si ammassano per eliminarla. Per carità, non tutti gli episodi devono far progredire la trama orizzontale della serie, ma se scrivi un serial che deve essere epico e sconvolgente e lo costruisci intorno a dei punti importanti della lore, allora in quel caso sì, la trama deve progredire. Non puoi agitarmi davanti l'esca e poi rimetterla in tasca perché vuoi tenerti la sorpresa pronta per chissà quando. È un modo disonesto di trattare lo spettatore, soprattutto se anche tutto il resto che gli hai dato non è bastato a soddisfarlo.

E intendiamoci: il finale dell'ultimo episodio, in cui il Dottore abbandona l'orologio che presumibilmente contiene tutte le sue memorie passate, è perfetto di per sé. Non mi aspetto che questa parte della storia venga mai davvero esplorata (se non in qualche avventura audio Big Finish), e il percorso che porta il Dottore da voler conoscere il suo passato a capire che il passato non importa è esattamente la corretta progressione tematica della storia. Ma non viene in nessun modo guadagnata durante Flux, il Dottore non ci ha dimostrato di aver imparato qualcosa, di essere cambiata, di aver affrontato una scelta che l'ha messa di fronte alla necessità di scegliere di essere il Dottore adesso o sapere chi era prima. Ed è per questo che dico che Chibnall ha delle lacune proprio nell'ambito della scrittura professionale, o se non altro non gli hanno messo accanto uno story editor che gli faccia notare tutte le cose che non funziano.

Tipo queste, la lista la faccio:

- Quindi alla fine di Flux l'universo è stato in buona parte annientato dalla tempesta di antimateria (che già di per sé è un'idea di scarsissima originalità) e ne rimane solo una porzione infinitesima? No, perché nessuno afferma mai che il flusso sia stato invertito o annullato. E questo dopo che nel suo monologo da villain, la terribile Azure dice esplicitamente ed enfaticamente che riavvolgeranno e riprodurranno il cataclisma, quindi tutto faceva pensare al setting della soluzione finale per annullare la tempesta. E invece no, ops, nulla, l'universo è distrutto. Ovviamente non sarà così, se ne dimenticheranno, ma le informazioni ricevute ci portano a ricavare questo.

- Parlando di distruzione, è da notare il fatto che il Dottore si sia rivelata ben disposta da annichilire tre intere flotte (Dalek-Cybermen-Sontaran) che erano in cerca di protezione dall'apocalisse cosmica in corso. E certo, il Dottore a fasi alterne è pacifista e sanguinaria, ma in questo stesso serial ci ha fatto la menata sul fatto che non fosse giusto annientare una flotta in fuga, per cui è piuttosto incoerente (schizofrenico?) che dopo solo poche ore non se ne faccia problemi. In a related matter, si noti anche che la soluzione al flux è arrivata da un personaggio random che non aveva niente a che fare con tutto il resto della storia, ma ha avuto l'illuminazione improvvisa che ha permesso di salvare tutti (cioè, tutti tranne il resto dell'universo). Ma quindi qual era il piano del Dottore?

- Tutta la sottotrama del Grand Serpent a cosa serviva? A fornire un nemico per l'episodio finale? E quel nemico erano i Sontaran, davvero? Che non solo abbiamo già battuto pochi episodi fa, ma che notoriamente, per quanto siano pericolosi, hanno comunque una componente innata di ridicolaggine (almeno nella serie moderna) che non li fa mai sembrare davvero credibili (vedi scena cioccolato)? Ma poi, stiamo o non stiamo affrontando un cataclisma cosmico? Che bisogno c'è di avviare un'altra invasione della Terra? Chissenefotte, mentre tutto viene consumato dal flux?

- La scomposizione del Dottore in tre, oltre che un trucco già visto (e vabbè, spesso si ripetono) e senza nessuna spiegazione, alla fine si rivela comunque poco determinante. C'era davvero bisogno di avere tre Dottori separati ad agire insieme, o forse era solo un modo di aumentare l'eccezionalità del finale? C'era davvero qualcosa che un Dottore singolo non avrebbe potuto ottenere? E perché non si porta dietro nessun tipo di conseguenza? È praticamente un upgrade casuale, come se il Dottore avesse pescato un power-up che permette di essere in tre posti, senza timore di perdere lucidità, consistenza, anni di vita, messa in piega... niente, è solo che prima ce n'era una, ora ce ne sono tre, perché così fa più finale. Dopdiché quando non serve più, i tre si riallineano, così, solo perché lo vogliono tanto. Forte, eh?

