Coppi Night 26/04/2015 - Snowpiercer

Da un paio di settimane mi sta andando abbastanza bene nelle serate del Coppi Club, perché sto trovando l'occasione per vedere dei film che avevo in watchlist già da qualche tempo. Stavolta ho potuto vedere Snowpiercer, sul quale avevo sentito pareri discordanti, dall'entusiasta al deluso. Dopo aver sperimentato direttamente, posso dire che la mia collocazione è un po' a metà strada tra questi due estremi.

Il film è sicuramente interessante, visivamente molto suggestivo e di sicuro stimolante anche dal punto di vista dei temi. Si tratta di una delle varie distopie che ultimamente vanno alla grande (c'è che dice che il recente successo del genere distopico deriva da un diffuso senso di disillusione, ma di questo parleremo in altra sede), qui forse esasperata nel livello allegorico, visto che tutta la presunta umanità sopravvissuta è stivata in un unico treno che viaggia da 18 anni intorno al mondo, con una specifica e rigida suddivisione in classi sociali.
 
Ora, come ho già detto ci sono degli aspetti interessanti, ma in altri casi il plot si piega un po' troppo alle esigenze della sorpresa o della simbologia. Il viaggio dalla coda del treno alla testa, passando per i vari livelli di benessere e funzionalità, risulta avvincente, perché a ogni nuovo scompartimento scopriamo nuovi ambienti, occupanti e potenziali minacce, come in un videogioco. D'altra parte viene anche da chiedersi come il treno, per quanto autosufficiente, possa mantenere certi sistemi come un acquario (peraltro a galleria con pareti trasparenti), un allevamento di galline e tanti altri meccanismi. Inoltre è piuttosto insolito che ci si preoccupi tanto della sopravvivenza del treno (inteso come macchinario e come ecosistema) e non ci sia il minimo interesse per il mantenimento dei binari su cui esso viaggia, a maggior ragione considerando che non c'è più alcun tipo di civiltà al di fuori che possa occuparsi delle rotaie. Difficile credere che in diciotto anni di glaciazione non ci sia un solo tratto interrotto o deformato. Io in realtà mi sono anche domandato a cosa servisse in effetti che il treno si muovesse, visto che trattandosi di un ecosistema autosufficiente probabilmente avrebbe potuto benissimo rimanere fermo alla stazione e mantenere a tempo indeterminato tutta l'umanità.

Insomma, il film si guarda volentieri, ma non regge a un'analisi più approfondita della trama. I successivi twist infilati a partire da metà in poi non sono così imprevedili per lo spettatore minimamente smaliziato. Il finale poi non mi è sembrato così in linea con i temi stessi della storia, e anche abbastanza fuori personaggio per i superstiti. Ma oh, ci sta benissimo che sia io troppo esigente, il film tutto sommato mi è piaciuto anche se mi aspettavo qualcosa di più intenso.

DTS live @ libreria Feltrinelli - Rimini 2 maggio

Come anticipavo qualche giorno fa, a partire da maggio sarò impegnato in una serie di appuntamenti in giro per mezza Italia, e l'evento con cui inuauguro questo virtuale tour midprimaverile è una presentazione di Dimenticami Trovami Sognami alla libreria Feltrinelli di Rimini, sabato prossimo.

Lo so, lo so, durante quel weekend ci sarà anche l'Italcon a Bellaria. Infatti il giorno stesso sarò anche lì, e in mattinata avrò modo di assistare ai vari eventi della giornata, tra i quali non è stato però possibile inserire uno spazio per Zona 42 e la sua più recente pubblicazione (ancora per poco, perché probabilmente proprio in quei giorni sarà pronto Arresto di sistema di Charles Stross). Abbiamo quindi pensato di approfittare dell'occasione per farci conoscere nella poco distante libreria di Rimini che già distribuisce i libri Z42.




L'appuntamento per la seconda presentazione del libro è quindi a Rimini, in Largo Giulio Cesare alle ore 17. Se poi ritardo di una decina di minuti sappiate che sono in fila per chiedere una marchetta a Karen Gillan, special guest all'Italcon, la quale è a sua insaputa coinvolta proprio in DTS. Occasione che non posso lasciarmi sfuggire per un selfie promozionale di quelli seri.

Potete seguire gli aggiornamenti e segnalare tutto il vostro entusiasmo sull'evento facebook. Ci vediamo lì.

Coppi Night 19/04/2015 - The Mist

Ho avuto spesso modo di far presente quanto il cinema horror sia diventato per me fonte di pesanti frustrazioni, ed è proprio per questo che in questa edizione del Coppi Club in cui ero io a proporre i film ho voluto fornire una selezione di titoli horror mediamente ritenuti di buon livello... ok, ho detto "mediamente" perché c'era I, Frankenstein, ma in compenso anche The Babadook.

