Ho aperto una newsletter

Ma tu pensa. Chi l'avrebbe mai detto, che un giorno avrei fatto una cosa del genere?

Il punto è che in queste settimane di semi-inattività (forse ne riparleremo), e con una serie di nuovi impegni a cui ho iniziato a dedicare più attenzione, come il mio primo corso di scrittura (did you know?), sto iniziando a mettere in atto una serie di operazioni che hanno il retrogusto acidulo di brand awareness.

Non mi è mai piaciuta l'idea di vendere il personaggio prima del contenuto, e non è questa la mia intenzione. Tuttavia forse può essere utile provare a costituirsi uno zoccolo duro di contatti (fan? follower?) che abbiano interesse nelle mie attività, e cercare di ampliare via via questo gruppo.

Per cui, primo e più naturale passo: andare su Mailchimp e tirarsi su una newsletter. Simple as that!



La mia idea è quella di sfruttarla per inviare di quando in quando aggiornamenti sulle nuove cose in uscita, giusto per attirare l'attenzione di chi fosse distratto. Visto che da qui a fine anno sono previste un paio di cosette, si potrebbe rivelare utile.

D'altra parte, dovendo anche fidelizzare la mia audience devo offrire qualcosa, quindi non escludo di quando in quando di usare il canale della newsletter per qualche contenuto extra, tipo flash fiction o anteprime.

Quel che è sicuro è che non abuserò di questo mio potere, prima di tutto perché sono un destinatario di newsletter e so cosa si prova ad essere tartassati. E poi perché, diobono, ne ho di roba da fare, mica mi posso perdere le giornate a farvi le mailettine. La frequenza dei messaggi sarà sicuramente inferiore di una al mese, salvo imprevedibili plot twist del tipo che divento Presidente della Repubbica.

Detto questo io ho fatto il mio, adesso dovete solo voi iscrivervi, dal form qui sotto o quello lì sul lato destro della pagina. Grazie a tutti!



Doctor Who 12x09 - Ascension of the Cybermen

Lo scorso episodio aveva già pavimentato la strada per questo, andando quindi a creare una situazione di finale in tre parti come nella terza o nella nona stagione. Il Dottore nella sua nottata a Villa Diodati aveva ceduto alle richieste di Ashad il Cyberman solitario e aveva consegnato l'IA in grado di ricostituire l'impero cyber, cosa che Ashad si è subito occupato di fare.

Ma il Dottore lo intercetta, ai margini della guerra uomini-cybermen che ha quasi distruto entrambe le razze. Gli ultimi umani sopravvissuti sono giusto sette, e si stanno dando da fare per raggiungere una mitologica "frontiera" che li porterà in un posto sicuro. Nell'imminente battaglia che si prepara, il Dottore sfoggia tutte le armi note per essere efficaci contro i Cyermen, come particelle d'oro e disinibitori emotivi, ma non serve a niente perché le armi sono eliminate da un'incursione di droni. A portare avanti l'attacco è proprio Ashad, e il Dottore lo affronta per dare tempo ai superstiti di fuggire. Graham e Yaz finiscono sul catorcio di astronave in possesso dei fuggitivi, mentre Ryan per qualche ragione rimane indietro e insiem al Dottore e un altro giovanotto finiscono per rubare un'astronave Cyberman.

Il gruppo quindi si divide: da una parte Yaz/Graham riescono a raggiungere una trasporto cyber abbandonato, ma qui vengono presto raggiunti da Ashad che si prepara a risvegliare tutti i Cybermen a bordo per iniziare la sua "ascensione" (di cui ancora non si è chiarito il senso). Dall'altra parte Dottore/Ryan che arrivano nei pressi della falla spaziotemporale o quello che è, che permette il passaggio dei profughi verso un posto sicuro dove ristabilire una civiltà. Alcune cose da notare in questa separazione sono il fatto che il Dottore si impone una volta di più sui suoi compagni, dimostrando ancora di non sentirsi così alla pari con loro, e il fatto che l'attenzione indugia un po' troppo su Graham, la sua attitudine positiva, quanto sia importante e sia cambiato: di solito questi sono i segnali dell'approssimarsi della dipartita del personaggio. Del resto è quasi sicuro che nessuno dei tre companion ci sarà per una prossima stagione, quindi una chiusa va data, presumibilmente nel finale di stagione.

