Silvio Donà - Pinocchio.2112

Nell'acre e antipatico post in cui esponevo le mie ragioni di diffidenza nei confronti degli autori italiani pubblicati da Urania, concludevo facendo alcuni esempi virtuosi, tra i quali Pinocciho.2112 di Silvio Donà. Ecco perché ho deciso di prendere questo libro come primio esemplare da recensire sul nuovo blog. Non avverrà spesso, che mi metta a recensire quanto ho letto, sia perché commento già ogni lettura sulla mia pagina aNobii e in seguito nei rapporti letture mensili su questo blog, sia perché, come spiego descrivendo le rubriche, penso che valga la pena spendere qualche parola in più solo nel caso di libri ingiustamente sconosciuti, potenzialmente interessanti, mediamente reperibili. E Pinocchio.2112 risponde prefettamente a questi criteri.

Pinocchio.2112, come si può forse dedurre dalla parte numerica del titolo (che in effetti indica l'anno gregoriano cui si svolge la vicenda), è un libro di fantascienza. A questo punto, prima che metà dei lettori di questo post chiuda la finestra disgustata, faccio una precisazione: non è la fantascienza che credete voi, cresciuti a Star Wars e Independece Day. Non ci sono astronavi, non ci sono alieni, non ci sono robot, non ci sono laser, non c'è il teletrasporto, e a dirla tutta pure i computer scarseggiano. Vi pare incredibile che una storia senza nessuno di questi elementi possa essere fantascienza? Beh, allora probabilmente non sapete con cosa avete a che fare. La fantascienza si annida dove meno ve lo aspettate... ma questa è storia per un altro ipotetito post futuro.

Volendo inserire Pinocchio.2112 in un genere più specifico, si potrebbe parlare di distopia, di cui metto il link di wikipedia per non dover stare a definire. Gli elementi distopici del romanzo si trovano principalmente nell'ambientazione: la società descritta (e presumibilmente tutta quella ancora esistente) vive sottoterra, in enormi agglomerati che degli abissi d'acciaio di Asimov hanno solo il senso di claustrofobia. Questo perché l'umanità si è rifugiata nei sotterranei del pianeta in seguito a qualche catastrofe che ha reso la superficie inabitabile, e qui i sopravvissuti sono regrediti come tanti morlock, fino a costituire una società ben lontanta da quella del benessere che si è persa in seguito alla catastrofe. Com'era inevitabile, il potere si identifica con un'arma carica, il pasto non è una sicurezza, la vita è una merce di scambio.

Ma non l'unica merce di scambio. Perché come in ogni epoca e in ogni civiltà, anche in questo 2112 esistono individui ricchi e potenti in grado di potersi permettere lussi eccezionali. E una delle rarità più richieste nel XXII secolo sono i libri: vecchi e ammuffiti parallelepipedi di carta, gli ultimi sopravvissuti accidentali di un mondo quasi dimenticato, oggetti di culto di cui la funzione è nota ma inutile, dato che sono in pochi a saper leggere. Ma se c'è qualcuno in grado di permettersi un lusso, deve esistere qualcuno in grado di procurarglielo, ed è qui che troviamo il protagonista: Angelo, che racconta in prima persona la sua storia, è un "cercatore", anche se forse sarebbe più appropriato parlare di cacciatore di libri. Il suo lavoro consiste nell'avventuarsi per i labirinti dell'immensa prigione sotterranea, alla ricerca di librerie abbandonate e volumi non del tutto consumati dall'umidità e dai pesciolini d'argento. Si tratta di una professione pericolosa, perché sono in molti a volersi appropriare di quegli stessi tesori, e comunque nei cunicoli bui dell'habitat non è che si facciano incontri piacevoli.

Angelo cerca i libri non solo per rivenderli, ma anche per passione e amore, e lui stesso ne tiene molti da parte in una sua collezione privata. In seguito alla sua caccia, incontrerà prima un ragazzino, Lucignolo, e poi verrà contattato da Scipione Rega, di fatto il capo assoluto dei sotterranei. Questi e altri avvenimenti gli cambieranno la vita, e lo porteranno a scoprire la verità sul mondo in cui vive, che forse è anche peggiore di quanto sembrerebbe a prima vista. Non rivelerò altri particolari della trama, credo di aver inquadrato a sufficienza la situazione.


Coppi Night 23/01/2011 - Bomber

Che domenica scorsa non fosse un giorno favorevole avrei dovuto capirlo già dalle motozzappe che mi risalivano per la trachea e dagli ettolitri di scaracchi che ho cacciato fuori. Sarebbe dovuto essere ancora più evidente quando la pasticceria dove ero intenzionato a prendere il dolce (ero l'incaricato della settimana) si è rivelata chiusa. E dopo di essa, in successione: supermercato di backup 1, pasticceria di backup 1, supermercato di backup 2. Non sono quindi stato in grado di procurare il dolce post-pizzacoppi, e i partecpianti hanno dovuto spartirsi un tristissimo panettone avanzato dalle feste.

Ecco, allora avrei dovuto capirlo per forza. Invece ho continuato a sperare che la serata potesse comunque concludersi in positivo... fino a quando, per una di quelle aberranti mutazioni della democrazia, in finale sono arrivati i film Non c'è due senza quattro e Bomber. Se fossi morto in quel momento, probabilmente non mi sarebbe dispiaciuto così tanto.

Sia chiaro, non è che abbia qualcosa di personale contro Bud Spencer, come invece posso dire per il disprezzo che nutro nei confronti di altri personaggi del panorama cinematografico italiano (se una cosa del genere esiste davvero). Nel corso della sua carriera è riuscito a crearsi un personaggio e riproporlo in numerose situazioni diverse, sempre con un discreto successo (nei termini del personaggio stesso). Tuttavia, mi chiedo come chiunque possa dire che questo film non è oggettivamente brutto. Lo è perché:

1 - Non fa ridere: le battute sono vecchie, stantie, erano banali in origine e lo sono diventate ancora di più col tempo. Basta pensare a Jerry Calà che, dopo aver steso un avversario con un sistema di conduzione dell'elettricità che forse nemmeno Tesla aveva mai concepito, commenta "il telefono, la tua voce": lo slogan di una pubblicità (presumibilmente della SIP, ma non riesco a trovare fonti attendibili) risalente a un'epoca in cui la gente doveva essere incoraggiata ad usare il telefono. Si può sorridere alle spacconerie e spaccherie di Bud, ai suoi cazzotti a martellino e cimbalate sulla testa dei felloni di turno, ma nemmeno in questo senso si ha completa soddisfazione.

2 - È prevedibile: in ogni situazione, in ogni gag, in ogni scena. Del pubblico presente alla Coppi Night, due spettatori (tra cui io) non lo avevano mai visto, e sono riusciti in alcune occasioni a prevedere precisamente quello che stava per essere visto o detto. Alla lettera.

3 - La storia è patetica. E ancora di più, è patetico il fatto che si sia tentato di mettere insieme una storia. Paradossalmente, da questo punto di vista è più convincente un film che basta il suo umorismo su sketch senza contesto, rutti e scoregge, che non hanno età. Ma la parabolina dell'ex campione plagiato che trova un nuovo ragazzo su cui puntare che però si lascia comprare ma poi di nuovo si vuole riscattare e infine ottiene la sua vendetta... viene da chiedersi quanto tempo prima fosse uscito Rocky 5. Tralasciando l'assurdità di certe situazioni (lo sapevate che sui Corsica ferries che vi portano ogni estate in vacanza si organizzano gare clandestine di tiro alla fune con milioni [di lire] in pali per i vincitori?), l'intera pseudotrama ha la freschezza di una fiaba dei fratelli Grimm, senza la parte macabra a renderla interessante, ma con la stessa sprezzanza delle leggi fisiche e del buon senso. E dopo tutto questo, non c'è nemmeno un epilogo: il film si chiude su Bud vincitore sul suo arcinemico. Se dopo un plotone di esecuzioni li ha falcidiati tutti, o se il giovane virgulto ha preso la gonorrea in Brasile non è dato di saperlo.

4 - È girato male. Dal doppiaggio alla fotografia, l'approssimatività della realizzazione è irritante. Ma questo è un giudizio tecnico che avrei tralasciato, se il resto fosse stato minimamente interessante.


