Unpunned Futurama Titles #5

Questo sarà un post molto breve, ma d'altra parte non è colpa mia se quella che viene considerata la quinta stagione di Futurama (stagione di produzione, non di trasmissione) è composta solo da quattro lungometraggi, ognuno suddiviso poi in quattro parti, ma che hanno ovviamente un titolo unico.

Facciamo allora che prima di passare alla scarna lista di quattro elementi, aggiungo il link ai quattro precendti Unpunned Futurama Titles (in questo modo raddoppio in un colpo solo la densità del post!):


E proseguiamo quindi con i titoli della stagione 5, ovvero i quattro film direct-to-dvd:

Bender's Big Score (Il colpo grosso di Bender): nessun riferimento specifico individuabile.

The Beast With a Billion Backs (La bestia con un miliardo di schiene): la "bestia con due schiene" è un termine comunemente attribuito a Shakespeare (ma probabilmente non di sua invenzione) con cui si indicava all'epoca il rapporto sessuale. In questo caso, nella trama abbiamo una creatura che si accoppia con tutti gli esseri viventi dell'universo, che diventa così una "bestia con un miliardo di schiene". Da segnalare che la stessa locuzione era già stata sfruttata nell'episodio Spanish Fry, dove il sexy shop che contrabbandava corni umani si chiama "the beast with two bucks".

Bender's Game (Il gioco di Bender): il riferimento è al famoso romanzo di fantascienza Il gioco di Ender (Ender's Game) scritto da Orson Scott Card.

Into the Wild Green Yonder (Nell'immenso verde profondo): il primo verso dell'inno della US Air Force recita "off we go into the wild blue yonder". Visto il tema ecologista della trama, qui il blu diventa verde.

I miei nuovi sponsor nel Mondo Reale™

Per un autore di fantascienza, uno dei rischi più concreti è quello di vedere le proprie idee raggiunte o superate dalla realtà. Chi fa del suo mestiere l'estrapolazione e in un certo modo la previsione di eventi futuri (siano tecnologie, sviluppi sociologici, politici, o altro), può seriamente rimanere vittima delle proprie profezie, e vedersi sorpassato da quanto gli accade intorno. È importante sottolineare che la fantacienza non è soltanto rivolta al futuro, e ci sono moltissime opere che non hanno alcun interesse nella previsione, ma se c'è un genere letterario che può permettersi di guardare in questa direzione, allora è la sf.

Naturalmente è facile superare il livello tecnologico ipotizzato da uno scrittore degli anni 50, mentre oggigiorno per un autore è sempre più difficile prevedere come evolverà il mondo di qui a una manciata di anni, e in questo molti riconoscono uno dei possibili fattori della presunta crisi della sf. Noi non ci crediamo, ma non è questo l'argomento del posto odierno, quindi teniamo il discorso in sospeso per altre occasioni.

Quello a cui volevo arrivare è che anch'io, nel mio piccolo, mi trovo a volte di fronte a rappresentazioni delle mie idee nel Mondo Reale™. Capita che spunti che ho sviluppato in qualche mia storia diventino notizie di attualità, oppure al contrario, idee marginali che ho scovato ed espanso trovino una dimensione più concreta della semplice speculazione. È successo di recente con entrambe le mie "opere maggiori", e mi sembrava simpatico raccoglierle in un ruffianissimo post autopromozionale.


Quando ho scritto Spore (il racconto eponimo della raccolta [di cui peraltro sono rimaste poche copie e non sono previste ristampe, quindi affrettatevi se vi manca!]), ho preso come punto di partenza l'idea del decompikit sviluppato dall'Inifinity Burial Project di Jae Rhim Lee. All'epoca si trattava soltanto di un progetto, ma in questi ultimi anni si è evoluto e di recente è diventato davvero possibile acquistare una tuta intrisa di spore di funghi saprofagi per la decomposizione completa della vostra salma. Potete andare sul sito della Coeio e sfogliare il catalogo delle tute (anche per animali!), e acquistarne una al prezzo di circa 1500 dollari (pressoché lo stesso costo di una normale cassa di legno). Considerando che il mio racconto inizia nel 2019, pare anche che siamo in linea con le tempistiche. Vi lascio intanto con un breve video introduttivo nel frattempo che scegliete il colore della tuta:




Passando ad argomenti più leggeri, mi è stato segnalato che nell'attuale edizione di X-Factor si è presentato un concorrente interessante. Il signor Armando Pavone si definisce infatti onironauta, e lo fa chiaramente nei termini di persona in grado di muoversi a piacimenti nei propri sogni (non sono stato io a inventare questa parola), tuttavia il modo in cui parla delle sue esperienze oniriche, accennando a piani di realtà differenti, è stranamente affine a quanto si legge in Dimenticami Trovami Sognami. I lettori più attenti potranno anche notare l'insolita affinità tra il suo nome e quello di alcuni personaggi del romanzo: astori, berte e pavoni sono tutti volatili, e sono tutti onironauti. Coincidenza? Sulle doti canore di Pavone non mi esprimo perché non mi ritengo competente in materia, ma certo qualcosa che proviene da là fuori si può percepire.