Sentivo citare spesso The Mist tra i film horror più interessanti degli ultimi anni, tanto per l'idea che per la realizzazione, ma soprattutto per il finale. Il film è basato su una storia di Stephen King, ma questo di per sé non è certo garanzia di qualità, dato che da storie di King sono state tirate fuori anche clamorose boiate. La storia è quella di una cittadina che improvvisamente viene avvolta da una fitta nebbia, e la nebbia a sua volta ospita qualcosa, creature misteriose e pericolose, che non esitano ad attaccare. Il film si svolge praticamente tutto all'interno di un supermercato, il luogo dove i protagonisti si trovano al momento della discesa della nebbia e in cui sono costretti a barricarsi per potersi difendere dalle minacce esterne, che però non faranno troppa fatica a penetrare. I "mostri" sono di diverso tipo, da creature tentacolate a grosse zanzare (simili a quelle di Jumanji), da ragni a pterodattili, fino ad ammassi di arti meno definiti. Gli occupanto del supermercato iniziano a disperdersi e cadere, e lentamente si insinua anche il fanatismo di una paesana convinta che la nebbia e le creature siano i segni dell'Apocalisse, e che solo i giusti saranno risparmiati.

In realtà le cose stanno ben diversamente, perché quando si viene a scoprire la presunta origine della nebbia si capisce che l'arrivo dei mostri è stato tutt'altro che casuale o imprevedibile. Alla luce di questo si potrebbe anche classificare il film come all'interno della categoria fantascienza, anzi, per molti versi mi ha ricordato Half-Life: creature aliene di specie diverse che si trovano in un mondo diverso dal loro, e cercano di stabilire prima di tutto il proprio ecosistema, arrivando inevitabilmente a confrontarsi con l'uomo e le sue strutture. Si potrebbe quasi chiedersi se in The Mist i "mostri" siano i veri cattivi. È vero che fanno diverse vittime tra gli umani, ma in quale altro modo avrebbero dovuto affrontare la loro situazione? Forse questa è una lettura anche troppo profonda, e in parte credo sia influenzata appunto dal confronto con Half-Life, che mi ha sempre suscitato dubbi di questo tipo. Capitava a volte di trovarsi in delle zone nascoste, e scorgere gli alieni attaccarsi e combattere tra loro, e mi veniva da pensare se non stessero semplicemente cercando di mantenere la propria vita in un posto così diverso da casa loro...

Il tanto declamato finale mi ha colpito abbastanza. Forse non era del tutto imprevedibile, ma è sicuramente realizzato in maniera eccellente, grazie a un climax (climax in discesa verso l'abisso, ma sempre climax è) ben costruito negli ultimi minuti del film e un uso sapiente della colonna sonora. Mi è mancato davvero il respiro, per un paio di secondi. Posso dire quindi, forse per la prima volta dopo The Descent, di aver visto un buon film horror.

Unpunned Futurama Titles #1

Inauguro con queto una nuova piccola serie di post su Futurama, perché finché voglio fregiarmi dell'autoattribuito titolo di "maggiore fan italiano" della serie, devo trovare il modo di parlarne anche se è ormai finita (per ora).

Ho pensato che sarebbe stato interessante enucleare al pubblico generico (e soprattutto non anglofono) il significato dei titoli delle puntate della serie. Questo perché nella maggior parte dei casi i titoli sono giochi di parole, contengono riferimenti e citazioni ad altre opere che possono essere a loro volta inerenti alla puntata o meno. Si tratta per lo più di calembour, o come più genericamente vengono definiti in inglese, pun. Cercherò quindi di unpunnare i titoli, esplicitandone il significato dove possibile.

I pun sono naturalmente efficaci in lingua originale. Per completezza riporto il titolo italiano, sul quale commenterò solo nel caso in cui il significato sia stato abilmente trasposto o clamorosamente fraintes. Chiarisco subito che non si tratta interamente di mia personale cultura, alcuni sarebbero stati quasi impossibili da decifrare in quanto contenenti riferimenti alla cultura pop prettamente americana, e quindi per noi poco significativi. In alcuni rari casi, sembra non esserci niente di più del significato letterale, ma si tratta di una ridotta minoranza.

Elencherò i titoli separandoli in base alle stagioni della serie, quindi cominciamo con quelli della prima stagione, risalenti al 1999.