Mi si dice che il film ha un certo valore affettivo, che si può essere cresciuti vedendolo più e più volte (per inciso lo hanno dato giusto ieri sera in tv) e quindi rivederlo è sempre un'emozione. Ok, può darsi. Ma per me questo non vale, per cui, svuotato di quel "valore affettivo" riesco solo a vedere un risultato scadente e improponibile. Per me l'unica cosa valida di questo film è stata la locandina del film Un tipo staordinario con Henry Winkler che si vede in una scena.

E ora che finalmente ho messo per esplicito i punti che hanno reso la visione di questo film un'esperienza terribile, spero di non dover in futuro citare questo post per illustrare gli stessi difetti in un altro film.

28/01/2011 - uno di voi

non son più a casa non so quanto durerà la batteria il peso del portatile è troppo ma non sto portando altro con me, non mi serve altro se non questo ultimo legame con quelli di voi che ancora sono li e forse leggono e credono ancora in noi. quando dico noi parlo dell'umanità, quello che ne è rimasto e che forse ancora per poco continuera ad esistere anche se forse non lo ha mai meritato davvero. è bastato così poco a far crollare tutto, è strano che quando è successo al mondo intero non lo abbia quas notato e sono rimasto colpito solo quando è successo a me. adesso non sono più sicuro di quel "noi" non so quello che credo davvero e per questo sono fuggito, quella casa non era più un posto sicuro. avrei ptouto continuare a nascondermi per anni ma non è questa la sicurezza che cerco, c'è altro, c'è di più e c'è di peggio, e solo adesso mi sono reso conto che la soluzione non è fuggire ma trovare un'altra strada. è ovvio che l'umanità non può più sperare di riprendersi, non potrà sopravvivere se anche qualche piccolo nucleo di persone rimane in vita non potranno rimettere in piedi la civiltà che ci si è disgregata intorno. l'umanità ha fatto il suo tempo e non c'è più salvezza nell'essere umani e proclamarsi umani. ma io no ho intenzione di morire o forse sono troppo vigliacco per suicidiarmi. comunque è per questo che sono fuggito, sto vagando alla ricerca di qualcosa che non so dove trovare, nella speranza che quel qualcosa trovi me. so che succederà. non so se potrò continuare a scrivere. non so se sono ancora uno di voi.

Bustina # 18

Piove in egual modo sui ricchi e sui poveri. Solo che i ricchi hanno l'ombrello.
 da Pancreas di Giobbe Covatta


Mi sono imbattuto in questa frase durante la periodica ridistribuzione dei pesi sulle mensole che sovrastano il mio letto. Trovandomi di fronte a questo libro, che è stato in assoluto il primo che sia riuscito a farmi ridere sul serio (in questo senso adoro Giobbe Covatta, credo che sia l'unico comico "di professione" in grado anche di scrivere: i suoi libri non si limitano ad essere una raccolta scritta di battute, ma hanno un senso come opere a sé [cfr: Dio li fa e poi li accoppa]), non ho saputo resistere alla tentazione di sfogliarlo di nuovo. Una rapida occhiata alle pagine del diario di questa parodia del libro cuore, e ho trovato questo "proverbio del giorno", che si presta perfettamente alla bustinizzazione.

Rapporto letture - Dicembre 2010

Scrivo questo post con un certo ritardo rispetto alle previsioni, ma il rapporto letture mensile richiede del tempo per essere messo insieme, e questo mese non avevo ancora trovato l'occasione giusta. Fortunatamente tutto quello che devo fare è ripercorrere a ritroso il mio archivio su aNobii, per cui non c'è rischio di perdere informazioni.

Innanzitutto, qualche numero: nel dicembre di quello che ormai è l'anno scorso, sono riuscito ad assimilare nove libri, anche se di questi, come vedrete, due non sono propriamente "libri", per cui il numero non è esattamente paragonabile ai mesi precedenti. Ne consegue che ho mantenuto la solita media dei 6-8 libri mensili. La fine di dicembre sarebbe anche l'occasione ideale per fare delle statistiche più ampie, ma ho già soddisfatto questo proposito con un post di un paio di settimane fa. Per cui, possiamo procedere.


More about Nova SwingTerminato esattamente il primo dicembre, di Nova Swing uscito su Urania la scorsa estate ricordo bene solo una cosa: 261. Si tratta del numero della pagina in cui il romanzo finisce. Ne sono così sicuro perché probabilmente ho passato più tempo a ricontrollare tra quanto il libro sarebbe finito che a sfogliare le pagine perché le stavo effettivamente leggendo. Non sto esagerando, è stata davvero un'esperienza terribile, e infatti nel già citato riepilogo annuale questo è stato il libro che ho giudicato peggiore di tutto il 2010.  Non so quali fossero le intenzioni di Michael John Harris quando lo ha scritto. Forse il tentativo di mettere insieme una serie di suggestioni post-cyber-futuriste è infine sfociato in una storia fumosa e completamente assente. Non posso fare un riassunto della trama perché, di fatto, non ho capito cosa succede, ammesso che qualcosa succeda davvero. Può darsi anche che sia io a non avere la giusta sensibilità per apprezare un lavoro del genere (d'altra parte non mi è piaciuto nemmeno Mulholland Drive), ma in ogni caso questo non è quello che cerco in un libro. Voto: 2/10



More about Il pianeta proibitoDopo questa batosta sono riuscito a risollevarmi con Il pianeta proibito, uno dei primi Urania Collezione, che ho voluto leggere anche in omaggio al recentemente scomparso Leslie Nielsen, che fu interprete dello storico film da cui questo libro è stato tratto. Non ho sbagliato a scrivere: si tratta infatti di una "novelization", ovvero uno di quei rari casi in cui il libro segue il film. W.J. Stuart, in seguito al successo del film, fu contattato per riadattarlo su carta, e devo dire che il risultato non è male. La storia è una space opera nel senso più classico, con personaggi ben definiti e prevedibili, ma forse proprio questo senso di familiarità e la genuina ingenuità tipica dell'epoca in cui è stato scritto, lo rendono un piccolo gioiello, una favola di altri mondi  e altri tempi che non dispiace di leggere prima di dormire. Voto: 7/10


More about Dieci piccoli indianiChi ha detto che leggo solo fantascienza? Uhm, ok, di solito sono proprio io a raccontarlo in giro con orgoglio. Ma a volte mi concedo anche altro, per poter dire che non leggo proprio solo fantascienza. E se mi devo buttare su altri generi, cosa di meglio di un classico come Dieci piccoli indiani, tanto famoso che non mi prendo nemmeno la briga di scrivere il nome dell'autore? Il capostipite di un genere di giallo che ha segnato la storia, tanto rilevante che finirà sicuramente nella lista dei cento libri per sembrare fighi, e a dirla tutta l'ho usato io stesso come titolo del mio primo post del survival blog. I canoni del giallo sono cambiati da quando la storia è stata scritta, tanto quanto i paradigmi della società che hanno consentito ad Agatha Christie di scrivere dialoghi del tipo "ha fatto morire venti persone, ma non erano che negri!" e non finire come argomento principale nell'arena di giletti la domenica pomeriggio, e per questo il libro non è più tanto brillante come poteva esserlo quando è uscito, ma si tratta comunque di una pietra miliare di grande valore, e se oggi rientra nel "già visto" è perché sono stati tutti quelli dopo a copiare da qui. Voto: 7/10


More about La strada per DuneOk, non leggo solo fantascienza, ma prevalentemente sì. E ne La strada per Dune di Frank Herbert (Tea Due) si trova quella che è l'essenza primaria della fantascienza. Quello che non si trova è qualcosa che abbia a che fare con Dune, la grande saga scritta (e incompiuta) dell'autore, che ritengo una delle opere letterarie più grandiose mai realizzate, nonostante l'infelice marketizzazione che ne è stata fatta dopo la morte di Herbert... ma questa è un'altra storia, che mi propongo di affrontare prima o poi, e di cui un piccolo accenno potete leggere qui. Quindi, se pure mi sono fatto fregare dal titolo, i racconti che ho letto mi hanno comunque soddisfatto (non tutti, ma nel complesso), per la solidità delle storie di quella fantascienza hard di cui Herbert era uno dei più validi esponenti. Voto: 7.5/10


More about Ritorno al domaniSe il successore di Frank Herbert è statto Kevin J. Anderson, per Ron Hubbard si scomodano i grandi nomi e si può in effetti parlare di Tom Cruise. Certo, non stiamo parlando di successione artistica, perché a conti fatti si può dire che quanto verrà ricordato di Hubbard sarà più la dianetica, la disciplina che ha dato origine a scientology. Hubbard passerà alla storia come il fondatore di questa diffidata (nel senso che la gente ne diffida) religione, ma la sua carriera "pubblica" è iniziata come scrittore di fantascienza, e nemmeno uno dei peggiori. Il suo Ritorno al domani è probablimente uno dei primi libri a trattare su ferme basi scientifiche le conseguenze del viaggio a velocità relativistiche, e il destino di quei coraggiosi (o pazzi) che decidono di navigare per gli spazi siderali, ben sapendo che in questo modo rinunciano a tutto quanto conoscono e hanno amato. Un romanzo struggente, di un autore che forse meriterebbe di essere riscoperto. Voto: 8/10 - best of the month!


