Rapporto letture - Dicembre 2021

Concludiamo quest'annata di libri in cui finalmente ho avuto la dignità di accorpare più mesi in unico rapporto letture, arrendendomi all'evidenza che non potevo fare di meglio (e anche perché sto leggendo molto meno di quello che dovrei, perdona madre mi vida loca). Comunque a dicembre del 2021 ho davvero letto una quantità rilevante di libri, quindi possiamo fare un post per mettersi in pari con l'anno concluso e non portarci il rateo nel 2022 (only accountants will understand this).

Ho iniziato dicembre con una full immersion nel pleistocene, per aggiornare le mie conoscenze sui neanderthal. A partire da Neandertal (che nell'edizione italiana per qualche ragione ha perso la H, anche se mi risulta che la dizione corretta sia questa) di Rebegga Wragg Sykes. Questo saggio affronta tutto quello che c'è da sapere sugli uomini alternativi con cui abbiamo condiviso il pianeta per centinaia di migliaia di anni, concedendosi a volte qualche visione romantica di come doveva essere la loro vita, anche grazie a dei brevi stralci narrativi che aprono ogni capitolo. Sykes ci restituisce l'idea di una cultura vasta e difficile da comprimere, visto che spazia trecentomila anni e due continenti, per cui chi è abituato a immaginare i neanderthal infreddoliti che avanzano malconci nella neve dovrebbe riconsiderare le sue idee. In realtà quello che sappiamo dei neanderthal ci dà l'idea di tribù ampie e tradizioni diverse, che si sono anche evolute nel corso del tempo, a volte interagendo coi sapiens, che però non erano così evidentemente superiori come ci hanno abituati a pensare. Anche se esiste ancora dibattito accademico sulle capacità di pensiero astratto dei neanderthal (insomma, qualcuno ancora non se la sente di concedergli lo status di umano piuttosto che di animale intelligente), molti indizi fanno supporre che avessero una complessa e profonda vita interiore. Un'anima, se vogliamo dirla in questi termini, anche se pure qui ci sarebbe da discutere perché stabilire il confine di quali creature hanno un'anima è un problema complesso. In ogni caso, questo è un testo aggiornato, appassionato e attualissimo anche per il modo in cui collega l'enigma dei neanderthal alla nostra dimensione contemporanea.

Simile nei contenuti ma non nella voce è invece L'ultimo Neanderthal racconta (stavolta con l'H) di Giorgio Manzi, archeologo dell'università di Roma che ha condotto numerose ricerche in Italia e all'estero che riguardano proprio i neanderthal. So che è professore perché ci tiene tanto a ribadirlo, e questa è una delle impressioni che mi ha piuttosto infastidito di questo libro, la frequenza con cui Manzi ci tiene a far sapere di quello che lui ha scoperto, di quella volta che c'era lui sul campo a tirare fuori quell'osso, di quanto sia amico di quell'altro scienziato o team che ha fatto quella ricerca sensazionale. Ci racconta anche della sua giornata in treno, del faticoso ritorno da un altro sito archeologico e di come in questa occasione ha una visione di un neanderthal che non fa niente altro che stargli davanti, e in realtà non racconta proprio niente al contrario di quanto promette il titolo... insomma, Manzi non è un buon narratore. In realtà il libro prende anche una strada lunga per arrivare a parlare dei neanderthal, ricapitolando le teorie sull'evoluzione umana, selezione naturale, selezione sessuale, cronistoria della ricerca archeologica, e solo a pagina 90 si arriva davvero a loro. Questo non significa che sia un testo da buttare, le nozioni e la panoramica di Manzi sono molto calibrate, ma forse si tratta di qualcosa di più entry level per chi non ha chiaro nemmeno cosa sia un neanderthal. Il tono è un po' didascalico e si sente molto l'ego del narratore/professore che ci sente a far notare la sua presenza e importanza, e questo a tratti si fa irritante. Tuttavia per le informazioni che contiene è sicuramente valido, soprattutto per l'excursus finale sui neanderthal italiani.

