Coppi Night 16/047/2017 - Guida scout all'apocalisse zombie

Di recente ne sono passati parecchi di zombie nel Coppi Club, da La ragazza che sapeva troppo a Zombieland fino anche a Zombeavers. È sempre un tema che per quanto classico e abusato può essere interpretato in vari modi e lascia spazio per storie di tipo diverso, come testimoniano gli esempi appena citati. Questo Guida scout prende l'argomento base per farne un action comedy di medio livello, in cui a combattere la minaccia zombie (di origini non ben precisate) è un gruppo di ragazzini. O meglio, di scout.

E qui nasce il problema essenziale di tutto il film. Nel momento in cui lo intitoli Guida scout all'apocalisse e la prima cosa che mi mostri dei protagonisti è che sono appunto degli scout (più o meno dediti alla loro promessa), io mi aspetto che quando l'apocalisse zombie arriva, essi sfrutteranno le proprie risorse e capacità scout per combatterli. Mi aspettavo trappole nei boschi, nodi, armi ricavate da ciocchi dilegno, bacche velenose, e vecchiete a cui far attraversare la strada. Invece non c'è niente di tutto questo. Il protagonisti alla fine affrontano l'invasione di non-morti come potrebbe fare qualunque altro gruppo di ragazzi della loro età, sparando e tirando mazzate, con la battaglia finale che si svolge in una discoteca, piuttosto che in una radura sperduta, come sarebbe stato più appropriato. Questo costitusice un grave tradimento delle ragionevoli aspettative del pubblico, e soprattutto appiattisce il film su qualcosa di già visto e poco distante da tante altre commedie teen-gore passate negli anni.

C'è poco altro da dire in effetti, il film non è brutto ma per lo più molto prevedibile, pieno di pistole di Checov che si riconoscno un'ora prima che sparino, personaggi stereotipati e qualche gag fin troppo sopra le righe, soprattutto quando si arriva nella zona pubica e si gioca con peni, cunnilingui e merda. La già citata scena d'azione finale in discoteca avviene sotto le luci stroboscobiche e non si capisce praticamente niente di quanto accade, in effetti non è nemmeno chiaro come facciano gli eroi a riconoscere gli zombie dalle vittime in fuga. La cosa che forse funziona meglio in tutto l'insieme è la sottotrama dei due amici che vogliono abbandonare gli scout (perché alla loro età giudicano una cosa "da sfigati") e sono pronti ad abbandonare il terzo del gruppo.

Personalmente non lo riguarderei mai, ma tutto sommato per un'ora e mezzo di svago è più che sopportabile. Se poi l'intento è quello di una commedia intelligente e divertente sugli zombie, allora bisogna sempre rimandare a Shaun of the Dead, perché credo che passerà del tempo prima che qualcuno possa raggiungerlo.

Rapporto letture - Giugno 2017

Tipicamente con l'estate la gente legge di più, perché il mare, l'ombrellone, la vacanza, il viaggio... a me invece succede il contrario. Comunque giugno temperature a parte forse non è ancora propriamente inseribile nei mesi del summer state of mind, quindi comunque i miei tre libri me li sono consumati.

Parlo per prima di Propulsioni d'improbabilità, l'antologia di autori italiano pubblicata a fine maggio da Zona 42 che contiene anche il mio racconto Infodump. È doverosa usare una certa cautela parlando di un libro di cui faccio parte, perché ovviamente potrei esprimere un giudizio condizionato da questa cosa. Tuttavia, anche considerando PdI al netto del mio contributo, si può indubbiamente parlare di un'ottima raccolta. Come tutte le antologie il livello non è costante, alcuni racconti sono più riusciti di altri, alcuni temi più profondi, alcune storie più incisive. Forse per essere un'antologia di fantascienza, quello che manca maggiormente è la hard sf, una storia con un nucleo scientifico/tecnologico forte (in realtà ce ne sono un paio, ma forse un po' mascherati e non facili da etichettare come tali). In molti casi più che di futuro si può parlare di un "presente accelerato", ma a mio avviso è proprio in questo che risiede l'aspetto più interessante del libro. Il fatto che una ventina di autori, lasciati liberi di esplorare il genere, abbiano messo insieme una serie di storie che raccontano non tanto un futuro remoto, ma un presente incomprensibile, improbabile, è davvero significativo. Sarebbe presuntuoso dire che PdI afferma lo stato dell'arte odierno della sf italiana, ma senza dubbio è un punto di vista da tenere in considerazione: la sensibilità attuale degli autori odierni si aggira da queste parti, è un fatto, e qualcosa vorrà pur dire. Ognuno tragga le sue conclusioni, se ne ha voglia. Voto: 8/10