Space Pilot 3000 (Pilota spaziale 3000): per tradizione il primo episodio di una serie (spesso indicato come episodio 0) è l'episodio pilota. In questo caso però, il pilota è anche quello dell'astronave (nell'ultima sequenza il nuovo equipaggoi parte per la prima volta sulla Planet Express), quindi diventa un "pilota spaziale" nell'anno 3000.

The Series Has Landed (La serie è atterrata): altro titolo metatestuale. In questo episodio infatti i personaggi visitano la Luna, è stata quindi ripresa la frase "The Eagle has landed", con cui gli astronauti dell'Apollo 11 comunicarono il primo allunaggio. Ad essere atterrata in questo caso, è la serie, con il primo episodio dopo il pilota.

I, Roommate (Io, coinquilino): riferimento a I, Robot, la celebre raccolta di racconti a tema robotico di Asimov.

Love's Labour Lost in Space (L'amore perduto nello spazio): Love's Labour's Lost è una commedia di Shakespeare (Pene d'amor perdute), qui fusa con la serie Lost in Space.

Fear of a Bot Planet (Paura del pianeta robot): citazione dell'album Fear of a Black Planet dei Public Enemy

A Fishful Dollars (Per un pesce di dollari): il classico spaghetti western A Fistful Dollars diventa "a fishful" quando sono le acciughe l'oggetto della contesa.

My Three Suns (I miei tre soli): riferimento alla serie tv degli anni 60-70 My Three Sons (Io e i miei tre figli).

A Big Piece of Garbage (Palla di immondizia): nessun riferimento specifico rintracciabile

Hell is Other Robots (Un viaggio infernale): riadattamento della citazione "Hell is Other People", tratto dal dramma A porte chiuse di Jean-Paul Sartre (in italiano: "l'inferno sono gli altri").

A Flight to Remember (Un volo da ricordare): l'episodio è una trasposizione spaziale della vicenda del Titanic. Il libro A Night to Remember è una delle cronache più famose e attendibili di quell'evento.

Mars University (Università marziana): nessun riferimento specifico rintracciabile

When Aliens Attack (Attacco alieno): riferimento alla serie di documentari della Fox When Animals Attack

Fry and the Slurm Factory (Gusto a sorpresa): evidente riferimento a La fabbrica di cioccolato (originale: Charlie and the Chocolate Factory)

Coppi Night 12/04/2015 - Big Hero 6

Questo film era da un po' sulla mia watchlist, perché come ho già avuto modo di verificare, ultimamente trovo più soddisfazione nei film d'animazione che in quelli "live", almeno se si parla di prodotti per il grande pubblico. Naturalmente non so nulla del fumetto da cui è tratto, ma l'idea di una storia di giovani supereroi un po' improvvisati (qualcosa alla Kick-Ass, ma con qualche elemento fantascientifco in più) mi incuriosiva. Purtroppo devo dire che sono rimasto abbastanza deluso, perché il film su muove su binari fin troppo prevedibili, e anche se l'originalità non è la qualità determinante, in questo caso mancano altri appigli validi per poter ritenere la storia interessante. Anzi, in verità mi è sembrata anche abbastanza noiosa, cosa che per un film d'animazione è decisamente un brutto segno.

Il problema a mio avviso è che il plot principale, quello da cui emerge il villain contro cui la squadra deve battersi, è davvero poco interessante. La faida da cui tutto si innesca infatti coinvolge personaggi secondari (industriale, scienziato e sua figlia) della cui sorte ci importa ben poco. Mi sta anche bene che i vecchi conflitti portino alla nascita del cattivo (anche se con una ventina d'anni di ritardo), è una genesis story classica per il villain, ma il punto è che tutto ciò investe solo in maniera molto indiretta i veri protagonisti, e allo stesso tempo della fine che ha fatto la giovane esploratrice mandata nello stargate, francamente, fregacazzo. Il dramma con cui inizia il film, la morte del fratello di Hiro, sarebbe un plot point molto più forte, ma viene in larga misura sprecato.

Il tutto si salva in parte grazie alla presenza del robot gonfiabile. Baymax è un bel personaggio, che per molti versi mi ha ricordato Il Gigante di ferro (ferro a parte). In effetti anche il suo arco narrativo è molto simile: iniziale diffidenza del protagonista, amicizia, momentanea furia, sacrificio, resurrezione. Anche lui però ha un ruolo quasi secondario, e si limita sostanzialmente ad essere uno strumento di cui la squadra di eroi si serve, piuttosto che un vero protagonista (al contrario del Gigante, che invece ha un suo sviluppo nel corso della storia).