Un altro punto su cui valela pena soffermarsi è Ashad: the Lone Cyberman già nell'episodio precedente si era rivelato un avversario molto efficace, ma qui conferma la sua potenza e pericolosità. Quando il Dottore lo psicanalizza facendogli notare il suo conflitto interiore di cyberman dotato di emozioni che odia la sua condizione, lui ammette di sentirsi proprio così. Ma è proprio questo a motivarlo, grazie alla comprensione che l'AI gli ha donato, e che lo porta a credere che il suo destino si potrà compiere solo con questa misteriore ascensione dei Cybermen, che sarà qualcosa tipo trascendere i corpi robotici, presumo.

In tutto questo, c'è anche il tempo per seguire la storia di Brendan, un trovatello apparentemente immortale in un'Irlanda del primo Novecento che viene adottato e avviato a fare il poliziotto, dopodiché una volta andato in pensione sottoposto a un trattamento con un macchinario che assomiglia tanto a un Chamaleon Arch, quell'aggeggio con cui i Timelord possono nascondere la propria natura di Timelord. Chi sia Brendan e dove porti la sua storia non si sa ancora, ma si possono fare numerose ipotesi sul fatto che abbia qualcosa a che fare con l'origine dei Timelord, visto che sappiamo dall'inzio della stagione che "era tutta una menzogna" grazie al Master.

Ah appunto, alla fine si scopre che il portale conduce a Gallifrey e ritorna in scena il Master, che ripete di nuovo che "tutto sta per cambiare", più che altro a beneficio di trailer. Questo è l'arsenale con cui ci si porta nel finale di stagione che dovrà risolvere un bel po' di questioni: dalla distruzione di Gallifrey al Timeless Child, dal Dottore-Ruth ai segreti del Master, fino all'attacco di Ashad e del suo nuovo esercito diretto su Gallifrey. Di ciccia ce n'è, e sicuramente si prepara un finale di stagione se non altro più coinvolgente di quella battaglia in quel posto dove poi non c'era nemmeno una battaglia.

Di per sé Ascension of the Cybermen è costruito con una buona tensione, grazie soprattutto alla minaccia di un villain convincente come Ashad, ma l'episodio soffre il fatto di essere una prima parte di una storia più lunga, quindi non si può considerare completo. Voto: 7/10

Rapporto letture - Gennaio 2020

Primo mese del nuovo decennio, a meno che non valga quella cosa che in realtà il  decennio inizia nel 2021, non ho capito bene come funziona. Comunue sia, un mese di letture più scarne del solito, perché ho dovuto dedicare buona parte del mio tempo nello studio di manuali e testi tecnici di cui ovviamente non parlerò qui, ma che potrebbero continuare anche nei prossimi mesi ad assorbire parte del mio tempo.

In effetti anche il primo libro letto nel corso del mese non è di narrativa, ma il saggio La rivoluzione piumata (volume 1) di Andrea Cau, paleontologo italiano che seguo da anni attraverso il suo blog Theropoda. Il mese prima avevo letto uno young adult coi dinosauri, e probabilmente ero rimasto insoddisfatto dalla rappresentazione macchiettistica degli animali. In questo testo, Cau ripercorre il tragitto evolutivo che porta dai rettili del permiano agli uccelli attuali, e nello specifico in questo primo volume si arriva più o meno ai carnosauri del giurassico. La trattazione è meticolosa, e ha il merito di non annacquare la sua correttezza per raggiungere una maggior "divulgabilità", pur rimanendo accessibile anche a un non adetto ai lavori (come sono io). Inoltre a parte la filogenetica degli uccelli, emergono molte altre nozioni utili di altre discipline come biologia, dinamica, tafonomia, geologia, ecc. Consigliatissimo per chi vuole imparare qualcosa di serio sui dinosauri, e a questo punto attendiamo il volume 2.