More about Cuore punkLa Shake ha riniziato a pubblicare tempo fa alcuni classici del cyberpunk, tra i quali anche Cuore punk, una raccolta di racconti di John Shirley, che, stando all'introduzione di Bruce Sterling, non è uno "scrittore cyberpunk", ma più un "cyberpunk scrittore". I racconti contenuti in questa raccolta sono forti, estremi come è riportato anche in copertina. Forse anche troppo. Personalmente amo le atmosfere e i temi cyberpunk, ma quando questi sono accompagnati a scrittura "sperimentale" e contenuti vaghi il mio amore vacilla. In questo caso non è che ci si trovi davanti a frasi scritte da destra a sinistra o descrizioni minuti dell'orbita di un elettrone intorno al suo nucleo, ma ho avuto l'impressione che l'autore volesse dire di più di quello che sono riuscito a comprendere. Per dire, mi sono sembrati quasi più sconvolgenti gli sprazzi biografici che fanno da introduzione ad ogni racconto, che i racconti stessi. Quindi buono, ma non quanto dovrebbe essere. Voto: 6/10


More about La Torre Nera: La caduta di Gilead More about La Torre Nera: La battaglia di Jericho HillIl pomeriggio di natale, avendo poco di meglio da fare, mi sono buttato sulla lettura di due fumetti in cui mi ero imbattuto durante la tradizionale spesa di regali, e sono questi i due non-libri di cui parlavo all'inizio. Ora, io non sono un fruitore di fumetti, quindi non so nemmeno se questa definizione sia appropriata, o si tratti, chessò, di "graphic novel", di "tavole" o chessoio. Quello che so, e che mi importa, è che si tratta di trasposizioni della saga della Torre Nera di Stephen King, di cui avevo già acquistato i primi due volumi. Questi La caduta di Gilead e La battaglia di Jericho Hill sono il quarto e quinto volume (per cui sì, mi sono perso il terzo), e narrano una parte di storia che nei romanzi originali era stata appena accennata, ovvero tutta quella compresa tra il ritorno del pistolero a casa dopo gli eventi di La sfera del buio e la sua comparsa all'inseguimento dell'uomo in nero in L'ultimo cavaliere. Qui si assiste al crollo della città, e in sostanza dell'intera civiltà, nel quale Roland era cresciuto, e alla morte di tutti i suoi compagni di gioventù. Non giudico le illustrazioni perché non sono competente, dico solo che mi sono sembrate appropriate al tono della vicenda. La storia a volte sembra un po' semplificata, ma probabilmente in questo caso non c'è alle spalle un narratore esperto come King. Per entrambe assegno un voto: 7/10.

More about La valle dello ZodiacoDopodiché si torna a soffrire, di nuovo con un Urania. Il titolo La valle dello zodiaco di questo volume è un medley dei titoli dei due romanzi che contiene: La valle dell'eclissi e Zodiac, rispettivamente di Claudio Asciuti ed Errico Passaro. E se dico che si torna a soffire, è perché questo è un libro che devo reputare obiettivamente brutto, non ai livelli di Nova Swing ma molto vicino. Non credo di dover approfondire la questione perché ne ho ampiamente discusso in un altro post, che ha suscitato anche una certa attenzione, quindi rimando a quello tutti quanti volessero sapere perché concludo la mia valutazione con un voto: 4/10.



Beh, dicembre non sembra essere stato un mese particolarmente felice. Ma a gennaio mi sono rifatto, e lo vedrete quando i tempi saranno maturi per il prossimo rapporto letture. Per il resto, come ogni volta, vi invito a seguire i commenti più dettagliati sulla mia pagina di aNobii.

Futurama 6x04 - Proposition Infinity

Come nel caso dell'episodio precedente, anche questo contiene una certa componente "sociale". In questo caso però non viene parodiato uno degli aspetti della cultura moderna, ma viene affrontato un tema che riveste attualmente una certa rilevanza: il matrimonio omosessuale. No, non è Fry ad innamorarsi di Brannigan, ma Bender e Amy che si ritrovano coinvolti in un tornado di passione (in senso abbastanza letterale). Quindi si parla in effetti di relazioni robosessuali, ma l'analogia è chiara. Come accade spesso in Futurama, la "robosessualità" non è un'invenzione di questo episodio, ma un fenomeno che era già stato citato addirittura nell'episodio pilota, quando Bender chiedeva a Fry di non stargli troppo vicino appunto per non essere scambiati per robosessuali. E nell'episodio I Dated a Robot, veniva invece mostrato il tabu delle relazioni umane-robot, con tanto di filmato educativo sponsorizzato dal papa spaziale.

Sarebbe stato facile trasformare la puntata in un lungo apologo con la morale che non c'è niente di male in quello che accade tra due adulti consenzienti (o uno solo, come suggerisce Zoidberg), ma fortunatamente non va così. Ovviamente quando i due si impegnano per far approvare la legittimità del matrimonio tra uomini e robot è chiaro da quale parte stiano gli autori dello show, ma il giudizio etico non pesa sull'economia dell'episodio che rimane in ogni caso godibile.
È da notare che con questo episodio Amy si riconferma come il personaggio più promiscuo della serie. Infatti ha avuto relazioni praticamente con ogni personaggio maschile: Kif, Fry, Brannigan e Bender, oltre a una serie di comparse. E se si considera come "canone" anche l'universo alterno-fantasy di Bender's Game, vanno inclusi nel conto anche il Professore e Leela. Quindi non è difficile capire perché l'anfibio alieno verde decida di lasciarla all'inizio della puntata. Salvo poi tornare insieme alla fine, com'era prevedibile in questo caso (no, dai, questo non lo considero uno spoiler). Voto: 7

Coppi Night 16/01/2011 - Devil

Sono rimasto tutto sommato soddisfatto da questo recente film girato da non mi ricordo chi che però ha non mi ricordo quale connessione con Shyamalan (che tutte le volte che lo dico mi viene in mente Maccio Capatonda nella scena di La febbra).

Rispettando la mia politica di non rovinare un film che giudico godibile, non rivelerò la trama nel dettaglio. Basti sapere che cinque persone si ritrovano chiuse in un ascensore e per qualche motivo si vede da subito che qualcosa non va. La cosa si fa più evidente quando cominciano a morire, una alla volta. All'inizio si tratta quindi di un "delitto della camera chiusa", nel quale l'assassino è necessariamente all'interno dell'ambiente, e nello specifico uno dei cinque (piccoli indiani?). Fin dall'inizio però viene presentata questa leggenda secondo cui le manifestazioni del demonio si svolgano proprio in modo simile, e quindi tra accuse reciproche sta allo spettatore capire chi sia il diavolo. E questo, secondo me, è il punto in cui il film avrebbe potuto fare un vero salto di qualità: va bene presentare la storiella del male che si presenta agli uomini per farli soffrire e portarseli via, ma se alla fine si fosse scoperto che nessuno dei protagonisti era il diavolo, e che in realtà si trattava della sola malvagità degli uomini che si adattava perfettamente alla leggenda, sarebbe stato ancora più incisivo. Ma probabilmente l'elemento soprannaturale era necessario, se non altre per spiegare (cioè, non spiegare) alcune morti decisamente, appunto, inspiegabili.

Naturalmente nella lotta tra il bene il male alla fine vince il bene. Ma il male segna comunque qualche punto, bisogna riconoscerlo. Pollice in giù per i titoli di coda che mi stavano facendo venire la nausea.

Certo se ci fosse stato anche Il Piccolo Riccardino Fuffolo sarebbe stato davvero il top.

