Game of Thrones come Dragonball Super

Game of Thrones è attualmente il fenomeno televisivo più in vista, la serie tv che calamita l'attenzione della quasi totalità del pubblico e continua a incassare grandi numeri, il che non è poco considerando che si trova alla settima stagione. È già stato stabilito che la serie si concluderà con la stagione 8, anch'essa come la stagione 7 più corta delle precedenti. Probabilmente proprio per via di questo ridotto tempo residuo, il ritmo narrativo si è decisamente impennato già a partire dalla stagione precedente, ed è percepibile l'intenzione di concludere in fretta le storyline in corso.

Ma io ho un problema con Game of Thrones: non riesco più a prenderlo sul serio.

Me ne sono accorto vedendo l'ultima puntata uscita, Beyond the Wall, in cui finalmente vediamo i draghi confrontarsi coi non-morti e si conclude con la resurrezione di un ICEZOMBIEDRAGON che si unisce all'esercito dei white walkers. È probabile che già da qualche tempo avessi questa sensazione ma non riuscivo ad inquadrarla, ed è stata la visione di quell'occhio di rettile azzurro a farla emergere.

Tornando indietro credo che le prime avvisaglie di questo cambio di prospettiva risalgano all'inizio della stagione 6, quando il signore di Dorne viene assassinato da Ellaria e le sue figlie. Quello è stato probabilmente il turning point in cui ho iniziato a realizzare che la storia sarebbe andata avanti perché sì, e della complessità su cui erano costruite all'inizio le trame e sottotrame non c'era più da aspettarsi nulla. Il problema è diventato via via più evidente e mi è letteralmente esploso in faccia in questi ultimi due-tre episodi della stagione 7.

La mia impressione è che gli autori si trovino in difficoltà nel portare a compimento la storia, e per mantenere alta l'attenzione si affidino a una serie di espedienti che portano a confronti spettacolari e tanto desiderati ma di fatto non aggiungono nulla o addirittura contraddicono quanto stabilito in precedenza. Volendo riassumere i punti principali di questo recente approccio alla scrittura della serie credo se ne possano individuare quattro:
  • Le morti: GoT è rinomato per l'inclemenza verso i suoi personaggi principali e la facilità con cui li elimina dalla scena. Nessun personaggio è al sicuro, e la plot armor non esiste. Questo quanto meno era il GoT delle prime stagioni: ora è ben diverso. Innanzitutto, le morti non sono più significative. Quando Ned Stark viene decapitato è inatteso e terribile, ma la sua morte ha delle serie conseguenze sullo sviluppo successivo della trama. Lo stesso vale per il red wedding o la morte di re Joffrey. Da un certo punto in poi invece, la morte è un mezzo per togliere di mezzo personaggi piuttosto che uno strument per far avanzare la trama. Esempi ce ne sono a decine, ma il più clamoroso è il finale della stagione 6, in cui Cersei fa saltare in aria in una sola mossa papi, re e regine, il tutto senza alcuna conseguenza, roba che mancano solo i separatisti laici del Burmini. Ma anche la morte di tutta la casa Frey, o recentemente dei Tarly o di Thoros non portano praticamente a niente. Morti inutili, che servono solo ad aumentare il death count e comunque non sorprendono nemmeno più. In secondo luogo, a questo punto siamo ormai certi che alcuni personaggi hanno una plot armor indistruttibile: back in my days, quando Jaime Lannister cade nel fiume con l'armatura addosso e con una mano d'oro attacata al braccio, significava che Jamie Lannister moriva affogato alla Barbarossa. Adesso non funzione più così, e il largo impiego di deus ex machina per salvare i personaggi più importanti dalla morte imminente testimonia come siano ormai invincibili, contravvenendo all'idea iniziale di GoT che nessun personaggio, per quanto primario, fosse al sicuro.
  • Le riunioni di personaggi: e se facessimo incontrare X e Y? Non si sono mai conosciuti ma X aveva combattuto con Z che è il figlio di H che aveva aiutato M a battere S che è il fratello di Y, quindi quando si incontrano avranno modo di ripercorrere tutto questo e formare un legame. Siamo arrivati al punto che tutti i personaggi principali conoscono tutti e hanno un qualche tipo di relazione tra loro. E non stiamo parlando ad esempio di Lost, in cui uno dei temi principali era la presenza di un "destino", una forza che spingesse affinché le vite si incrociassero. Qui tutti si conoscono solo perché viaggiando da una parte all'altra semplicemente si trovano sulla stessa strada. L'effetto è quello di rendere il mondo molto piccolo, come nell'expanded univers di Star Wars dove in una galassia intera tutti hanno in qualche modo un legame con i protaognisti. E le permtuazioni di personaggi possibili vanno esaurendosi...
  • Timeline e logistica: tempi e distanze di percorrenza non hanno più nessuna rilevanza. Se nelle prime stagioni ci si muoveva su un intero continente, adesso Westerso praticamente è grande quanto la provincia di Potenza. Tutti possono arrivare ovunque nel giro di poche ore, le notizie arrivano istantaneamente in ogni angolo dei Sette Regni, ogni persona è rintracciabile e raggiungibile indipendentemente da dove si trovi. Alcuni fan hardcore rispondono a questa obiezione con "ma in uno show con draghi di fuoco e zombie di ghiaccio ti preoccupi dei tempi di percorrenza?" e la risposta è: sì. Sì perché uno dei punti chiave di GoT era la sua credibilità dal punto di vista pratico, e la logistica si è dimostrata già importantissima nel determinare l'esito di molte battaglie. Ma se adesso si riesce a far correre un ragazzo in mezzo alla neve verso la Barriera, fargli spedire un corvo all'estremita sud del continente, far partire in volo tre draghi e farli arrivare la mattina dopo a salvare la situazione, allora non c'è più nessun fattore pragmatico che possa influire sul dispiegamento degli eserciti.
  • I conflitti: la maggior parte dei conflitti tra i personaggi a questo punto sono forzati o svuotati del loro senso iniziale. L'esempio più clamoroso è la rivalità tra le sorelle Stark: non c'è motivo per cui Arya e Sansa dovrebbero essere diffidenti tra loro, niente che una chiacchierata davanti a un tè non potrebbe chiarire. Ma no, sembra che vogliano ammazzarsi a vicenda. Allo stesso modo, i conflitti tra le grandi casate non sembrano avere più nessun impatto sullo svolgimento degli eventi: lo show è avviato al grande showdown tra vivi e non-morti, per cui il fatto che a Highgarden regni un Lannister o un Tarly o un Greyjoy non ha più importanza. L'unico che sembra ancora interessato a questo aspetto è l'onesto Bronn, ma per ragioni ben diverse.
Con questo non dico che GoT sia diventato un brutto show. L'aspetto tecnico è sempre ottimo, le interpretazioni sono per lo più di buon livello e le sequenze d'azione riescono a essere appassionanti. Ma ora come ora non riesco più a essere seriamente interessato in come la storia proseguirà. Il modo più semplice per rendersi conto di questo è porsi la domanda: se la serie venisse cancellata domani, come reagirei? Nel mio caso, penso che mi limiterei a una scrollata di spalle.