Torniamo quindi alla narrativa ma con qualcosa di talmente inclassificabile che ho difficoltà a spiegare di cosa parla. Se volessimo etichettarlo starebbe dalle parti del weird, ma in realtà ci sono anche delle componenti surreali e metanarrative che rendono riduttiva una qualunque definizione di Deriva. Avevo già letto altro di Carlo Sperduti (se cercate qui sul blog dovrebbe uscire qualcosa) quindi sapevo cosa apsettarmi, e mi rendo conto che la sua scrittura non è una cosa accessibile a tutti. Non perché sia complicata ma perché gioca con dei liveli di scomposizione del testo che antepongono il gioco quasi enigmistico sulle parole alla componenente narrativa. In questo libro però c'è qualcosa di più, perché la scomposizione non rimane a livello di frasi o parole ma arriva anche alla struttura della narrazione. C'è una storia, che emerge dal raffronto e sovrapposizione di tre narrazioni che si permutano (con tutte le combinazioni possibili, da statistico l'ho notato) e proseguono su piani paralleli che però presentano delle affinità tematiche e anche sottili rimandi appena accennati. Il manuale per il parto cesareo delle colline può sembrare solo un'assurdità eppure ha qualcosa a che fare con la signora-luogo conosciuta da Gambino in un villaggio vacanze per una persona alla volta che a sua volta a che fare con l'uomo paralizzato che è costretto a uscire di casa dalle leggi per la socializzazione e imparare tutto il lessico perduto di queste attività. Sono collegamenti subliminali, che però lasciano la sensazione che qualcosa è successo, ma tu non ne fai parte perché ogni persona è un continente e ogni storia è una deriva che li allontana o li fa scontrare. Non credo che si possa consigliarne la lettura a tutti, perché se non si è sintonizzati su questo modo dislogico di esaminare un'idea probabilmente può risultare un libro insensato, ma io avevo già un'idea di cosa aspettarmi perché appunto conoscevo Sperduti e quindi mi sono trovato in territorio familiare. Peraltro l'ho conosciuto anche di persona, perché a novembre abbiamo presentato STM nella sua libreria a Perugia, e quando ho scoperto che ascoltava Dominik Eulberg (e anzi, lo ascoltava proprio durante la scrittura di Deriva) mi sono risoluto a leggere il libro, che avevo già ma non avevo ancora messo in readlist. Insomma, provate a leggerlo, ma io vi ho avvertiti. Voto: 7/10

A fine anno, letteralmente a fine anno perché l'ho finito il 31 dicembre, sono tornato sull'Immoto con il secondo capitolo della saga della Terra Spezzata di NK Jemisin. Quando ho letto La quinta stagione ho affermato che era una cosa fenomenale, che aveva stravoltole mie aspettative perché pensavo fosse solo un fenomeno di marketing, e invece era davvero una storia grandiosa con un worldbuiling staordinario. In genere i "libro 2 di 3" sono sempre i più loffi perché sono capitoli di transizione, ma invece Il portale degli obelischi regge benissimo, e anzi fa salire il livello sia a livello di trama che di scrittura. Senza stare a riferire la storia, in questo capitolo iniziamo a capire qualcosa del mondo e le stesse premesse che erano state costruite nel primo libro vengono ribaltate e reinterpretate, così che i personaggi stessi sono costretti a rivedere le loro posizioni. La narrazione prosegue anche qui su piani contrapposti, con un narratore esplicito e onnisciente (ma fino a un certo punto) che riferisce le cose che sono successe come se parlasse dal futuro, e si rivogle a uno dei personaggi della storia stessa. Forse l'uso così continuo della seconda persona è un po' pesante, ma viene giustificato dalla cornice narrativa per cui è accettabile. Se devo fare un appunto, mi è sembrato che il percorso di Nassun mi è parso un po' affrettato, nel senso che arriva in pochi mesi a un livello di abilità che altri personaggi hanno ottenuto solo dopo decenni e inenarrabili sofferenze. Ma evidentemente non si poteva protrarre la storia per altri quindici anni, e comunque tutto è raccontato con una tale potenza, un equilibrio così perfetto tra dinamiche personali ed epicità planetaria, che tutto il resto cede. A dimostrazione che se hai idee, hai le storie e hai la scrittura, qualche libertà te la puoi anche prendere. Ho in progetto di leggere a breve il volume conclusivo, per il quale ho già alte aspettative, vediamo che sarà al livello... ma a questo punto credo proprio di sì. Voto: 9/10


I miei articoli per Stay Nerd - luglio-dicembre 2021

Vi ricordate i tempi in cui facevo un recap degli articoli pubblicati su Stay Nerd ogni tre mesi? Turns out che ora nemmeno più quello mi ricordo di fare, e così siamo arrivati a fine anno e devo ancora riepilogare le cose scritte in estate. Poco male, servirà a rinverdire anche la mia memoria delle cose dicui ho parlato.