Concludo questa breve carrellata con una segnalazione al volo, già che siamo in tema di autopromozioni. Come probabilmente sapete, il 15 e 16 ottobre si terrà a Milano la seconda edizione del festival Stranimondi. L'anno scorso ho partecipato presentando proprio DTS, quest'anno sarò presente principalmente in veste di appassionato, ma come potete vedere sul programma della manifestazione, sabato alle 14:30 è previsto un panel del quale sarò protagonista insieme ad altri autori italiani di fantascienza. Avremo quindi occasione di farci due chiacchiere, anche a proposito di funghi e sogni, se vi va.

Coppi Night 18/09/2016 - The Road

The Road è uno di quei tanti film che ho "in lista" da anni e anni, e che riesco a vedere solo quando mi capitano sotto mano perché sono così tanto che nemmeno me li ricordo. Stessa cosa dicasi per il libro da cui è tratto, che sento sempre ripetere essere il capolavoro di Cormac McCarthy, di cui peraltro non ho letto mai niente. Ho fatto male a rimandare finora?

Per come l'ho capito io, sì. E mi riferisco al fatto che probabilmente l'ho visto in un momento della mia vita in cui sono particolarmente sensibile a un certo tipo di tematiche. Il contesto è quello di un mondo postapocalittico (mi pare di capire che siamo nel corso di un inverno nucleare), in cui un padre e un figlio si trovano da soli in viaggio con una meta non ben definita, ad affrontare quotidianamente la sfida della sopravvivenza (la fame, il freddo, le ferite, la malattia), così come i resti dell'umanità sparsi per il mondo e in genere poco amichevoli. Presa così, questa storia non sembra dire niente più di tante altre con un'ambientazione simile, anzi, se prendi la tagline di The Walking Dead non è che sia così differente.

A mio avviso però la fine dell'umanità non è il tema centrale. Non fosse altro per il fatto che non sappiamo mai con precisione cosa sia successo e perché, ma il contesto della fine del mondo non è ciò di cui il film vuole parlare. Non mi piace sovrimporre allegorie a un'opera, forzandole dove magari non entrerebbero in modo naturale, ma a me questa è sembrata una storia sul passaggio tra le generazioni. La "strada" del titolo non è tanto quella che padre e figlio percorrono, quanto un tracciato, un indirizzo che si trasmette come lascito dall'uno all'altro. Non soltanto una meta, ma uno scopo in senso più generale, anche un sistema di convinzioni e di valori che possono aiutarti a raggiungere la completezza. Una strada che non si deve necessariamente seguire passo per passo (in più occasioni, il ragazzo si oppone alle scelte del padre), ma che non bisogna comunque dimenticare. Il mondo morente (così come il padre stesso) a sua volta è una rappresentazione della fine, lenta ma inesorabile, di ciò che c'era prima, il momento in cui ci si trova a dover prendere in mano la propria vita senza più avere qualcuno che ti indica quale sia, la strada.

Ma ripeto, potrei aver visto tutto questo dove non c'era, proprio perché esco da un momento in cui mi sento molto vicino al bambino rimasto solo nelle ultime sequenze del film. Lo dico perché chi l'ha visto con me non è sembrato altrettanto impressionato o toccato, quindi potrebbe trattarsi interamente di una mia reazione dovuta alla condizione presente.

Certo non si può dire che sia un film mal realizzato. Perfetto nella fotografia (la quasi assenza di tonalità di colore) e nella tensione, pieno di scene forti ed esplicite, ma anche di numerosi sottintesi. Ho molto apprezzato anche l'interpretazione del giovane attore, quando di solito la presenza di bambini nel cast è una zavorra pesante. Quindi anche se quello di cui parlavo poco sopra rimane una mia interpretazione personale, il film merita comunque una visione.

Rapporto letture - Agosto 2016

Questo sarà un post più scarno dei soliti rapporti letture, perché ad agosto tra le varie spiacevoli incombenze i libri sono rimasti un po' in disparte, e dei due che ho letto uno è già stato ampiamente affrontato in un post precedente.

Quindi di fatto parleremo soltanto di Italian Way of Cooking, il romanzo horror-culinario di Marco Cardone pubblicato da Acheron. Il libro racconta la storia di Nero Bonelli, cuoco che gestisce un ristorante nella campagna toscana tra mille difficoltà: la separazione dalla moglie, i figli, i dipendenti, la clientela scarsa, i debiti, equitalia, il killer seriale della zona... e i mostri. Una sera infatti Nero si confronta con una bestia immonda e riesce ad abbatterla. Dovendosi sbarazzare del corpo non trova alternativa migliore che cucinarlo, e scopre che non solo è delizioso, ma dà anche dipendenza. Da lì il passo è breve a pensare di cacciare sistematicamente i mostri per poterli servire come pietanze esclusive. Ma naturalmente non è così facile diventare un cacciatore di mostri, e Nero scopre poco per volta che non si tratta di semplici animali deformi. La storia è molto piacevole, perché scorre continuamente sul filo dell'umorismo, con i personaggi che da bravi toscani non si prendono mai sul serio e sono sempre pronti a insultarsi amichevolmente. La "mitologia" dei mostri che viene gradualmente rivelata riesce ad aggiungere e giustificare una trama più complessa e radicata nella storia di quella di Nero e i suoi compagni. Le scene d'azione (non solo la caccia ai mostri, ma anche le prodezze culinarie) sono rese molto bene, e anche se alcune rivelazioni sono abbastanza prevedibili non rovinano la lettura. Molto buona anche la descrizione del contesto toscano in ci sui svolge la storia, anche se (da toscano io stesso) in alcuni casi il vernacolo dei dialoghi mi è sembrato eccessivo, quasi macchiettistico. Libro spassoso e originale, arricchito anche da una raccolta di ricette "mostruose" in appendice. Voto: 7.5/10