Game of Thrones per me è diventato come Dragonball Super, la nuova serie attualmente in corso che si colloca dopo il Dragonball Z degli anni '90. Piacevole da guardare, ma del cui esito non mi interessa davvero nulla:
Oh, è tornato Freezer ma è dorato! Wow, ora il Super Saiyan è blu! Forte, combattono contro un dio-gatto! Figo, un torneo in cui partecipano i guerrieri di altri universi! Ah ma allora ci sono ancora altri Saiyan! Guarda, quello lì può fermare il tempo (anche se mi ricorda qualcosa)!
Una continua corsa alle armi per aggiungere e ricombinare elementi che però non apportano nessun livello di profondità al senso ultimo di quanto avviene sullo schermo. Menatevi finché volete e magari rimarrò anche a guardare, sempre che un piccione non voli fuori dalla finestra e mi distragga per due-tre minuti buoni. Non avrò nemmeno bisogno di rimandare indietro per seguire le scene che mi sono perso, tranquilli.

Everything Great With Everything Wrong With

Nei giorni scorsi una piccola polemica, di quelle che nascono e muoiono nello spazio di due giorni tra le pagine di una rivista e un canale youtube, è nata intorno alla serie di video Everything Wrong With, nei quali i film vengono sistematicamente analizzati e i loro "peccati" sono conteggiati per mostrare tutte le pecche presenti nel prodotto finale: dagli errori di continuità ai cliché, dal montaggio ai credits iniziali. Un articolo sul Guardian di Sturat Heritage riassume la faccenda: a rispondere piccato al video Everything Wrong With King Kong: Skull Island è il regista Jordan Vogt-Roberts, che in una serie di tweet regisce al video di accuse al suo film sottolineando come quella di CinemaSins non sia né critica né satira, e l'articolo del Guardian concorda con lui, sottolineando che il tentativo di mascherare gli attacchi distruttivi ai film dietro queste parole sia solo una forma di valorizzazione di hate speech nel confronto del lavoro altrui.