A seguire sono rimasto nell'ambito italiano e ho letto Bloodbusters di Francesco Verso, premio Urania di un paio di anni fa. Il romanzo per la verità è contenuto in un volume insieme a Il sangue e l'impero di Sandro Battisti, ma, ehm, onestamente non me la sono sentita di leggere il primo avento visto nei mesi passati commenti e recensioni in giro, temevo che difficilmente sarei riuscito a gradirlo, forse anche a leggerlo. Bloodbusters è una storia leggera, ambientata in un vicino futuro in cui tasse e tributi hanno finalmente calato la maschera e sono di fatto prelievi di sangue. Il protagonista è appunto un bloodbuster, cioè un freelance dell'agenzia riscossioni che si occupa di stanare gli evasori e tirargli fuori i litri di sangue mancanti al fisco. Il suo percorso si complica quando viene incaricato di prelevare da una ragazza che fa parte dei Robin Blood, un gruppo sovversivo di persone che donano spontaneamente il sangue ai meno abbienti. Da qui si infilerà in un vortice di intrighi politici dei personaggi di spicco della Roma bene. Il romanzo ha il pregio di non prendersi troppo sul serio (d'altra parte la premessa, al di là del valore allegorico, è piuttosto assurda) e per questo si legge bene. Forse ha il difetto di dilungarsi troppo quando il plot è tutto sommato limitato, e avrebbe potuto reggersi in una novelette molto più breve. Voto: 7/10

Per finire sono tornato ai racconti, stavolta con il numero 79 di Robot (risalente a qualche stagione fa, ma sono sempre in ritardo). Posso dire che in questo numero ho gradito più i racconti degli autori italiani che di quelli internazionali premiati. Alastair Reynolds risolve la sua storia con un lungo e noioso infodump raccontato da uno dei personaggi, Pechino pieghevole invece a parte la nozione delle città sovrapposte (peraltro non originale di per sé) non dice molto al di là della disumanizzazione dell'uomo nella società capitalistica. Invece il racconto di Diego Lama è un efficace mistery sulla cancellazione della memoria, quello di Manuel Piredda un ottimo postapocalittico che ricorda un po' La strada anche per il rapporto tra i due protagonisti, ed anche il racconto di Samuele Nava con la sua abduction al contrario funziona bene, soprattutto per lo spunto fantascientifico che emerge quasi alla fine. Forse l'unico racconto sotto la media è quello di Ilaria Tuti, che sembra più il capitolo iniziale di una storia più ampia che un racconto a sé. Per quanto riguarda gli articoli, il più interessante è l'excursus sull'intreccio tra fantascienza e socialismo. Nel complesso uno dei migliori numeri che ricordo di aver letto ultimamente.

Doctress Who?

Forse solo cinque anni fa sarebbe stato possibile arrivare a vedere un nuovo Dottore comparire sullo schermo senza sapere con mesi di anticipo che faccia avrebbe avuto, ma oggigiorno le cose non funzionano così. Annunci, teaser e leak fanno parte in modo organico delle strategie di marketing, soprattutto per quelle serie storiche e un po' in caduta che hanno bisogno di tenere viva l'attenzione. Come Doctor Who.