Questi aspetti mi portano a pensare che Big Hero 6 avrebbe potuto essere un film nettamente migliore, se invece di concentrarsi sulla storia del villain da battere si fossero evidenziati altri aspetti della trama e dei personaggi. Sospetto che questo sia dovuto al proposito di creare una storia autoconclusiva ma che lasci aperta la possibilità di futuri sequel, sui quali però non credo indirizzerò il mio interesse.

Prossimi appuntamenti

Con la primavera si avvicinano una carrellata di appuntamenti che mi vedranno coinvolto in prima e/o seconda persona, tutti bene o male afferenti all'ambito delle mie ultime pubblicazioni (Dimenticami Trovami Sognami e Spore) e delle rispettive case editrici (Zona42 e Factory I Sognatori). Ora, se mi metto a cerchiare di rosso i giorni sul calendario la cosa si fa preoccupante, quindi ho deciso di dare una prima anticipazione delle date e dei luoghi in cui mi troverò. Non specifico per il momento troppo dei vari eventi, anche perché in alcuni casi non so bene come saranno organizzati e quanto mi vedranno coinvolto, ma il quando e il dove se non altro ci sono già, quindi possiamo sincronizzare le agende.

  • Si comincia il 2 maggio, a Bellaria per l'Italcon (che quest'anno si chiama in un altro modo, ma è sempre la stessa roba), la convention italiana annuale della fantascienza. Ci ero stato già l'anno scorso, per una non troppo fortunata presentazione di Spore, e ci tornerò quest'anno per una serie di ragioni. Allo stato attuale non credo che avrò uno spazio a mia disposizione (magari per presentare DTS), ma le carte in tavola potrebbero cambiare. Uno dei miei interessi principali è incontrare Karen Gillan (la Amy Pond delle ultime stagioni di Doctor Who), ospite della convention, e non tanto per istinti di fanboy quanto perché la citazione inserita in apertura a DTS è tratta proprio da DW, ed è una frase che il Dottore dice a lei. Sarebbe simpatico farglielo notare, perché abbiamo imparato che le coincidenze non esistono, no?
  • Sempre lo stesso giorno, il 2 maggio, con ogni probabilità sarò impegnato anche per qualcosa a Rimini, quindi a poca distanza da lì. Anche di questo non ho dettagli maggiori, ma se c'è moto di ottimizzare una trasferta perché non prestarsi a due o più eventi insieme?
  • Facciamo un salto di qualche settimana e arriviamo al 24 maggio, domenica. Dopo una settimana intera passata in fiera all'ombra dell'Expo, non farò in tempo a toccare il pavimento di casa che dovrò subito tornare verso Sarzana al Festival della Mente. Sembra che qualcuno sia interessato al mio contributo, e nel tardo pomeriggio/serata dovrei prendere la parola.
  • Non mi lasciano nemmeno un weekend libero, perché già il 30 maggio a Telese Terme si terrà il Factory Day 2015, la seconda edizione della giornata dedicata alla Factory Editoriale (che l'anno scorso si è tenuta a Viareggio) con presentazioni, workshop, concorsi, concerti e vai a sapere che altro (no, davvero, ancora non lo so). Anche qui dovrei essere coinvolto in prima persona, ma anche se il piano saltasse sarò comunque presente insieme a molti degli altri autori del gruppo (cliccate sto link che la nuova pagina con le foto fa la sua figura!).
  • E infine per il momento si passa direttamente al 26-27 giugno, dove nell'ambito del estival dedicato all'horror La Serra Trema (che si svolgerà a La Serra, piccolo borgo dell'entroterra toscano, zona di tartufi!) la Factory avrà un suo spazio e io dovrei essere presente, se non altro a salutare chi verrà al nostro banchino. Poi probabilmente ci sarà anche altro da fare, ma ancora non ci sono dettagli.
  • È anche possibile che, se il cielo mi assiste, riuscirò finalmente a espugnare Firenze, e in una location di tutto rispetto. Ma in questo caso non c'è davvero altro da dire, solo che ci stiamo lavorando.
Naturalmente a suo tempo fornirò maggiori dettagli sui singoli eventi, via via che le cose si definiscono. Mi pare comunque di fornirvi tutte le occasioni per trovarsi e fare due chiacchiere, quindi insomma, venitemi un po' incontro.



Essere la pecora nera: gli eroi di Blomkamp

Questo post nasce dalla visione di Chappie, l'ultimo film di Neill Blomkamp uscito pochi giorni fa. Blomkamp era esploso come rivelazione all'epoca di District 9, poi era ricaduto con Elysium, e ora prova a riemergere con questa nuova opera. Il mezzo è sempre lo stesso: un film di fantascienza. E di quella fantascienza immediata, riconoscibile a chiunque: se c'è della sf che a volte rimane quasi nascosta, o non del tutto palese ai non addetti ai lavori, in questo caso i dubbi non ci sono: alieni insettoidi e robot umanoidi, innesti cerebrali e colonie orbitali: gli elementi di partenza delle storie del regista sono a prova di equivoco.