Sono iscritto al canale CinemaSins da diversi anni, poco dopo la sua nascita, quando i video duravano 5-6 minuti, contro l'attuale tendenza di 15-20 minuti. Seguo con una certa frequenza le uscite e mi sono perso pochi dei loro video, in genere lascio da parte quelli dei film per cui non ho nessun tipo di interesse, oppure per i film che ho intenzione di vedere per i quali ritornerò in seguito al relativo video. Avendo quindi una certa familiarità con la serie, penso di poter rilevare quali sono gli errori nella risposta di Vogt-Roberts e il commento di Heritage. Vi spiego quindi perché a mio avviso CinemaSins e i video EWW sono in effetti molto validi.

Premetto innanzitutto che un "artista" (autore, musicista, pittore, regista, fotografo, soffiatore di vetro ecc) non dovrebbe mai rispondere pubblicamente alle critiche negative, per una questione di stile e di autorevolezza. A parte osservazioni molto specifiche nel merito di qualche dettaglio a cui si può rispondere in termini oggettivi, alimentare la polemica non mi sembra mai una strategia efficace... a meno che l'obiettivo non sia proprio la polemica stessa e il conseguente incremento di visibilità. Ma questa può essere una mia considerazione personale non condivisa da altri autori immensamente più navigati di me.

Il punto principale è che i video EWW non sono critica cinematografica. E ad affermarlo sono gli stessi autori, che nel video di autocricita Everything Wrong With CinemaSins riportano con estrema lucidità tutti i noti difetti del loro approccio. Per la verità, buona parte delle critiche mosse dal regista e dal Guardian si dissipano con questo video che funziona quasi da manifesto del canale:


Nel momento in cui si segue la serie con una certa costanza, si nota come molti dei "peccati" registrati dal contatore non sono in realtà dei veri e propri errori, ma più una serie di recurring joke all'interno della serie stessa. La base di partenza è sempre quella dell'analisi di un film, ma quando a essere segnato è qualcosa del genere "Sean Bean non muore in questa scena" oppure "Anna Kendrick non è la mia ragazza in questa scena", è chiaro che non si sta effettivamente rilevando una pecca nel film. Lo stesso contatore dei peccati non ha nessun valore oggettivo, come viene appunto specificato nel video qui sopra, quindi un film che totalizza un punteggio finale di 350 non è peggiore di un film che arriva a 180 peccati.

La questione della satira è più complessa. Non è tra gli obiettivi di CinemaSins, ma anche qui seguendo con regolarità la serie si può notare come molti film, soprattutto quelli prodotti dall'industria di massa per il grande pubblico (che sono poi l'oggetto principale dei video), sono costruiti su una serie di modelli e cliché ricorrenti, e si basano in uno scoraggiante numero di casi sulla disattenzione dello spettatore. È ovvio che quando in un film viene riportata la colonna di un giornale, e fermando l'immagine si nota che a parte il titolo il testo nelle colonne è completamente senza senso, non si parla di un dettaglio tale da rovinare l'esperienza cinematografica. Ma in molti altri casi, quando i personaggi agiscono in modo incoerente, quando le premesse del film non sono chiare o vengono tradite (un esempio classico in tal senso è la indefinitezza dei poteri dei supereroi che spesso ho notato anch'io, vedi Scarlet Witch e Visione in Civil War), quando le scene d'azione sono una sequenza di tagli e flash indefiniti che impediscono di capire chi sta facendo cosa e perché, allora ci si trova di fronte a una tendenza ormai consolidata di considerare lo spettatore come passivo e poco interessato alla reale sostanza di quello che vede. Se c'è della satira quindi, è contenuta non tanto nei singoli video, ma nella serie nel suo complesso, che mostra le storture dell'industria cinematografica attuale, sulle quali anche la critica professionale non può che conordare.

Questa sottovalutazione dello spettatore non è invece praticata da CinemaSins. Proprio per la sua struttura, che include reali pecche dei film e inside joke, si capisce che i video EWW contano che chi li segue sappia distinguere ciò che davvero costituisce un problema da ciò che viene segnalato solo per poter fare una battuta in più. Peraltro, come viene detto sempre nel video qui sopra, gli autori di CinemaSins hanno analizzato anche film che rientrano tra i loro preferiti, per evidenziare il fatto che anche film validi e buoni non sono perfetti: no movie is without sin è appunto la tagline del canale.