Le polemiche sull'invasività degli spoiler sono molto recenti, infatti basta andare al finale di stagione in cui due twist fondamentali erano stati bellamente diffusi con il mondo prima della messa in onda, e pure il piccolo cameo finale era in qualche modo arrivato al pubblico. Non stupisce quindi che, con cinque mesi di anticipo rispetto alla sua apparizione, venga rivelata l'identità del Tredicesimo Dottore. A maggior ragione se il nuovo Dottore è una donna, Jodie Whittaker.



In-universe il terreno era stato preparato già da un po'. Una volta stabilito a livello di canon che i Timelord possono cambiare sesso durante la rigenerazione, e quando anche l'arcinemico del Dottore passa da essere il Master a essere la Misstress, si capisce che lo stesso processo sta per avvenire al protagonista. Personalmente non mi aspettavo che succedesse adesso, credevo che il Tredicesimo sarebbe stato ancora maschio per poi cambiare alla prossima rigenerazione, ma qualcuno ha deciso diversamente.

Sarebbe ingenuo non considerare le ripercussioni di questa scelta, in termini di conseguenze per il futuro della serie stessa. DW ha subìto un forte e pressoché costante calo di ascolti nelle ultime stagioni, complice anche una produzione irregolare (nel 2016 non ci sono stati nuovi episodi tranne lo special natalizio) e una programmazione poco favorevole, quasi che la BBC non contasse più sulla sua serie più longeva. La stagione undici sarà di fatto un "soft reboot", con il cambio di showrunner, attore principale, comprimari e probabilmente buona parte dello staff creativo e tecnico. L'occasione era quindi quella giusta per fare questo ulteriore step. Vale a dire: proviamoci adesso, peggio di così non potrà essere.

Come era da aspettarsi c'è già chi grida allo scandalo, perché il Dottore nasce uomo e uomo deve rimanere. Poco importa che il Dottore nasce anche umano (fino alla fine del Secondo Dottore non c'era nessuna conferma che fosse alieno), poi diventa mezzo umano/mezzo Timelord (nel film in cui compare l'Ottavo Dottore), cambia nome più volte ("Who" a volte è inteso come nome a volte no), e in generale la sua storia viene retconizzata tante di quelle volte che parlare di continuity e canon per questo personaggio ha poco senso. Cioè, se tra qualche anno il Dottore sarà un cavallo, potrebbe comunque avere senso.

Ma è pur vero che una parte di pubblico, probabilmente quella più "storica", affezionata al DW classico degli anni 70-80, potrà decidere di abbandonare lo show con questa svolta. Per questi fan Doctor Who ha appena "saltato lo squalo" (jumped the shark), come si usa dire in gergo quando una serie dopo molti anni non trova più sbocchi per rinnovarsi ed è costretta a stravolgere la sua natura o diventare una parodia di se stessa (terminologia che si riferisce a un episodio di Happy Days in cui Fonzie letteralmente salta uno squalo). D'altra parte, c'è da considerare che il pubblico contemporaneo, quello a cui probabilmente punta la produzione della serie ha tutta un'altra composizione: un pubblico giovane, composto in buona parte da ragazze, che dopo aver avuto due Dottori di cui innamorarsi (Tennant e Smith) si è visto proporre come eroe un professore burbero e poco propenso alle faccette dolci. Era già nell'aria l'idea di tornare a un Dottore più accessibile a questa fetta di spettatori in allontanamento, infatti tra i nomi venuti fuori come papabili la maggior parte erano appunto ragazzotti di bella presenza (da Cumberbatch in giù). Scegliere una donna ha tradito queste aspettative, ma rimane il potenziale di riavvicinare almeno una parte di questo pubblico perduto.