Rimaniamo fuori della narrativa e dentro i temi dell'evoluzione e adattamento delle specie, con un testo di Matteo Meschiari. La Grande Estinzione si può considerare come un pamphlet che riunisce i temi e le nozioni di base della narrativa dell'antropocene di cui ho parlato nel mio articolo su Stay Nerd. Il lavoro di Meschiari non è quello di anticipare e proporre, quanto di riunire ciò che già esiste, trovare un punto di contatto tra le varie narrazioni in cui siamo immersi e che, inevitabilmente, in questi anni stanno confluendo tutte su unico, grande tema: la sopravvivenza dell'umanità in un ambiente ormai incapace di reggere il peso della nostra specie. Secondo Meschiari, potremo muovere il prossimo gradino cognitivo soltanto grazie al potere della parola, e nello specifico della narrativa. Fiction is action è il motto di questo movimento, che vuole dimostrare come la nostra capacità di raccontare storie possa essere davvero ciò che ci rende unici e, forse, permetterà di salvarci. Ma non sarà facile comunque.


Infine torniamo alla narratva con un testo weird, Sangue del mio sangue pubblicato da Vaporteppa. L'autore Giuseppe Menconi immagina un mondo in cui la necromanzia è una scienza esatta, e pertanto la forza motrice della rivoluzione industriale non è il carbone ma... le mummie. Mummie di ogni forma e dimensione vengono usate per i lavori più disparati, da semplici facchini a minatori, da generatori di energia a soldati, e gli scavi delle  vecchie piramidi che contengono mummie sono prelibate occasioni di guadagno. In quest'ambientazione che riprende un po' l'estetica steampunk-vittoriana, troviamo la protagonista Evangeline, archeologa e necromante di grande capacità che però fatica a emergere nell'ambiente accademico occupato principalmente da uomini. Dopo le prime disavventure, Evangeline ha l'occasione di unirsi alla spedizione per una delle più importanti piramidi mai ritrovate, e qui si convince di poter finalmente dimostrare le sue doti a tutto il mondo, che si trova in bilico sull'orlo di una guerra tra le nazioni più potenti. La storia segue molto bene la vicenda di Evangeline ed è efficacissima nel mostrare le difficoltà con cui si trovano a combattere le donne nell'ambiente di lavoro: per quanto la storia sia ambientata in un'ipotetico passato, le dinamiche che si vedono sono perfettamente in atto ancora oggi. La creazione e la coerenza dell'impianto su cui si costruisce il mondo è davvero impressionante, e l'idea delle mummie diffuse come forza lavoro mi pare davvero originale, tanto che penso si potrebbe tirare fuori molto altro da questo setting (ne parlavo sempre il mese scorso, di come appunto la mummia fosse una figura sottovalutata, no?). Un romanzo che affronta temi attualissimi senza sbrodolarsi addosso per quanto è attento ai temi attualissimi, cosa non facile da trovare oggi. Voto: 7.5/10

Doctor Who 12x08 - The Haunting of Villa Diodati


Come ho già avuto modo di esprimere in precedenza, non sono per niente un estimatore della direzione che il nuovo showrunner Chris Chibnall ha dato alla serie a partire dalla stagione 11. Ma questa stagione 12 ha avuto un'innegabile ripresa, forse dovuta principalmente al fatto che il passato del Dottore è stato finalmente preso in considerazione, invece di fingere che tutto fosse nuovo e mai visto prima. Anche riconoscendo questo, non ero però del tutto convinto dalle capacità di questi nuovi episodi di dimostrarsi memorabili.

Poi arriva The Haunting of Villa Diodati e... wow.

Questo episodio ha tutti gli elementi che servono per fare una grande storia di Doctor Who. Non che la loro presenza garantisca il successo, bisogna comunque amalgamarli bene, ma qui la chimica è davvero perfetto.

- Setting e personaggi storici: la villa sul lago di Ginevra in cui si sono ritrovati per l'estate personaggi del calibro di Lord Byron (di cui peraltro aveva di recente conosciuto la figlia), Percy e Mary Shelley, John Polidori. Naturalmente il fatto di avere tra i personaggi l'autrice della prima opera della fantascienza moderna non è cosa di poco conto, ma al di là di questo, ogni personaggio è tratteggiato con una sua definita identità, ottenuta anche grazie a poche battute. Non sono però dei riempitivi vuoti come ad esempio in Orphan 55.

- Atmosfera claustrofobica e urgenza: molte storie di DW si svolgono in un ambiente chiuso nel quale si sta manifestando una minaccia che incombe e toglie spazio ai personaggi, con la promessa di raggiungerli. In queste situazioni il Dottore deve riuscire a risolvere il mistero per mettere tutti in salvo, e spesso è impossibilitato a giocarsi il jolly del Tardis per andarsene. In questo caso, la villa sembra posseduta da un poltergeist e subisce anche una qualche alterazione spaziale che la rende un labirinto quadridimensionale da cui è letteralmente impossibile uscire.