Se c'è una critica che davvero si può muovere al canale è forse il fatto che con il tempo i video si sono fatti eccessivamente lunghi. La media attuale è di 17-18 minuti, che in effetti sono parecchi e in molti casi contribuiscono a infiacchire il video nel complesso, diminuendo la densità delle battute efficaci. Che poi il tipo di umorismo non sia congeniale a tutti è scontato, e si può benissimo pensare che le loro analisi non siano divertenti: d'altra parte c'è gente che ride per Made in sud, quindi presumo che l'umorismo rientri nella categoria gusti personali. È vero anche che a volte i video contengono imprecisioni e interpretazioni errate, ma questo fa parte di qualunque processo creativo e può capitare, basta riconoscerlo. Errori dello stesso calibro o anche peggiori capitano appunto anche nelle produzioni multimilionarie dei più grandi blockbuster, e si sta parlando in questo caso di cose che sfuggono a team di centinaia di persone strapagate per un paio di anni per lavorare su quel prodotto, non di due ragazzi che caricano video montati dal loro pc.

Da parte mia guardo volentieri i video di film che ho già visto, e che so non vorrò mai vedere, soprattutto quando si tratta di film universalmente riconosciuti come scadenti. Voglio dire, sforziamoci quanto ci pare, ma non vorremmo mica arrivare a dire che Pixels o Green Lantern sono film con una loro dignità artistica? Un'altra cosa che faccio spesso invece è guardare gli EWW di film che mi sono piaciuti, e mi è capitato giusto qualche giorno fa con Split. L'ultimo film di Shyamalan per cui avevo aspettative pressoché nulle mi è invece piaciuto, e poco dopo la visione sono andato a recuperare il relativo Everything Wrong With che mi ero serbato nei mesi scorsi. In questi casi il gioco consiste nel mettere alla prova il mio gradimento con i peccati segnalati: se il video non mi convince della "peccaminosità" significa che è un film che posso considerare valido. Proprio perché so distinguere ciò che costituisce una vera critica da quanto è fatto a scopo di gag, non è vedere un punteggio finale di 10.000 peccati a farmi cambiare idea. Sto infatti aspettando con ansia Everything Wrong With Arrival.

Per questo le accuse mosse da Vogt-Roberts e sottoscritte da Heritage (che peraltro, come fanno notare molti nei commenti dell'articolo, spesso sul Guardian propone recensioni molto simili nei contenuti a quanto fa CinemaSins) mancano l'obiettivo. Cercando di attribuire un valore diverso a un prodotto che è in relatà una forma di intrattenimento derivata, e forse non ancora incasellata nelle categorie definite con cui l'industria del cinema si confronta di solito (vale per CinemaSins come per molti altri canali, sia di critica che di analisi propositiva). Da parte mia consiglio di seguire CinemaSins, soprattutto per i video dei film che vi sono piaciuti di più, con la tecnica che illustravo sopra.

Peraltro la mia fiducia in CinemaSins mi ha convinto un po' di tempo fa a leggere il libro The Ables scritto da Jeremy Scott, il narratore dei video EWW. Che no, non è un libro eccezionale e totalizzerebe un buon punteggio su BookSins, ma è comunque una prospettiva interessante sui supereroi disabili.

Rapporto letture - Luglio 2017

Sarà un rapporto letture breve e con poca narrativa quello del mese scorso, sempre per il fatto che d'estate a differenza del resto dell'umanità leggo meno che negli altri periodi dell'anno. 

Per primo c'è un libro di Chuck Palahniuk, che da tempo non mi capitava di frequentare. Make Something Up è un raccolta di racconti, variegati nel genere e nei temi ma sempre piuttosto riconoscibili per lo stile dissacrante, a volte grottesco, carico di black humor propriamente detto (non quello che viene definito così dai buzzurri dei social). Tra tutti ci sono forse due o tre racconti che spiccano in particolare, alcuni dei più taglienti sono forse quelli in cui i protagonisti sono animali che vivono nel mondo contemporaneo. È presente anche una sorta di prequel di Fight Club, anche se il collegamento effettivo è abbastanza labile. Nel complesso si può parlare di un volume valido ma non memorabile, lontano dai vecci fasti dell'autore di culto. O forse a farlo sembrare più moscio è il fatto che ormai ci siamo abituati a questo tipo di storie e di scrittura, e trovare la stessa cosa non stupisce o segna più di tanto. Voto:7/10