- E vogliamo parlare dei distruttori? Alla fine, chi erano Swarm e Azure? Sì ok, antichi nemici del Dottore e blabla... ma cosa volevano? In un episodio precedente si parlava della guerra tra Tempo e Spazio e avevo ammesso che era un concetto interessante, anche se rischioso da implementare, perché appunto, non si è capito nulla. Qual era l'obiettivo dei due? Volevano vendicarsi del Dottore o avevano altri obiettivi? Perché assorbivano la gente nel passenger? Come sono arrivati alla Division? Qual era l'origine dei loro poteri? È da evidenziare anche il fatto che alla fine il Dottore non li ha sconfitti in nessun modo: sono stati annientati da un'altra entità onnipotente ancora più entità e ancora più onnipotente. Il Dottore non ha fatto letteralmente nulla per batterli.

- Più nello specifico, ci sarebbe anche da capire perché Azure si trovava in islanda o chissà dove in forma umana e sia stata richiamata da una sorta di radiofaro che l'ha raggiunta e... boh, insomma che senso aveva tutta quella parte nel primo episodio? A cosa ha portato? Che informazioni ci ha dato, che cosa ha costruito nell'economia della storia?

- E la Division? Questa entità interuniversale ultraeterna fuori dallo spazio e dal tempo che controlla tutti? Diamo pure per buono che ci sia un'altra organizzazione che può tutto e vuole tutto, capace di distruggere l'universo per capriccio e spostarsi in un altro (il che apre anche la porta del multiverso per DW, ma facciamo finta che non ci siano implicazioni pesanti in questa scelta), ma anche così, che ruolo aveva? Chi ne faceva parte? Perché abbiamo visto solo una vecchia Timelady (che ovviamente era la "madre" del Dottore) e un Ood in una stanza... questo è tutto? Di questo dovevamo avere paura?

- Se poi stringiamo lo zoom e torniamo ai personaggi: qual era il senso di Bel e Vinder? Solo una coppia persa nell'universo? Davvero era solo questo? Che senso e che ruolo aveva il tutto rispetto al flux? Era girata l'ipotesi che si rivelassero essere i veri genitori del Dottore, quelli che la abbandonano durante il transito da un universo all'altro, il che sarebbe stato abbastanza scontato ma sarebbe stato... qualcosa. Invece no, nemmeno quello. Per Chibnall non serve dare una giustificazione alle sottotrame che tira su.

- Come infatti dimostra anche quello che scavava i tunnel sotto Liverpool. Ve lo ricordate? Sì perché è esistito pure lui: un tizio random che per caso scopre dei punto sotteranei che collegano ad altre dimensioni (come!?!!), cosa che per altro ci viene tutta riferita da lui invece di esserci mostrata per renderla credibile, e allora costruisce una serie di porte che servono semplicemente ai personaggi per tornare dove devono andare (cosa peraltro inutile visto che parallelamente usano anche il Tardis... che pure lui, si stava sgretolando ma niente, è a posto perché sì).

- E l'avventura criptoarcheologica dei tre companion (Yaz, Dan, Jericho) in stile Indiana Jones per recuprare... che cosa, la data in cui sarebbe arrivato il flux? E anche ammesso che i Maya o chi per essi la conoscessero, cosa pensano di farci con questa informazione se sono bloccati nel 1901? E poi, non lo hanno già visto in corso, che cos'altro c'era da scoprire? Fa davvero differenza se arriva il dieci maggio o il ventisette ottobre?

