Arrivo dopo i botti, ma un'occasione per parlare per lo stato della fantascienza (in particolare quella letteraria) in Italia, e ancor di più della percezione della fantascienza in Italia non si può mai sprecare. Il casus belli che ha scatenato questo post sono queste righe comparse sulla pagina dell'editore Frassinelli, che a breve ripubblicherà l'antologia Storie della tua vita di Ted Chiang e sta giustamente sfruttando l'uscita del film Arrival per un po' di promozione:
In questo breve post, Frassinelli o chi ne cura la comunicazione ha pensato bene di tracciare una netta distinzione tra fantascienza e letteratura. In apparenza si tratta di una citazione tratta da Booklist, ma a ben guardare, la frase originale era diversa, e come riportato nei commenti a quel post, parlava esplicitamente di fantascienza.
Quello di considerare la fantascienza come qualcosa di antitetico alla "letteratura" è un costume molto diffuso, anzi probabilmente una convenzione, e da anni si può notare come tutti i prodotti di derivazione fantascientifica di cui viene riconosciuto il valore sono frettolosamente privati della loro etichetta, e ci si raccomanda addirittura di non definirli fantascienza, vedi ad esempio il video qui sotto.
"Ehi, Cronache marziane è un bel libro. È scritto bene, ha stile e profondità. Parla di uomini invece che di alieni e astronavi. Quindi, oh, non penserete mia che sia fantascienza?"
Questo è un atteggiamento comune, e noi affezionati al genere ci prendiamo ogni tanto la briga (quando ne vale la pena, quando ne abbiamo voglia) di provare a correggerlo, ma è difficile riuscire a riscrivere generazioni di scolarizzazione che hanno inculcato nelle giovani menti l'equazione fantastico = bambinata. Perché alla base di tutto c'è probabilmente questo equivoco, a cui tutti siamo stati portati durante il periodo degli studi, durante i quali ci veniva fatto leggere Calvino senza accennare al fatto che è stato l'unico scrittore italiano candidato a un premio internazionale di fantascienza. Le ragioni di questa separazione tra letteratura alta e bassa sono più remote, per alcuni risalgono a Benedetto Croce, ma non è intento di questo post analizzare come siamo arrivati a questo punto. Diamo per assioma che la situazione attuale è questa: per la maggior parte della gente (insegnanti, critici, scrittori, lettori, non lettori), la narrativa realistica è letteratura, la narrativa fantastica è robetta.
E allora torniamo al punto di partenza. A Frassinelli che cita Booklist, e a Booklist che parla invece di fantascienza. O meglio, essendo angolofoni, di science fiction.
Può sembrare una differenza banale, ma non lo è. Perché quando lo diciamo in inglese, science fiction significa "finzione narrativa su basi scientifiche", che ha un'accezione piuttosto diversa da cosa viene in mente dicendo in italiano fantascienza, che suggerisce per lo più la commistione tra scienza e fantasia.
Il termine "fantascienza" fu coniato nel 1952 da Giorgio Monicelli (fondatore di Urania), e, diciamo la verità, ha un po' il sapore di quelle parole introdotte durante il fascismo che si sforzavano di distanziarsi dai termini stranieri di origine, come quisibeve o peralzarsi. Soprattutto, contiene quella fastidiosa particella "fanta" che fa storcere tanto il naso alle persone serie. Ma non solo: anche gli appassionati in buona fede, commentando un libro o un film, si spingono spesso a dire "beh, sì, è fantascienza, ma c'è un po' troppa scienza e poca fanta" o viceversa, come se l'appartenenza al genere fosse decretata da un preciso equilibrio tra le due componenti.