Ma al di là della trama, c'è qualcosa che ricorre in tutti e tre i film: i protagonisti di Blomkamp sono sempre degli esclusi, emarginati, diversi, o tutte queste cose insieme. Sono, come viene affermato chiaramente in Chappie (anche se lo si poteva già notare nei precedenti) delle "pecore nere". Individui estranei al loro contesto, in lotta per affermare la propria posizione e identità. In District 9 Wikus Van Der Merve era inizialmente un raccomandato ottuso e successivamente un ibrido umano-gambero braccato dai suoi ex colleghi. Il Max di Elysium fa parte della classe sociale di disperati ai quali è negato qualunque diritto, e anche una volta passato all'azione rimane un traditore per i suoi compagni. In Chappie le pecore nere sono numerose: il robot protagonista, una forma di intelligenza complessa nata ai margini della società e incapace di integrarsi con le altre; ma anche i suoi genitori: sia Deon che materialmente gli ha dato vita che Ninja e Yolandi che lo hanno cresciuto. Questi personaggi umani sono a loro volta degli esclusi, estranei ai canoni della società se pure in direzioni opposte. È facile trovare parallelismi tra tutti questi protagonisti, e rilevare come il loro percorso sia sempre quello di affermazione, in un primo tempo, che li condurrà poi al necessario sacrificio finale, quando riescono ad accettare il loro ruolo di pecora nera. Se inizialmente c'è una contrapposizione tra essi e il nemico (umani contro alieni, ricchi contro poveri, criminali contro robot), andando avanti il confine sfuma, ed è difficile riconoscere chi sta da una parte e chi dall'altra.

C'è anche un altro aspetto che accomuna i tre protagonisti, Wikus, Max e Chappie: il conto alla rovescia. Tutti infatti stanno subendo un qualche processo che limita le loro possibilità di salvezza entro un limite di tempo brevissimo: Wikus si sta trasformando in un gambero alieno, e dovrà trovare il modo di invertire il processo prima di completare la mutazione; Max ha ricevuto una dose letale di radiazioni e ha pochi giorni per trovare la cura prima di venirne consumato; Chappie ha una batteria in esaurimento che non può sostituire e ha bisogno di trovare il modo di trasferirsi in nuovo corpo prima di perdere la coscienza faticosamente acquisita. Se la corsa contro il tempo funziona da una parte come meccanismo narrativo, imponendo azione e rapidità nello svolgimento della trama, certamente ha anche un suo valore a livello di sviluppo dei personaggi. Di fronte a un conto alla rovescia così stringente, molti scrupoli devono essere ignorati, le questioni morali si ridefiniscono, e l'autoaccettazione deve avvenire velocemente.

Se queste tematiche erano già presenti nei primi due film, in Chappie emergono con maggiore chiarezza. Non solo perché vengono esplicitate, ma anche perché il focus qui è ancora più interno al gruppo delle pecore nere. Chappie cresce conteso tra due diverse ideologie di vita, entrambe contrarie al Sistema. Non è una sorpresa quindi che la sua formazione lo conduca a dilemmi e soluzioni controverse, anche contraddittorie. In tal senso la presenza di personaggi "estremi" come i Die Antwoord sicuramente non è casuale: oltre all'origine sudafricana (come Blomkamp stesso), i due incarnano anche al di qua dello schermo un fenomeno di difficile definizione, dal punto di vista musicale, comunicativo, sociale. Anche il fatto che nel film mantengano gli stessi nomi che hanno nel nostro universo narrativo vuol dire qualcosa. Pecore nere tra le pecore nere.

Nessuno pensa che Neill Blomkamp abbia inventato qualcosa. La fantascienza da sempre si occupa di temi sociali, usando il meccanismo dello straniamento e del cambio di prospettiva per descrivere quello che c'è raccontando di qualcosa che non c'è. Ma è interessante notare come questo filo conduttore possa potenzialmente unire tutti i film, in un'ideale "trilogia" a cui forse nemmeno lo stesso regista ha pensato di dare un inquadramento unitario.

Coppi Night Special Edition 05/04/2015 - Oldboy

La "special edition" consiste nel fatto che domenica scorsa era pasqua, quindi non si è svolta secondo le solite modalità. Non era sera ma le sei del pomeriggio, non c'era la pizza ma un blandissimo tè per far defluire i resti di agnello, non eravamo in 5-7 membri del Club ma due. Ma insomma, la domenica un film va visto, e così siamo andati su questo.