- Avversario riconoscibile e pericoloso: avere un nemico di quelli storici non è sempre un vantaggio. È noto che più un nemico viene sfruttato e meno temibile sembra. In particolare, laddove si passa ad avere una moltitudine di mostri, la pericolosità di ognuno di loro si riduce drasticamente per la legge di conservazione del ninjutsu, per cui la portata della minaccia è minore. Quando invece abbiamo un singolo nemico, come nel caso dell'unico Dalek di Resolution, allora le cose cambiano parecchio. Un avversario da solo può esprimere al meglio tutta la sua pericolosità, e non può essere sconfitto con trucchetti come "disattivare il cervellone centrale" o cazzate del genere. Nello specifico, non ricordo episodi né nella serie moderna che in quella classica in cui il nemico fosse un singolo Cyberman: i Cybermen sono sempre stati legione, che traggono la loro forza nei numeri. Tant'è che milioni di loro non riescono a sopraffare quattro Dalek nel finale della seconda stagione. Qui invece abbiamo proprio quello: un solo Cyberman, dal design incompleto, messo insieme da pezzi di versioni diverse ed estremamente motivato, capace di esprimere rabbia e frustrazione. Bisogna sicuramente ringraziare Steven Moffat per aver fatto tornare i Cybermen spaventosi con World Enough and Time, ma qui è stato fatto un lavoro eccellente. Peraltro, il Dottore fa anche un riferimento a quella vicenda quando dice di non voler perdere nessun altro in quel modo, ovvero trasformati in Cyberman come è successo a Bill Potts.

- Collocazione nell'arco narrativo: questa stagione 12 ha un suo arco narrativo, di cui la precedente era priva e nessuno ha ancora capito perché. L'arco è iniziato in Spyfall ed è proseguito soprattutto in Fugitive of the Judoon. Qui vediamo concretizzarsi l'avvertimento lasciato dal Capitano Harkness: non dare al Cyberman solitario quello che vuole. Il Dottore quindi sa già che cosa potrà succedere se cede alla richiesta del nemico ed è messo di fronte a una scelta difficile, da cui dipenderanno futuri eventi drammatici. Il che ci porta a...

- Conflitto interno ed esterno del Dottore: finalmente. Finalmente! C'era già stato qualche accenno negli episodi precedenti, ma adesso lo vediamo davvero. Il Dottore deve scegliere cosa sacrificare: accettare la morte di Percy Shelley oppure rimuovere da lui la tecnologia aliena e consegnarla al Cyberman? Pur sapendo che questo darà nuova linfa all'Impero Cyberman che devasterà lo Spazio e il Tempo, come proprio era stata avvertita. E questo le provoca un conflitto interno notevole: assecondare il flusso del tempo, o interromperlo. Sacrificare uno o miliardi? La scelta sembra scontata, come anche Ryan suggerisce: lascia morire il poeta, chissenefrega, salva i miliardi. Ma per il Dottore questo non è accettabile. Torna in mente il memorabile momento del Dodicesimo in The Girld Who Died: "I am the Doctor, and i save people." Il Dottore non può permettere la morte di chi è sotto la sua protezione (anche se succede, oh se succede). Non è accettabile scegliere di sacrificare uno per il bene dei molti. Ed ecco che si esprime anche quel conflitto con i suoi companion, con cui per tutto questo tempo è sembrata andare d'accordo ma con i quali forse ha un rapporto più superficiale di tutti i precedenti (e me ne sono lamentato proprio nelle puntate precedenti). E arriva a ribadire che è lei a comandare quella squadra, è lei a fare quelle scelte.

- Badassery: Jodie Whittaker ha avuto poche occasioni di manifestare la sua forza nei panni del Dottore. In quest'ultima stagione è andata un po' meglio, ma qui finalmente la esprime in pieno. Dopo la fase iniziale in cui ancora non si capisce bene l'origine del mistero, quando entra in scena il Cyberman solitario, prende il controllo della situazione. Affronta il nemico, faccia a faccia, ma non solo: affronta se stessa, e i suoi alleati. In momenti di estrema crisi, quando sarebbe facile fare un passo indietro, non cede. Fa la cosa sbagliata per la ragione giusta. Perde adesso, per vincere in futuro. E tira fuori discorsi di quelli da risentire come motivationale: Words matter. Save the poet, save the universe. Sometimes, even i can't win. Step two: fixing the mess i made in step one. Il Dottore è tornato, signori.