16/01/2016 - sono forse il guardiano di mio fratello?

scopro che è il 16 gennaio solo accendendo il computer. avevo perso il conto dei gionri. sono rimasto chiuso e isolato per diverso tempo, ed è per questo che non ho  più fornito aggiornamenti dopo l'ultimo risalente ai primi dell'anno. e tutto questo perché, alla fine, è successo.

quello che avevo temuto fin dall'inizio, è successo nei giorni scorsi. non so di preciso quando. era metà mattina. io stavo facendo colazione da solo, qualcuno era ancora a letto, mentre carlo, uno degli amici che ho ospitato in casa mia, era fuori per prendersi cura dell'orto. non che sapesse esattametne cosa fare, probabilmente si limitava a rivoltare la terra senza un vero scopo. ho smesso di mangiare la zuppa di latte e biscotti che stavo mangiando (una cosa che ho sempre odiato, ma adesso rimane poco altro di adatto alla colazione) e sono uscito per dare glia vanzi ai gatti. ma a differenza di quanto succede di solito, non mi sono venuti incontro appena ho aperto la porta. i gatti non c'erano. nessuno di loro.

se era vero quello che avevo sentito dire, questo voleva dire solo una cosa: gialli nei paraggi. sono andato nell'orto a chiamare carlo per farlo rientrare, e lui mi ha guardato con aria sorpresa... e vuota. in quel momento mi sono convinto che fosse lui a essere infetto. sono corso indietro e prima che potsse raggiungermi ho chiuso la porta lasciando la chiave nella serratura in modo che non potesse aprire da fuori. sono rimasto per un minuto appoggiato alla porta, cercando di riprendere fiato. poi alfredo, il tizio che si è unito a noi quando stavamo migrando verso questa casa, mi è venuto incontro.

"cosa è successo?"
"i gatti" ho spiegato. "non ci sono"
"chi c'è fuori?"
"carlo"
"è in pericolo"
l'ho fissato e ho dato una risposta a voce tanto bassa che non mi sono sentito nemmeno io. "è lui" ho ripetuto.
"sei sicuro?"
stavolta non sapevo cosa rispondere. no che non ero sicuro, non lo ero per niente. ero solo spaventato. alfredo mi è passato oltre e stava per aprire la porta, ma con una spinta l'ho alontanato. "non uscire" ho detto.
"dobbiamo controllare. non possiamo lasciarlo li fuori se non è infetto."
"ma se lo è?"
è toccato a lui non rispondere. ma quando ha aperto la porta non sono riuscito a fermarlo di nuovo.

siamo usciti insieme. carlo non era davanti la porta. non era da nessuna parte. non era una bella situazione. poteva davvero essere arrivato alla fase del contagio che lo rendeva un animale selvaggio, o poteva essere lucidissimo e in cerca di qualcosa per forzare l'entrata. siamo tornati dentro.
"vai a chiamare gli altri" ha ordinato alfredo.
ma gli altri avevano sentito tutta la scena di poco prima, e si sono radunati nell'ingresso con noi. tutti tranne uno.
"dov'è tua sorella" mi ha chiesto alfredo, incalzante, come se gli stessi nascondendo qualcosa.
"non lo so!" ho sbottato. "perché dovrei saperlo io e non lui?" indicavo il ragazzo di lei, che era appena sceso dalla stanza.
"l'ho sentita alzarsi stamattina presto, non sapevo che non fosse qui" ha raccontato lui.
la tensione cominciava a salire.
"e carlo invece dov'è?" ha chiesto luca, l'altro mio amico.
"fuori. i gatti non ci sono" ha spiegato alfredo. è bastato questo a far capire la situazione.
il ragazzo di mia sorella si è precipitato sulla porta, ma alfredo l'ha trattenuto. "non possiamo uscire così"
"chi cazzo sei per decidere? e se lei è fuori?"
"e se lei è infetta?" ha ribattuto.
"e se lo è carlo?"
"e se lo sei tu?"
"e se non lo è nessuno e stiamo per essere attaccati da un gruppo di gialli mentre stiamo qui a litigare?"
alfredo non ha risposto con le parole. ha spinto da parte il ragazzo e si è parato davanti la porta. "nessuno esce" ha ribadito. "dobbiamo prima capire come..."
"se qualcuno di noi è infetto" ho detto, parlando in tono soprendentemente calmo "stare tutti qui a parlarne non risolverà niente. anzi, forse ci stiamo contagiando l'un l'altro"
il mio cognatodi fatto non ha sopportato quell'insinuazione e mi si è lanciato addosso, buttandomi a terra. ho battuto la testa sul pavmiento in cotto e per diversi secondi i miei sensi si sono offfuscati, anche se percepivo il suo peso su di me, le urla e i colpi che mi si abbattevano sul viso. poi gli altri lo hanno preso e sollevato, trattenendolo. mi sono ripreso e sono riuscito ad alzarmi. la prima cosa che ho fatto è stato pulirmi il viso con la manica: temevo che la sua saliva mi fosse arrivata addosso, che il mio sangue potsse essere esposto all'infezione.
"calmiamoci" ha detto alfredo, ma lui stesso non lo era affatto.
poi la porta si è aperta. carlo era riuscito ad aprirla dall'esterno. "che cazzo fate?" il suo sguardo si è puntato su di me, e l'odio che riuscivo a scorgervi mi faceva pensare che fosse tutt'altro che infetto.
"credevo..." ho inizato a dire, ma non sapevo come continuare. d'altra parte era evidente quello che era successo.
ma non era finita. il ragazzo di mia sorella ha mollato una gomitata nelle costole ad alfredo, si è divincolato ed è sparito fuori, approfittando della porta aperta. alfredo gli è corso dietro, sbalzando carlo con una spallata che mi è finito addosso, facendomi cadere di nuovo.
questa volta è stato luca a chiudere la porta, ma la serratura non girava più, dopo la forzatura di carlo. "non si chiude più!" ha urlato, nel panico. "sei un coglione!" ha aggiunto, rivolto a carlo.
lui gli si è avvicinato: "che dovevo fare? rimanere fuori e aspettare che mi attaccassero? questa testa di cazzo mi aveva chiuso fuori, dovevo lascarmi morire perché si è cacato addosso? sono io il coglione?"
"scusa, per un attimo..." ho tentato ancora di giustificarmi dopo essermi rialzato.
"un attimo un cazzo! mi avresti lasciato morire"
"lo abbiamo fatto con quell'altro" ha ricordato luca, riferendosi al vicino di casa che, poco dopo esserci trasferiti qui, abbiamo abbandonato fuori dopo che aveva mostrato i primi sintomi dell'infezione.
"ma sono IO!" ha insistito carlo, e stavolta nella voce non c'era tanto rabbia quanto dolore. la consapevolezza che i suoi amici gli avrebbero voltato le spalle in quasliasi momento. che lo avrebbero lasciato morire anche solo per un sospetto.
eravamo tutti contro tutti.
ci siamo fissati a vicenda. poi ho sentito i loro sguardi farsi insistenti su di me. e mi sono ricordato che stavo ancora sanguinando per i colpi ricevuti poco prima. la vista del sangue li terrorizzava. perché poteva voler dire contagio.
se anche eravamo tutti nemici, io adesso ero un nemico più temibile.
prima che uno di loro trovasse il coraggio di muoversi, ho preso di corsa le scale e sono sceso nel garage. la porta è metallica e pesante, e dopo averla chiusa con un paio di mandate mis ono sentito al sicuro. mi hanno seguito, hanno picchiato sulla porta ma è troppo pesante per essere buttata giù.

i suoni mi giungevano attutiti, ma ho sentito grida e passi affrettati, la voce di alfredo che doveva essere toranto indietro, un colpo di fucile, vicino, forse sparato alla serratura della porta del garage, poi altri passi, fuori e intorno alla casa, altre grida, uno sparo.
poi, forse è stato lo shock. ho sentito il terreno ondeggiare, la testa dondolare. mi sono accucciato a terra, sul pavimento gelido. mi sono addormentato.

sono rimasto nel garage da allora, qualche (non so quanti) giorni fa. ho mangiato poco: salsa di pomodoro nei vasetti che preparava mia madre, qualche frutto, mezzo salame che era appeso qui al fresco. nessuno è più venuto a cercarmi. oggi, quando sono stato sicuro di non aver sentito rumori di sopra da almeno un gionro, sono tornato di sopra. non c'era più nessuno. la porta era aperta. fuori ho trovato i gatti, intenti a leccarsi a vicenda. vederli collaborare come noi non siamo stati capaci di fare mi ha fatto male. ho sentito il respiro fermarsi nel petto, e mi sono inginocchiato, cercando di ritrovare l'ossigeno. un gatto mi si è avvicinato, si è strusciato alle mie gambe. mi è venuto da ridere. ma invece ho pianto, per alcuni minuti, lì per terra, circondato dai gatti che miagolavano in risposta ai miei singhiozzi.

questo accadeva un'ora fa. nel frattempo ho mangiato, mi sono finalmente medicato le ferite, ho nutrito i gatti. poi ho ripreso il computer. non ho nemmeno letto gli ultimi resoconti degli altri sopravvissuti. non so se mi sono perso la definitiva sconfitta del genere umano, in questi ultimi giorni. quello che so è che io sono sconfitto. non sono infetto, altrimenti i gatti non mi si struscerebbero addosso, ma nondimeno sono finito.

non sto nemmeno a chiedervi aiuto, perché non è quello che voglio. abbiamo sbagliato tutto.