Oh, attenzione, non sto parlando dell'old Oldboy, ma il new Oldboy, quello di Spike Lee di qualche anno fa. Avevo già visto il primo film, quello del regista coreano, e abbiamo scelto di vedere questo proprio per fare il confronto, per vedere come la traslazione nel contesto (culturale e cinematografico) americano influenzasse la riuscita del film. Il risultato è poco incoraggiante.

Partiamo dalla premessa che io non sono un amante del cinema orientale, tutt'altro. Limite mio, per carità, ma le poche volte che mi è capitato di vedere film coreani, cinesi o giapponesi (inclusi quegli horror morbosi che poi vengono remakizzati puntualmente in USA) non sono mai rimasto troppo convinto. Questione di allenamento forse, o di comprensione di un linguaggio differente. Oldboy però non mi era dispiaciuto, per quanto alcuni aspetti mi continuassero a rimanere oscuri, posso dire che era riuscito a colpirmi e disturbarmi, in un modo che pochi film sono riusciti a fare (mentre, per dire, Lady Vendetta dello stesso regista mi ha lasciato piuttosto indifferente).

In questa versione yankee però, qualcosa si perde. La storia è essenzialmente la stessa: il protagonista viene tenuto recluso per un lungo tempo senza saperne il motivo, dopodiché viene liberato e deve cercare di capire chi è stato e perché. Qualche combattimento, l'incontro con un paio di personaggi chiave, la rivelazione finale e il twist. Il tutto qui però è meccanico, sembra far parte di un piano già studiato ed eseguito perfettamente: il che ha senso, dalla parte del villain, ma non dal protagonista. La lucidità e prontezza con cui lui agisce, dopo vent'anni di prigionia a mangiare ravioli cinesi e senza mai vedere la luce del sole, è piuttosto inverosimile. Nella versione originale era molto più evidente lo stordimento, la paranoia, l'ansia che comprensibilmente pesano sull'uomo, rendendolo allo stesso tempo fragile e letale. Qui invece sembra ritornare come se fosse Batman addestrato da Raz Al Ghul. Anche la spiegazione finale è leggermente diversa, così come la reazione alla rivelazione, ma a quel punto fa poca differenza.

È chiaro che questo film non aveva l'intenzione di essere una copia fedele dell'altro, quindi non si può giudicarlo in base a quanto si assomiglino. Tuttavia ho il dubbio che anche al netto del paragone non rimarrebbe poi tanto di valido: forse un buon film d'azione, ma nulla più. Credo che il problema di fondo sia proprio che chi ha realizzato il film non si sia impegnato troppo per dare intensità alla storia, pensando che "beh, tanto l'altro lo conoscono già".

Rapporto letture - Marzo 2015

Nuova mesata di letture, stavolta siamo rientrati in media rispetto al mese scorso con 4 buoni libri digeriti nel corso di marzo. Anche stavolta buon assortimento di autori italiani e internazionali, passati e recenti, e pure di generi, dalla fantascienza all'horror al mainstream.

Cominciamo con Christopher Priest, autore di cui mi sono promesso di approfondire la produzione dopo aver letto The Adjacent. Ho voluto quindi leggere Inverted World, una delle opere più apprezzate di Priest. E meno male che l'ho fatto, perché si tratta di una delle cose migliori che ho letto da qualche anno a questa parte. Questo mondo alla rovescia inizia in una città (che si chiama Earth/Terra), autosufficiente e semovente. All'inizio può sembrare solo un'ambientazione curiosa, ma lentamente si scopre che la città è strana perché vive in un mondo ancora più strano, dove ad esempio il tempo si misura in spazio (gli anni si contano con le miglia percorse dalla città). Tutto viene appreso gradualmente, seguendo il percorso di formazione del protagonista/narratore Helward, che prima di entrare a far parte della Gilda a cui ha richiesto l'ammissione deve prima imparare qualcosa di tutte le altre che regolano il funzionamento di Terra. Le cose si fanno davvero complesse quando Helward deve riaccompagnare alcune donne ospiti della città ai loro villaggi, perché è qui che si inizia a comprendere la vera natura del mondo. Lo sforzo immaginativo necessario per seguire la narrazione è intenso, ma di grande soddisfazione. Alla fine poi la rivelazione che chiude la storia torna a invertire tutto, stavolta in più di un senso. Tutto questo rende il romanzo un'opera davvero eccezionale, in grado di catturare il lettore e renderlo partecipe, insieme ad Helward, del percorso di apprendimento (del mondo ma anche di sé) che conduce al definitivo cambio di prospettiva. Voto: 9/10