A seguire si passa alla manualistica, dopo anni in cui lo sento nominare ho finalmente recuperato L'arco di trasformazione del personaggio, manuale di scrittura creativa di Dara Marks consigliato da molti professionisti del settore. La Marks scrive diretta agli sceneggiatori, porta infatti come esempi e casi di studio alcuni film, ma buona parte delle sue osservazioni si può agilmente applicare anche alla narrativa scritta. Ho trovato interessante soprattutto la prima parte, in cui parla delle basi e premesse su cui si stabilisce una buona storia di crescita (protagonista, fatal flaw, tema ecc), mentre la seconda parte in cui si divide la storia in tre atti mi è parsa un po' troppo rigida per essere utilizzata sistematicamente alla narrativa, in particolare se si parla di racconti medio-brevi invece che di romanzi. In ogni caso è una lettura sicuramente valida per affinare la propria tecnica e sviluppare un approccio più "scientifico" alla costruzione delle proprie storie. Per quanto il contenuto sia interessante, mi sento di dire però che l'edizione è davvero poco curata: impaginazione, copertina e illustrazioni interne sono davvero confuse (basta vedere lo scontorno fatto con il machete dell'immagine degli ominidi), la fortuna dell'editore è che il libro si vende da sé visto che occupa una nicchia poco frequentata in italia.

Dal libro al film: La Torre Nera

Questo non sarà un post facile da scrivere, perché sto parlando di un adattamento atteso per anni, ispirato a una delle serie che mi hanno più entusiasmato e plasmato nella mia vita di lettore. I primi libri della serie della Torre Nera (L'ultimo cavaliere, La chiamata dei tre, Terre desolate) sono state tra le prime letture "adulte" che ho fatto d ragazzino (avrò avuto 10-12 anni) e hanno sicuramente influito in modo pesante sulla mia idea e percezione della narrativa. Ho approcciato il film La Torre Nera con parecchio scetticismo, conscio del fatto che un adattamento completo era impossibile e per molti versi poco auspicabile; i trailer hanno ulteriormente abbassato le aspettative, e le prime recensioni le hanno del tutto affossate. Ma motivato a trovare tutto il buon possibile in un'opera che sotto sotto mi sta a cuore, ho deciso per quanto possibile di guardare il film con una prospettiva neutrale. Per me è impossibile ignorare il materiale di partenza, ma a questo scopo sono andato al cinema con altre persone che dei libri di King non sanno nulla, proprio per avere un'opinione oggettiva sul film in sé, indipendentemente dal materiale di partenza.

È inevitabile che nel seguito di questo post saranno presenti spoiler, tanto per il film quanto per la serie di libri. Gli spoiler dei romanzi riguarderanno principalmente il primo volume, L'ultimo cavaliere, ma in senso più ampio tutta la storia che si dipana nei sei seguiti e mezzo (La leggenda del vento è una sorta di spinoff). Procedete a vostro rischio.

Partiamo dal definire a grandi linee che cosa narra la saga della Torre Nera. I romanzi si sviluppano attingendo a immaginari diversi e spesso giudicati inconciliabili: una quest fantasy in un mondo western con elementi horror e un substrato fantascientifico. Si tratta di una storia epica, una lunga ricerca del protagonista Roland Deschain, un pistolero, cavaliere con le rivoltelle in un mondo che non è il nostro ma che con il nostro ha molte affinità. Roland ha un obiettivo: raggiungere la Torre Nera, una costruzione che si erge al centro del mondo e dell'universo (anzi, di tutti gli universi) e da cui dipende l'integrità della realtà. Roland vuole raggiungere la Torre per ristabilire l'equilibrio, riportare la normalità nel suo mondo che è andato avanti, ovvero è decaduto, si è deteriorato. Del mondo in cui è cresciuto è rimato poco, le persone che conosceva e amava sono morte, spesso in seguito alle sue azioni o direttamente per mano sua, e a lui non rimane altro che questo: la Torre. Comincia il suo viaggio inseguendo l'Uomo in Nero, suo arcinemico, uno stregone dal quale ha intenzione di ricevere risposte e indicazioni su come raggiungere la Torre Nera. Dal suo mondo Roland viaggerà spesso nel nostro, dal quale trarrà i suoi nuovi compagni di ka-tet, un gruppo legato da un unico scopo e destino. E sì, alla fine della serie il pistolero arriva alla Torre, ma non è questo che importa.

