Steampunk! - Vapore Italico

Questa segnalazione arriva un po' in ritardo, ma prima di procedere ho voluto attendere di avere tra le mani il libro in questione per poterne dare un'impressione di prima mano, appunto. Il libro è uscito ad aprile, ma il tempo è trascorso nell'attesa di ricaricare la carta prepagata e per i comodi tempi di spedizione di Lulu che mi hanno fatto tirare il fiato per un mese intero ogni volta che rientravo in casa, sperando di trovare il pacco nella cassetta della posta. Ma, infine, la copia è arrivata, e posso parlare con cognizione di Steampunk! - Vapore Italico.


(chiedo scusa per la sgranatura, non ho un'immagine a risoluzione maggiore)

Il volume è edito dalle Edizioni Scudo, casa editrice semiprofessionale dedita al fantastico che si affida principalmente al print-on-demand e agli e-book, con il quale ho avuto il piacere di veder pubblicato il mio primo racconto, oltre a quella che finora è la mia unica raccolta personale. Prima della fine del 2010 Giorgio Sangiorgi e Luca Oleastri, i due responsabili della casa editrice, hanno indetto un bando di selezione per una raccolta di racconti steampunk, la prima in Italia dedicata a questo genere. Il progetto includeva, oltre alla pubblicazione dei racconti, la realizzazione di tavole illustrate associate a ognuno dei lavori selezionati, come già avviene per la collana Short Stories, ma in questo caso le illustrazioni sono stampate a colori e in grande formato, in un volume di per sé prestigioso.

Uhm, facciamo un passo indietro. Devo spiegare cos'è lo steampunk? Mi pare strano che chi finisce a leggere questo articolo possoa ignorarlo, ma, casomai il mio blog dovesse varcare i confini del pubblico settario che credo lo segua con incostante impegno, azzardo una definizione di un paio di righe. Lo steampunk inteso come genere letterario è un sottogenere della fantascienza. Se la domanda tipica della fantascienza è "cosa succederebbe se... (what if..)", lo steampunk parte dalla domanda: "cosa sarebbe successo se il futuro fosse arrivato prima?" Lo steam della parola infatti significa proprio al vapore, e si riferisce a quel livello tecnologico affermatosi tra la rivoluzione industriale e i primi decenni del '900, costituito di grandi macchinari rumorosi e sferraglianti, composti da tanti ingranaggi e pulegge, alimentati da caldaie e vapore. Lo steampunker immagina che con questi strumenti sia possibile realizzare marchingegni molto complessi, paragonabili a quelli moderni: dagli automi a vapore ai computer analogici (che poi non son così impossibili...), dal Nautilus di Jules Verne alla Macchina del Tempo di Herbert George Wells. Questo, essenzialmente, è lo steampunk. Insieme alla corrente letteraria si è sviluppata anche tutta una sottocultura interessante e forse un po' morbosa, che potete scoprire da soli.

Possiamo quindi tornare al Vapore Italico. Il libro, che è un "Volume Uno" perché la mole di racconti pervenuti garantisce materiale per ampliare la collana, raccoglie 14 racconti medio-lunghi di autori italiani pressoché esordienti. Storie che partendo dallo steampunk sconfinano nel weird o nell'ucronia, spesso ambientate in Italia, che raccontano un mondo differente ma che avrebbe potuto essere, se il futuro fosse arrivato prima. Dirigibili di linea e arti meccanici, androidi e cyborg, devastanti macchine da guerra e leggiadre ali di metallo, sono alcuni degli ingredienti che si mescolano in queste storie cigolanti e ticchettanti, intrise di olio bruciato e affumicate dal vapore delle turbine.
 
Per quanto mi riguarda, ho dato il mio contributo al Volume Uno di Steampunk! con il racconto Piombo contro acciaio a Elderberry Field, che in effetti era già stato pubblicato (anche se in una versione tagliata) su N.A.S.F. 6., ma ammetto che vederlo incluso qui mi ha dato una soddisfazione maggiore, sia per la portata del progetto, che ha avuto un moderato riscontro nel fandom italiano (e a cui è stata dedicata anche una puntata del programma radiofonico Melog 2.0 di Radio 24), sia perché Piombo contro acciaio, ambientato in una sorta di wild wild west, è uno dei rari miei racconti che davvero mi piace. Vedere l'illustrazione ad esso dedicata da Luca Oleastri (l'ultima a destra nella seconda fila qui accanto, purtroppo non ho modo di mettere un'immagine più grande) mi ha riempito di emozione.

Il libro è acquistabile sullo shop on-line delle Edizioni Scudo, sia in formato grande con illustrazioni a colori, sia in bianco e nero nell'usuale formato di Short Stories, oltre alla versione pdf. Io ho doverosamente acquistato la versione a colori, e nonostante i biblici tempi di attesa sono pienamente soddisfatto della resa del libro, che dimostra come anche il print on demand possa fornire prodotti di buona qualità. Far parte del primo passo della rivoluzine steampunk italiana è un grande traguardo, e mi auguro che non vogliate rimanere indietro. Altrimenti come pensate di cavarvela, se il futuro dovesse arrivare prima del previsto?

Coppi Night 22/05/2011 - Red

Ho scoperto solo questa settimana, vedendo la locandina su un giornale, che il film visto domenica scorsa era appena uscito nelle sale. Non è la prima volta che nelle serate del Coppi Club viene proposto un film ancora in programmazione o addirittura prima dell'uscita ufficiale. Ma le risorse del Club arrivano a questo e oltre, per cui non c'è da meravigliarsi.

Red si inserisce nel filone dei film d'azione in cui più che nella trama la forza sta nell'esagerazione dei combattimenti, che siano sparatorie, inseguimenti o combattimenti a mani nude. Il rischio di un'operazione del genere è sempre alto, perché il limite di ciò che gli effetti speciali rendono possibile è già stato raggiunto da tempo, e risulta quindi difficile stupire lo spettatore con la sola "spettacolarità" delle scene. Per cui, non serve far esplodere un intero quartiere o far passare la pallottola al rallentatore sul naso dell'eroe: è tutta roba già vista. Fortunatamente, Red riesce a trovare il giusto equilibrio tra una trama viva appena quanto basta a suscitare interesse con un paio di misteri, qualche spacconata ben congeniata e soprattutto dei buoni personaggi resi da un buon cast.