L'altro libro letto ad agosto è The Book of Strange New Things, il romanzo di Michael Faber di cui ho parlato a lungo in un post dedicato alcuni giori fa. Mi sembra quindi ripetermi, aggiungo soltanto che si tratta di uno dei libri più coinvolgenti che mi è passato tra le mani negli ultimi mesi, e che ho scoperto che Amazon ha messo in produzione una serie basata su di esso, di cui però al momento non ci sono ancora date previste di uscita. Nel caso, ne riparleremo. Voto: 9/10

The Lost Room

Ricordate i tempi in cui le serie tv erano un prodotto di fascia inferiore rispetto al cinema e pure agli altri programmi televisivi? Sembra un'epoca lontana, eppure basta andare indietro una decina d'anni e si trovano tante di quelle produzioni minori, miniserie realizzate senza mettere nel cast attori candidati all'Oscar e senza rilasciare tutti gli episodi in un unico momento. Andando a grufolare in quell'archivio quasi dimenticato ogni tanto si può recuperare qualche piccola perla, nascosta sotto cumuli di prodotti effettivamente mediocri.

Tra queste c'è la miniserie The Lost Room, prodotta nel 2006 dall'allora SciFi Channel, composta da 3 episodi di un'ora e mezza circa, e sorprendente arrivata anche in Italia (suddivisa in 6 puntate). Si tratta di una serie sospesa tra fantascienza e fantastico, la definizione dipende principalmente dal modo in cui si interpretano gli eventi mostrati, che si basa sull'esistenza di particolari oggetti di uso comune ma con particolari proprietà al limite del magico.

La storia inizia quando il detective Joe Miller (Peter Krause) entra in possesso quasi per caso della chiave di un motel. Come scoprirà molto presto, la chiave può aprire qualunque porta, dando l'accesso a una camera d'albergo situata al di fuori dello spazio normale. Da questa "Stanza Perduta" si può poi uscire sbucando da una qualunque altra porta esistente nel mondo (purché la si conosca e la si possa immaginare). Inizialmente Miller pensa di restituire la chiave alla centrale di polizia, ma quando sua figlia (Elle Fanning, che è eccessivo definire attrice a questa età) scompare nella Stanza è costretto a intraprendere un percorso ben più complesso per ritrovarla, entrando in contatto e in conflitto con numerosi altri personaggi coinvolti con la Stanza e gli Oggetti.

Tutti gi Oggetti provengono dalla Stanza, ne sono stati portati fuori nel corso degli anni, e le loro proprietà sono state studiate. La maggior parte ha effetti pressoché casuali e scarsamente utili (l'orologio che cuoce le uova, il biglietto dell'autobus che spedisce in una cittadina del New Mexico), ma altri sono decisamente più potenti, come il pettine che ferma il tempo, la penna che fulmina, l'occhio di vetro che guarisce. La chiave rimane comunque uno degli Oggetti più importanti, perché appunto dà accesso alla Stanza e permette di spostarsi a piacimento.

La Stanza e agli Oggetti obbediscono a una serie di leggi, che Miller apprenderà gradualmente, man mano che incontra nuovi personaggi interessati soprattutto alla chiave. Ad esempio, la Stanza si resetta ogni volta che viene chiusa (è per questo che la figlia scompare), gli Oggetti sono indistruttibili ma non funzionano all'interno della Stanza stessa, gli Oggetti possono essere combinati tra loro per ottenere effetti più complessi e potenti.

Esistono centinaia di Oggetti, che in quarant'anni circa sono stati venduti, raccolti, cercati, perduti. Intorno a essi si sono formati alcuni gruppi di culto, più o meno invasati a seconda degli scopi. Secondo alcuni gli Oggetti sono frammenti di Dio, sparsi per il mondo dopo la sua morte, secondo altri sono pezzi di una realtà diversa dalla nostra derivanti da uno sciagurato esperimento. Esistono collezionisti che venerano gli Oggetti e vogliono raccoglierli tutti convinti di poter in questo modo acquisire la forza e l'onniscienza di Dio, altri si prefiggono invece di distruggerli, altri ancora vogliono semplicemente trarne vantaggio personale. Il povero Miller si trova invischiato in queste faccende (anche perché si dice che gli Oggetti si attirino a vicenda), e se dapprima vuole tenersene fuori, interessato soltanto a ritrovare la figlia, in seguito si rende conto che non può fare a meno di comprendere la storia della Stanza se vuole avere una possibilità.