È evidente che tutto questo non poteva essere veicolato in un unico film di un'ora e mezzo. La Torre Nera per forza di cose doveva essere semplificato, concentrato, ridotto. Il problema è che a essere semplificati e ridotti sono gli elementi distintivi della saga, a essere concentrati invece quelli più generici, identificabili in centinaia di opere simili: lo scontro tra bene e male, l'eroe riluttante, il villain onnipotente e malvagio senza altra motivazione al di là del male perché sì. Ci sono numerosi punti in cui l'adattamento dal libro al film è andato nella direzione sbagliata, perdendo ciò che rende la serie unica e memorabile.

La prima mancanza che si nota è quella dell'ambientazione. Il mondo di Roland è decadente e desolato. Grandi spazi vuoti, poche comunità sparute e disperate, resti di civiltà precedenti recenti e remote ormai estinte, tecnologia inaffidabile e disfunzionale, creature deformi ed esseri soprannaturali: questo è il mondo che è andato avanti, nel quale Roland rappresenta praticamente l'ultimo resto dell'antica tradizione e gloria. Nel film vediamo sì rovine e piccole comunità, mostri e macchinari abbandonati, ma non si percepisce questo senso di perdita e disperazione, la consapevolezza che tutto ciò che si vede è "l'ultimo" di qualcosa: l'ultimo pistolero, l'ultima stazione di posta, l'ultimo ponte, l'ultimo guardiano, l'ultimo treno, l'ultimo villaggio e così via. Nel film vediamo una generica ambientazione di frontiera, spazi aperti e biomi diversi, ma niente suggerisce che quella foresta stia marcendo, il deserto si espande, gli edifici crollano.

Al livello successivo pesa l'assenza di alcuni concetti chiave. Il ka sopra e prima di tutti: quella forza inesorabile che si può vagamente descrivere come il destino, ma che è molto di più ed è quasi un'essenza vivente che sorveglia e guida tutti, a cui il pistolero è spesso indeciso se abbandonarsi o opporsi. La stessa Torre Nera è una presenza quasi astratta nel film, mentre nei libri è tangibile, coi vettori che convergono su di essa e trascinano sul loro percorso ogni cosa. La Torre del film è una struttura che fa da protezione a tutte le dimensioni, impedendo alle atrocità esterne all'universo di penetrare e distruggere la realtà come la conosciamo, e in un certo senso questo potrebbe anche funzionare, se non fosse che distruggere la Torre Nera in tal caso non sarebbe certo una mossa intelligente. Non è chiaro infatti (né per me né per chi non conosceva i romanzi) perché l'Uomo in Nero del film voglia abbatterla, quando è evidente che il suo potere non è sufficiente a sopravvivere in una realtà popolata di demoni transdimensionali (per quanto, a vederli in azione, questi demoni non sembrino nemmeno tanto forti).

Un altro filo narrativo importantissimo nei romanzi che nel film è stato ignorato è il rapporto tra Jake e Roland. Jake arriva nel mondo di Roland dopo essere morto, si risveglia nel deserto in cui il pistolero sta rincorrendo l'Uomo in Nero. Viaggiano insieme, e ben presto tra loro si instaura un rapporto padre-figlio. Il primo libro L'ultimo cavaliere è in gran parte incentrato su questa relazione. Per tale motivo, quando nella parte finale il ragazzo viene sacrificato per raggiungere l'Uomo in Nero, quando Jake dice a Roland "Vai, ci sono altri mondi oltre a questo" e si lascia precipitare nella voragina dove troverà di nuovo la morte, si tratta di un momento fondamentale di tutta la saga. La morte di Jake è talmente importante nello sviluppo della storia da poter essere considerata (prendendo a prestito la terminlogia di Doctor Who) un fixed point: un punto fisso nella storia che non si può evitare, tanto che quando Roland si trova in seguito a impedirla, la sua consapevolezza si dilania in due parti in conflitto tra loro per affermare quale sia la realtà: Jake esiste o non esiste, l'ho incontrato o no, l'ho lasciato morire davvero?

Ci sarebbe anche da spendere qualche parola sul villain, l'Uomo in Nero/Walter. La sua rappresentazione nel film è eccessivamente potente, uno stregone in grado di uccidere con la sola parola, che per qualche imprecisata ragione non ha però la capacità di applicare la sua magia su Roland (non viene fornita nessuna spiegazione di questa immunità del pistolero). Il problema è che presentare un cattivo così potente, e poi farlo combattere essenzialmente come Darth Vader, sradicando e lanciando oggetti al suo nemico con la forza del pensiero, è piuttosto anticlimatico. Viene da pensare che un personaggio del genere sia praticamente invincibile... salvo che non può esserlo perché negli ultimi dieci minuti il film si deve concludere e il nemico deve soccombere, per una sua banale distrazione. Nei libri, Walter/Marten/Randall è un personaggio molto più enigmatico, e quando il pistolero lo raggiunge non abbiamo una battaglia, ma un lungo conciliabolo.