Il manipolo di pensionati dei servizi segreti che torna in azione per compiere una missione "indipendente" dalla quale dipende la sopravvivenza di tutti loro (oltre che, incidentalmente, il mantenimento della democrazia della nazione) è una squadra ben assortita, con personaggi tutti inquadrabili in uno stereotipo preciso ma comunque apprezzabile, da Bruce Willis che fa il Bruce Willis, all'eccellente paranoide John Malkovich. In tutto questo stona forse la relazione tra l'eroe e l'insulsa operatrice di call center di cui si dichiara innamorato, che aggiunge al film la solita questione del "tra quanto scopano?" che inevitabilmente viene risolto come ci si aspetta, ma senza nessuna esaltazione. In ogni caso, il film procede bene e puntando spesso sull'umorismo noir si segue con piacere. Nell'infinita filmografia di pellicole di questo tipo, è sicuramente uno dei più validi degli ultimi tempi.

Comunque, nel film non c'è assolutamente niente di rosso.

Walter M. Miller Jr. - San Leibowitz e il Papa del giorno dopo

Il libro di cui sto per parlare è il seguito di uno molto più noto, ma questa maggiore notorietà fa del primo un libro comunque conosciuto solo in certi ambienti. Questo vi dà un'idea di quanto San Leibowitz e il Papa del giorno dopo sia conosciuto al grande pubblico. In effetti, è probabile che anche il nome del suo autore non evochi nulla nella mente della maggior parte dei lettori.

Per cui, concediamoci una piccola introduzione parlando del romanzo che lo precede, che è relativamente più conosciuto. Un Cantico per Leibowitz ha una sua fama, che forse dipende dal fatto che si tratta di un capolavoro. Pubblicato nel 1959, il Cantico è un romanzo di fantascienza, anche se definire così categoricamente il genere di appartenenza ne sminuisce il valore, perché è innanzitutto un libro profondo, con una storia intelligente e temi interessanti: collocarlo sotto l'etichetta FANTASCIENZA rischia di fargli perdere una meritata porzione di pubblico, che in genere diffida di quella parola. Il romanzo è ambientato in un mondo post-apocalittico, in una zona degli ex Stati Uniti devastati da un olocausto nucleare che ha praticamente azzerato la civiltà. Negli anni bui che hanno seguito il disastro, un movimento popolare chiamato "Semplificazione" ha portato alla distruzione di quasi tutti i libri e alla diffusione dell'analfabetismo come virtù. Solo grazie all'intervento di Isaac Leibowitz la cultura e la conoscenza sopravvivono. Leibowitz infatti fonda un ordine monastico il cui compito principale è proprio quello di nascondere e preservare i libri, di memorizzarli per poterli diffondere e trascriverli quando rischiando di rovinarsi, in un processo simile a quello in uso tra i frati amanuensi nel medioevo. Leibowitz non ha solo imposto il rispetto per i libri, ma anche trasmesso alcune conoscenze scientifiche sottoforma di preghiere e litanie, nella speranza che in futuro qualcuno potesse di nuovo comprenderle. La storia inizia nel XXVI secolo, seicento anni dopo l'apocalisse, nell'abazia di San Leibowitz, da tempo morto e canonizatto. Il romanzo si sviluppa in tre capitoli, in cui vengono mostrate fasi successive della storia dell'uomo che segue un percorso già noto: un'epoca primitiva e feroce, una fase paragonabile al Rinascimento, e un'età tecnologica in cui sono presenti le stesse armi che hanno annientato la civiltà precedente. Tutte queste fasi sono mostrate dal punto di vista di monaci dell'ordine di Leibowitz, che si dedicano alla loro missione in modi diversi nelle varie età. Un Cantico per Leibowitz, oltre ad aver vinto un premio Hugo, è stato riconosciuto come un'opera di grande influenza. Umberto Eco ha detto di essersi ispirato a questo per scrivere Il nome della rosa, ed è facile riscontrare l'influenza considerando l'ambientazione monastica e la centralità dei libri come strumento di conoscenza. Anche in opere più recenti come il film The Book of Eli si possono notare chiari riferimenti.

Questo è il Cantico del 1959. Dopo il successo di questo libro, all'autore è stato proposto di scrivere un seguito. Miller, la cui produzione non è comunque molto vasta, ha accettato, e aveva scritto circa 600 pagine del nuovo romanzo quando, nel 1996, si è suicidato. Il libro era quasi terminato, e gli eredi hanno ritenuto che fosse meritevole riuscire a pubblicaro comunque, così è stato assoldato lo scrittore Terry Bisson per mettere insieme, rivedere e completare l'opera. Saint Leibowitz and the Wild Horse Woman è stato pubblicato nel 1997, ma solo tredici anni dopo è stato tradotto e proposto in Italia dalla casa editrice Profondo Rosso, con un titolo che per una volta, pur non essendo fedele all'originale, ha comunque un senso.

San Leibowitz e il Papa del giorno dopo è una storia unica, e non divisa a episodi come il suo prequel. Cronologicamente si colloca tra la seconda e la terza parte del Cantico, in un'epoca post-rinascimentale in cui il potere del papato in esilio e quello dell'imperatore Hannegan si scontrano, controbilanciati dalle orde dei Nomadi che occupano le vaste praterie circostanti. Il protagonista è un monaco, Fratello Dentenero, un nomade entrato nell'ordine leibowitziano che sta attraversando una fatale crisi di fede. Preso in custodia dall'influente cardinale Cavallocupo, che punta alla restaurazione del papato a Nuova Roma, Dentenero si troverà coinvolto in lunghi viaggi e strani incontri, battaglie e macchinazioni politiche. Il percorso di Dentenero è lungo e variegato, si sviluppa su molti anni di spostamenti e relazioni, e anche se generalmente la narrazione segue lui, in alcuni capitoli il punto di vista si sposta su altri personaggi presentati in precedenza. La storia segue Dentenero fino alla sua morte, soffermandosi tutto il tempo necessario sugli avvenimenti più importanti tanto per la Storia con la maiuscola, che per quella personale del monaco.

Riassunto in questo modo non sembra granché. Ma Il Papa del giorno dopo non è semplicemente una storia: è un mondo. Più di quanto mi sia capitato ultimamente con i romanzi che ho letto, questo è stato capace di mettere insieme un mondo alternativo, con una coerenza e un'abbondanza di dettagli tale da far sospettare che Miller abbia davvero vissuto in una dimensione del genere. Se la trama in sé non è complicata, se non si assiste a nessun esaltante colpo di scena e non si trovano idee fantascientifiche di portata rivoluzionaria (di fatto, l'unico elemento "estraneo" alla nostra storia sono i mutanti), a stupire sono soprattutto i personaggi, che mostrano, tutti, un livello di complessità difficilmente riscontrabile altrove. Dal giovane protagonista Dentenero in cerca della sua aspirazione al subdolo cardinale Cavallocupo, dal fiero samurai Ascia alla maliziosamente santa mutante Aedrea, dal deciso sharf delle Orde Nomadi Chur Hongan all'eterodosso Papa eremita Amen I, dai monaci agli imperatori, dai guerrieri agli sciamani fino al solitario (e presumiblmente immortale) ebreo errante che appare anche in tutti gli episodi del Cantico, quelli che si incontrano in questo libro non sono personaggi, ma vere e proprie persone. È estremamente facile riuscire a empatizzare con esse, perché risultano tanto autentiche che non si può dubitare dei loro sentimenti e motivazioni.