Dal punto di vista tecnico The Lost Room non è una serie perfetta. La regia, i ritmi narrativi, gli effetti speciali, anche la recitazione non sono di buon livello, e in diverse occasioni sembra di trovarsi a vedere un b-movie da videocassetta. Ma quello che non ottiene coi muscoli, questa piccola serie coraggiosa lo guadagna con la testa. Lo spunto iniziale, e le successive diramazioni e implicazioni della storia, sono di una portata davvero notevole, e andando avanti cresce sempre di più la voglia di scoprire nuovi Oggetti, nuove regole, nuove fazioni. Le rivelazioni sono ben distribuite, e anche se alcune sottotrame sembrano non avere uno sbocco, contribuiscono comunque a fornire un quadro completo del mondo che ruota intorno alla Stanza Perduta.

La storia principale si conclude nelle tre puntate, ma rimangono abbastanza fili irrisolti da lasciare spazio per uno sviluppo ulteriore, e anzi da come vengono chiuse alcune trame secondarie è abbastanza chiaro che potevano già all'epoca esserci proposito per un seguito, che però non c'è mai stato. A mio avviso, in quest'epoca di continui reboot remake prequel interquel orthoquel, The Lost Room sarebbe un'ottima idea da riprendere e ampliare. Le potenzialità sono enormi per una serie di quattro-cinque stagioni, basta pensare a quanti Oggetti si potrebbero introdurre poco per volta e come questi interagiscono tra di loro, a mostrare l'Evento che ha dato origine alla Stanza, arrivare anche oltre l'attuale finale e dare qualche possible risposta sulla vera natura degli Oggetti. Il tutto, riproposto con un budget più consistente, tempi più lunghi e gli effetti speciali di oggi, potrebbe portare a una serie di grande impatto anche per gli standard attuali di saturazione del settore.

Se c'è qualche produttore là fuori, fateci un pensiero. I tempi sono maturi per ritrovare la Stanza Perduta!

Michael Faber - Il libro delle cose nuove e strane

Il mio primo contatto con Michael Faber è stata la visione del film Under the Skin, tratto da un suo romanzo, da molti considerato un capolavoro del cinema contemporaneo ma che a me ha lasciato piuttosto indifferente. Qualcosa però deve avermi incuriosito, perché quando mi è capitato davanti agli occhi The Book of Strange New Things (acquistato e letto in inglese, ma è disponibile anche in italiano, pubblicato da Bombiani) e ho letto la sinossi, ho deciso di voler provare a scoprire questo scrittore, che rientra in quel gruppo di autori borderline che non vengono presentati come scrittori di genere, ma di fatto lo sono.

Il romanzo racconta la storia di Peter Leigh, un pastore cristiano (per la precisione evangelista, a quanto ho capito) inviato come missionario sul pianeta Oasis, su cui la multinazionale USIC ha stabilito un avamposto in previsione di una futura possibile colonizzazione. Peter lascia a Londra la moglie Beatrice, con cui si mantiene in contatto epistolare tramite un costoso sistema di comunicazione interstellare, e si prepara a evangelizzare i nativi, che scopre essere già seguaci della religione e curiosi di scoprire la Bibbia, che per loro è il Libro delle Cose Nuove e Strane. Gli oasani sono umanoidi, piccoli e miti, interamente coperti da tuniche e guanti, ma non hanno un volto come quello umano, soltanto una sorta di escrescenza bulbosa simile a un nocciolo di pesca, in cui è difficile distinguere lineamenti e organi di senso. Nonostante questo, parlano inglese (pur con qualche difficoltà a pronunciare alcuni suoni), e già da tempo hanno instaurato uno stabile rapporto di baratto con la base USIC: cibo locale (un fiore bianco che può essere lavorato in diversi modi) in cambio di medicine. Ma oltre al cibo, gli alieni vogliono la religione, e per questo Peter è stato selezionato e spedito in fretta su Oasis per poter mantenere attivo il commercio con gli indigeni.

La storia si svolge principalmente su tre piani narrativi. Il primo è la missione di Peter presso gli oasani, i tentativi di diffondere la parola di Dio (in cui lui crede fermamente, dopo un passato da tossicodipendente) nel modo corretto, nonostante le barriere comunicative. Gli alieni sono per lo più schivi e riservati, ma lo trattano con rispetto e accettano con entusiasmo i suoi insegnamenti, tanto che ognuno di loro ha scelto come nome umano "Jesus Lover" seguito da un numero. Per aumentare la sua immersione nella cultura locale, Peter vivrà alcune settimane con loro (un giorno su Oasis dura circa quattro giorni terrestri), e inizierà così anche a comprenderne la lingua, che nel libro è resa con simboli appositi che sostituiscono le lettere del nostro alfabeto. Un altro piano su cui si sviluppa la storia è quello della base USIC, dove Peter torna periodicamente, e nel quale non riesce a trovare una sua collocazione. Tutti i membri della base sono altamente specializzati (fisici, chimici, geologi, ingegneri, meccanici ecc) e qualificati per partecipare a una missione del genere, mentre lui non capisce per cosa è stato scelto e cerca di stabilire con poco successo un punto di contatto con gli altri. Inoltre, nonostante tutti siano estremamente indaffarati e competenti, nessuno sembra sapere quale sia l'obiettivo a lungo termina della USIC, e a nessuno importa. L'unico compagno con cui entra più in confidenza è Grainger, la farmacista che lo accompagna nei viaggi verso il villaggio degli oasani, ma anche questo è un rapporto conflittuale, perché lei lo sfida continuamente nell'applicazione dei suoi dogmi alla realtà di Oasis. Infine ci sono le comunicazioni con la moglie Bea, rimasta sulla Terra, all'inizio curiosa di sapere come procede la sua missione, poi, man mano che la sua situazione si complica (sulla Terra si succedono disastri naturali e collassi finanziari che destabilizzano l'equilibrio globale), desiderosa di un contatto più stretto e di una maggior presenza del marito.