Passiamo poi a un libro della Factory I Sognatori: Terra degli orsi è stato scritto da Alessandra Favilli, autrice pisana o giù di lì che è stata tra le prime del gruppo che ho conosciuto più di un anno fa, in occasione della mia prima presentazione di Spore. È anche curioso notare che ho finito questo libro il giorno stesso in cui ho visto per la prima volta un orso (allo zoo di Pistoia, nda). In questo libro seguiamo la storia di tre donne: una dottoranda contemporanea impegnata in un progetto di monitoraggio degli orsi in Trentino, una signora di fine 800 impegnata nell'affermazione dei diritti delle donne, e una delle suddette orse introdotte in Trentino. Le tre storie si intrecciano, andando a costruire un incastro in cui si riescono a rilevare alcuni elementi in comune: a unire le tre donne è la definizione della libertà, la ricerca di un'affermazione di sé e del proprio ruolo. Da apprezzare il fatto che le parti raccontate dal punto di vista dell'orsa non ricorrono a una banale antropomorfizzazione dei pensieri dell'animale. Forse manca una chiusura più completa della storia di Anna, la donna di fine 800, che pur avendo un collegamento con le altre non sembra raggiungere un compimento altrettanto efficace. Probabilmente non si tratta del genere che riesco ad apprezzare di più, ma rimane comunque un libro interessante e ricco di spunti. Voto: 6.5/10


Mi sono preso il lusso di leggere Pashazade, terzo libro pubblicato da Zona 42, solo dopo aver visto pubblicato il mio libro, in una sorta di tacito ricatto. Questo romanzo di Jon Courtenay Grimwood, primo di una trilogia, è ambientato in un'Alessandria ucronica, collocata in una linea temporale in cui la prima guerra mondiale non è mai avvenuta e l'Impero Ottomano ha continuato a mantenere la sua influenza in tutto il nordafrica. Il protagonista è appunto il pashazade, il figlio di un emiro, giunto dagli Stati Uniti per il matrimonio combinato a sua insaputa. In realtà ZeeZee/Ashraf si trova invischiato tra omicidi e intrighi politici dei poteri che cercano di contendersi il controllo della città. La storia segue una molteplicità di personaggi, ma senza dubbio il protagonista è il più intrigante dei tutti, un antieroe sempre in bilico tra la ricerca della giustizia e del proprio interesse, ed en passant della propria identità. È interessante che il contesto ucronico rimanga un elemento di fondo, ovvero che non sia preponderante nello svolgimento della storia, come di fatto sarebbe se il romanzo si svolgesse nella linea temporale che tutti conosciamo. L'unica cosa che non ho ben compreso è il legame tra la storia presente e i capitoli del passato di ZeeZee. Si tratta in ogni caso di una storia avvincente che lascia con la voglia di leggere le parti successive delle avventure di Raf, Zara e la volpe. Voto: 7/10


Concludo con una raccolta horror: Oscure Regioni (volume uno) è un'antologia di dieci racconti di Luigi Musolino, pubblicata da RiLL. Musolino è un autore che conosco (anche personalmente) da alcuni anni e di cui ho già letto molti lavori. Alcuni dei racconti qui contenuti li avevo letti in altre raccolte, o addirittura sui forum su cui probabilmente sono nati. Il tema di questo libro sono miti e leggende del folklore italiano, con una storia per ogni Regione (qui ce ne sono 10, ecco perché si tratta del volume uno, presumibilmente quest'anno uscirà il secondo): abbiamo così streghe, creature dei boschi, chimere, mostri del sottosuolo e così via. In molti casi le leggende sono state "incupite", accentuando gli aspetti più oscuri e tralasciando quelli più favolistici. Ne esce quindi una mitologia fatta di incubi ed esseri malvagi, e l'idea che ne viene fuori è ben lontana da quella del Bel Paese... forse l'unica cosa che manca a questo libro è un'appendice in cui vengano illustrate le leggende a cui sono stati ispirati i diversi racconti, sarebbe stato interessante poter confrontare i racconti con la loro origine. Una raccolta di grande interesse, che riesce a rendere giustizia alla produzione italiana di genere, in questo caso dando letteralmente spazio a tutte le Regioni, o almeno a metà di esse. Aspettiamo la seconda parte della raccolta per chiudere il tour. Voto: 7.5/10

Coppi Club 29/03/2015 - Kingsman

Mi è sempre piaciuto questo film, forse anche perché l'ho visto per la prima volta al cinema da ragazzino e l'ho trovato molto divertente. Anche rivedendolo in seguito ho continuato ad apprezzarlo, iniziando a cogliere meglio gli aspetti umoristici. Certo bisogna anche considerare che all'epoca Will Smith era al top...