La scrittura stessa è di livello elevato. Pur procedendo lentamente, prendendosi tutto il tempo per illustrare i dettagli che l'autore reputava importanti, la storia non è "annacquata", e ogni riga è essenziale al compimento dell'opera finale. Non è una lettura agevole, ma non è nemmeno pesante: è un libro impegnativo ma soddisfacente, che assorbe le risorse del lettore ma non le spreca. L'apporto di Terry Bisson, per sua stessa ammissione, è marginale. Ha dovuto scrivere alcuni capitoli (non rivela quali, ma dal cambio di tono si intuisce che si tratti di alcuni di quelli finali) per i quali Miller aveva lasciato solo alcuni appunti, ma tutto quello che era stato originariamente scritto dall'autore è stato preservato. Solitamente, in particolare dopo il triste caso di Dune, dubito degli autori che dichiarno di completare il lavoro di altri, ma in questo caso non mi sento di definire Bisson un ciarlatano. Credo che il suo sia stato un lavoro del tutto onesto, e probabilmente molto difficile e faticoso.

Insomma, San Leibowitz e il Papa del giorno dopo è un ottimo libro. Ha un solo, grande difetto: è inevitabilmente paragonato a Un Cantico per Leibowitz, che gli è sicuramente superiore pressoché in ogni aspetto. Perciò, chi si accosta a questo libro lo fa con aspettative molto elevate, che vengono in parte deluse, anche se non si può negare di trovarsi al cospetto di un grande romanzo. Forse per questa ragione, sarebbe quasi meglio leggere prima Il Papa del giorno dopo (che funziona egregiamente come storia a sé, una volta chiaro il contesto) e poi il Cantico.

A voler essere onesti, l'edizione italiana ha anche un altro paio di difetti. Uno è il formato, che è piuttosto ampio e non lo rende un libro agevole da portare in giro. Questo può rendere la lettura meno comoda per chi è abituato a portarsi dietro il libro per leggere in treno, in fila dal dentista o alla mensa aziendale, e ammetto che il Thumb Thing non mi è stato d'aiuto nel reggere aperte le pagine... ma questo è uno svantaggio che vale la pena di superare.

L'altro inconveniente rilevante è il prezzo: 23 € è una cifra che non tutti sono disposti a pagare per un pacchetto di carta rilegata. Io l'ho fatto, e non me ne sono pentito. Ma io ho una conclamanta dipendenza dai libri, per cui ho limiti molto labili nel giudicare cosa posso e non posso permettermi. A favore dell'elevato prezzo di copertina va rilevato che l'edizione è molto curata, e anche se nel testo si può trovare qualche refuso, l'introduzione, le lunghe note conclusive e le numerose immagini che si trovano all'inizio e alla fine del volume riescono a trasmettere tutta la passione che coloro che hanno preparato questo volume ci hanno messo dentro.

In ogni caso, se deciderete di acquistare il libro, che potete trovare in una libreria leggermente più fornita di quella dell'Esselunga, oppure ordinare direttamente on line, penso di potervi garantire che non vi troverete male. Qualunque sia la vostra disposizione iniziale, che amiate o meno la fantascienza, la religione, la storia, i monaci, i mutanti, i cavalli e gli ebrei immortali, sono convinto che non potrete rimanere delusi. San Leibowitz e il Papa del giorno dopo è un libro capace di trasportarvi in un mondo che, da qualche parte, sicuramente esiste davvero.

Trentemøller - The Last Resort

Sono passati cinque anni dall'uscita di questo album, per cui questa non è propriamente una news. Ma se è vero che esistono solo due tipi di musica, buona e cattiva, è anche vero che quella del primo tipo rimane tale anche col tempo. Quindi un post dedicato a un disco già datato non mi sembra affatto sprecato.

The Last Resort è il primo album di Anders Trentemoller, comunemente conosciuto solo con il suo cognome, che si scriverebbe con quella specie di simbolo di insieme vuoto che ho usato nel titolo del post ma non ho voglia di ripetere ogni volta anche qui. Uscito nel 2006 per Poker Flat, è uno di quei lavori che, pur derivando dall'ambiente elettronico, che risulta ostico a molti, non può non piacere a chiunque ami la musica come forma di espressione oltre che di intrattenimento. I suoni che compongono le tredici tracce di The Last Resort sono caldi, penetranti, riescono a scavare ed evocare sensazioni autentiche. Molti sono pezzi "strumentali", termine che nell'ambito della musica elettronica contraddistingue le tracce prive dei tipici elementi strutturali che costituiscono l'ossatura di ogni disco utilizzabile in un dj set: kick (il tunz-tunz), hat, snare, eccetera. In effetti, pezzi come Moan, Like Two Strangers e The Very Last Resort potrebbero essere suonati da un'orchestra, senza l'ausilio di strumenti elettronici. Certo, dovrebbe trattarsi di un'orchestra brava. Anche una semplice ninnananna come Miss You, che ripropongo qui sotto, è in realtà così delicatamente sublime che sarebbe difficile riprodurla.





Qui si potrebbe aprire una tediosa parentesi, utilizzando il video (ma soprattutto l'audio) qui sopra per dimostrare come una delle critiche più spesso mosse alla musica elettronica sia priva di fondamento. I difensori della Vera Musica sono soliti sostenere che, per il solo fatto di non dover vibrare delle corde o soffiare in un tubo o picchiare su una pelle tirata, gli autori di musica elettronica non siano veri "musicisti", tanto meno "artisti". L'ottusità di questa affermazione è abbastanza evidente già se si considera che avere un sintetizzatore che riproduce tutti gli strumenti musicali della storia non significa saperli combinare in modo da creare qualcosa, un po' come avere gli stessi pennelli e colori di Leonardi Da Vinci non rende tutti in grado di realizzare la sua Ultima cena. Ma se si porta come esempio un artista come Trentemoller, e i pezzi di un album come The Last Resort, anche i più accaniti luddisti musicali sono costretti a chinare il capo.

Chiusa l'arcigna e tediosa parentesi, nell'album di Trentemoller si trovano anche pezzi tipicamente techno. Tracce groove/minimal come Nightwalker e Chamaleon si possono considerare come techno piuttosto ordinaria, se pure di grande qualità. Ma altri come Snowflake, Into the Trees e soprattutto Take Me Into Your Skin (probabilmente il capolavoro assoluto dell'album e dell'intera carriera di Trentemoller), hanno invece una struttura del tutto particolare, e riescono a riprodurre le stesse atmosfere dei pezzi strumentali con un set di suoni perfettamente adatto alla pista. È una cosa molto difficile, quella di suscitare sensazioni così forti quando alla base di tutto c'è il solito tunz-tunz, e saranno proprio gli usuali detrattori dell'elettronica a dover riconoscere la grandezza di queste opere d'arte.