Illustrazione di un di Alienietzsche
Questi tre fili principali si intrecciano nel mostrare come Peter sviluppi lentamente una distanza sempre più marcata tra sé e il suo mondo, la sua specie, sua moglie. Vivendo insieme agli oasani inizia a sviluppare una sorta di "mal d'Africa" nei confronti del pianeta, inizia ad apprezzarne i panorami completamente spogli e l'umidità soffocante, quasi tangibile. Allo stesso tempo, le vicende della Terra, i nomi delle persone, persino il volto di Bea, gli diventano più difficili da comprendere e ricordare. In tutto questo l'unica cosa che rimane immutata è la sua fede, la convinzione che Dio lo abbia posto di fronte a un compito importante, mentre è sua moglie ad avere ripensamenti sulle misteriose Vie del Signore.

C'è molto in questo libro, e nonostante sia abbastanza corposo e praticamente privo di "azione", la lettura è assolutamente immersiva. Non è tanto il sense of wonder, perché Oasis di fatto non è un bel posto e di meraviglia se ne trova poca, ma nel suo lento progredire Peter attraversa diverse fasi di presa di coscienza di sé e di chi gli sta intorno. Il tema più immediato è chiaramente quello della religione, affrontato in più occasioni sia con gli alieni che con gli umani, ma anche l'amore e la dedizione al prossimo sono importanti, comprendere ciò che ci unisce e ciò che ci rende diversi, così come il desiderio di trovare un proprio ruolo nel mondo (qualunque sia questo mondo). Nonostante non sia un testo che punta a sorprendere il lettore, ci sono un paio di rivelazioni di grande effetto, come quella che spiega la smania degli oasani per la religione cristiana, un'idea tanto semplice quanto desolante nella sua applicazione. Il focus della narrazione è sempre su Peter, ma anche i personaggi secondari (Grainger, Jesus Lover Five, BG, persino il gatto Joshua) hanno una dimensione reale, nessuno di loro si limita ad assolvere una funzione narrativa, ma si percepisce l'esistenza di una storia per ognuno.

Avendolo letto in inglese, non posso essere sicuro che la traduzione italiana sia perfettamente fedele, soprattutto per quanto riguarda le parti in cui viene riportata la lingua degli alieni: visto che sono alcuni suoni particolari a richiedere l'uso delle lettere oasane (di solito le lettere sibilanti), ci sono parole che una volta scritte con l'alfabeto alieno si riescono a comprendere (Jesus, Church), ma che tradotte risulterebbero diverse. Questo diventa importante più avanti nel libro, quando Peter inizia a usare il loro linguaggio, e riesce a trasportare bene al lettore lo sforzo di interpretazione da lui compiuto.


Il libro delle cose nuove e strane è un romanzo fortemente umano, perché sfiora tanti argomenti che ci preoccupano da sempre (la morte, la solitudine, l'incertezza del futuro), e senza offrire risposte fa vibrare alcune corde sensibili. È uno di quei libri che potete anche non chiamare fantascienza, se la cosa vi mette a vostro agio, ma che permette al lettore di adottare un nuovo punto di vista, dal quale le cose possono apparire diverse, e come accade a Peter, lasciarlo decidere se questo sia un bene o un male.

Coppi Night 04/09/2016 - X-Files il film

Non confondiamo con il più recente X-Files: Voglio crederci, qui si parla del primo film derivato dalla serie, classe 1998. All'epoca ero piuttosto appassionato del telefilm (come li chiamavamo allora, se ricordate), anche se col senno di poi mi rendo conto che forse non potevo capirlo a pieno in tutte le sue sfaccettature, frugoletto qual ero. Comunque, rimane il fatto che questo film mi aveva abbastanza esaltato, e ricordo di averlo rivisto almeno un paio di volte. Rivederlo ancora dopo quasi vent'anni fa invece un effetto diverso.