[quote] # 10

Questo primo [quote] del nuovo blog (ma preceduto da altri nove su quello vecchio) potrà apparire di natura sociologica, o politica, o anche etica, e forse in fondo è un po' tutte queste cose. Ma come spiego nell'elenco delle rubriche, l'intenzione dei [quote] è quella di riportare pezzi che reputo abbastanza interessanti da essere condivisi, indipendentemente dal contesto e dalle intenzioni.

Il brano che segue è tratto da Il gene egoista di Richard Dawkins, un libro che ho finito di leggere solo di recente e che, come mai prima mi era capitato con un "saggio" mi ha catturato, affascinato e stravolto (non era successo nemmeno con L'orologiaio cieco, dello stesso autore, che ho citato nel post riepilogativo delle letture del 2010). Il libro in sostanza tratta di una teoria elaborata dall'autore, che appartiene (e anzi si può dire sia attualmente il maggior esponente) alla corrente dei cosiddetti neodarwiniani, secondo la quale l'oggetto della selezione naturale non siano gli individui ma i geni, e che tutta la vita nell'universo non sia altro che un complesso sistema di giganteschi automi costruiti allo scopo (inconscio) di replicare i geni che portano in sé. Partendo da questa assunzione, Dawkins esamina alcuni importanti aspetti della vita e della selezione naturale, dandone un'interpretazioe in chiave di "geni egoisti". Nel capitolo dedicato alla "pianificazione familiare" si legge:

Gli individui che hanno pochi figli sono penalizzati non perché l'intera popolazione si estingue, ma semplicemente perché pochi dei loro piccoli sopravvivono. I geni per avere troppi figli non vengono passati in gran numero alle generazione successiva perché pochi dei piccoli che portano questi geni raggiungono l'età adulta. Oggi all'uomo civilizzato succede che le dimensioni della famiglia non sono più limitate dalle risorse finite che i genitori possono fornire: se una coppia ha più bambini di quanti ne può nutrire, lo stato, che significa il resto della popolazione, si fa avanti e tiene in vita e in salute i bambini in più. Non c'è in effetti nulla che trattenga una coppia senza alcuna risorsa dall'avere e allevare esattamente quel numero di figli che la donna può fisicamente avere. Ma lo stato sociale è una cosa del tutto innaturale. In natura, genitori che hanno più figli di quanti ne possono mantenere non hanno molti nipoti e i loro geni non vengono passati alle generazioni future. Non c'è bisogno di limitazioni altruistiche del numero delle nascite perché in natura non c'è uno stato sociale. Qualunque gene dell'indulgenza in questo senso viene immediatamente punito: i piccoli che contengono quel gene moriranno di fame. Poiché noi umani non vogliamo ritornare a quei vecchi sistemi egoistici in cui i figli di famiglie troppo grandi venivano lasciate morire di fame, abbiamo abolito la famiglia come unità di autosufficienza economica, sostituendole lo stato. Ma non si dovrebbe abusare del privilegio del mantenimento garantito dei bambini.
La contraccezione talvolta viene attaccata perché considerata innaturale. È vero, è fortemente innaturale. Il problema è che anche lo stato assistenziale è innaturale. Penso che la maggior parte di noi creda che lo stato assistenziale sia una cosa positiva, ma esso non può esistere se non esiste anche un controllo delle nascite (innaturale), altrimenti il risultato finale sarà una miseria ancora maggiore di quelal che si ha in natura. Lo stato assistenziale è forse il più grande sistema altruistico che il regno animale abbia mai conosciuto. Ma qualunque sistema altruistico ha un'inerente instabilità, perché è vulnerabile all'absuo da parte di individui egoisti pronti a sfruttarlo. Individui umani che hanno più bambini di quanti ne possano allevere sono probabilmente nella maggior parte dei casi troppo ignoranti per essere accusati di sfruttamento malintenzionato cosciente. Più sospettabili mi sembrano le istituzioni potenti e i capi che deliberatamente li incoraggiano a comportarsi così.
Com'era prevedibile queste parole sono state fraintese, anche se Dawkins (qui e in seguito) afferma più volte che il suo non è un manifesto pro-egoismo o un elogio della selezione naturale all'interno della società, ma soltanto una constatazione di come le cose sono nate e si evolvono. In questo caso, il punto centrale non è l'inadeguatezza dello stato sociale o la necessità di abbandonare le famiglie coi loro figli. Si cerca di sottolineare come, in un sistema del tutto innaturale come lo è appunto l'enorme complessa società umana, si rendono necessarie misure innaturali per mantenere la stabilità.

E questo veniva detto nel 1976. Trentacinque anni dopo, a chi dareste ragione?

Coppi Night 09/01/2011 - Das Experiment

Domenica scorsa ci ho provato di nuovo con la pizza baccalà e porri scoperta di recente, anche per rimanere a tema marino con gli spaghetti allo scoglio mangiati a pranzo. Ma come già temevo che sarebbe potuto succedere, i porri non erano disponibili nell'inventario di Coppi, per cui ho dovuto ripiegare su una carbonara, che del baccalà ha comunque lo stesso grado di salinità.

Quindi forse è per questo che per tutta la sera ho avuto una sete da tuareg (la macchina, non l'abitante del deserto: si tratta notoriamente di un'auto che beve parecchio), e la secchezza delle fauci non era certo procurata dalla visione di uno dei film più inquietanti che mi sia capitato di vedere. Lo avevo già visto ma l'ho votato comunque, perché mi sarebbe piaciuto rivederlo. Beh, oddio, "piaciuto" non è la parola adatta, visto che non si tratta certo di un film "piacevole".

In Italia in effetti è arrivato come The Experiment, ma ho voluto lasciare il titolo originale per sottolineare le origini germaniche. Tratto da un racconto di Mario Giordano, che non è quello che si vede da queste parti in tv, il film si basa su un esperimento realmente realizzato, ma non in Germania: lo Stanford Prison Experiment. Il film naturalmente esagera un po' le situazioni, ma per come le cose sono andate nell'esperimento non si fatica a credere che avrebbe potuto davvero finire così, se fosse andato avanti.

L'unica nota negativa che mi sento di fare è riguardo il personaggio della ragazza (Dora?), il cui ruolo è tutto sommato irrilevante, visto che poteva benissimo essere ricoperto, ad esempio, dal capo-giornalista del protagonista. Ma forse tra una pisciata sulla testa e una black box c'era bisogno di qualche momento di soffusi ricordi amoreggianti per stemperare la tensione.

Una recensione migliore di questa, che oltre a questo film parla anche dell'esperimento reale e dell'americanissimo remake del 2010, si trova su Malpertius. Fateci un giro.

Letture 2010 D&R

Avevo già intenzione di scrivere un post riepilogativo delle letture del 2010, anche se ero incerto su quale forma dargli. Poi oggi ho scoperto questo meme, apparso già su qualche blog che mi capita di bazzicare, e allora colgo l'occasione e sfrutto le domande per fare il mio resoconto dei libri del 2010. Il tutto mi è reso possibile dal mio archivio su aNobii, senza il quale non sarei assolutamente in grado di ricordare cosa/quando ho letto.


Quanti libri hai letto nel 2010?

77, per un totale 20156 pagine.

Quanti erano fiction e quanti no?

71 fiction - 6 non. Si capisce che sono piuttosto monotematico?

Quanti scrittori e quante scrittrici?

Se escludo le antologie (e non sono poche), considerandole in media asessuate, ho letto solo 5 libri di donne.

Il miglior libro letto?