Bisogna però anche ammettere che la scelta di Jodie Whittaker probabilmente non deriva da una semplice valutazione del candidato più idoneo per la parte. Lo scenario più plausibile è che la produzione abbia volutamente indirizzato la scelta su un Dottore donna, e in tal senso va considerata anche scelta "politica". Passare a una donna il ruolo che per sessant'anni è stato sempre ricoperto da un uomo ha un suo significato, e a ben vedere non è nemmeno il primo caso di personaggio maschile che cambia sesso. In tempi recenti negli albi a fumetti hanno trovato spazio dei Thor, Capitan America e Wolverine donne, per dire. DW quindi si inserisce nello stesso solco, suscitando due tipi di reazioni:
  • Accuse di pandering dai fan più oltranzisti. Questa si accumula alle ripetute accuse simili ricevute in particolare nella decima stagione, quando la nuova companion lesbica ha più volte sottolineato e mostrato il suo orientamento sessuale. Si contesta il fatto che DW cerchi l'approvazione di certi ambienti del politically correct e social justice warriors. Il che forse non è del tutto falso, ma diventa un problema solo quando viene ostentato a scapito della storia, cosa che (almeno a mio avviso) non è successa in quest'ultima stagione. Forse in questo senso è più fastidiosa la relazione omo-interpsecie tra Madave Vastra e Jenny, quella sì a volte ostentata senza una valida ragione.
  • Interesse da parte di chi aveva abbandonato o mai seguito la serie. Si vedono già fiorire decine di post su portali che con DW non hanno mai avuto a che fare, o commenti di persone che non seguono lo show da diversi anni perché (a loro dire) la serie ormai era stagnante, e Moffat è un incapace (di questo ne riparleremo, quando avrà definitivamente concluso il suo lavoro su DW). Per contro, quando quattro anni fa è stato annunciato l'arrivo di Capaldi al posto di Smith, nessuno al di fuori dei circoli già interessati a Doctor Who se ne è occupato.
Ne consegue che il guadagno netto di immagine è probabilmente favorevole per la produzione. Poi, da qui a dire che Jodie Whittaker sarà un'ottima Dottoressa (o Dottrice?) ne passa. La nuova attrice è conosciuta principalmente per il ruolo in Broadchurch, la serie diretta da Chris Chibnall che appunto prenderà le redini di DW a partire dalla prossima stagione. Non ho seguito Broadchurch quindi non saprei dare un giudizio sulla Whittaker, ma  la storia ha dimostrato che a fare la differenza, nella maggior parte dei casi, è la qualità delle storie e della narrazione, la coerenza dei personaggi e lo sviluppo del loro arco narrativo. Di questo purtroppo Capaldi ha sofferto molto, non potendo contare su un adeguato supporto da parte di autori e produzione, e dovendo spesso sostenere gli episodi soltanto sulla sua interpretazione.

È indubbio però che quando inizierà l'undicesima stagione del nuovo Doctor Who, ci troveremo davanti a qualcosa di nuovo sotto molti punti di vista. Se sarà anche migliore, non è ancora possibile saperlo.

Ultimi acquisti - Giugno 2017

Qualche settimana fa sono passato da Bologna per la presentazione di Propulsioni di improbabilità e ne ho approfittato per un breve tour del centro. Su consiglio di un amico indigeno ho visitato SEMM Music Store e nel pur limitato reparto dedicato alla musica elettronica ho scovato un paio di dischi interessanti, uscite recenti che ho voluto subito accaparrarmi (ce n'erano anche altre, ma per problemi di budget mi sono dovuto contenere... scusa Apparat).


Il primo è il nuovo album di Ellen Allien, che si trova spesso nei miei post musicali. La signorina Allien era da un po' che non metteva insieme qualcosa, anche se era tutt'altro che sparita dalla scena clubbing. Ultimamente ci aveva abituato a musica più contemplativa, al limite dell'ambient (vedi LISm che nasceva in effetti come colonna sonora teatrale), ma abbiamo sempre saputo che quando vuole sa pestare forte. Infatti Nost è un ritorno alla sua anima techno più pura. Tracce strutturalmente semplici, che si reggono su kick, basso e synth, condite con qualche vocal in loop. Niente che non si sia già sentito da quarant'anni a questa parte, ma che è sempre un piacere ritrovare, soprattutto quando proviene da un'artista che ha saputo dimostrare capacità anche ben diverse.