Trentemoller fa parte della minoranza di dj che suona nel vero senso del termine, e si esibisce in concerti in cui esegue live i suoi pezzi. Un concerto dedicato proprio a The Last Resort è stato anche registrato ed è disponibile su cd nel Live in Concert EP, in cui si trovano appunto le versioni live di alcuni pezzi, oltre a remix ancora inediti. Ascoltare le reinterpretazioni di queste canzoni in cui Trentemoller si avvale della collaborazione di altri musicisti, è ancora più emozionante, perché si riesce a percepire ancora di più l'anima e la passione dell'autore. E siccome mentre scrivo sto riascoltando proprio queste versioni live, non posso trattenermi da mettere anche qui il video di Take Me Into Your Skin suonata da Trentemoller con il supporto di batteria e basso. Se riuscite a guardare il video senza farvi venire i brividi, probabilmente non siete umani.




Dopo The Last Resort, Trentemoller ha prodotto altri notevoli lavori, tra cui nel 2010 l'eccellente Into the Great Wide Yonder, che riprende in molti sensi le atmosfere del primo album. Ed è in uscita proprio in questi giorni la sua selezione di Late Night Tales. Insomma, se anche sono partito parlando di un album, in realtà questo post è un invito a seguire un artista che merita davvero, e forse potrà farvi scoprire un mondo che finora, per ignoranza o pigrizia, avete trascurato.

Le Elezioni M&M's

Visto che nel post precedente, pur di non parlare di un film indegno visto durante l'ultima Coppi Night, ho sviato il discorso sulle elezioni e il sistema di voto, mi riaggancio a questo argomento e parlo di un'altra importante chiamata alla democrazia che si sta svolgendo in questi tempi.

Da circa un mese si sono aperte le Elezioni M&M's. Forse non tutti ne sono al corrente, come spesso accade per le votazioni. Infatti, un po' come per il referendum di giugno sulla privatizzazione dell'acqua e tutte quelle altre cose cattive che vanno fermate, anche gli spot delle Elezioni M&M's sono stati censurati in tv. Può darsi che vi sia capitato di intercettare uno dei rari passaggi del filmato che invita i cittadini al voto, ma più probabilmente avete appreso che c'è un'elezione in corso vedendo scritto "VOTA E VINCI" sugli espositori di sacchettin gialli di M&M's davanti la cassa dei supermercati. Lo spot che vi siete sicuramente persi è questo:


 

Andando sul sito di M&M's Italia potete esprimere il vostro voto, dopo aver eventualmente studiato i profili dei cinque candidati. Red, Yellow, Blue, Orange e Green hanno infatti delle caratteristiche molto differenti, e ognuno di loro rappresenta un personaggio a sé, che può attirare più o meno simpatie.

Ora, è più che evidente che tutto questo non è altro che una trovata pubblicitaria, una campagna che il potente gruppo alimentare Mars, che produce in via più o meno diretta tutte le schifezze cioccolatose caramellate nocciolate ricoperte glassate confezionate che vi capita di ingurgitare ogni giorno, ha deciso di mettere in atto avvalendosi del potenziale del marketing "volontario" dei suoi consumatori (come lo è, d'altra parte, questo stesso post!), che scorre tra i blog e viene alimentato dai social network. Insomma, le Elezioni M&M's sono innanzitutto una gran furbata, e in questo non si discostano dal modello attuale di democrazia.



Ma c'è un aspetto che mi pare interessante di questa campagna. Le elezioni M&M's si sono svolte due anni fa in Australia, e quest'anno sono state estese a tutto il mondo. Si può quindi dire che di fatto si tratta delle prime elezioni globali della storia. Più capillare dell'elezione di Miss Universo, più democratica delle elezioni al consiglio di sicurezza dell'ONU: le Elezioni M&M's coinvolgono direttamente tutta la popolazione mondiale e per questo non possono essere ignorate.

Ora, io non sono per niente esperto delle dinamiche di gruppo o psicologia delle masse, e se esistesse davvero non lo sarei nemmeno di psicostoria, quindi non so bene quali segnali andrebbero colti e quali conclusioni si potrebbero trarre. Ma, osservando la mappa presente sul sito, sulla quale appare anche il numero totale di voti raggiunti si può vedere quali candidati stanno ottenendo la vittoria nelle diverse nazioni. È curioso notare come negli USA sia al comando Miss Green, l'unico candidato femminile che punta sul fascino e l'ecologia, mentre buona parte dei paesi europei sta portando alla vittoria Yellow, il più qualunquista dei cinque, in opposizione al furbo Red e al fighissimo yuppie Blue. Il paranoico Orange sembra riscuotere meno successi, confermando che il carisma è una dote essenziale anche se sei una pallina di cioccolato con le gambe.

Ci si potrebbe chiedere come mai in Paesi diversi gli elettori puntano su candidati diversi. Insomma, alla fine dei conti tutti i personaggi sono abbastanza stereotipati da essere delle macchiette: nessuno considera seriamente il messaggio e il "programma elettorale" declamato dai candidati, ma vota essenzialmente per simpatia. Ma allora come si spiega il fatto che la distribuzione dei voti sia differente? Sarebbe ragionevole supporre che, in media, agglomerti di persone omogenei producano risultati omogenei. Invece pare che non sia così. Perché al Sudamerica piace Red? E cosa hanno in comune Irlanda e Giappone da far loro scegliere Orange?

È un fenomeno insolito, che forse qualcuno più competente di me potrebbe prendersi l'impegno di analizzare meglio. Certo, è un gioco. Sì, è pubblicità. Però, forse, qualcosa se ne può trarre...


Se volete contribuire alle prime elezioni mondiali della storia, vi basta entrare nel sito ed esprimere la vostra preferenza. Se poi avete anche sottomano un pacchetto di M&M's comprato di recente rischiate anche di vincere qualcosa, ma non sarà una ragione tanto futile a motivarvi, no?

Per quanto mi riguarda, il voto naturalmente è segreto, per cui non posso rivelarvi a chi ho concesso la mia preferenza. Vi basti sapere che è un personaggio maschile e non è un colore primario.