Storie della tua vita di Ted Chiang

Menzione di merito per Hyperion (insieme a The Fall of Hyperion) di Dan Simmons (da cui deriva anche la citazione in epigrafe al blog) e Melodia di Daniele Bonfanti (uno letto a ottobre e uno a novembre, quindi qualche accenno si trova nei precedenti "rapporti letture")

E il più brutto?

Nova Swing di M. John Harrison

Menzione di demerito per La valle dello zodiaco di Claudio Asciuti/Errico Passaro, di cui parlo ampiamente qui.

Il libro più vecchio che hai letto?

Dieci piccoli indiani di Agatha Christie, che non ho controllato ma credo sia precedente al 1900. E se anche non fosse, non credo che risalga al 194eqqualcosa, che il più vecchio dopo questo.

E il più recente?

Riflessi di Mondi Incantati, l'antologia del XVI Trofeo RiLL uscita nel novembre 2010.

Quale il libro col titolo più lungo?

Considerando anche il sottotitolo: Good Omens - The Nice and Accurate Prophecies of Agnes Nutter, Witch, di Terry Pratchett e Neil Gaiman, che poi in italiano sarebbe Buona Apocalisse a tutti.

E quello col titolo più corto?

Parimerito tra Pigmeo di Chuck Palahniuk e E-doll (considerando anche il trattino) di Francesco Verso.

Quanti libri hai riletto?

Nessuno. Non posso permettermelo.

E quali vorresti rileggere?

Sicuramente ridarò un'occhiata a L'orologiaio cieco di Richard Dawkins. E il racconto Storia della tua vita contenuto in Storie della tua vita (già citato sopra) l'ho già riletto un paio di volte dopo averlo finito.

I libri più letti dello stesso autore quest'anno?
Anche in questo caso escludendo i singoli racconti, di cui non riesco a tenere una traccia precisa, non emerge nessun autore a cui mi sono dedicato in particolare. Di nessuno ho letto più di due romanzi, e tra questi fortunati ci sono Jeff Somers, Walter S. Tevis, Robert Scheckley. E altri.

Quanti libri scritti da autori italiani?

19. Io stesso pensavo meno, eppure a quanto pare sto dando una certa importanza ai prodotti di casa nostra.

E quanti dei libri letti sono stati presi in biblioteca?

Nessuno. I libri devono essere miei.

Dei libri letti quanti erano e-book?

Nessuno di quelli che ho considerato qui. Questa analisi si basa sui dati che trovo su aNobii, dove non ci sono e-book. Anche se mi è capitato di leggerne, come ho letto centinaia di racconti sparsi su forum/blog.


Quanto alle domande scelte dall'ignoto compilatore del meme, è interessante notare come l'esistenza delle antologie e quindi la lettura di singoli racconti piuttosto che di libri interi sia del tutto ignorata. Ma in effetti in questo modo si farebbe davvero un gran casino.

Così dovrei aver dato un'idea del mio panorama letturifico. Un livello di dettaglio maggiore si può avere leggendo i miei rapporti letture mensili (e a breve arriverà quello relativo a dicembre), e ancora di più seguendo i miei commenti su aNobii.

Coppi Night 02/01/2011 - Lucignolo

Per la prima Coppi Night del 2011, forse anche a causa di una festa dell'ultimo dell'anno al di sotto delle aspettative, è stato fin da subito chiaro quale linea di film sarebbe stata scelta dall'assemblea riunita in fase di voto, e lo è stato ancor di più quando i due finalisti si sono rivelati Lucignolo e Faccia di Picasso. Insomma, ogni tanto il Coppi Club ha bisogno di una sana iniezione di comicità toscana, com'era sucesso con Caruso Pascoski e ancora prima con Berlinguer ti voglio bene.

Di Ceccherini (o meglio, per essere più precisi, della coppia Paci/Ceccherini) era stato visto, in un'epoca in cui gli esiti dele Coppi Night non erano ancora registrati, lo spettacolo Pinocchio (aka Fermi tutti questo è uno spettacolo). In quell'occasione, devo ammettere, mi sono addormentato durante la proiezione. Questo perché, nonostante le gag, la comicità si rivelava davvero obsoleta, peggio che nel recente Bianco rosso e verdone. Lucignolo invece si è rivelato più frizzante, o forse solo più contemporaneo.

Non c'è bisogno di approfondite analisi per un film che consiste sostanzialmente in una serie di battute, ma che pure rivalegga per trama con altri obbrobri attuali di presunto valore comico (ogni riferimento al film che siete andati a vedere per natale è probabilmente intenzionale). Si può comunque dire che, per chi gradisce la comicità toscana questo è un film soddisfacente. È anche interessante vedere alcuni personaggi che negli anni successivi al film hanno ottenuto un notevole successo o, al contrario, sono scomparsi al pubblico. Al confronto di questi e delle comparse ricorrenti in tutti i film comici toscani degli ultimi vent'anni, le guest star sono quasi insipide.

It rains ducks and frogs

Non so bene quale sia l'origine del modo di dire albionico da cui ho ricavato questo calembour, ma dubito che derivi da fatti storici accertati. Almeno, lo dubitavo fino a pochi giorni fa.

Probabilmente dopo il picco iniziale la cosa sta già passando di moda, ma dato che non passo molto tempo a scandagliare i canali di informazione "tradizionali", ho saputo questa cosa solo ieri. Per inciso, il fatto che non legga giornali o segua regolarmente tg deriva da un generale scetticismo nei confronti delle informazioni che possono fornirmi, e poi ho cose molto più importanti da fare (per esempio letture di altro tipo che si rivelano decisamente più formative). In ogni caso, vivendo nel mondo, le notizie prima o poi mi arrivano, anche se magari un po' in ritardo.

Così, quando sono venuto a sapere delle improvvise "piogge" di uccelli morti che si sono susseguite prima in USA, poi in Svezia, e infine anche in Italia, ero l'ultimo a saperlo (ma vista la mia scarsa altezza, quando piove sono sempre l'ultimo a saperlo. ha. ha.). Eppure la cosa mi ha un po'... forse turbato no, ma incuriosito di sicuro.

Le morti in massa sono sempre spettacolari, e lo sono ancora di più se sono seguite da una pioggia di cadaveri. Anche perché di uccelli morti non se ne vedono così tanti, o per lo meno non tanti quanti ci si aspetterebbe. Pensate alle città affollate di piccioni: quanti ne moriranno, ogni giorno? Eppure, al contrario di topi, gatti, ricci, serpenti eccetera, è raro trovare un piccione morto per la strada. Ecco perché la cosa è in qualche senso inquietante. Pensare che interi stormi si siano suicidati come lemming è poco plausibile, per cui ci dev'essere un'altra interpretazione di questi fenomeni.

Spiegazioni locali alle morie nei diversi posti sono state in seguito fornite, dai botti di capodanno per l'Arkansas ai semi di girasole per Faenza, ma questo non leva del tutto i sospetti. Soprattutto perché, quando più episodi simili si verificano in parti diverse del mondo, e ai volatili si aggiungono i pesci, e a questi gli imenotteri, si comincia davvero a pensare che il conteggio degli tzolk'in stia raggiungendo il suo limite, in particolare se si considera l'enigmatica frase attribuita ad Einstein a proposito della correlazione tra l'estinzione di api e umanità.

Quindi, c'è da preoccuparsi? Boh, non è che sia la persona più competente in fatto di apocalissi. E non posso garantire la salvezza dei vostri corpi o delle vostre anime.

Ma mi viene da pensare ad altre precipitazioni animalesche, che dalla bibbia al Libro dei dannati sono chiaramente documentate e, a quanto pare, tutt'altro che rare (per essere eventi rari). Anche le rane, a quanto pare, si divertono a piovere dal cielo, e presumibilmente sfracellarsi in terra, di quando in quando e di dove in dove.

E allora, qual è la conclusione?

Io credo che sia solo una. Che siamo troppo piccoli. Troppo minuti e irrilevanti per pretendere di capire come funziona il mondo intorno a noi. Certo, ci possiamo provare, e questa anzi è delle più nobili attività cui l'uomo può dedicarsi. Ma nonostante i nostri sforzi, non riusciremo mai a comprendere la realtà che ci circonda. Ci sono tanti fatti, e questo ne è solo un alto esempio, di fenomeni che non siamo in grado di spiegare, ma che non per questo non hanno una spiegazione. E tutto sommato, è bene che ogni tanto "la natura" (ma preferirei dire "le circostanze", per non antropomorfizzare un'entità che non ha una definizione precisa e non agisce coscentemente) ce lo ricordi.