E per secondo viene invece l'ultimo album dei Booka Shade, altro nome ricorrente nei miei post e nei miei set. Anche loro non producevano un album da diversi anni, e con Galvany Street confermano il loro stile tech-house ricco di melodie e lyrics, per le quali si sono affidati al nuovo collaboratore Craig Walker. Anche qui ci muoviamo quindi su un territorio conosciuto, con alcuni pezzi che sicuramente spiccano rispetto agli altri (ad esempio l'apertura Digging a Hole), ma il livello di qualità è comunque buono e soprattutto confortevole. Musica accessibile anche a chi non pratica il genere, che si presta bene all'ascolto casuale.

Coppi Night 02/07/2017 - It's Kind of a Funny Story

Le serate del Coppi Club iniziano a farsi roventi, nel senso più immediato del termine, perché il caldo si sta facendo sempre più insopportabile, tant'è che si stanno a malincuore cercando modalità alternative di trascorrere la domenica sera. E forse anche per questo malessere ambientale la scelta cade più facilmente su film leggeri, o apparentemente tali.

It's Kind of a Funny Story, reperibile su Netflix sotto lo sciagurato titolo Cinque giorni fuori, si presenta con tutte le caratteristiche tipiche di una commediola disimpegnata: protagonista adolescente con faccia da imbranato, ambientazione in un istituto psichiatrico, Zach Galifianakis come comprimario... ma la natura del film si rivela ben presto, e si scopre che se pure si sta vedendo un film dal tono leggero, sotto la crosta c'è posto per drammi molto più profondi.

Il protagonista è un sedicenne che dopo un tentativo di suicidio (o almeno, il pensiero di un tentativo di suicidio) decide di farsi internare per ricevere assistenza. Cambia idea appena si rende conto di trovarsi insieme a dei matti veri, ma la procedura vuole che trascorra un minimo periodo di osservazione di cinque giorni nel reparto. Nell'istituto conosce personaggi a diversi livelli di stravaganza, tra cui quello prominente è appunto Galifianakis, a sua volta ricoverato per manie suicide. Il pregio maggiore del film è quello di riuscire a raccontare una storia con aspetti delicati senza cadere nel melenso, almeno fino agli ultimi dieci minuti. È anche degno di nota come il protagonista ammetta di non aver pensato al suicidio per le voragini affettive della sua vita, ma solo perché forse si sente inadatto al mondo, cosa comprensibile per la sua età. Naturalmente vivendo a contatto con gente che davvero ha perso tutto, capisce che quello che ha per le mani è comunque dignitoso, e decide di provare a vivere la sua vita. Certo, poi c'è un montaggio finale che sembra la riproposizione buonista del monologo "choose life" di Trainspotting, e forse far finire il film con la festa nel reparto sarebbe stato meglio, lasciando che l'epilogo venisse immaginato.

Ma sorvolando su qualche imperfezione di questo tipo, It's Kind of a Funny story rimane valido e interessante. Temi come il suicidio, l'autolesionismo e la depressione sono affrontati senza cadere nel lagrimevole, a nessuno viene chiesto di compatire le povere vittime di questa epoca malata. Un film leggero senza diventare stucchevole, poco indulgente con i suoi personaggi borderline, onesto nei confronti dello spettatore.

Futurama volume 8 in dvd

Il mio autoproclamato ruolo di araldo italiano di Futurama sarebbe del tutto disatteso se non perpetrassi questa news. Per la verità sto dando la notizia con un certo ritardo, ma d'altra parte dopo due anni non speravo più che sarebbe mai uscito in Italia quest'ultimo cofanetto, e dio solo sa ho provato tante volte a impostare un google alert ma la cosa non ha mai funzionato.

Comunque, da marzo di quest'anno è disponibile in italiano il cofanetto di Futurama volume 8, che corrisponde alla stagione 7b, ovvero la tranche di 13 episodi andati in onda nell'estate del 2013 che ha concluso (di nuovo la serie). Mediamente si tratta di episodi di buon livello ma con poche punte di meraviglia, concentrate verso la fine della stagione, come Murder on the Planet Express, Game of Tones e Meanwhile, il series finale (per ora).