Coppi Night 15/05/2011 - Sognando la California

Questa domenica in molti comuni italiani si svolgeva il voto per le elezioni comunali e provinciali. Tra i comuni in questione non rientrava il mio, quindi non sono dovuto andare a votare (o meglio, annullare la scheda, come di consueto), ma ciò non di meno ho potuto sperimentare un altra espressione della democrazia. In particolare, come in altre occasioni ho potuto notare all'interno del Coppi Club, è emerso come, in un gruppo anche abbastanza ristretto, le tendenze distruttive di una minoranza possano condurre a risultati abominevoli, a causa di falle più o meno evidenti del sistema di voto, anche quando il sistema stesso è accettato da tutti i votanti.
Ecco come, in una serata in cui la selezione dei film, seppur orientata sulla filmografia trash italiana, offriva anche alcuni titoli validi, alla fine la vittoria è arrivata al solito, moscio, insipido, noioso, inutile, banale, prevedibile, insulso, deludente, fiacco, e tutti gli altri sinonimi che possono venirvi in mente, filmetto italiano di pretesa comicità.

Non voglio parlare del film. Non si può impostare un discorso serio su una pellica la cui scena madre è un giornale pieno di merda lanciato da una finestra che finisce in testa a qualcuno. Non sottolinerò gli evidenti errori logici e topografici della storia. Non evidenzierò l'assenza stessa di una trama vera e propria, che tuttavia non implica una voluta composizione in sketch scollegati. Non farò notare l'inadeguatezza della colonna sonora.

Questo post quindi non è una recensione, ancor meno di quanto lo sono solitamente i post del Coppi Club. Questo post è un invito a riflettere sul potere che esercitate quando votate, e su come questo possa ritorcersi contro di voi. Non è demagogia, non è qualunquismo. Attenti a ciò per cui votate, perché potreste ottenerlo.

Immagine # 27

In un prato c'è una barca rovesciata. In piedi sulla barca c'è una capra.


Roba da film surrealista siberiano! Eppure era uno spettacolo in scena a meno di un chilometro da casa mia. Questo piccol gregge di caprette sparso su un prato nel quale tra cianfrusaglie varie era ammucchiata anche questa barchetta a testa in giù.

Se fossi uno di quelli che hanno speso 650 € per acquistare una Reflex (+120 € di borsa e 180 di treppiede) con incluso nel prezzo la pretesa di essere dei Fotografi, avrei potuto immortalare la scena e usarla per un demotivational con scritto qualcosa del tipo:

LA CAPRA
Campa anche sopra la barca.

Coppi Night 08/05/2011 - Limitless

A essere onesti per me non è stata una vera Coppi Night, dato che non c'è stata Pizzacoppi per me. Ma quando il pranzo termina alle 16 e comprende pietanze quali pappardelle alla lepre e tagliata di cinta senese al tartufo, forse è il caso di non mettere ulteriormente alla prova le capacità digestive dell'organismo. Tuttavia ho naturalmente presenziato alla serata, per fruire almeno della parte ricreativa.

Da una buona rosa di film sono stati infine portati in finale Il cigno nero e Limitless, e nonostante abbia spinto per il primo è stato l'altro a vincere la votazione. Dopo un'eccezionale sequenza di titoli di coda, il film procede subito con un buon ritmo, e riesce a tenere l'interesse vivo tanto quanto con la storia che con le efficaci trovate visive. La situazione del protagonista che vive in uno stato di "alterazione" e accumula nemici nel suo percorso verso l'obiettivo finale, ma proprio a causa dell'alterazione stessa non è in grado di raggiungere la soluzione, rende il film lontanamente paragonabile a Memento. Ma c'è qualcosa che non funziona a dovere.

La favola del "usiamo solo il 20% del nostro cervello" è abbastanza diffusa quanto inesatta, così come l'aumento dell'intelligenza è uno dei temi classici della fantascienza, che se in Fiori per Algernon lo faceva tramite un'operazione, oggi è più portata a realizzarla con l'implementazione di interfacce cibernetiche e nanotecnologia. Quella di Limitless è una storia che assomiglia nelle sue modalità a quella del racconto Capire di Ted Chiang (contenuto nella raccolta Storie della tua vita): nel racconto, il protagonista che ha subito danni al cervello riceve un iniezione di "attivatori" che riescono a riparare le connessioni neurali danneggiate, ma lo fanno in modo più che efficiente, rendendolo più intelligente di quanto era all'inizio. Anche lì, la brama di onnipotenza porta il protagonista a volersi procurare altre iniezioni e, mentre procede indisturbato nella sua scalat al potere, a scoprire che qualcun altro fa uso del suo stesso sistema. L'incoerenza di Limitless sta proprio nella superficialità del protagonista: una volta diventato iperintelligente, tanto da ricordarsi particolari visti di sfuggita decenni prima, la sua preoccupazione primaria avrebbe dovuto essere quella di trovare il modo di avere sempre altre pasticche miracolose a disposizione. Non è credibile che una persona che ha in testa tutte le variabili del mondo possa ignorare quella più importante, e rimanere improvvisamente sfornita. Allo stesso modo, gli antagonisti che fanno uso della stessa droga agiscono spesso in modo stupido, pur sapendo di avere davanti un avversario con le loro stesse capacità. Questo è un difetto abbastanza rilevante per un film che fa chiaramente della trama "intelligente" il suo punto di forza.

Inoltre alla fine rimangono alcuni particolari indefiniti. Quando inizia ad assumere le pasticche, il protagonista dice di avere "un piano" per cambiare tutto, e che per realizzarlo gli servono soldi, da cui segue la sua scalata finanziaria. Ma dopo il frettoloso e approssimativo finale, in cui non si capisce con chiarezza cosa sia cambiato e in che modo, non viene rivelato quale fosse questo piano. Insomma, comportarsi da Demone di Laplace non basta di per sé a sconvolgere il mondo. Anche azzeccando tutte le previsioni del tempo, il massimo che si può ottenere è di non sprecare un pomeriggio di pioggia andando in spiaggia.

Tralasciando anche l'irrilevante presenza di Robert De Niro, che probabilmente è stato chiamato solo per poter mettere un nome di spessore sulla locandina, il film rimane comunque godibile e accattivante. Ma questi dettagli stridenti gli impediscono di raggiungere l'eccellenza, e rimanere appena un gradino al di sopra della media. Ma forse avrei dovuto capire che non sarebbe stata una storia credibile, quando all'inizio il protagonista racconta di essere uno scrittore, per di più di fantascienza, con un contratto per un libro non scritto per il quale ha ricevuto un anticipo: queste cose non succedono nel mondo reale!

Rapporto letture - Aprile 2011

Appuntamento periodico con le letture del mese scorso. Ad aprile siamo rimasti in media con sei libri assimilati. Ripercorriamoli uno alla volta.


