La visione di Boris - Il film è capitata proprio nel periodo in cui sto riguardando le tre stagioni della serie tv da cui il film è nato. Non ricordo bene come sono arrivato a Boris, probabilmente dietro segnalazione su qualche forum, perché per me l'argomento "serie tv italiana" non esiste proprio. Una delle cose sorprendenti di questa serie è vedere gli attori che solitamente appaiono come completi deficienti nelle svariate sitcom, esibirsi invece con padronanza e intelligenza. Viene da pensare che davvero il problema non sia tanto delle interpretazioni quanto delle specifiche richieste del canale "sitcom italiana". Inoltre Boris ha anche un contenuto metanarrativo per niente banale, il che è quasi automatico per una serie tv su una serie tv, ma la cosa si estende a un livello più profondo della sola mise en abyme.
Tutte queste però sono considerazioni che valgono soprattutto per la serie, prima che per il film. Concentriamoci invece su questo. La storia è semplice: dopo un'intera "carriera" passata a dirigere prodotti televisivi, il regista René Ferretti (che poi è il vero protagonista, anche se inizialmente il PoV è quello dello stagista) approda al cinema con un progetto nelle intenzioni grandioso: il film tratto da La casta (chiaro richiamo all'operazione fatta con Gomorra). Dopo aver tentato di mettere insieme uno staff di alto livello, Ferretti (il sempre eccezionale Francesco Pannofino, di cui siamo abituati a sentire la voce ma che si rivela anche un ottimo attore) capisce che può lavorare serenamente solo con la squadra di disperati, sottopagati, incapaci, disonesti e paraculi con cui ha lavorato alle fiction. Il progetto iniziale così si trasforma e diventa tutt'altra cosa.
È subito evidente anche qui l'effetto ricorsivo: regista e autori passano dalla tv al cinema, che è proprio quello che succede alla produzione del film. Lungo il percorso che porta alla versione definitiva del film si susseguono una serie di gag e situazioni al limite del surreale, solitamente risolte con una semplice alzata di spalle, percorrendo il solco già tracciato dal Boris televisivo. Nel film compaiono più o meno tutti i personaggi che si sono visti durante la serie, alcuni con un ruolo principale altri come brevi cameo, oltre a decine di riferimenti a vicende già note. Questo da una parte può essere stato un punto di forza del film, ma dall'altro è anche una debolezza: l'impressione infatti è che più di una storia a sé si sia voluto creare un lungo "omaggio" alla serie madre, con frequenti rimandi e citazioni. Per lo spettatore casuale alcuni volti e discorsi possono avere poco senso, proprio perché affondano nella "mitologia" della serie. Un altro aspetto che mi ha un po' deluso è stata la conclusione del progetto su La casta, che mi è sempre parso leggermente retorico: insomma non puoi dire che fare "un bel film" è impossibile perché non si riesce a lavorare coi professionisti, e poi far vedere che l'unica cosa valida è il cinepanettone. Mi è sembrata una soluzione semplicistica, troppo banalmente anti-populista, quando in altre occasioni gli autori di Boris hanno saputo essere molto più sottili. Infine l'ultimo appunto è che c'è troppo poco Stanis, personaggio cardine di tutta la serie ma che qui non si esprime abbastanza (anche in questo caso è sconvolgente notare quanto l'attore Pietro Sermonti sia bravo a interpretare la parodia di se stesso).
Il film di fatto non ha avuto il successo sperato, e questo ha affossato le possibilità di una quarta stagione di Boris, di cui si è parlato ma che alla fine sembra non essersi concretizzato. Forse in questo non è un male che la storia finisca, perché per quanto il film riesca a essere divertente forse negli anni si è effettivamente annacquato il senso iniziale che ha fatto di questa serie un prodotto quasi rivoluzionario, sicuramente unico nel panorama italiano.
Tutte queste però sono considerazioni che valgono soprattutto per la serie, prima che per il film. Concentriamoci invece su questo. La storia è semplice: dopo un'intera "carriera" passata a dirigere prodotti televisivi, il regista René Ferretti (che poi è il vero protagonista, anche se inizialmente il PoV è quello dello stagista) approda al cinema con un progetto nelle intenzioni grandioso: il film tratto da La casta (chiaro richiamo all'operazione fatta con Gomorra). Dopo aver tentato di mettere insieme uno staff di alto livello, Ferretti (il sempre eccezionale Francesco Pannofino, di cui siamo abituati a sentire la voce ma che si rivela anche un ottimo attore) capisce che può lavorare serenamente solo con la squadra di disperati, sottopagati, incapaci, disonesti e paraculi con cui ha lavorato alle fiction. Il progetto iniziale così si trasforma e diventa tutt'altra cosa.
È subito evidente anche qui l'effetto ricorsivo: regista e autori passano dalla tv al cinema, che è proprio quello che succede alla produzione del film. Lungo il percorso che porta alla versione definitiva del film si susseguono una serie di gag e situazioni al limite del surreale, solitamente risolte con una semplice alzata di spalle, percorrendo il solco già tracciato dal Boris televisivo. Nel film compaiono più o meno tutti i personaggi che si sono visti durante la serie, alcuni con un ruolo principale altri come brevi cameo, oltre a decine di riferimenti a vicende già note. Questo da una parte può essere stato un punto di forza del film, ma dall'altro è anche una debolezza: l'impressione infatti è che più di una storia a sé si sia voluto creare un lungo "omaggio" alla serie madre, con frequenti rimandi e citazioni. Per lo spettatore casuale alcuni volti e discorsi possono avere poco senso, proprio perché affondano nella "mitologia" della serie. Un altro aspetto che mi ha un po' deluso è stata la conclusione del progetto su La casta, che mi è sempre parso leggermente retorico: insomma non puoi dire che fare "un bel film" è impossibile perché non si riesce a lavorare coi professionisti, e poi far vedere che l'unica cosa valida è il cinepanettone. Mi è sembrata una soluzione semplicistica, troppo banalmente anti-populista, quando in altre occasioni gli autori di Boris hanno saputo essere molto più sottili. Infine l'ultimo appunto è che c'è troppo poco Stanis, personaggio cardine di tutta la serie ma che qui non si esprime abbastanza (anche in questo caso è sconvolgente notare quanto l'attore Pietro Sermonti sia bravo a interpretare la parodia di se stesso).
Il film di fatto non ha avuto il successo sperato, e questo ha affossato le possibilità di una quarta stagione di Boris, di cui si è parlato ma che alla fine sembra non essersi concretizzato. Forse in questo non è un male che la storia finisca, perché per quanto il film riesca a essere divertente forse negli anni si è effettivamente annacquato il senso iniziale che ha fatto di questa serie un prodotto quasi rivoluzionario, sicuramente unico nel panorama italiano.