Con ogni probabilità, questo è l'ultimo Futurama che vedremo, quindi tenetevelo stretto e godetevi fino all'ultimo i contenuti extra, come le scene tagliate e il commento audio agli episodi. Non che il team della serie sia rimasto completamente inattivo, perché è da poco uscito anche il gioco per android e iphone Futurama Worlds of Tomorrow, un piccolo rpg con una storia originale di cui parleremo meglio quando l'avrò provato (sono un po' refrattario ai giochi touchscreen, ma bisogna che superi questo handicap).

Quanto alle possibiltà che in futuro Futurama resusciti (di nuovo), magari prodotto da Netflix come qualcuo aveva ipotizzato, al momento non c'è nessuna conferma. In un AMA su reddit, David X. Cohen (creatore della serie insieme a Matt Groening, di fatto il padre tutelare di Futurama) ha affermato che ci sono novità in arrivo, ma di tenere le aspettative basse, quindi si parla forse di qualche altro contenuto collegato, come app o magari qualche riedizione, di certo non una nuova stagione o un film per il cinema. Ma per fortuna, un uomo può sognare. Un uomo può sognare...

Coppi Night 25/06/2017 - The Neon Demon

All'epoca dell'uscita di questo film ne avevo sentito parlare in termini abbastanza estasiati come di un'opera estrema, borderline, piena di contenuti forti e scandalosi tanto che qualcuno si era indignato per la sua diffusione. Ora, si sa che oggigiorno la gente ha l'indigno facile, ma dopo averlo visto mi chiedo seriamente quali possano essere stati i contenuti tanto intollerabili.

Probabilmente si tratta di un mio limite, ma ho una concezione di "film" che comprende la narrazione di una storia attraverso immagini, dialoghi e suoni. Questa narrazione può essere più o meno letterale, può anche non essere del tutto lineare o chiara, ma comunque, di base deve esistere. So bene che il "cinema" ha anche altri obiettivi, di natura più tecnica che narrativa, e che ciò che manca in una componente può essere recuperato nell'altra. Però, quando mi si presenta un film che si regge unicamente sulla parte tecnica, qualche seria perplessità mi sale.

The Neon Demon segue vagamente l'avventura di una ragazzina (Elle Fanning, conosciuta in fasi diverse della sua giovinezza in The Lost Room e Super8) che arriva a Los Angeles intenzionata a diventare una modella. Dotata di una bellezza intrinseca che la fa essere perfetta senza l'aiuto di trucco o chirurgia (a differenza delle altre modelle che incontra), il suo percorso sembra decollare fin quando non viene fatta fuori dalle colleghe, forse proprio perché troppo bella. Questo è in pratica tutto ciò che accade nel film, ma la storia è estremamente diluita in lunghe sequenze stupende da vedere ma che in definitiva non dicono niente. Qual è il tema, il messaggio ultimo di questa storia? Se si sta parlando del mondo spietato che consuma le giovani ambizioni di una ragazza ingenua, allora siamo a un livello talmente scontato che potrebbe essere una puntata di Otto sotto un tetto. Se c'è qualcosa di più, rimane sepolto sotto la fotografia perfetta e i lunghi silenzi.

Si potrebbe pensare che il film sia da interpretare in qualche modo a livello metatestuale. Il regista ha lavorato per diversi anni proprio nel settore della moda, per cui il suo creare un prodotto esteticamente perfetto ma vuoto di contenuto potrebbe essere proprio l'obiettivo. In tal caso The Neon Demon sarebbe un successo, ma rimarrebbe comunque la trasposizione cinematografica di una rivista patinata. La visione ispira sensazioni simili a quelle di La grande bellezza, e forse il fatto che il tema centrale sembra essere sempre quello è un indizio.

Per quanto riguarda la sbandierata componente horror, se il tutto è dovuto a due minuti di necrofilia e un accenno di cannibalismo, allora ci vuole proprio poco per impressionarvi, eh. The Neon Demon alla fine è un film bello, bello, bello in modo assurdo, ma deve pur esserci qualcosa oltre a questo!