More about Millemondi Estate 2010: ControrealtàSi comincia con un Year's Best SF, che pur essendo del 2006 è arrivato qui con l'usuale ritardo di quattro anni. In genere la raccolta curata da David G. Hartwell contiene raccongi di lunghezza varia ma di livello sempre buono. È scontato, trattandosi di un "best of". Anche in questo caso il discorso è valido, anche se a differenza degli anni precedenti sembra che nel 2006 non siano state prodotte vere e proprie "perle". Intendiamoci: i racconti sono quasi tutti buoni e la raccolta si legge bene, nonostante una certa inclinazione al genere apocalittico. Tuttavia manca la presenza di lavori davvero eccezionali, come si potevano trovare ad esempio nella raccolta del 2005. Poco male, sarà per l'anno prossimo... voto: 7.5/10



More about ClipartIl Premio Italia è un riconoscimento istituito da alcuni anni nel fandom italiano per affermare il merito di romanzi, racconti, fanzine, illustrazioni, siti web eccetera dedicati al fantasy o alla fantascienza. Presenta delle modalità di candidatura e di voto piuttosto oscure, che spesso portano a risultati opinabili. Il classico sistema per cui più sei "nel giro" e più hai probabilità di vincere. Che poi, forse, è il modo in cui funziona qualunque premio. Una breve premessa che serve a spiegare perché non mi sembri così starno che il romanzo di Elisabetta Vernier pubblicato dalla Delos abbia vinto a suo tempo il Premio Italia. Clipart è un grossolano e infruttifero tentativo di cyperbunk italiota, anche se non ha nemmeno il pregio di svolgersi a Bergamo o Catania, ma in un'innominata "City". La storia è prevedibile come un calendario, i personaggi sono privi di profondità e corrispondono tutti a stereotipi piuttosto precisi, l'ambientazione vaga e incolore. La caccia della protagonista alla ricerca di un video "scomodo" si svolge su un percorso lineare, con figuranti che vengono introdotti e dismessi all'occorrenza, fino all'inevitabile successo e a quella che dovrebbe essere una sorpresa finale ma non stupisce affatto. Anche lo stile è piatto, frammentato, con punti di vista che si incrociano senza un criterio preciso, lessico spreciso e un vocabolario tecnologico già obsoleto. Insomma, non voglio ritornare al solito discorso, ma di questo romanzo non posso dire altro che "si lascia leggere". Voto: 5/10


More about 2010  Odissea dueE quale cura migliore dopo una delusione che rivolgersi a un Maestro? C'è poco da dubitare aprendo un libro di Arthur C. Clarke. Ma al contrario di quanto parrebbe logico, 2010 Odissea Due non è un seguito di 2001 Odissea nello Spazio. O meglio, non lo è in senso stretto. Per comprendere meglio questa particolarità bisognerebbe conoscere la storia dietro 2001, ovvero sapere che film e libro sono stati prodotti in parallelo, con un confronto diretto e continuo tra Clarke e Kubrick. Esistono quindi delle differenze tra i due, ma i temi trattati sono gli stessi. Andando a scrivere un potenziale seguito, Clarke ha deciso di trattare libro e film com un'unica opera, traendo quando gli faceva comodo particolari dall'uno o dall'altro. Per questo, in alcuni casi 2010 (di cui esiste a sua volta un film) si discosta dal libro precedente, ad esempio nel fatto che la missione della Discovery era verso Giove, invece di Saturno. Ma è lo stesso Clarke a dichiarare di aver ret-conizzato alcuni dettagli, per rendere la storia più utile ai suoi scopi. Questo romanzo non è certo grandioso come il precedente, ma ne conserva il gustoso sense of wonder e rigore scientifico. Nessuno saprebbe scrivere una storia del genere, oggi. Voto: 8/10


More about Il processoNella mia libreria si trova anche una moderata quantità di "classici" che di quando in quando mi impegno a smaltire. Il processo di Kafka era tra questi già da diversi anni. Ammetto che se avessi saputo di che libro si trattava probabilmente non lo avrei acquistato... ma ormai ce l'avevo e dovevo smaltirlo. Non che mi penta di averlo letto, ma è stata una lettura davvero faticosa, che pur consistendo di poche centinaia di pagine mi ha impegnato davvero molto, tanto a livello fisico che intellettuale. Questo è forse un segno che si tratta di un grande romanzo? In ogni caso, questa storia così assurda, a tratti quasi comica se non fosse per sua natura tragica, è riuscita a turbarmi parecchio. Non so se la mia valutazione vale qualcosa in questo caso, comunque gli assegno d'ufficio un voto: 6/10


More about Uomini e SpettriAd aprile sono finalmente entrato in possesso di Uomini e spettri, la raccolta edita da Bel-Ami in cui sono presente con un mio racconto. Dico "finalmente" perché, come avevo già spiegato nel doveroso post autopromozionale, questa era una raccolta in cantiere da tempo e della cui uscita sono piuttosto soddisfatto. Le aspettative non sono state tradite. Si tratta di un libro di poco più di un centinaio di pagine, con dieci racconti medio-brevi, ognuno con una sua declinazione di "horror", che non va però inteso con il classico monster of the week ma in un senso più ampio e profondo. Storie di inquietudine, di mostri del quotidiano e di segreti che ritornano. Insomma, non voglio farla lunga perché potrebbe sembrare che stia ancora cercando di farmi pubblicità, ma credo che questa si possa considerare una delle migliori antologie italiane di genere degli ultimi tempi, per livello dei testi e cura del volume. Voto: 8/10


More about Un ponte tra le stelleInfine, un romanzo di altri due maestri della SF: Jack Williamson e J.E. Gunn. Peccato che, messi insieme, non abbiano saputo plasmare una storia che andasse oltre la semplice avventura con implicazioni politiche, con un sistema corrotto da rovesciare e un eroe improbabile che si incarica di farlo. Ci sono personaggi interessanti, la storia è vivace e procede bene, ma nessun guizzo rilevante. Un ponte tra le stelle rimane quindi un romanzo come tanti, valido per passare qualche ora ma di cui non rimane niente una volta chiuso. Voto: 6.5/10



Terminato il resconto, ricordo ai gentili ospiti che per maggiori dettagli e una cronistoria completa delle mie letture possono sempre farsi un giro sulla mia pagina aNobii, che se pure in questi giorni mi sta un po' sbarellando rimane comunque un supporto efficace.

Futurama 6x12 - The Mutants are Revolting / La rivolta dei mutanti

Eccoci all'episodio numero 100 di Futurama! Si arriva a 100 partendo dai 72 episodi delle prime quattro stagioni, sommando i 16 che derivano dalla frammentazione dei quattro film, e contando i 12 che mancano per raggiungere le tre cifre. 100 episodi sono circa 2100 minuti di visione, e questo vuol dire che se li avete visti tutti avete dedicato 35 ore della vostra vita a Futurama.