- La totale disempatecità dei personaggi emerge di nuovo nella leggerezza con cui continuano a prendere per il culo Karvanista dopo che la sua intera specie ès tata annientata per salvare gli umani, però certo, continuiamo a sfotterlo perché è un good boi e mi porta il giornale. E la tizia senza braccio che nega una possibilità a Dan perché lui ha fatto tardi al loro appuntamento, nonostante, ehm, nel fratempo stesse finendo il cazzo di universo e pure lei è stata aspirata dentro un corpo biomeccanico da una creatura aliena onnipotente? Diocristo, ma siamo seri?

Non voglio neanche andare a immergermi nei dettagli di lore emersi, perché appunto non aggiungono niente e non portano da nessuna parte. Il tutto però continua su quella strada di rendere l'universo di DW estremamente piccolo (anche in senso letterale, visto che ne hanno distrutto la maggior parte), una dimensione tascabile in cui tutto gravita intorno al Dottore stesso: il flux è stato scatenato per fermare lei, perché lei faceva parte della Division che è diretta dalla Timelady che era sua madre e che è potuta diventare immortale grazie ai suoi poteri di timeless child, e i cattivi ce l'hanno proprio con lei che lavorando per la Division li aveva catturati... tutto sempre autoriferito a quell'unico nucleo centrale. È come in Star Wars, in cui alla fine tutti sono parenti o si conoscevano prima o avevano un amico comune. Non c'è niente di indipendente, niente che abbia una sua vita tridimensionale, tutto esiste solo in funzione del Dottore.

E dire che un po' ci avevo creduto, forse avevo voluto crederci. Nei miei commenti agli episodi precedenti (soprattutto i due più scollegati dal plot principale) ho sottolineato io stesso come fossi rincuorato dal fatto che sembrasse davvero di vedere di nuovo Doctor Who. Ma invece no, siamo tornati a riare gli stessi errori. Abbiamo scherzato, c'è ancora Chibnall a dirigere tutto.

Quello che non ha capito Doctor Who. Che non ha capito la fantascienza e che, mi permetto di dire, non ha capito come si scrive una storia. Forse questa è la mia origin story di come sono diventato un fan tossico, ma a questo punto, davvero, non posso che essere felice che la sua canzone si stia per finire.


Il fiore della quintessenza / Lost Tales: Andromeda 4

Siccome come già detto qualche settimana fa in occasione dell'uscita di 404 sono pessimo e non riesco a stare dietro alle cose (soprattutto in questo periodo, ma mi rendo conto che sto "periodo" ormai va avanti da sedici mesi), arrivo anche stavolta in ritardo a segnalare altre mie comparsate in antologie sparse per il mondo, e le accorpo anche in un unico post perché sennò davvero non trovo il tempo.

Partiamo quindi da Il fiore della quintessenza, un'antologia ideata e curata da Sergio Mastrillo e pubblicata da edizioni Ali Ribelli, con racconti a tema universi paralleli. Tra le autrici e gli autori coinvolti si trovano diversi nomi noti dell'ambiente della fantascienza italiana, oltre a qualche vecchia gloria che non si sentiva da un po' (andate a vedere chi è Ernesto Gastaldi) e qualche nuovo nome che sta iniziando a farsi vedere e riconoscere. 


Il mio apporto alla raccolta è il racconto Worasmus, una semplice storiella di doppelganger e pene d'amore interdimensionali. 'na cosetta senza pretese, scritta quest'estate per prendere respiro tra una revisione e l'altra di STM.


La seconda segnalazione è per il numero 4 della rivista Lost Tales: Andromeda, che attualmente è edita e distribuita da Lettere Elettriche. In questo caso quindi non si tratta di un'antologia ma di un volume che contiene anche articoli oltre ai racconti di vari autrici e autori.

Il mio racconto qui dentro è Accadde oggi, che si colloca all'interno del mio MEMEVERSE insieme ad altri racconti già usciti in giro. Anzi se siete state attente vi sarete rese conto che l'avevo annunciato già più di un anno fa, e infatti era un racconto che avevo scritto per un progetto che si è perso nei meandri del covid e di cui non si è più saputo nulla. Ora però avete un altro tassello del mio universo narrativo memetico, che in ordine cronologico è il primo tra tutti.

E con questo presumo di aver concluso le mie pubblicazioni per il 2021. Sono stanco, capo. Molto stanco.