La trama del film si innesta con forza in quella che veniva definita la "mitologia" della serie, ovvero il nucleo centrale di complotti globali, invasioni aliene, connivenze dei governi... tutta roba che a distanza di una decina d'anni, da materia per pochi appassionati, è diventata mainstream (ci sarebbe da chiedersi quanto X-Files abbia contribuito alla nascita della categoria del complottaro, ma sarebbe un discorso che esula l'argomento del post). Quindi abbiamo il virus diffuso dagli alieni (i soliti Grigi) per spianrea la strada all'invasione, con la collaborazione del NWO (il solito Uomo che fuma) e la placida accettazione di tutte le forze dell'ordine, tranne che di un paio di agenti dell'FBI, indovinate quali.

La storia procede con un buon passo, c'è tempo per prendere confidenza con i protagonisti (nonostante si presume che chi guardi il film li conoscesse già) ed entrare in sintonia con le tematiche del teleflilm, poi si presenta l'azione, qualche inseguimento, un po' si splatter moderato, un paio di rivelazioni e climax finale. Tutto ben gestito, con la tensione che rimane al livello giusto pressoché per tutto il film. Ma una cosa, a rivedero, non mi ha convinto poi tanto, ed è proprio il punto centrale a cui ruota intorno la trama: il virus che rende gli umani incubatrici per la generazione di soldati extraterrestri. A parte che tutta la cosa sa troppo di Alien (il mostro che ti cresce in pancia, poi esce fuori e inizia a sbudellare gli altri), è la natura stessa di queste creature a sembrarmi fuori luogo: vengono presentati come assassini micidiali, quando tanto lo stereotipo del Grigio quanto il modo in cui sono presentati in tutto X-Files suggerise più esseri piccoli e fragili, di certo non in grado di abbattere un uomo a unghiate. E poi, se gli extraterrestri disponevano di un'arma così micidiale, e un metodo di diffusione così perfetto (il virus), a che scopo complicarsi la vita stringendo alleanze col NWO, chiedendo la collaborazione per instarurare governi ombra, eccetera? Se proprio volete la Terra, sguinzagliate questi mostri e in un paio di settimane avete terreno libero. Insomma, rivedendolo adesso, mi pare che la trama di questo film (che si incastra tra due stagioni della serie) sia stata un po' forzata per poter apparire abbastanza "epica" per il cinema, ma risulta in effetti poco coerente con il resto di X-Files. Non che la serie brillasse sempre per coerenza, peraltro.

Comunque un film piacevole, ma che dopo questa rinfrescata non credo che sentirò l'esigenza di rivedere. Forse l'epoca di X-Files è davvero superata (non ho visto la serie nuova, ma so che non ha fatto il botto), o forrse ciò da cui cercavano di metterci in guardia ce l'abbiamo ormai così addosso da non potercene rendere conto. Ben fatto, Uomo che fuma.

Make America Brannigan

La "politica" intesa in senso comunue è quanto più lontano dagli argomenti di questo blog, ma in quanto autoproclamato fan italiano numero 1 di Futurama, non posso fare a meno di riportare questa piccola chicca che sta girando ultimamente.

Naturalmente tutti sono al corrente dell'attuale campagna presidenziale statunitense, che vede in prima linea come possibile prossimo presidente Donald Trump. Trump, già noto come personaggio "caratteristico", è negli ultimi tempi salito alla ribalta per l'esposizione che ovviamente sta ricevendo a causa di un eloquio non sempre perfetto e non proprio presidenziale. È per questo che Billy West, l'attore che nella versione originale di Futurama dà la voce a Fry, Professore, Zoidberg, Brannigan, vari ed eventuali, ha pensato fosse appropriato reinterpretare alcune memorabili frasi del potenziale prossimo presidente... appunto con la voce di Zapp Brannigan.

Il risultato è stato accolto con un certo entusiasmo, anche perché l'affinità tra i personaggi è davvero enorme, tanto che è difficile capire quale dei due sia più costruito. Potete ascoltare la serie "Make America Brannigan" da youtube:



Coppi Night 28/08/2016 - Makkhi

In realtà domenica scorsa non abbiamo visto questo film. Il film scelto dal Coppi Club è stato Synecdoche, New York, ma avendone già parlato diffusamente in un post dedicato, non mi sembra utile ripetermi (anche se, a ogni visione [e questa credo fosse la quarta, ma per la prima volta in italiano], saltano fuori nuovi dettagli per questo film). Preferisco allora cogliere quest'occasione di vuoto per parlare di un film che abbiamo visto invece un mese e passa fa, subito prima che fossi costretto a mettere in pausa il blog.

Makkhi è un film bollywoodiano, forse il primo che vediamo. Noto anche come Eega (a quanto pare "makkhi" è la traduzione in indi della stessa parola), inizia come la classica storia d'amore non corrisposto del cinema indiano. C'è una bella, c'è un bischerone che le va dietro, e c'è il rivale in amore, bello ricco e cattivo, che decide che il bischerone va eliminato fisicamente, così la bella può essere tutta sua. E il bischerone, in effetti, muore davvero. Il che è un bel colpo, se si considera che è il protagonista.