Un episodio così cabalisticamente importante doveva necessariamente essere di buon livello. E sì, ce l'hanno fatta. The Mutants are Revolting (come il giornale specifica: "both kinds of revolting") è un episodio eccellente, tanto per lo svolgimento della trama che per lo sviluppo dei personaggi, sia per le battute che per le citazioni. Come si capisce dal titolo, in questa puntata si torna nelle fogne, per passare un po' di tempo insieme ai rivoltanti (in uno dei due sensi) mutanti. In particolare è Leela, dopo essere stata scoperta come mutante, a essere esiliata dalla superficie, e poco dopo i suoi compagni saranno costretti a seguirla. Qui si svilupperà la rivolta (nell'altro dei due sensi) di questi paria della società, schiavizzati e discriminati, che cercheranno finalmente di affermare i propri diritti. La storia quindi, come altre della sesta stagione, arriva anche a incidere il canone dell'universo di Futurama.

Come in tutti gli episodi più "forti", anche qui il rapporto Fry/Leela è centrale, e il fattorino si sottopone ingenuamente all'ennesima, stupida, dolcissima prova d'amore. Questo mentre, per festeggaire la centesima consegna della Planet Express (quasi dieci all'anno, come fa notare Hermes!), Bender si cura di organizzare il più grandioso party mai visto nel XXXI secolo, in cui tanti (forse tutti, come nell'ultima scena di Into the Wild Green Yonder) personaggi di Futurama possono essere riconosciuti.

Volendo muovere una critica all'episodio, si potrebbe notare che la storia del Titanic era già stata parodiata  addirittura nella prima stagione in A Flight to Remember, e che quindi raccontare del Land Titanic è forse ridondante. Ma la storia del naufragio non è comunque invasiva, per cui non si cade nel "già visto" sentendo raccontare dell'enorme autobus sprofondato dopo una collisione con una cassetta della posta. E anche in questo caso, bisogna ammettere che gli autori svolgono bene i loro compiti a casa, quando uno dei personaggi coinvolti nella tragedia è Mr. Astor.

Per tutto questo, arrivati alla fine della puntata non ci si può che augurare altri cento di questi episodi. E anche in questo caso, per la seconda volta in questa sesta stagione, sono tenuto ad assegnargli una valutazione pari a un decimo della sua cardinalità: voto: 10/10

Autopromo Bundle: 365 Racconti Horror per un anno + Nella Tela! 2010 + Fun Cool! 6

So bene quanto sono noiose le segnalazioni. Immagino quanta passione possa suscitare la lettura delle mie recenti vicissitudini "professionali". Per cui, per risparmiare l'imbarazzo a me e il fastidio a voi, ho deciso di raccogliere un tris di segnalazioni in un unico post, dimodoché non sia necessario diluirle nei prossimi gionri e possiate evitarle con un solo clic sulla X in alto a destra, invece di tre.



Partiamo con una segnalazione che finirà poi nella pagina delle mie pubblicazioni. Tra una settimana sarà disponibile il libro 365 Racconti Horror per un anno, realizzato da Delos Books. La formula è la stessa di 365 Racconti Erotici per un anno, che a quanto pare ha riscosso un successo di vendite tale da spingere l'editore a tentare di nuovo l'esperimento, stavolta con un genere meno popolare ma comunque smerciabile. Si tratta quindi di 365 miniracconti di una pagina, ognuno associato a un giorno dell'anno, di autori di qualsiasi livello e con la partecipazione di alcuni scrittori affermati. Se arrivate a leggere fino al 12 novembre, potrete gustare anche il mio racconto Cucina veloce.

Il libro è già disponibile in pre-acquisto sul Delos Store, e presto sarà anche distribuito in libreria e acquistabile al prezzo di dieci litri di benzina senza piombo.



Seconda in ordine di rilevanza è la segnalazione del mio recente posizionamento al concorso Nella Tela! 2010, organizzato dal portale La Tela Nera in collaborazione con Edizioni XII. In effetti non ho vinto nulla, dato che il premio spettava solo al primo classificato, ma la mia "novella" (cioè, racconto lungo) Le tre leggi dell'emodinamica è stata segnalata tra i finalisti, pur non riuscendo a spuntarla in ultimo.

Il concorso Nella Tela! non prevede la pubblicazione dei racconti, ma l'occasione mi è utile per segnalare che la mia novella finalsita è accessibile a tutti, infatti le mie tre leggi dell'emodinamica, sono disponibili nell'ebook Il senso della vita realizzato dalle Edizioni Scudo e scaricabile gratuitamente. Giusto pochi giorni fa ho avuto modo di ricordare la mia raccolta per un altro racconto, Alleanza, e adesso è la mia trilogia di fisica applicata ai sentimenti a tornare alla ribalta. Non vi viene in mente che proprio dovreste leggerlo?



Infine, segnal il fatto di essere arrivato 59° in un concorso. Ci sarebbe poco da sbandierare, in condizioni normali. Ma il Fun Cool! non è un concorso normale! Arrivato alla sua sesta edizione, il concorso organizzato da Raffaele Serafini, sedicente gelostellato e famoso nei salotti di tutta europa per aver curato Corti Seconda Stagione (ed essere in preparazione per la Terza Stagione!), raccoglie il meglio e il peggio di quello che potete pensare di scrivere in una frase sola. A renderlo meno idiota di quello che può sembrare sono la giuria di tutto rispetto e i premi un po' meno rispettabili ma comunque sostanziosi. Insomma, stavolta mi è andata male, ma tutto sommato alla scorsa edizione ero arrivato sesto, per cui posso benissimo accontentarmi del banner esclusivo del funcoolista, che espongo qui con orgoglio.


In realtà avrei anche altro da segnalare. Progetti e pubblicazioni ed eventi a vari stadi di gestazione. Ma credo che per voi sia stata già faticosa così, quindi non abuserò della vostra pazienza. Ne saprete di più a breve. Ma non troppo breve, prometto.

Coppi Night 01/05/2011 - Shooter

Qualcuno tra i più acuti potrebbe aver notato che è passata più di una settimana dall'ultimo report sul Coppi Club. Non si tratta di negligenza da parte mia, ma di un'effettiva mancanza di materiale. Infatti, domenica 17 aprile non ero presente per la quinta volta alla Coppi Night per circostanze eccezionali e improrogabili, mentre domenica 24 aprile era pasqua, e per tradizione Coppi rimane chiuso: pasqua e ferragosto, due giorni all'anno. Infatti il primo maggio, pur essendo doppiamente festivo, la pizza c'era.

E con la pizza è stato scelto questo film, in una serata che proponeva una selezione di film in cui figura Mark Wahlberg. Io ho puntato fino alla fine su Amabili resti, che avevo sempre voluto vedere (e mi sono fatto passare per guardarlo in seguito, rimanendone davvero colpito, non fosse per la scena con la Song to the Siren), ma a spuntarla è stato un film in cui Wahlberg interpreta un ruolo a lui più consono, cioè quello dell'assassino perfetto e imbattibile.

