Rapporto letture - Ottobre/Novembre 2021

Guarda che lo so che siamo a fine dicembre e quindi è tardi per parlare della roba letta a settembre anche perché francamente la memoria inizia a farsi lacunosa, però che ti devo dire, prima non c'è stato verso, credimi ci ho pensato tante volte che dovevo fare questo post ma oh, proprio non ce l'ho fatta, quindi arrivo ora e spero di non dimenticarmi niente di quello che ho letto nei due mesi scorsi, fortunatamente ho preso la semiabitudine di documentare fotograficamente su instagram quello che mi passa per le mani ed è un grande aiuto mnemonico, non sto nemmeno a promettere che farò meglio il prossimo anno perché no, se proprio le cose dovessero cambiar da quel punto di vista sarà semmai in peggio, perché obiettivamente il tempo è poco e i canali sono troppi e bisogna ottimizzare secondo i dettami della dea SEO.

Iniziamo con il recupero di quello che è diventato a suo modo un classico, soprattutto per il successo dell'adattamento cinematografico: I figli degli uomini è il romanzo da cui è stato tratto il film di Cuaron, scritto negli anni 90 da P.D. James, autrice nota principalmente per la sua produzione di gialli. La storia è universalmente nota, una distopia che racconta di un mondo in cui non nascono più bambini, l'infertilità è globale e mette tutte le nazioni del mondo di fronte alla prospettiva di una fine imminente. Rispetto al più noto film, nel romanzo viene delineato in modo più dettagliato come funziona il nuovo regime, che si sforza da una parte di cercare persone fertili e dall'altra di fornire una vita comoda e serena a chi sta per andarsene. La vicenda della ragazza incinta inizia molto più tardi (forse anche troppo) e si intreccia con il rapporto personale tra il protagonista e il dittatore inglese. Anche l'aspetto religioso (da cui deriva il titolo) è più marcato, e l'autrice stessa ha dichiarato che la storia voleva essere un retelling della natività. Un romanzo senza dubbio interessante, anche se devo ammettere che la resa cinematografica è decisamente più d'impatto, mentre il libro è in generale più blando nel tono e nel ritmo. Trivia: sempre nel mese di ottobre è uscita la raccolta 404 Fantascienza non conforme che contiene anche il mio racconto Generazione D, che parte da una premessasimile di natalità "anomala"; uno dei personaggi principali della mia storia (quello che dovrebbe dare inizio a una nuova generazione) si chiama Julian, proprio come la donna di questo libro; solo che il racconto uscito a ottobre l'avevo scritto in estate, prima di leggere il romanzo di James, quindi non era un omaggio voluto: coincidenza? Voto: 7/10

 

Dopodiché per alleggerire il carico (anche perché venivo da letture devastanti dei mesi prima) mi son concesso un'incursione nell'universo di Dune, stavolta dalla prospettiva farsesca di Brian Herbert & Kevin J. Anderson, che hanno ancora il coraggio di scrivere romanzi ambientati nel duniverse. Il Duca di Caladan è il primo volume di un'ulteriore trilogia prequel che parte un anno prima di Dune e come previsto, è una schifezza totale, da tutti i punti di vista. Non mi dilungo troppo a parlarne qui, perché gli ho dedicato un video apposta su Story Doctor proprio perché ha un suo valore istruttivo esaminare quanto sia disastroso questo lavoro, sia come prequel di Dune sia come romanzo a sé sia come esempio di scrittura. Inoltre qui sul blog a suo tempo dedicai ampio spazio proprio all'operazione necrofagica degli eredi di Frank Herbert, e tutto quello che scrivevo allora vale ancora oggi. Non mi soffermo quindi ulteriormente e per chi è interessato rimando a questi altri contenuti, dove c'è tutto quello che vorreste sapere. Evito di esprimere un voto finale perché questo sarebbe un riconoscimento del valore (se pur scarso) di quest'opera che invece non ha nessuna dignità creativa e umana.