Tutto questo è poi inserito in una trama che si dipana nei tempi giusti, che si concede all'inizio qualche momento di umorismo, poi situazioni via via più strane fino alla soluzione finale. Evita anche di cascare nei tranelli più semplici, come quello di sconfiggere il nemico grazie alla Forza dell'Amore™, anche se il confronto tra il Cybermn e Mary Shelley è comunque di grande impatto e per un momento sembra che possa funzionare. L'unico dubbio che mi rimane è se il passaggio dell'IA dei Cybermen all'interno del Dottore avrà una qualche funzione, oppure è stato solo un passagio per rimettere la decisione nelle sue mani. Sarebbe stato davvero forte se il Dottore avesse mantenuto per sé la tecnologia e rischiato da una parte di essere consumata come stava accadendo a Shelley, dall'altra guadagnasse una conoscenza e un potere sempre maggiore tanto da farla diventare davvero onnipotente. Sarà per la prossima volta...

A questo punto quindi siamo già sul treno per il doppio episodio finale. E se anche sono ancora un po' scettico per come la lore profonda del Dottore potrebbe essere modificata (perché la sensazione è sempre quella che si scoprirà che il Primo Dottore non era il Primo Dottore), devo ammettere di essere davvero ansioso di scoprire cosa succederà. Cosa che per Doctor Who non mi succedeva dal finale della stagione dieci.

Avevo detto qualche settimana fa che Nikola Tesla's Night of Terrors era l'episodio migliore della stagione e di tutta la run del Tredicesimo, ma adesso mi devo già correggere. Se l'equilibrio della storia e la centralità dei personaggi è allo stesso livello, l'episodio di Tesla soffriva per un avversario che non era in fin dei conti davvero credibile. A Villa Diodati invece non è mancato nemmeno quello. Ottimo lavoro. Voto: 8.5/10

Ho fatto pace con il rap

C'è stato un tempo in cui il rap era il mio genere musicale preferito. Un tempo piuttosto remoto, si parla di una ventina d'anni fa circa. All'epoca ero un ragazzino che andava in seconda media e mi trovai ad ascoltare, un po' in radio e un po' dalle cassette registrate di mia sorella, i pezzi degli allora Articolo 31. Ne rimasi in qualche modo impressionato, come ci si può ingenuamente impressionare a quell'età. E così ne diventai un avido consumatore, anche se da quel punto di partenza non andai mai oltre ad esplorare gli altri esponenti del genere, che ancora oggi ignoro chi potessero essere in quegli anni.

Poi è successo qualcosa. Sono cresciuto. Sono cambiato. E ho iniziato a considerare che quel ragazzino della seconda media fosse un deficiente. Non tanto per la musica in sé, per tante ragioni, di cui quella musica era comunque un'espressione o un sintomo. Da quel deficiente volevo prendere le distanze, e così cercai una strada diversa, nella musica ma non solo. E poi, a dirla tutta, non mi era mai andata giù la "cultura" rap, quel modo di parlare, vestirsi, muoversi, atteggiarsi, che ritenevo artefatto e in cui sapevo di non potermi riconoscere. Quindi da quel punto di vista fu quasi un sollievo dirmi che non avevo più bisogno di fingere di apprezzare quella parte del mondo di cui volevo far parte.

Come è andata lo vedete dalla musica di cui tratto (purtroppo raramente) su questo blog. La mia strada è partita da Gigi D'Agostino e gli Scooter e Mauro Picotto, da Kai Tracid e Ian Van Dahl per approdare poi a Dominik Eulberg e Moderat, Johannes Heil e Stephan Bodzin, Trentemoller, Miike Snow e Anthony Rother e Villalobos, Paul Kalkbrenner e Jacek Sienkiewicz e insomma quanti ne devo citare? Questo percorso mi ha completato e soddisfatto, al punto che vent'anni dopo quel cambio di prospettiva sono abbastanza in pace con me stesso da ammettere che posso provare interesse anche in altro. Infatti già da qualche anno ho iniziato a rivolgere attenzione a qualche tipologia di musica differente, ma non pensavo che a un certo punto mi sarei riavvicinato anche al rap, da cui mi ero separato con rancore tanto tempo fa.