Non è tutto da buttare, questo film in cui un ex cecchino dell'esercito viene incastrato per potersi liberare di un personaggio scomodo. Peccato che dopo i primi intensi momenti iniziali la trama proceda su binari ben stabiliti, con la caccia dei "cattivi" ai danni dell'eroe, mentre questi si batte per affermare la verità (pur non disdegnando di ammazzare qualcun altro sul percorso) e compiere a un tempo stesso giustizia (per il suo paese) e vendetta (per il suo cane), obiettivi che insolitamente coincidono. Gli ideali patriottici tipicamente statunitoidi sono troppo melensi per essere presi sul serio, mentre l'eroe si dimostra troppo integerrimo per essere incredibile. Il tutto, sempre, mentre continua a piantare pallini nelle fronti altrui.

Quindi, un film d'azione non eccezionale, godibile soprattutto per le session di first person shooting in cui vi sembrerà di essere tornati ai tempi di Unreal Tournament (il primo, ovviamnete) in cui godevate quando riuscivate a imbroccare un HEAD SHOT.

La bestia con un paio di polpette, o evidenze circostanziali della presenza del FSM in Futurama

Nell'ultimo post avevo promesso che quello successivo sarebbe stato una cazzata, per stemperare il clima un po' troppo serioso che si stava creando ultimamente su questo blog. Per questo, sto per proporre un argomento sicuramente frivolo, anche se, proprio come negli ultimi post, il tema religioso è ancora presente. Sarà che sto leggendo San Leibowitz e il papa del giorno dopo, o sarà che proprio di papi in questi giorni ci stanno facendo fare indigestione, ma d'altra parte anche la religione può essere una cazzata. Anzi.

Quella che segue è un'analisi rigorosa degli indizi che portano a collegare in maniera più o meno diretta l'universo di Futurama al FSM (leggasi Flying Spaghetti Monster, o, nella sua trasposizione italiana: PSV, Prodigioso Spaghetto Volante). L'articolo risale a un po' di tempo fa, poco dopo l'uscita di The Beast with a Billion Backs, il secondo dei quattro lungometraggi di Futurama. A dire la verità lo avevo già pubblicato all'epoca sul vecchio blog, e lo riporto qui con qualche correzione e aggiornamento.

Attenzione: possibili spoiler! Se non avete visto La bestia con un miliardo di schiene e avete intenzione di farlo (e dovreste), i particolari rivelati in seguito potrebbero rovinarvi parte del piacere.



Si parte con una considerazione iniziale: il personaggio più popolare di Futurama è sicuramente Bender, il cinico robot piegatore alcolizzato e cleptomane. Per cui, è ragionevole pensare che, se gli autori della serie hanno intenzione di trasmettere un “messaggio” di qualche genere ai loro spettatori, lo facciano attraverso di lui piuttosto che altri protagonisti.

E allora, cosa dovrebbe pensare un onesto pastafariano, vedendo Bender Beinding Rodriguez non solo vestito da pirata, ma al comando di un’intera astronave pirata traboccante di altri pirobot? L’onesto pastafariano, non può che dirsi “Corpo di mille bombarde, ma allora anche questi felloni sono stati toccati dalle spaghettose appendici del Flying Spaghetti Monster!”


[quote] # 11



Vi è una sorte unica per tutti:
per il giusto e per il malvagio,
per il puro e per l'impuro,
per chi offre sacrifici e per chi non li offre,
per chi è buono e per chi è cattivo,
per chi giura e per chi teme di giurare.
Questo è il male in tutto ciò che accade sotto il sole: una medesima sorte tocca a tutti e per di più il cuore degli uomini è pieno di male e la stoltezza dimora in loro mentre sono in vita. Poi se ne vanno fra i morti. Certo, finché si resta uniti alla società dei viventi, c'è speranza: meglio un cane vivo che un leone morto.
I vivi sanno che devono morire, ma i morti non sanno nulla; non c'è più salario per loro, è svanito il loro ricordo. Il loro amore, il loro odio e la loro invidia, tutto è ormai finito, non avranno più alcuna parte in tutto ciò che accade sotto il sole.
Su, mangia con gioia il tuo pane
e bevi il tuo vino con cuore lieto,
perché Dio ha già gradito le tue opere.
In ogni tempo siano candide le tue vesti
e il profumo non manchi sul tuo capo.
Godi la vita con la donna che ami per tutti i giorni della tua fugace esistenza che Dio ti concede sotto il sole, perché questa è la tua parte nella vita e nelle fatiche che sopporti sotto il sole. Tutto ciò che la tua mano è in grado di fare, fallo con tutta la tua forza, perché non ci sarà né attività né calcolo né scienza né sapienza nel regno dei morti, dove stai per andare.
Tornai a considerare un'altra cosa sotto il sole: che non è degli agili la corsa né dei forti la guerra, e neppure dei sapienti il pane e degli accorti la ricchezza, e nemmeno degli intelligenti riscuotere stima, perché il tempo e il caso raggiungono tutti. Infatti l'uomo non conosce neppure la sua ora: simile ai pesci che sono presi dalla rete fatale e agli uccelli presi al laccio, l'uomo è sorpreso dalla sventura che improvvisa si abbatte su di lui.

Una bella dichiarazione di  fatalismo, in tono cinico e a tratti ironico. Un inno al materialismo, non inteso nel senso dispregiativo di "superficialità", ma come capacità di cogliere il buono e bello che la vita materiale offre a tutti, a dispetto degli imprevedibili capovolgimenti della sorte. Perché, che che se ne dica, non è vero che ognuno ha quel che si merita. Una lezione che tutti, all'ingresso della vita adulta, dovrebbero aver compreso.

E da chi proviene questa lezione? C'è un motivo se non ho citato subito, come al solito, la fonte e il contesto di questo [quote]. Quella appena presentata è nientepopodimenoché una citazione della Bibbia. Sì, proprio il testo sacro di ebrei e cristiani dal quale, a quanto si dice, emerge il sacro messaggio di amore universale di Dio. Per la precisione, si tratta del libro di Qoelet, capitolo 9.

Ho voluto proporre questo estratto per rimanere vagamente in tema con il post precedente, anch'esso a contenuto pressoché biblico. Quindi, oltre a essere una citazione che mi pare interessante, credo che meriti un attimo di riflessione anche la collocazione di questo testo. Tanto per dare un'idea di quello che si può trovare anche in un cosidetto "testo sacro", di cui spesso mi sembra di sapere di più di quelli che se ne dichiarano ferventi osservatori. La lezione è sempre la stessa: basterebbe leggere, leggere davvero, non per sentito dire, e si capirebbero tante cose.

Sono forse troppo didascalico? Può essere. Prometto che il prossimo posto sarà una cazzata.