 

Poi siccome in questo periodo stavo seguendo dei corsi sulla narrativa per ragazzi, ho deciso di immergermi nella materia leggendo per la prima volta un megaclassico di quelli "ma come non l'hai mai letto?", e ora posso finalmente dire che sì, certo che ho letto La storia infinita di Michael Ende! Come sempre quando mi trovo a parlare di libri che tutto il mondo conosce mi pare inutile arrivare io a dire "ah sì questo libro parla di questo bello eh mi è piaciuto". Evito quindi di commentare il romanzo in sé, segnalo solo che per chi come me conosce La storia infinita soprattutto per il film, questo libro contiene molto di più, eventi che in parte sono narrati dal sequel ma non trasposti nel modo più fedele allo spirito della storia. L'aspetto metanarrativo è sicuramente uno dei più interessanti, di come il libro sia una storia-nella-storia-nella-storia, e da questo punto di vista a mio avviso pur essendo tradizionalmente classificato come fantasy è in realtà un testo che può stimolare l'interesse degli appassionati di fantascienza, in particolare per quel sottogenere che gioca con le contrapposizioni della realtà e della percezione che ritroviamo in autori come Dick o Priest. Insomma, sarà pure una storia per bambini, ma ti smuove parecchio il cervello, anzi a mio avviso letto da piccoli non si riesce a comprenderne in pieno i diversi livelli di lettura.

 