No aspetta. Non c'è Will Smith? Ah, non stiamo parlando di Men in Black? Ops, scusate la confusione è che... non so, a vedere questo Kingsman mi è rimasto questo pervadente segno di dejà vu. Allora: abbiamo un'associazione spionistica segreta che opera al di sopra di qualunque altro potere nazionale e sovranazionale, tecnologie oltre il livello attualmente diffuso (e in alcuni casi oltre la fisica), complotti globali per sterminare buona parte dell'umanità, un agente veterano che pone la sua attenzione su un giovanotto "ribelle" del tutto estraneo all'ambiente, letale mood da gentlemen, strumenti che provocano amnesia, test di ingresso e addestramento, agenti che assumono "nomi d'arte" una volta entrati nell'organizzazione, assistente cane (un carlino per la precisione)... se facessi questa descrizione, di che film pensereste che sto parlando? Non è Men in Black giusto perché non ci sono gli alieni, ma tutto il resto coincide. Le affinità sono così forti che in certi casi mi è sembrato di vedere davvero le stesse scene, ad esempio durante la scelta delle armi mi aspettavo di sentir dire "un grillo tonante".

Beh, ma almeno se è così simile a MIB che ti piace, mi sarà piaciuto anche questo, no? Eh no, non è così facile. Al di là del fatto che stiamo parlando di un caso di plagio piuttosto viscido, in realtà il film ha numerosissimi altri problemi. A partire da quest'associazione che non si capisce da dove tragga la sua autorità e immunità, che professa standard morali altissimi ma poi non si fa problemi a uccidere decine e centinaia di agenti di sicurezza proletari e mettere in salvo la principessa (della principessa riparleremo tra poco). La trama è sconclusionata e incoerente, perché non si capisce chi sa cosa e chi sa fare cosa, il protagonista (quello giovane) dopo aver terminato l'addestramento e pur non esendo stato ammesso ha acquisito capacità di combattimento a livello Jedi, gente con una mongolfiera riesce ad arrivare all'esterno dell'atmosfera terrestre nel giro di un'ora, un super villain che poi sarebbe l'alter ego malefico di Zuckerberg che elabora un piano totalmente insensato per ripulire la popolazione umana, ma che soprattutto, diosantissimo, nonostante tutta la sua genialità non capisce come cazzo funziona un interruttore, e ha bisogno di tenere il dito premuto sulla sua superconsolle perché l'apocalisse si scateni, non è che basta premere il pulsantone rosso e la fine del mondo si avvia, no, bisogna tenere il dito sopra il pulsantone rosso! Are you fucking kidding me!?

L'unico spunto interessante del film è il modo in cui la fine del mondo viene scatenata: con qualche imprecisata trasmissione il cattivo riesce ad "attivare i centri della violenza" e così la gente prende ad ammazzarsi l'uno con l'altro. Qualche bella sequenza di risse di massa ce la regala, ma è troppo poco e comunque non ha senso nell'economia del film, ché se il villain avesse voluto sterminare il 95% della popolazione avrebbe fatto prima ad avvelenare le riserve d'acqua. Senza considerare quei due-tre miliardi di individui del pianeta che un cellulare non ce l'hanno mai avuto e che quindi sarebbero immuni dal tutto.

Ma quello che più di tutto manca a questo film è l'ironia. Men in Black funzionava perché era leggero e ironico, non si prendeva sul serio. Qui invece i Kingsman ce li vogliono far passare come un corpo di super agenti invincibili che dove mettono le mani salvano il mondo, ma il messaggio non passa. Appaiono impostati, finti, snob, proprio come i dialoghi vorrebbe farci credre che non sono. Io non mi fiderei mai di uno di loro, anzi mi ispirava molta più simpatia il cattivo, che per inciso è interpretato da Samuel L. Jackson. E il pegio è che ci provano pure, ogni tanto, a fare la battuta, ma siamo ai livelli di Colorado. No, non sto scherzando: parliamo della principessa.

La principessa di Svezia, rapita insieme a tutti gli altri nobili del globo, è tenuta prigioniera e verso la fine del film viene salvata dal giovane protagonista. Quando poi lui le dice che sta andando a salvare i mondo, lei gli chiede se possono fare sesso anale dopo. E a mondo salvato, lui si presenta con bottiglia di champagne nella sua cella. L'ultima immagine, su cui si chiude il film, è il culo della principessa di Svezia che si ingrandisce fino a riempire tutto lo schermo. A casa nostra le facevamo quarant'anni fa queste cose, e non c'era bisogno dei Kingsman, c'era Pierino.