Doctor Who 10x12 (season finale) - The Doctor Falls

L'avevo detto. Parlando di Extremis avevo ipotizzato come il mantra "without hope, without witness, without reward" sarebbe stato l'epitaffio del Dodicesimo Dottore. E così è stato: quando si lancia in battaglia, ormai solo, sapendo di non poter sopravvivere, sono queste le parole che rivolge a se stesso: senza speranza, senza testimoni, senza ricompensa. La virtù è vera solo alla fine di tutto.

The Doctor Falls è la fine di molte cose. La fine del Master... di nuovo. Di sicuro la fine di Missy e del Master/Saxon di John Simm, tornato solo per quest'ultima breve comparsa. Chiaramente c'è sempre spazio perché in futuro un'incarnazione successiva o precedente dell'arcinemico si ripresenti, ma per adesso, e probabilmente per un po', non lo vedremo più. Spiace solo che l'arco narrativo della conversione di Missy sia stato sfruttato così poco: emerso per pochi minuti nelle ultime puntate, non c'è mai stato modo di vederlo succedere, ci è stato raccontato che avveniva ma non ne conosciamo la vera ragione. Ma si può pensare che in realtà Missy/Master ci stesse già provando da molto tempo, fin da quando nel finale dell'ottava stagione si rivela e svela che il suo piano serviva solo a far sentire il Dottore come lei. Oppure come all'inizio della stagione nove, in cui cerca e assiste il Dottore durante il suo confronto con Davros. Forse negli ultimi anni, Missy non ha fatto altro che avvicinarsi a lui, perché il suo unico e ultimo desiderio era di poter rimanere al suo fianco, dalla parte giusta, almeno una volta.


È la fine dei due companion di questa stagione, Nardole e Bill. Il primo, per il quale fin dall'inizio avevo espresso estremo scetticismo, e che si è rivelato invece una controparte preziosa ed equilibrata: pragmatico, acuto, utile, e alla fine anche eroico. Forse c'è bisogno di altri compagni del genere, nel futuro del Dottore, un assistente più che un ospite, qualcuno di affidabile con capacità su cui contare, come è stato in passato per altri companion dell'era classica (umani e non). Quella di Bill è un'altra fine difficile da dimenticare. La companion arrivata in questa stagione, con i giorni (leggi: gli episodi) già contati, è riuscita comunque a conquistarsi un posto nella storia del Dottore e a sviluppare un suo arco narrativo credibile. Forse Bill è la companion che ha sofferto di più rispetto al poco tempo in cui ha affiancato il Timelord: l'apparente morte in Oxygen, la dittatura dei Monaci, e infine la conversione in cyberman alla fine di World Enough and Time. In quest'ultimo episodio la vediamo ancora in forma umana, ed è per questo ancora più straziante sapere che adesso è tutt'altra cosa, e non potrà mai tornare com'era. Certo, è un meccanismo simile a quello di quando abbiamo conosciuto Clara in Asylum of the Daleks, ma qui molto più drammatico. E allora, quando alla fine si ripresenta la pilota di The Pilot, come uno dei deus ex machina più letterali mai visti finora nel Doctor Who moderno, non è poi così terribile. Bill si è meritata questa fine, ha imparato e sofferto molto ed è giusto che possa finalmente essere felice.

The Doctor Falls non è la fine del Dodicesimo Dottore, anche se più volte lo si vede iniziare la rigenerazione. Eppure nonostante sia ancora in piedi, il Dottore forse è l'unico sconfitto.
Who I am is where I stand. Where I stand is where I fall.
Questa è la frase che usa per convincere il Master e Missy ad affiancarlo nell'ultima lotta, ma non basta. E sarà da solo a cadere, batendosi soltanto per guadagnare tempo e permettere una fuga temporanea a una manciata di sconosciuti. Non saprà mai che alla fine Missy stava per tornare, che aveva ragione lui a vederla cambiata. Non saprà mai che Bill in qualche modo non è finita carbonizzata nella tuta metallica di un cyberman. Tutto quello per cui ha combattuto, dal suo punto di vista, è stato vano.