Ma la storia non può finire qui, e infatti il protagonista si reincarna... in una mosca, la makkhi/eega del titolo. Dopo qualche primo turbolento minuto di ambientamento, la mosca si ricorda la sua vita precedente, e allora decide di perseguire due obiettivi: vendicarsi del suo assassino e riconquistare il suo amore. Cosa che, non serve che avverta per gli spoiler, riuscirà davvero a fare. Ma è davvero gustoso vedere quanti modi si riesce a inventare una mosca per tormentare un uomo, spingendo il nemico verso la paranoia, e anzi a risultare con le sue intrusioni addirittura letale.

Ora, non si può dire che sia un film intenso e profondo, questo no. Ma Makkhi riesce a imbroccare diverse sequenze, seppur utilizzi per le scene con la mosca una CGI da avventura punta-e-clicca dei primi anni 2000. Certo fa sempre strano vedere tutta questa teatralità nei rapporti, ma probabilmente Bollywood (e forse l'India in generale?) gode proprio nell'esagerare le reazioni. Per questo l'atteggiamento del protagonista nei confronti della ragazza, qui da noi gli avrebbe valso due-tre denunce per stalking, lei nega totalmente la sua attenzione nonostante sia interessata, il cattivo non si fa scrupoli a uccidere il rivale, e così via. Ma la storia funziona, riesce a divertire e appassionare, e incredibilmente confezione anche qualche momento di epicità.

Il film non è doppiato in italiano, si può vedere in indi con sottotitoli, ed è stato piuttosto insolito sentire questa lingua dove ogni tanto si sente qualche parola di derivazione inglese. Il generale senso di straniamento di questi elementi cumulativi ha reso la visione una continua sorpresa, e per questo, nonostante sia indubitabilmente un film di basso livello, mi sento comunque di consigliarlo a chi voglia provare qualcosa di diverso dal solito.

Perché poi anche la canzone merita (leggeri spoiler nel video!):



Rapporto letture - Giugno/Luglio 2016

Con la sospensione del blog ero rimasto un po' indietroi coi rapporti letture, per questo per recuperare accorpo due mesate in unico post. Non garantisco di riuscire a ricordare l'ordine in cui ho consumato i seguenti titoli (fore non lo sapete, e probabilmente non vi interessa, ma di solito li inserisco proprio in ordine cronologico di lettura), ma i commenti rimangono validi. Peraltro sono stati due mesi dedicati quasi interamente ad autori italiani, quindi potreste scoprire qualche nome interessante.


Il primo libro è un piccolo classico della fantascienza italiana, scritto da un'autrice schiva e non molto prolifica, ma che va sempre a segno: Rupes Recta di Clelia Farris. È una storia ambientata sulla Luna, colonizzata e popolata da gente fiera della propria lunarità, il cui protagonista è un ricordante, ovvero un professionsita allenato a esercitare la memoria perfetta, utilizzato come ausilio mnemonico nei tribunali. Il protagonista si trova in qualche modo coinvolto nelle indagini di un assassino seriale, e cerca quindi di raccogliere gli indizi che sembrano riguardare anche la morte del suo compagno di diversi anni prima. L'intrecco di per sé non è particolarmente complicato, e la risoluzione dei delitti non appare come la vera chiave di volta nella storia. A catturare è soprattutto la storia personale del protagonista, il suo passato e le sue capacità, così come l'ambientazione lunare, ricca di consuetudini e personaggi eccentrici (le superstizioni, le maschere, le corporazioni, l'archeologia aliena, i ricordanti...). Rupes Recta riesce a coinvolgere e catapultare in un mondo eccentrico che tuttavia appare familiare, perché molte delle sue caratteristiche sembrano in realtà un'esasperazione ai limiti della parodia di una società che conosciamo bene. L'unico appunto è una conclusione frettolosa, che mi ha quasi fatto pensare che l'ebook fosse danneggiato, e che cala all'improvviso troppo come spiegone finale, che comunque chiarisce tutto quanto rimasto in sospeso. Rimane comunque un ottimo libro: voto 8/10

Con entusiasmo più contenuto passo a L'enigma del vetro di Sergio Oricci, autore di cui avevo letto e apprezzato il dittico horror Gioie e sapori / Fame. Il romanzo inizia come una sorta di distopia ambientata a Firenze (il cui centro storico è appunto preservato da una cupola di vetro), si evolve poi come un'apocalisse zombie, e si conclude come un fantasy per ragazzi. Non è tanto la commistione di generi a rendermi scettico, quanto un'esecuzione non del tutto chiara, con un focus non definito (non ho ben capito chi sia l'eroe della storia, ci sono più personaggi ma non è chiaro quale sia il primario e in quale realtà avvenga la storia principale) e una certa faticosità della lettura, perché spesso non si riesce a ricollegare un capitolo con i precedenti. Insomma mi sono trovato un po' in difficoltà, nonostante la scrittura sia buona e alcuni personaggi piuttosto interessanti. Potrebbe essermi sfuggito qualcosa, ma ho il sospetto che in effetti non ci sia molto di più di quello che ho trovato. Quindi sono costretto a limitare la valutaizone a un voto 5/10