I migliori libri di fantascienza americana - Continua la saga dei miei "i migliori xxx", cioè quegli articoli che poi fanno incazzare la gente perché ti sei dimenticato questo e quello. Parlare di "fantascienza americana" sembra un po' tautologico perché per la gente normale la fantascienza esiste solo in USA, quindi qui gli andiaom incontro e gli diamo proprio quello che stava cercando.

Sopravvivere alla sabbia - Libri sui pianeti deserto - Con l'avvicinarsi dell'uscita di Dune di Villeneuve c'era un certo fermento sul tema, e quindi era il caso di parlare delle storie ambientati sui mondi desertici. Sorprendentemente, Frank Herbert non è l'unico ad averci pensato, abbiamo illustri esempi anche tra gli autori italiani.

Da A a B passando per Zeta Reticuli - Narrazioni non lineari nella fantascienza - A chi non piace una bella storia non lineare? Per quanto mi riguarda le storie intrecciate su sé stesse che richiedono due o tre visioni/letture per essere sbrogliate sono le migliori. E se a questa ci aggiungiamo qualche concept mindfuck fantascientifico, siamo al top. Qui facciamo qualche sempio riuscito... e qualcuno meno.

Se cercate previsioni sul futuro dovete leggere l'oroscopo, non la fantascienza - Il mio solito editoriale polemico in cui ricordo a tutti quanti che valutare la fantascienza per la sua capacità di predire il futuro è mancare clamorosamente il punto. E non lo dico mica solo io, eh.

Stanislaw Lem starter kit - Nell'anno del centenario di Lem, non poteva mancare un articolo che riepilogasse le sue opere maggiori e la sua poetica. Ha funzionato anche come promemoria di quante cose sue ancora non ho letto, maledizione.

Così diciamo tutti - Perché Battlestar Galactica rimane una delle migliori serie fantascientifiche di sempre - Full nostalgia mode per riparlare di una serie tv di culto che ha rivoluzionato l'idea di space opera e a distanza di anni è ancora ben impressa nella mente del pubblico.

La storia del mondo fatta coi libri sui viaggi nel tempo - L'idea per questo articolo era ambiziosa: indicare una storia sui viaggi nel tempo per ogni secolo. Investigando però mi sono dovuto arrendere all'idea che ci sono alcuni secoli pressoché ignorati dai cronoviaggiatori... in compenso pare che tutti vogliano tornare continuamente alla seconda guerra mondiale (vero, temponauti?).

I figli degli uomini sono gli Zennial di oggi - Una retrospettiva sul romanzo da cui è stato tratto il famoso film di Cuaron, cercando gli agganci della distopia denatalista al nostro presente.

Rick & Morty stagione 5 - E non ci indurre nel fandom, ma liberaci dal fanservice - La stagione 5 di Rick & Morty è una delle più metanarrative e sembra mostrare i primi segnali di insofferenza degli autori nei confronti del pubblico. Qui cerco di esporre le cause e i sintomi di questa relazione tossica.

Anche i robot hanno un cuore - Romanzi di fantascienza d'amore - Che sotto sotto sono un romanticone lo sanno tutti, e qui infatti do del mio meglio con una bella carrellata di storie di fantascienza che sono soprattutto storie d'amore.

Come cucinare (per) gli alieni: fantascienza in cucina - E qui invece uniamo il trend della culinofilia che ha travolto la società nell'ultimo decennio e lo proiettiamo sulla fantascienza, con storie che hanno per protagonisti cuochi e per finale l'ammazzacaffè.

I libri di fantascienza di cui vorremmo una nuova traduzione - Sull'onda della polemica per La mano sinistra del buio e della recente rilettura di Dune, un discorso sulla necessità e l'opportunità di tradurre di nuovo alcuni libri, che nella fantascienza si può rivelare ancora più utile trattandosi di storie che riguardano il futuro.

But wait there's more!

Vi ricordate che avevo iniziato anche a parlare del podcast ospitato sempre da Stay Nerd in cui io e Angela Bernardoni (con occasionali ospiti) parliamo di libri? La cosa è andata avanti, ecco le ultime puntate:

Episodio 3 - Solarpunk o solartivismo: il futuro dal volto umano - Chiacchierata d'obbligo su uno ei fenomeni recenti della fantascienza, con ospiti Francesco Verso e Franco Ricciardiello.