Disclaimer: fino a qui e nel resto del post userò il termine "rap" in senso lato per intendere tutti i vari sottogeneri afferenti a questo filone, che sia rap vero e proprio o hip hop o trap o vai a sapere. Non ho approfondito abbastanza da riconoscere le sfumature e non mi interessa, in questa fase.

Questo riavvicinamento credo che sia partito con Stromae, un artista piuttosto insolito che peraltro canta in francese, altro elemento che tempo fa avrei scansato a priori. Stromae è salito alla fama con Alors on danse, un pezzo euro-house banalotto ma ben concepito, ma non è con questo che mi ha conquistato. Sono stati invece altri suoi pezzi, sempre in bilico tra rap ed elettronica. E così un pezzo come Papaoutai è riuscito a conquistarmi con la sua commistione di generi e la forza del tema trattato, sarà anche perché da tre anni a questa parte quello è diventato il mio punto debole.


Sicuramente non è questo il miglior esempio di rap in circolazione (nemmeno tra i pezzi di Stromae), ma ha contribuito a riavvicinarmi a una musica più "parlata".

Il passo successivo, risalente a metà del 2019 sono stati i Coma_Cose. Avevo già preso confidenza con qualche artista del panorama indie italiano come Baustelle e Zen Circus, ma quando poi mi sono trovato ad ascoltare i loro pezzi, validi dal punto di vista musicale e con i testi basati su giochi di parole e manipolazione della lingua, sono rimasto enormemente sorpreso. Era la dimostrazione che qualcosa di nuovo (almeno per quanto ne sapevo io) poteva davvero esserci.


Flash forward all'inizio del 2020. In un momento della vita che mi pone già di fronte a consistenti cambiamenti, qualcuno mi ha suggerito di provare ad ascoltare qualcosa che non conoscevo. In realtà lo conoscevo già, perché quel nome mi era già stato fatto diversi anni fa, da persone i cui gusti si sono sempre dimostrati piuttosto sovrapponibili ai miei. Ma allora forse non ero ancora pronto ad ammettere di essermi formato un bias mentale contro questo genere musicale e concedere l'ascolto.

Mi rendo conto che possa sembrare scontato tirarlo fuori adesso, dopo che per un paio di settimane se ne è parlato tanto in concomitanza con il festival che monopolizza le discussioni di tutta la popolazione italiana per qualche giorno, ma quel nuovo approdo è stato Rancore. Mi sono trovato ad ascoltare alcune tracce dell'album Musica per bambini e ne sono rimasto colpito. Non ho la competenza per giudicarne le capacità tecniche di rapper, ma quello che Rancore dice nei suoi pezzi, il suo modo estremamente visivo di raccontare, uno showdontell che manca a parecchi scrittori che dovrebbero applicarlo più di lui, le decine di riferimenti e i multipli livelli di lettura delle sue canzoni: tutto questo mi ha sconvolto. Mi è difficile proporre qui un solo pezzo a rappresentare quello che mi ha provocato l'ascolto, ma provo a scegliere questo:


Io lo trovo incredibile. Le immagini del drago, del cavaliere e della principessa, la favola con tutti i suoi archetipi ma con un significato ben più profondo e attuale. Mi sono fatto una mia interpretazione, ne ho lette altre, e mi sembrano tutte ugualmente efficaci, e non credo sia un caso. Quel sangue di drago, quel cavallo nutrito male, e quel mago che adesso si capisce chi rappresenta. Faccio solo questo esempio, ma la stessa cosa mi è avvenuta con buona parte dei pezzi di Rancore che ho sentito, e praticamente per tutti quelli di quest'album.

Ma non è finita qui. Perché lasciando andare youtube in autoplay a passare da un pezzo all'altro, per una di quelle imprevedibili serendipità mi ha proposto un altro artista che, appena ascoltato la prima volta senza nemmeno sapere chi fosse mi ha fatto l'effetto di una pallonata in faccia. Il pezzo che ho sentito è questo:


Di nuovo, quei testi così visivi, la capacità di raccontare storie con poche frasi dosate alla perfezione e nel caso di Murubutu, anche una quantità di riferimenti letterati e storici da richiedere una guida alla lettura. Lo stesso Murubutu è capace di creare anche pezzi a tema storico come questo:


E anche in questo caso mi sono torvato quindi letteralmente a trattenere il fiato, alcune delle canzoni al primo ascolto mi hanno commosso profondamente, superata l'emozione iniziale sono riuscito poi ad analizzarle meglio e comprenderle ed apprezzarle ancora di più.