Ed è per questo che si oppone alla rigenerazione. Questo Dottore non lo fa per vanità, il suo I don't want to go non è un capriccio. È un'affermazione di sé: non posso andarmene adesso, non ora che ho capito me stesso, che sto imparando a essere chi sono. Il Dodicesimo Dottore ha faticato fin dall'inizio a capirsi, tanto da doverlo chiedere: am i a good man? La risposta è arrivata forse troppo tardi, quando ormai era impossibile cambiare le cose. E allora il Dottore dice no e trattiene la rigenerazione come uno starnuto. Stavolta non si cambia, piuttosto si muore. Where i stand is where i fall.


The Doctor Falls non è un episodio perfetto. Perde molta dell'atmosfera claustrofobica di World Enough and Time. Ma è un ottimo finale di stagione, e una degna preparazione al saluto finale all'attuale Dottore. Molte cose avrebbero potuto essere ben più memorabili, viste le premesse. In particolare, sembra un po' sprecato il ritorno del Master di John Simm, che alla fine dei conti agisce molto poco. Non si capisce in effetti quale fosse il suo piano sull'astronave da Mondas, l'idea che avesse architettato e diretto tutto il progetto dei Cybermen è sfumata subito. Il confronto con il nemico non è epico come ci si aspetta da un season finale, in cui in genere è minacciato l'universo, o almeno tutto il pianeta Terra. Eppure questo può essere anche un aspetto positivo, perché vediamo appunto il Dottore battersi fino all'ultimo per qualcosa di relativamente poco importante, ma metterci comunque tutto se stesso.

L'incontro finale con il Primo Dottore, nell'interpretazione di David Bradley (che aveva interpretato William Hartnell in An Adventure in Space and Time) sembra avvenire durante The Tenth Planet, la storia in cui il Primo Dottore, confrontandosi con i Cyberman Mondasiani per la prima volta, è costretto a rigenerarsi. Anche il Primo sembra del tutto contrario all'idea, e probabilmente Uno e Dodici dovranno trovare insieme la forza per fare ognuno questo passo importante. Annullare se stessi, per continuare a esserlo. Sarà un'ultima grande occasione per Capaldi di far valere l'intensita del suo Dottore, certamente il più complesso e difficile da apprezzare, perché non ha mai fatto niente per risultare gradito. Ma so già che mi mancherà. Voto: 7.5/10

La sfida a DTS


Nel corso del mese di luglio, su Minuti Contati si svolgerà un contest per racconti ispirati al mio romanzo.



Si tratta di scrivere un racconto breve (massimo 20.000 caratteri) seguendo un tema da me designato, e a scelta includendo una serie di caratteritiche che costituiranno dei bonus in fase di valutazione dei racconti. I racconti verranno prima valutati da un lettore esterno che elaborerà la prima classifica, i quattro semifinalisti saranno poi passati al giudizio dei miei due sponsor, Giorgio Raffaelli (Zona 42) e Greta Cerretti (Mondoscrittura), e infine sarò io a decretare il vincitore tra i due superstiti.

Per partecipare al contesto non è strettamente necessario aver letto DTS, perché la storia non deve per forza essere collegata al libro, basta seguire i requisiti. Ma certo trattandosi di un concorso a tema, avere chiaro l'oggetto principale può aiutare.

A seguire i racconti migliori saranno raccolti in un ebook gratuito distribuito da Minuti Contati, come per le precedenti sfide (tra cui ad esempio Guiscardi senza gloria di Mauro Longo e Italian Way of Cooking di Marco Cardone).

Seguite il sito o la pagina facebook di Minuti Contati per conoscere il tema e i bonus che verranno rivelati nel corso della giornata. Potete anche leggere la breve intervista che mi è stata fatta in occasione della Sfida per qualche spunto.

Buon lavoro, spero di leggervi presto!