Episodio 4 - Ramen fantasy (crossover con Japan Wildlife) - Episodio che ho disertato perché io onestamente di roba giapponese ci capisco poco, ma se vi interessa trovate tanta gente competente e probabilmente folle che ne parla.

Episodio 5 - Tutto quello che c'è da sapere su Dune - Era la settimana prima dell'uscita del film di Villeneuve e io mi sono messo (stavolta da solo) a chiacchierare per un'ora e passa dell'intero franchise di Dune, cercando di fare il punto su prodotti derivati sui vari media.

Episodio 6 - Book Haul: i nostri acquisti a Stranimondi e Firenze RiVista - Dopo due intense settimane di fiera, abbiamo parlato delle cose che ci hanno incuriosito di più e che ci siamo portati a casa.

Episodio 7 - Foundation, o dei romanzi che dovrebbero rimanere tali - A qualche settimana dalla serie tv tratta dal ciclo della Fondazione di Asimov, facciamo un riepilogo parlando anche con Leonardo Diofebo della redazione di SN come persona disinformata sui fatti (nel senso che lui i libri non li ha letti quindi si basa solo sulla serie per le sue valutazioni).

Episodio 8 - Halloween Special: i libri (non di Stephen King) che ci hanno fatto paura - Listone di libri che hanno toccato le nostre personali corde dell'inquietudine.

Episodio 9 - Nel presente oscuro del fantasy c'è solo il grimdark - Puntata che conduco da solo con ospiti alternati Andrea Cassini e Jack Sensolini, per parlare del sottogenere grimdark che sta acquisendo sempre maggiore rilevanza nell'ambito del fantasy, tanto che forse è già stato superato.

Episodio 10 - Fantascienza 101: la protofantascienza - Il primo di una serie di episodi che porteremo avanti sulla storia della fantascienza, iniziando proprio da quando ancora nessuno la chiamava così.


Doctor Who New Year Special 2022 - Eve of the Daleks

Così si completa questa impropria trilogia dalekiana degli speciali di capodanno dell'era Chibnall di Doctor Who. Dopo la resolution e la revolution stavolta ci limitiamo semplicementealla vigilia, in una storia che però non si collega alle precedenti (per quanto il legame tra i due speciali passati fosse già labile), ma ammette il nesso causale con la fine di Flux, affermando che la flotta Dalek è stata distrutta e quindi alcuni soldati sono stati mandati in missione per eliminare il Dottore. Non che ci sia bisogno di un casus belli per i Dalek di voler exterminare il Dottore, ma va bene così.

La vigilia dei Dalek è sostanzialmente un Giorno della marmotta, ma con più Dalek. Il concept del time loop è ormai un trope ben stabilito, ma non mi risulta che sia mai stato utilizzato in DW, almeno non in questo senso del loop che si ripete nello stesso modo con i personaggi consapevoli di quanto accade (mentre ci sono stati altri brevi loop). La ragione per cui il loop si innesca è affidata a un reboot del Tardis, che in qualche modo si collega a quanto mostrato di sfuggita nei primi episodi di Flux e che non aveva avuto nessun impatto. Si potrebbe quindi pensare che quello fosse un setup per questo episodio, ma la gravità del malfunzionamento sembrava ben peggiore, e inoltre dopo le difficoltà iniziali negli ultimi episodi il Tardis funzionava alla perfezione, quindi, sorry, no.

Nonostante la premessa traballante l'episodio scorre abbastanza bene, con i personaggi che realizzano abbastanza presto di trovarsi in un loop e che la durata dei cicli si sta accorciando progressivamente, lasciandogli sempre meno tempo per trovare una soluzione (naturalmente poi i cicli che durano un minuto ne durano in realtà 5-6, ma va bene così). Vedere la successione di piani, fallimenti e accidentali successi è abbastanza soddisfacente, soprattutto perché per una volta possiamo vedere il Dottore fulminata da un Dalek (con tanto di upgrade del raggio della morte), cosa capitata raramente dal 1963 a oggi. Quindi dal punto di vista dell'azione e dell'intrattenimento la puntata fa il suo dovere, e concede anche l'occasione per uno speech del Dottore che è così mancato a questa Tredicesima. Certo poi è frustrante quando in un'iterazione i Dalek sono efficientissimi assassini e in quello dopo sono dei brocchi che non riescono a sfondare una serranda o una plot armor. Purtroppo questo è il pericolo di continuare a usare un avversario fino a svuotarlo di ogni minacciosità.