Per cui, quando la signorina qui sopra dice che non dovremmo chiamarla fantascienza, forse non ha poi tutti i torti. Perché se, fin dall'inizio, avessimo usato un termine che non comprendesse quell'urticante componente fantastica, forse il rifiuto aprioristico del genere non si sarebbe manifestato nello stesso modo. Pensate come sarebbe diversa la situazione se si fosse chiamata narrascienza, o speculation. Oppure al pari di altri generi pur considerati "di evasione", ma che pure hanno assunto (sempre agli occhi del grande pubblico) una loro dignità, fosse identificata da un colore: ad esempio red (in onore di Marte, che è stato uno dei primi protagonisti della sf). Insomma, forse il problema di indicare qualcosa come fantascienza, sta proprio nella parola fantascienza, non in ciò che questa identifica.
Con tutto questo, non voglio assolutamente dire "boicottate Frassinelli vergogna fate girare". Se non avete Storie della tua vita, adesso che torna in libreria compratelo: compratelo per voi e per i vostri cari, compratelo anche se lo trovate nello scaffale dei libri di cucina o tra le enciclopedie delle razze canine. Alla fine dei conti rimane sempre valido il discorso che se una cosa è buona, non importa l'etichetta che ha appiccata addosso, e questo è uno dei quei casi.
Frassinelli deve vendere e come tante CE deve catturare dei compratori, non i Lettori, ché altrimenti le politiche di cmunicazione sarebbero ben differenti.
RispondiEliminaPosto che se leggi determinati "generi" (sci-fi, ma non solo) sei strano, e che se etichetto in modo X un libro lo destino a quattro gatti, perché mai come oggi molta gente legge "un distopico", "un urban qualchecosa" e mai IL LIBRO, proviamo pena insieme per la letteratura tutta -_-
Sono sempre restia alle categorizzazioni, lo sbandiero spesso, perché da un ausilio per chi sceglie un libro (lasciamo stare in ambito critico-accademico, che ora c'entra ben poco) sono diventate manie e mode.
Non è una cosa buona, no affatto. Perché fatta per condizionare (vendite, persone...).
il problema è che da una naturale suddivisione per tematiche / stili affini (come d'altra parte si ritrova in qualunque forma d'arte), si è passati all'etichettatura per fini strettamente commerciali, e questo porta per forza a storture.
EliminaL'ho già detto nei social network ma lo ripeto qui. Ci può stare la scelta di non chiamarla fantascienza, ma in molti casi - come questo - si mettono addirittura le mani avanti. Cioè, se per caso vi venisse in mente la malsana idea che possa lontanamente essere un libro di fantascienza, dovete stare tranquilli, perché qui non pubblichiamo certa robaccia. Trovo questo modo di agire estremamente curioso.
RispondiEliminaComunque consiglio la lettura del libro "Grammatica della fantasia" di Gianni Rodari, nel quale, tra le varie cose, lo scrittore di storie per ragazzi scrive che «nella realtà si può entrare dalla porta principale o infilarvisi – è più divertente – dalla finestra». Nel suo piccolo saggio spiega a chiare lettere che le storie di fantasia sono un esercizio che aiuta a rompere gli schemi e sono di conseguenza molto educative sin dalla tenerà età. «Inventare storie - scrive Rodari - è una cosa seria».
sì, per esempio, l'ultimo caso notevole di questo tipo è stato l'ultimo romanzo di Ammaniti, che per definizione è sf postapocalittica, ma nessuno ha definito come tale. qui però hanno proprio voluto tutelarsi da ogni possibile accostamento con il genere, quindi non è solo un omissione, è dolo!
EliminaVisto che il giallo prende il nome da una testata Mondadori, la fantascienza avrebbe dovuto chiamarsi "bianco" :-)
RispondiEliminaPerò Cronache Marziane era lo stesso Bradbury a non considerarlo fantascienza. O almeno questo diceva in un'intervista inserita in una edizione abbastanza recente (inglese) di Fahrenheit 451, che definiva, invece, il suo unico romanzo di fantascienza. Non penso sia il caso di Ted Chiang, ma cosa succede quando è lo stesso autore a volersi smarcare da un genere che magari egli vede come commerciale e "basso", avendo invece pretese di fare alta letteratura?
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