E arriviamo a quello che tutti stavano davvero aspettando, ovvero il mio commento all'antologia italiana di Urania uscita quest'estate nello speciale Millemondi, come da tradizione consolidata da ben tre anni. Non ho fatto mistero tra instagrame e podcast di non aver gradito questa antologia dedicata ai viaggi nel tempo, ma finora non ero potuto entrare nel dettaglio. Ho già dichiarato come Temponauti sia decisamente inferiore sia a Distòpia che Strani mondi, probabilmente perché il tema dei viaggi nel tempo ha portato molte autrici e autori a cercare di costruire una storia che presentasse un qualche originale paradosso temporale, non fosse che un appassionato di fantascienza (e il lettore medio di Urania è tale da almeno quarant'anni) di queste cose ne ha viste a sfare e non sarà certo un paradosso di predestinazione a fargli esplodere il cervello; aggiungiamo a questo il fatto che a mio avviso alcuni degli autori coinvolti non hanno sufficiente familiarità con la fantascineza (lo dimostra il fatto che mi vuoi spiegare il wormhole con l'analogia del verme nella mela, ma pensi che abbia sei anni!?) e quindi hanno creduto di poter davvero stupire con questi trucchi, e il risultato è desolante. Inoltre c'è da considerare anche di quattordici racconti cinque hanno a che fare con Hitler, nazisti o seconda guerra mondiale, che davvero, basta: sarà anche una mia fissazione la reductio ad hitlerum, ma a mio avviso a un certo punto dovrebbe essere anche il curatore dell'antologia a chiedere un maggior impegno invece di accettare che più di un terzo dei racconti vada a pescare nello stesso ambito. Detto questo, qualcosa di buono c'è, purtroppo però senza eccellenze. In effetti il primo racconto di Fabio Aloisio è forse il migliore, perché utilizza un concept di base originale (il viaggio nel tempo usato dagli uomini del futuro per scaricare i rifiuti nel passato) e costruisce su questo una dinamica personale tra i protagonisti. Forse dedica troppo tempo a un subplot meno rilevante, probabilmente con più spazio a disposizione avrebbe potuto essere più equilibrato, comunque è un racconto che merita la lettura. Franci Conforti ha costruito una storia troppo complicata (non complessa), che cerca di intrecciare troppi personaggi, relazioni, piani temporali e tecnologie, ma alla fine ne emerge una massa confusa il cui finale aumenta il senso di smarrimento. Corvi di Davide De Boni è frustrante per la scarsa considerazione in cui tiene il lettore, un racconto costurito su expositione e coincidenze, personaggi che sono sempre esattamente nel posto giusto al momento giusto con le persone a spiegargli come funzionano le cose e come possono cambiarle, un amore che attraversa il tempo di cui non ce ne frega nulla (perché non è stato costruito in nessun modo ma solo dichiarato che a un certo punto esiste) e un nucleo fantascientifico banale e visto decine di volte. Parlando del racconto di Luigi De Pascalis sono quasi imbarazzato, perché è davvero molto cringe. Il protagonista è Stephen Hawking, quello vero, proprio lui, che entra in comunicazione in qualche modo con una tizia dal futuro che gli racconta che le cose sono messe male perché adesso i bambini nascono in provetta invece che con una scopata, e si usano i pronomi neutri, e non si dice più "mamma/papà", insomma, è letteralmente la dittatura del politicamente corretto! Il racconto è estremamente noioso perché si svolge tutto come uno scambio di battute, voci nel vuoto che (anche qui) si spiegano le cose, con Hawking che fa anche la figura dell'imbecille capriccioso più volte. Ma la cosa davvero stupefacente e oserei dire offensiva è la soluzione della storia: che cosa vuole la ragazza del futuro da Hawking? La sua mente brillante, la sua conoscenza, la sua saggezza? No: il suo sperma. Quello che la ragazza vuole è concepire nel futuro suo figlio. Perché è evidente che il valore di Hawking come umano è determinato dagli spermatozoi che ha nello scroto, no? Mi sentito come ad ascoltare le battute razziste dello zio al pranzo di natale, e spero davvero tanto che nessuno di coloro che curano gli interessi dell'eredità di Hawking lo venga mai a sapere, perché secondo me c'è materiale per una querela. Davide Del Popolo Riolo è un autore che di solito apprezzo, anche lui però qui è caduuto nella trappola del fuhrer, con un racconto che è sostanzialmente il solito "riportiamo in vita Hitler per reinstaurare il reich". Inizialmente è interessante perché la storia è narrata dalla prospettiva di una ricercatrice ingenua che si trova a fronteggiare la minaccia, poi però si perde interesse perché da una parte non è credibile che Hitler con una decina di suoi soldati possa soggiogare l'Europa (anche se si dice che la popolazione si è rammollita, comunque cento milioni contro dieci ti ammazzno anche solo a carezze) per cui non si avverte davvero la minaccia, e dall'altra perché la protagonista non agisce in nessun modo, si limita a seguire le indicazioni di un'IA che risolve la situazione. Lanfranco Fabriani è uno degli autori italiani "famosi" per il viaggio nel tempo, grazie alla sua serie di romanzi sull'UCCI, l'Ufficio Cronotemporale Centrale Italiano. Il suo racconto porta in scena Leonardo Da Vinci e lo coinvolge in un paradosso sulla nascita stessa dell'UCCI, con qualche complotto tra agenzie temporali concorrenti. Un racconto gradevole, che però necessita forse di