Per cui, la prossima volta che vi trovate sotto una pioggia di armadilli, rilassatevi: godetevi lo spettacolo, cercando di non pensare a quanto dovrete spendere dal carrozziere. E soprattutto, se trovate un piccione morto fatemelo sapere. Sarebbe di estremo conforto per me.

Top music 2010

Questo sarebbe il terzo anno in cui mi impegno a fare una cernita della musica ascoltata da gennaio a dicembre, filtrare quello che risale ad anni precedenti, estrarre il meglio, e imbottigliarlo in un post. Se può interessare, sul vecchio blog si trovano i "best of" del 2009 e 2008 (parte 1 e 2).

Prima di iniziare con la rassegna, una doverosa (e ripetitiva) premessa. Con tutta la buona volontà, non potrei mai riuscire ad ascoltare tutto quanto viene effettivamente rilasciato nel corso di un anno. La mia analisi si basa quindi su quello che mi arriva all'orecchio, in modo più o meno fortuito. In alcuni casi si tratta di novità anche per me, in altri posso affidarmi a nomi noti che so non mi deluderanno. Ma se tra tutti questi dischi non c'è quello che la critica internazionale ritiene il top of the top dell'anno, vuol dire che non l'ho sentito (o magari non sono d'accordo). Altra nota: nel mio "best of" faccio riferimento solo agli album, e non a singoli/EP. Questo perché considero un album, al pari di un libro, come un'opera completa, concepita per avere senso nel suo insieme. E, per inciso, si tratta sempre di roba che ho acquistato e si trova stoccata nelle mie mensole.

Tutto chiaro? Possiamo cominciare.


Il primo a meritare una menzione è senza dubbio Johannes Heil con il suo album Loving. Ma c'è poco che possa aggiungere a questo proposito che non abbia già detto nel post a lui dedicato, risalente a qualche tempo fa. Quindi vi rimando a quello per sapere di cosa si tratta, e qui mi limito a dire che rientra sicuramente nella top 5 dei migliori album del 2010.




È poi da includere un veterano come The Timewriter, aka Jean F. Cochois, a cui in realtà potrei arrivare ad attribuire due album, in quanto il suo Gold in the Attic è uscito nel dicembre 2009 ed entrato in mio possesso solo nei primi mesi dell'anno dopo. Ma usando il criterio da me stesso imposto non posso considerare quell'album, mentre posso parlare di Tiefenschon (che poi andrebbe scritto coi due pallini sulla O, ma non ho voglia di cercare il carattere speciale), uscito per Plastic City. Timewriter è da tempo uno dei più rilevanti produttori di house, quella vera, e ogni suo album è una degna espressione di questo genere. Come ad esempio l'eccellente Soulstickers, anche Tiefenschon raccoglie una serie di tracce variegate, da quelle più adatte alla pista ad altre solo strumentali. In entrambi i casi Timewriter riesce a creare suoni avvolgenti e convincenti, e questa sua coerenza gli vale un posto tra i migliori del 2010.

Gli Underworld sono un gruppo che tutti conoscono, anche se non lo sanno, non fosse altro per l'immortale Born Slippy. A tre anni da Oblivion with Bells, nel 2010 sono tornati con l'album Barking. Da sempre i due dj inglesi sono considerati mostri assoluti nel campo della musica elettronica, e a ragione. La loro capacità di creare pezzi di chiara origine techno, dandogli contemporaneamente una forte impronta personale, è induscutibile. Grazie ai testi (di solito parecchio allucinati) e ai suoni psichedelici gli Underworld sono immediatamente riconoscibili, più di quanto si possa dire di molti altri artisti che pure lavorano da anni nella musica elettronica. Sotto questo punto di vista, Barking non è da meno: le tracce hanno tutte un ritmo sostenuto, e si adattano ad essere sfruttate in un set anche molto eterogeneo, e allo stesso tempo sono abbastanza "orecchiabili" anche per i non adepti al genere.  Dall'album stanno infatti venendo prelevati alcuni singoli che potreste avere la fortuna di sentire anche per radio. Ma se non vi capitasse, in questo caso di concedo io un assaggio, visto che come ho detto penso che potrebbe piacervi, qualunque cosa siate soliti ascoltare:




E ora si arriva alla parte difficile. Perché descrivere Prospective di Crimea X, uscito sull'etichetta italiana Hell Yeah, è un lavoraccio. Questo perché si tratta di musica strana, e se lo dico io, con quello che sono abituato ad ascoltare, capite che per altri probabilmente non è nemmeno riconoscibile come musica. Si può cogliere qualche affinità con l'electro delle origini, e qualche attinenza di stile con i pezzi breakbeat di Umek (il quale ha a sua volta pubblicato per Hell Yeah), ma si trovano anche suoni completamente diversi, che in qualche modo richiamano le colonne sonore dei vecchi film di fantascienza, e fanno pensare agli spazi siderali e... boh, l'ho detto che non era facile e non ci provo. Ma posso garantire che si tratta di qualcosa di originale e affascinante, anche perché la custodia del cd è montata al contrario, nel senso che si apre sul lato che di solita sarebbe quello "alto". Notevole, eh?

I precedenti quattro album non avevano un ordine preciso, ma facevano soltanto parte della top 5. Ma con l'ultimo posso sbilanciarmi e dire che si tratta del migliore dell'anno, nonostante sia uscito nei primi mesi del 2010. Sto parlando di Niwa, album di esordio di Ripperton. Mi era già capitato di sentire alcuni pezzi di questo autore, attivo da alcuni anni, ed ero rimasto soddisfatto per le atmosfere morbide che era in grado di evocare. Ma se un solo pezzo aveva questo effetto, il suo album è come un intero romanzo a tema. Forse il motivo per cui lo considero il migliore dell'anno è perché lo ritengo davvero un album con un'anima. Il genere si potrebbe definire come una tech-house piuttosto semplice nella struttura, anche se ci sono alcuni pezzi strumentali. Tuttavia sono davvero le sensazioni che le tracce riescono a trasmettere a essere uniche e spiazzanti. Io credo che sia capitato a tutti di sentirsi in qualche modo "sgamati" da un'opera (che sia una canzone, un racconto, un film, un dipinto), come se l'autore fosse riuscito a cogliere in noi qualcosa che sapevamo di avere ma non eravamo riusciti ad esprimere. Ecco, è stato questo l'effetto di Niwa, quando l'ho sentito per la prima volta. E ora che lo sto riascoltando, per poter scrivere queste parole, sento che Ripperton mi ha sgamato di nuovo. Lascio quindi quello che credo sia il pezzo migliore dell'album, che ho ascoltato a ripetizione per almenoo un mese intero:


 

Questa The Sandbox, badate bene, non è automaticamente "la canzone migliore dell'anno". Questo sarebbe un discorso diverso, perché molti dei pezzi che ho sentito non appartenevano ad album ma erano dei singoli, e molti altri non erano del 2010, e anche molti album di cui sono entrato in possesso erano più vecchi, e... insomma, non è di questo che dovremmo parlare. Ma siccome ormai che ci sono non posso fare a meno di ripensare a tutto quello che ho ascoltato e mi ha accompagnato in un'altra rivoluzione intorno alla nostra stella, vi lascio con una panoramica delle canzoni che più di tutte mi hanno segnato in questo 2010:





Futurama 6x03 - Attack of the killer app / L'attacco di un'app

Questo episodio si inserisce in un senso tra quelli a contenuto prettamente satirico, in cui le tendenze attuali sono riproposte in un contesto futuristico, ed esagerate per riderci su ma anche per mostrare quanto ottusi erano gli uomini negli anni 2000 e quanto continueranno ad esserlo nel 3000 e passa. Qui a essere parodiati sono i nuovi media e social network, che nonostante le enormi potenzialità si riducono alla fine a uno strumento di supremo cazzeggio. Nella puntata viene infatti presentato il nuovo eye-phone, e l'app twitcher: ci vuole poco a capire a cosa si ispirino le due cose.
In un altro senso però, l'episodio punta troppo su questo aspetto satirico/parodistico, ancorandosi eccessivamente a quella che è la pop culture odierna, e non curandosi di attenersi a una trama solida. Il riferimento a Susan Boyle (tanto acclamata all'epoca  del suo esordio [che probabilmente coincide con il periodo in cui è stato scritto l'episodio] quanto dimenticata oggi), il continuo mostrare l'uso sellerato dell'eye-phone, la gara per il maggior numero di contatti tra Fry e Bender: sono elementi troppo "facili" per poter resistere al tempo, quando l'epoca dell'i-phone e twitter sarà trascorsa, come già è successo con la Boyle. Inoltre, la puntata termina in modo quasi improvviso, facendo quasi credere che debba esistere una "parte 2", dato che l'intero piano di Mamma  (che ottiene qui la sua prima comparsa nella nuova stagione) appare, alla fine dei conti, del tutto inutile.