Naturalmente come già detto non è necessario che il film riprenda in modo preciso le stesse tematiche dei libri, ma quando sono abbandonate le parti più significative si ha la sensazione che venga narrata un'altra storia, e che il titolo La Torre Nera sia stato applicato a qualcosa di diverso. Tuttavia tra le differenze marcate rispetto ai romanzi ce n'è una che mi è parsa molto interessante: il cambio di motivazione di Roland. In questo film il pistolero non è ossessionato dalla Torre Nera, non gli interessa raggiungerla o preservarla. Se nei libri inseguiva l'Uomo in Nero per avere da lui rivelazioni su come trovare la Torre, qui vuole solo l'Uomo in Nero, per vendicarsi della perdita della sua gente e la morte di suo padre. Anche quando la gente del villaggio lo riconosce come pistolero, cavaliere difensore della Torre, lui confessa di non avere nessun interesse in questa missione, e volere solo catturare e uccidere lo stregone. È una differenza notevole perché offre una prospettiva diversa, mostra un Roland egoista e riluttante, ossessionato ma per un oggetto diverso. Ci si aspetta quindi un cambiamento significativo, il passaggio a una consapevolezza diversa e l'accettazione di una battaglia più grande che non serva solo a soddisfare il proprio ego. Lo spunto sarebbe molto intenso... se non fosse che i due obiettivi coincidono. L'Uomo in Nero è quello che sta attaccando la Torre, per cui uccidere lui incidentalmente porta anche a preservare l'integrità degli universi. Non c'è nessun momento di scelta in cui Roland debba decidere se perseguire la sua personale vendetta o abbandonare il proposito per servire lo scopo più alto della salvezza del mondo. Quando Roland uccide il suo nemico e provoca (in qualche modo non chiaro) la distruzione della struttura dalla quale partono gli attacchi alla Torre, non sappiamo se lo sta facendo per una ragione o per l'altra, quindi non sappiamo se è cambiato e ha accettato la sua chiamata e il suo ruolo di pistolero.

Purtroppo La Torre Nera fallisce anche lì dove avrebbe dovuto eccellere, ovvero nelle scene di azione e combattimento. Vediamo Roland sparare con abilità e ricaricare le rivoltelle a velocità impossibile, ma tutte le occasioni in cui le pistole sono estratte mancano di tensione e reale senso del pericolo. Ci si limita a combattere contro scagnozzi di poco conto (troppo simili nell'aspetto agli orchetti del Signore degli Anelli), carne da macello senza abilità. Le poche volte in cui compaiono demoni presumibilmente più forti della media, anche questi sono liquidati in una decina di secondi con pochi colpi di pistola (Jake fa anche di meglio, eliminando un demone guardiano dicendogli solo "basta"). E collegato a questo aspetto, davvero inconsistente è anche la colonna sonora, che passa praticamente inoservata per tutto il film, incapace ad esempio di mettere insieme un tema ricorrente per i personaggi (l'Uomo in Nero, Roland, la Torre) e dare così maggiore consistenza alle scene.

Qua e là c'è stata l'intenzione di inserire riferimenti e rimandi ai libri, non solo quelli della serie della Torre Nera ma anche altri di King. Vediamo citato il Re Rosso, compaiono la Sombra Corporation e la North Central Positronics, le Sfere e tanti altri nomi e situazioni che si susseguono nei romanzi, ma qui fanno solo da contorno. Viene ripetuto più volte il famoso incipit del primo libro: "L'Uomo in Nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì." Ma se mi dici la frase avulsa da ogni contesto, perché l'Uomo in Nero non sta fuggendo nel deserto, e il pistolero è vero che lo sta seguendo, ma non lo vediamo attraversare il deserto, allora perché continuare a dirlo? Si tratta solo di fanservice, ma di quello fatto male.