Se andiamo però a esaminare le dinamiche tra i personaggi e gli archi narrativi che si intrecciano nell'episodio, qualche imperfezione salta fuori. Innanzitutto abbiamo due personaggi secondari caratterizzati sorprendentemente bene (come avviene a molti dei personaggi usa e getta di Chibnall, a ulteriore prova che non ha problemi con la caratterizzazione ma proprio con lo svilupo della narrazione), con Sarah che salta subito all'attenzione come possibile companion (non succederà, ma l'attitudine era perfetta), ma la loro storyline li forza in una love story che non ha senso di esistere. Per quanto il ragazzo di cui ora mi sfugge il nome potesse essere ingenuo e di buon cuore, non si può negare che avesse un atteggiamento un po' creepy: conservare in un deposito gli oggetti delle "tue ex" (più facile che siano semplicemente donne stalkerizzate) e presentarsi tutte le notti di capodanno perché così sai che incontrerai proprio Sarah? Questo non è dolce, è appunto creepy. E può darsi che tu sia timido, un po' asociale, infatti è giusto che anche tu abbia una possibilità. Ma non è credibile che dopo questa avventura Sarah arrivi a pensare che sì, lui è proprio la persona che stava cercando (e infatti non stava cercando nessuno) ed è perfetto per fare un viaggio insieme. Magari può superare le sue resistenze verso di lui, arrivare a pensare che forse merita una possibilità perché si sente solo, si può provare a conoscersi e chissà, dai... ma non possiamo subito dichiarare l'amore della vita.

Ovviamente questo è un problema molto relativo, lo sappiamo che in episodio e via non è facile costruire una complessa dinamica relazionale tra personaggi appena introdotti (ma non è nemmeno impossibile, e comunque basterebbe non spingerla in direzioni cliché e poco plausibli). Tuttavia il rapporto tra le due guest fa il paio con quello che viene messo in scena tra Yaz e il Dottore. La ship Yaz/Doctor era in corso fin dai primi momenti dell'unidcesima stagione, e sembrava che avrebbe ricevuto un upgrade quando l'anno scorso questo stesso giorno Yaz rimaneva l'unica compagna di viaggio. Nel corso di Flux invece Yaz viene pressoché ignorata (anche perché il Dottore rimane isolata dagli altri per buona parte del tempo), anzi spesso trattata con sufficienza, addirittura sembra meno rispettata di Dan che invece è appena arrivato. Dare consistenza questa linea relazionale adesso quindi adesso sembra soprattutto una questione di fanservice, o un modo per costruire un nucleo emotivo sul quale far terminare la run del Tredicesimo Dottore. Il problema è che, a differenza di precedenti casi in cui il Dottore era coinvolto romanticamente con i companion (reciprocamente o unilateralmente), il rapporto non è stato costruito, anzi il Dottore sembra del tutto refrattaria a instaurare relazioni con gli umani. Per quanto abbia blaterato di fam e di stare uniti e vicini, in realtà Doctr 13 alla prova dei fatti è tra le più fredde e distaccate incarnazioni del DW moderno.

Quindi va bene così, gioiamo per questo scampolo di character development. Però arriva troppo tardi e moltiplica questo messaggio distorto che l'interesse romantico vada reciprocato, come avviene appunto per altri due personaggi in questa storia. In effetti viene da chiedersi che cosa Yaz veda nel Dottore, che sembra ignorarla il più delle volte. Il tutto naturalmente dipende anche dal fatto che come abbiamo rilevato più volte, Yaz non ha alcuna consistenza come personaggio, non l'ha avuta per due stagioni e non le è stato dedicato tempo in quest'ultimo serial, per cui non riusciamo davvero a capire come veda il mondo, e qualunque cosa ci dica dei suoi sentimenti non possiamo far altro che scrollare le spalle.

Detto questo, Eve of the Daleks riesce quantomeno a divertire e si gioca bene alcuni momenti di tensione e di rilascio. Se lo prendiamo come episodio a sé, slegato da qualunque arco narrativo, ha tutte le caratteristiche di base di un Doctor Who soddisfacente, e le sue problematiche sono per lo più collegate (ancora) alla gestione complessiva della serie da parte di Chris Chibnall. Quindi si merita comunque un voto 7/10.