Come nota a margine, è anche da notare che il rapporto Fry/Leela pare "regredito" a una normale amicizia, nonostante negli episodi precedenti era abbastanza chiaro che si fosse ormai instaurato qualcosa di più profondo.

In definitiva, una puntata che non ritengo pienamente soddisfacente, anche se sarà gradita a quella non trascurabile porzione del mondo geek che segue Futurama. Voto: 5/10

4/1/2016 - guida steampunk alla pandemia

ho sempre odiato quelli che l'ultimo dell'anno salutandoti ti facevano la battuta "ci vediamo l'anno prossimo". eppure questo è un altro modo di esprimere quanto il tempo sia soggettivo. perché ripensare a "un anno fa", nelle condizioni di adesso, fa davvero sembrare che si trattasse di un'altra epoca. cinque anni fa, poi, sono completamente un'altra vita, una specie di universo parallelo che forse abbiamo tutti sognato. dico questo perché dall'ultimo post pseudonatalizio è scattato il nuovo anno, e adesso siamo nel 2016, che se non sbaglio è pure bisestile: un giorno in più che dovremo passare a nasconderci.

qui nella vecchia casa dei miei ci siamo concessi una boccia di spumante per festeggiare il capodanno, anche se sospetto che i nostri orologi fossero ben poco precisi e probabilmente lo abbiamo anticipato di parecchi minuti. lo spumante era cattivo, probabilmente una bottiglia vecchia che era rimasta in cantina da chissà quanti anni. i miei non erano bevitori, e le bottiglie si accumulavano di anno in anno. non abbiamo sentito botti, ed è stato meglio così: avremmo pensato a un gruppo di gialli o un esercito di sciacalli in avvicinamento, e ci sarebbe passata tutta la voglia di festeggiare.

nel mio ultimo resconto accennavo la mia intenzione di iniziare a "fare" qualcosa. la comunità di survivalisti si fa sempre più attiva, e questo comincia a persuadermi che se fossimo tutti organizzati, invece di tanti piccoli gruppi sparuti e isolati, forse... forse. ma se davvero voglio fare la differenza (or die trying) devo essere preparato. il fatto che finora qui sia andata relativamente bene non significa che continueremo a vivere tranquilli. per questo, devo affinare le mie capacità di sopravvivenza.

affidarsi al vademecum diffuso all'inizio dell'epidemia sarebbe stupido, se non altro perché fa riferimento a un contesto in cui governo centrale, forze dell'ordine e soccorso pubblico sono attive. non esiste più niente di tutto questo, oggi. ma mi sono studiato anche quello, perché non riuscire ad assimilare quei pochi concetti di base ha per conseguenza la morte. o l'infezione, che forse non è meglio. quindi mi sono dato da fare per cercare altri utili consigli di sopravvivenza, e quanto all'equipaggio adatto ci ha pensato la riccione in suo post di qualche giorno fa. ma non potevo continuare a sfruttare l'imprevedibile connessione alla ricerca di informazioni che potrebbero non esistere nemmeno.

per questo sono tornato alla carta, a quell'immenso deposito di libri che era in questa casa. e ho trovato qualcosa. un libriccino minuscolo, ma che mi ha illumnato. ritrovarmelo tra le mani mi ha anche commosso, perché mi sono ricordato di quando, in quell'universo parallelo in cui vivevo 10 anni fa, ho letto il libro.

si tratta della guida steampunk all'apocalisse. all'epoca, ne scrissi anche una sorta di recensione sul mio vecchio blog. meno specifica e meno famosa del manuale di sopravvivenza agli zombie, che potrebbe sembare più appropriato per affrontare la pandemia, in realtà questa guida si rivela davvero preziosa. perché quello che la guida steampunk insegna è davvero la sopravvivenza in un mondo ostile: che l'ostilità sia provocata da una guerra nucleare, uno scioglimento dei ghiacciai, una diffusione del prione lee-chang non importa. in ogni caso, chi rimane dovrà fare in modo di procurarsi un rifugio, acqua potabile, sistemi di difesa, energia, eccetera. e nella guida steampunk è proprio questo che si insegna, con semplici istruzioni e illustrazioni esplicative. dubito molto che altri là fuori ne abbiano una copia cartacea, ma se state leggendo queste parole vuol dire che avete una connessione: se è abbastanza stabile, potete provare a scaricare il pdf, che da bravi steampunk gli autori del libro avevano reso disponibile fin dall'inizio. tenetela a portata di mano, vi sarà utile.

per cui, ora che ho raccolto abbastanza materiale per aggiornare le mie tattiche di sopravvivenza, cosa ho intenzione di fare?

non lo so. probablmente niente. la verità è che sono un codardo, e che finora è stato fin troppo facile, per noi, sopravvivere. mi piacerebbe dire che partirò per riunirmi ad altri gruppi, e insieme organizazre una resistnza, ma... sarò anche un codardo ma non mi piace dire cazzate.

ma sarò pronto, questo sì. l'apocalisse mi ha sorpreso, ma saprò affrontarla.

Perché non ho comprato il Premio Urania

Il mese scorso è uscito il numero 1565 di Urania: Lazarus di Alberto Cola. Si tratta del romanzo vincitore del Premio Urania 2009. Arrivato a metà mese, non ero ancora passato in edicola a comprarlo, quando me ne sono ricordato. E allora ho deciso di non farlo comunque, di non spendere i pochi euro del prezzo di copertina. Non posso essere sicuro di aver fatto bene, ma i motivi che mi hanno spinto a questa decisione, dopo diversi anni di fedeltà al Premio Urania, sono solidi, e cercherò di illustrarli in questo post.

Post che, avverto, potrà essere lungo e probabilmente noioso. Certamente non l'ideale per smaltire gli avanzi degli avanzi della cena dell'ultimo dell'anno. Quindi se non siete interessati al panorama fantascientifico italiano, e in tv stanno dando qualche film domenicale intersecato festivo, forse vi conviene dedicarvi a quello. In ogni caso, il post vi aspetta qui, quando avrete finito. In fondo, non può essere peggiore di Il piccolo lord o Bianca e Bernie nella terra dei canguri.


Coppi Night 26/12/2010 - Bianco, rosso e verdone

L'ultima Coppi Night dell'anno, per una casuale convergenza nei turni, è stata una serata bonus. Nonostante la presenza di alcuni titoli di alto valore storico come Vogliamo i colonnelli e altri a tema festivo come Vacanze di natale 95, e altri ancora che erano entrambe le cose come Brian di Nazareth (dal quale secoli fa è stata estratta una bustina sul vecchio blog), alla fine è emerso vincitore uno dei film degli anni d'oro di Carlo Verdone.

Il film si può considerare un classico della commedia italiana pressoché contemporanea, e ha sicuramente dei momenti di buona comicità. Bisogna però riconoscere che, visto dopo trent'anni dalla sua uscita, ha perso gran parte della sua forza. Se infatti le gag e i personaggi presentati potevano essere freschi e divertenti negli anni 80, oggi appaiono scontati e fuori corda rispetto alla sensibilità dello spettatore moderno. Forse perché la formula a sketch non funziona più (a meno che non si tratti di film totalmente demenziali come gli immortali cinepanettoni, e che quindi sarebbe meglio che non funzionasse affatto, ma la gente quelli continua a vederli, e anche a proporli per le Coppi Night, accidentalloro!), forse perché i personaggi di Verdone sono ormai troppo conosciuti e prevedibili, forse perché le situazioni proposte sono superate (immaginare oggi una persona qualsiasi che si mette in viagigo per andare a votare è assurdo!). Non si può quindi considerarlo un brutto film nel suo genere, ma soffre particolarmente gli anni accumulati sulla pellicola.

Da segnalare con orgoglio che la proiezione del film è stata preceduta da una sessione fotografica con i partecipanti alla serata ad interpretare scene diverse della natività. Roba coi re magi a cavallo dell'aspirapolvere che portano euro, vincenzo e birra, o come questo scorcio di ultima cena, che poi con la natività non c'entra ma è un'occasione per mettere in risalto i cartoni della pizza Coppi.