In estrema sintesi, La Torre Nera si dimostra un film generico. Una storia di bene contro il male con un villain troppo potente dagli obiettivi poco chiari, un eroe che ha bisogno di tornare sulla retta via aiutato da un ragazzino speciale, il fato del mondo in bilico e qualche scena d'azione. Tutto sommato niente di diverso da un qualunque film fantasy o un supereroe qualsiasi. Può anche essere piacevole, soprattutto per chi lo vede senza conoscere i romanzi, come infatti gli altri spettatori con me mi hanno confermato, ma a visione ultimata non si eleva in nessun modo al di sopra di altri film simili. Ed è un gran peccato, perché il materiale di partenza offriva tutte le basi per costruire qualcosa di unico e memorabile. Anche con la consapevolezza di non poter abbracciare l'intero immenso mondo e arco narrativo della saga, si poteva gettare le basi per qualcosa di molto più complesso ed esteso. Un'occasione del tutto sprecata e che, a questo punto, forse è bene non prendere come base per costruire un nuovo cinematic universe come pare fosse nei piani, forse con alcuni sequel e una serie tv a fare da prequel/spinoff. Meglio di no, grazie, non con queste premesse.

Il ka è una ruota e girerà ancora, forse avremo altre occasioni in futuro.

Coppi Club 06/08/2017 - La La Land

Non avrei mai pensato di vedere questo film, anzi, mi ero ripromesso di non farlo. Non volevo vederlo perché, conoscendomi, ero ragionevolmente sicuro che non mi sarebbe piaciuto. E quindi avrei dovuto dire che no, La La Land  non mi è piaciuto, nonostante sia stato osannato come uno dei capolavori dell'ultima stagione cinematografica, e allora gli altri avrebbero pensato che stavo soltanto facendo il bastian contrario, perché la posa del cinico decostruttore di miti funziona sempre, raccatta un sacco di like, e te vuoi solo far finta di essere uno stronzo senza cuore, scommetto che nemmeno Stranger Things ti è piaciuto, vero?

Ora, il fatto di base è che i musical non mi piacciono. Mi piacciono i film; mi piace la musica; questo non significa che film + musica mi debba piacere. Tutto qui. Forse La La Land non è tecnicamente un musical, perché molte scene si svolgono con dialoghi normali, non musicati, ma insomma, quando la scena d'apertura (spettacolare quanto si vuole) contiene gente che balla sulle macchine in coda e una banda di percussionisti nel cassone di un camion, beh, un pizzicorino al naso mi viene.

Quando il Coppi Club praticamente si coalizza proprio per farmi vedere questo film e assistere alla mia reazione, mi metto l'animo in pace e decido di cercare di valutarlo in termini oggettivi. Parto già preventuo per l'idea del musical, ma cerchiamo con tutte le forze di scorporare questa avversità iniziale e trarre dal film quanto di meglio possibile. E il problema è che purtroppo, anche al netto di canti e balli che possono risultarmi irritanti, il resto del film mi è parso piuttosto piatto.

Niente di innovativo nella trama, va bene. La starlette in cerca di affermazione, il musicista che insegue il sogno; la Hollywood dove tutto è possibile e il Talento trova la sua strada; l'amore impossibile che viene ostacolato dalle ambizioni e viceversa. Una storia classica, che può sempre funzionare, ma per molti versi non guizza mai fuori dal beenthere-donethat. Per contro, ho visto solo qualche settimana fa Whiplash dello stesso Chazelle e con una tematica di fondo molto simile (la musica, il talento, la gavetta, il sogno) e l'ho trovato immensamente più significativo. In Whiplash il protagonista deve effettivamente faticare per raggiungere il suo obiettivo, qui invece pare che tutti abbiano la strada spianata e soprattutto non cambiano. Sia Emma Stone che Ryan Gosling (bravissimi, niente da dire) non hanno uno sviluppo dei rispettivi personaggi, è la loro relazione a cambiare ma alla fine del film sono le stesse persone che erano all'inizio. A cosa sono servite quindi tutte le loro vicissitudini?

Non dico che sia un film brutto, e alcune sequenze devo dire mi sono piaciute. A mio avviso la più forte ed efficace è quella del concerto in cui Gosling si esibice con il gruppo in mezzo alle ovazioni del pubblico, e anche se sta facendo in senso stretto quello che ha sognato per tutta la vita, in realtà è profondamente infelice e fuori posto. Ci sono anche altre belle scene, come i provini della Stone e anche la "storia alternativa" alla fine. Ottime le coreografie, per quel che ne posso capire. Ma niente di più. Due ore e mezzo in cui mi viene continuamente ripetuto di credere nei propri sogni, e il cui messaggio finale è "fai andare avanti le cose e forse succederanno". Mi rimane tra le mani una storia mediocre, forse eseguita in modo eccellente, che non riguarderei mai.

E no, Stranger Things non l'ho visto e non credo che lo vedrò.