Raccolta di racconti particolare, L'abisso di Coriolis. I racconti di Lukha Kremo Baroncinij prendono lo spunto iniziale da nozioni fantascientifiche piuttosto vaghe, afferenti ai campi della quantistica e teorie del multiverso, e le estremizzano poi in storie rudi e spietate, decisamente al di fuori dei canoni. I racconti colpiscono per l'immaginazione al limite del lisergico, e in molti casi sembra di rileggere una stessa storia scritta da punti di osservazione diversi (il caso palese è il racconto eponimo, di cui sono presenti tre diverse versioni che sviluppano la stessa idea di partenza in modo diverso, ma troviamo anche altri personaggi e temi ricorrenti). Interessante la commistione tra scienza, religione, mistica, e semplice follia. Difficile riassumere o dare una valutazione oggettiva, ma i racconti per lo più colpiscono e affondano (con qualche eccezione minore), anche se probabilmente non si tratta dell'antologia più adatta agli amanti della fantascienza classica, siamo più dalle parti della narrativa postmoderna. Voto: 7/10

Quintessenza è un libro che avevo acquistato appena scoperto della sua uscita (salvo poi tenerlo in standby sul kindle per qualche mese, come al solito). Lo avevo preso a scatola chiusa perché i nomi degli autori erano sufficienti a convincermi: Daniele Bonfanti e David Riva sono stati due punti di riferimento per la narrativa di genere (sf, horror, weird) nel periodi in cui iniziavo a sviluppare le mie doti (o per lo meno, le mie aspirazioni) di autore, e se cercate nel blog qualche menzione dei loro romanzi e racconti, in post di qualche anno fa, dovrebbe uscire fuori. Per questo l'idea di un loro romanzo a quattro mani mi ha subito esaltato. Purtroppo, e credetemi, lo dico col cuore a pezzi, il risultato non mi ha emozionato come speravo. Quintessenza è una (lunga) storia che segue più personaggi in piani temporali differenti, tutti coinvolti (consapevolmente o meno) nell'utilizzo di antiche arti in grado di manipolare la realtà stessa. Il romanzo è colmo di nozioni e riferimenti a discipline "non scientifiche", come alchimia, mistica, occultismo, fantarcheologia. Il protagonista è Raul, giovane scrittore che praticamente per un semplice errore (una mail di spam) diventa il bersaglio di un'organizzazione segreta che copre il potere della Quintessenza. Il resto del romanzo segue a capitoli alterni l'origine di questa organizzazione (con un lungo passaggio di consegne dal XVI secolo ad oggi) e una terza fazione che cerca di smascherare proprio la società segreta. Ce n'è di che tirare fuori un mistery alla Dan Brown (intendo solo come struttura, non per la portata delle idee di base), ma non tutto funziona come dovrebbe e il libro si perde spesso per strada. I problemi a mio avviso sono principalmente due: un protagonista che non riesce a risultare convincente, con un fascino un po' posticcio, che fa tante cose estreme e interessanti (arrampicata, scrittura, musica, cucina) ma per quasi due terzi del libro è totalmente ignaro di ciò che gli avviene intorno, e passa buona parte del tempo a contemplare bicchieri di birra descrivendone riflessi e fragranza; in secondo luogo la trama forse troppo avvolta su sé stessa, che non permette di seguire bene cosa sta succedendo, perché e in quale momento. Io mi ritengo un lettore piuttosto attento, capace di seguire anche trame non lineari, ma in questo caso l'alternanza continua dei tre punti di vista mi sembra che aggiunga soltanto confusione piuttosto che complessità, tant'è che arrivato alla fine non so di preciso cosa sia la Quintessenza (anche se forse non esiste una definizione precisa). Anche il ruolo e gli obiettivi dei vari attori della vicenda non mi sono del tutto chiari, e anche se c'è una buona costruzione per il climax finale, non sono sicuro di come il protagonista l'abbia scampata e cosa intenda fare nell'epilogo. Insomma, grandi potenzialità, e forse aspettative troppo alte da parte mia, ma sono rimasto scottato, posso se non altro premiare la bontà della scrittura e la ricchezza degli spunti, ma poco altro. Voto 6/10
 

Unico libro di autore non italiano è Regina del Sole, il secondo capitolo della trilogia di Virga di Karl Schroeder. Se ne Il sole dei soli l'autore introduceva a aVirga (la gigantesca sfera cava in cui orbitano le singole nazioni sospese nel vuoto e scaldate da piccoli soli artificiali), accompagnando il lettore in un tour guidato del mondo insieme a vari personaggi, in questo secondo capitolo la scala cambia, e tutta l'azione si svolge in un unico luogo, la nazione di Spyre, seguendo soltanto Venera Fanning, uno dei personaggi secondari del primo romanzo. Regina del sole, ancora più del primo libro, è principalmente una storia di intrighi e guerre di potere, in cui Venera cerca di guadagnare la sua posizione (sempre con l'intenzione di perseguire i suoi propositi di vendetta) in un territorio a lei sconosciuto e dai costumi piuttosto bizzarri. In questo senso il romanzo ha poco del sense of wonder che si poteva trovare ne Il sole dei soli, ma risulta comunque un ottimo page-turner, e rimane la voglia di conoscere la fine della storia, che si spera riprenderà anche i fili rimasti in sospeso nel primo libro. Voto: 7/10