una conoscenza troppo profonda della serie per poter essere compreso in pieno, per esempio le dinamiche pregresse tra i protagonisti, su cui si fonda buona parte del conflitto, non sono chiare a chi non li conosce già. Anche di Clelia Farris mi fido, anzi come ho detto altre volte la considero una delle migliori autrici italiane di fantascienza di oggi. Il suo Le parole è una storia di viaggi nel tempo che coinvolge Anne Frank (e sempre lì siamo...), con qualche spunto originale soprattutto sull'interpretazione del diario; tuttavia tutto il racconto è riferito, un lungo resoconto di cose ipotizzate e non vissute, per cui non ci si sente davvero parte della storia e tutto scivola in modo abbastanza indifferente. Mangiatempo di Andrea Franco è un thrillerottesco insipido, una scrittura caricata artificialmente di enfasi per situazioni che non hanno nessuna tensione perché le abbiamo viste in tutte le fiction mediaset da Carabinieri in poi. La soluzione del mistero non è coerente con l'impostazione della storia e ai personaggi d'altra parte non sembra importare minimamente di quale sia la verità, e allora figurati a me. Anche il racconti di Lukha Kremo mi ha messo in difficoltà, ho la sensazione che mi sia sfuggito qualcosa perché non può essere semplicemente un bootstrap paradox, Kremo non è un autore da limitarsi a un'idea così basilare; in effetti ci sono altri elementi, complotti e IA e riscrittura della storia, ma ci sono anche cloni spirituali di Napoleone e Hitler (daje) e Cesare che... boh, non lo so che ci stanno a fare, perché l'azione è da un'altra parte. Forse mi sono perso qualcosa io, ma non ho capito il punto. Flavia Imperi in Chronology parte con un'idea interessante, ovvero una setta basata sull'utilizzo del viaggio nel tempo (una forma di) come elemento princpale del culto. Peccato che poi però questo elemento diventi quasi secondario, e soprattutto che la soluzione porti in una direzione diversa e contraddittoria rispetto a quello che era il tema portato avanti fino a quel momento dell'ambiguità del culto. Leonardo Patrignani invece ha scritto un racconto leggero ma caloroso, forse il suo è tra i migliori perché non ha cercato di strafare: il viaggio nel tempo è l'immersione nei ricordi del passato, alla cerca della chiave per sbloccare una gigantesca eredità (una cosa alla Ready Player One, o se preferite Tutti gli uomini del del deficiente). I personaggi vengono tratteggiati efficacemente con poche battute, e la gara mette ognuno di fronte ai propri pregiudizi creando un piccolo arco di trasformazione per ognuno. La soluzione forse non è così equilibrata, perché arriva dal nulla senza che ci fossero elementi perché il lettore la ricavasse da sé, ma comunque si incastra bene nella storia. Anche il racconto di Giovana Repetto è discreto, perché al contrario di molti non cerca di stupire con gli effetti speciali ma si concentra sulla protagonista. La storia riprende il setting di un mondo-copia che compare in altre sue storie (che non ho letto), ma il racconto riesce bene nel fornire gli elementi necessari a poter seguire senza dover ripescare nozioni mancanti. Anche qui siamo dalle parti della seconda guerra mondiale, tuttavia la tensione innescata dalla vicenda regge bene fino alla fine. Tectiti di Dario Tonani descrive una dinamica interessante di trasposizione temporale in una zona precisa del pianeta (tra il presente e la seconda gue... vabbè che lo dico a fare), però ho trovato insufficiente la dimensione della storia ad approfondire la dinamica e le conseguenze di quello che sta succedendo, al punto che mi è rimasta quasi la voglia di saperne di più, ma non nel senso di una storia che ti spinge a voler conoscere tutto quello che ci sta intorno, piuttosto è un appetito insoddisfatto. A chiudere il volume c'è Claudio Vastano, che scrive il racconto più hard-scifi della raccolta, con un'idea nemmeno malvagia (i buchi neri usati come hard disk), però personalmente il suo approccio alla fantascienza non è quello che mi coinvolge di più (lo avevo già notato nel racconto nella prima antologia): lui ha un'idea e poi mette in scena dei personaggi che si girano un po' intorno fino a che non arrivano a spiegare quell'idea, dopodiché la storia finisce. Anche questo racconto è fatto di gente che parla e si spiega le cose, con qualche accenno a un altro classico paradosso del tipo "uccideresti Hitler da bambino" (fortunatamente senza Hitler stavolta) e un finale che non finisce niente ma sembra quasi il punto d'inizio della storia. Mi dispiace dirlo, ma questa volta l'antologia per me è sotto la sufficienza, con appena tre racconti buoni e forse un paio accettabili. Non per questo credo che il progetto sia da concludere, secondo me era il tema dei viaggi nel tempo a non prestarsi a interpretazioni originali. In ogni caso sarebbe auspicabile un maggior controllo sulle storie accettate, cosa che avevo notato anche nella raccolta precedente in cui diversi racconti (peraltro anche buoni) non avevano praticamente niente di distopico. Insomma, stavlta è andata male, vediamo se al prossimo giro si trova un tema che dia più libertà e si esegue una selezione più dura, non basata solo su quelli che sono gli autori più intimi. Ultima nota negativa: a dispetto della copertina, questa antologia non contiene dinosauri. Ci sono rimasto molto male :(


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