Ora quindi so che il rap non mi è per forza nemico. Che ci sono artisti capaci di fare grandi cose, e che sono in grade di apprezzarle. La cosa che più mi piace di tutto questo, è che ho mantenuto abbastanza obiettività da riconoscere che alcune delle loro tracce non mi piacciono granché, le accetto nell'insieme di una poetica più ampia ma non le riascolto così volentieri. Quella di adesso quindi non è un'altra infatuazione irrazionale, ma una comprensione ragionata, che forse richiedeva un mio diverso livello di maturità, o forse solo il momento e la situazione giusta.

È andata così che ho fatto pace con il rap.

E grazie a questo sento di aver fatto anche un po' pace con me stesso.

Doctor Who 12x07 - Can You Hear Me?

Quante volte Doctor Who ha affrontato il tema di sogni, incubi e paure? A pensarci giusto venti secondi vengono in mente episodi di tutti i Dottori moderni, da Night Terrors a Amy's Choice, poi Last Christmas e in un certo senso anche The God Complex e Listen... insomma, niente di nuovo. Questa volta abbiamo il cattivo di turno che induce e si nutre della paura generata dagli incubi. A rendere interessante questo spunto è il fatto che il nemico in questione non è un mostro qualunque proveniente dal pianeta vattelappesca, ma una creatura molto potente, un immortale che vaga per l'universo da molto tempo, e fin da allora si è nutrito di questo sentimento.

Peccato che l'idea sia molto più interessante sulla carta che sullo schermo. Se inizialmente il mistero contribuisce a dare intensità al nemico, quando la storia viene rivelata (peraltro con un montaggio animato da video educational su youtube) e le intenzioni della creatura sono chiarite, si perde buona parte del suo appeal. Il fatto che nomini Guardiani, Eterni e Toymaker, altre razze di immortali che il Dottore ha incontrato nella sua storia (si parla degli episodi della serie classica) lo colloca all'interno di un universo più complesso, ma non gli dà alcuno spessore. Quando poi viene sconfitto con il solito piano attivato offscreen e sventolata di cacciavite, la delusione è completa: un avversario potenzialmente letale relegato a tre minuti di interazione col Dottore, e rimesso a posto.

C'è poi tutta la parte che si svolge ad Aleppo nel XIV secolo che, in buona sostanza, non ha nessuna funzione. Sì, è vero che il nemico viene sconfitto anche grazie all'intervento della ragazza aleppese, ma per la verità questo intervento rientra appunto in quella soluzione messa insieme al volo, per cui se invece di lei ci fosse stata Fantaghirò, un cane zoppo o nessuno non avrebbe fatto differenza. Se poi ci si ferma a pensare perché il cattivo avrebbe dovuto coinvolgerla, quando per sua stessa ammissione stava agendo apposta per attirare il Dottore e questa qui col Dottore non aveva niente a che fare, allora si perde completamente il senso.

La cosa più interessante di questo episodio però è il tempo dedicato ai companion. Quella degli incubi indotti è l'occasione per mostrare le situazioni temute da ognuno di loro, e i turbamenti proseguono anche fuori dal sogno. Pare quasi che l'intera storia sia stata costruita intorno all'esigenza di dare un momento personale a ognuno di loro, visto che il nemico si risolve tanto in fretta e lascia spazio a diversi minuti di sviluppo. Ed ecco che dopo diciassette ore che la vediamo sullo schermo, abbiamo finalmente un particolare che sia uno su Yaz, un flashback sul suo passato, il suo rapporto con la sorella. Valgono più questi pochi minuti nel definire il suo personaggio di tutto quanto successo finora. Ryan incontra un amico e da come il suo rapporto con lui è cambiato ricava diversi dubbi sulla sua esperienza con il Dottore: probabile che siano i primi accenni del suo imminente abbandono dello show, anche perché è noto che l'attore Tosin Cole ha ottenuto una parte importante per un film negli USA, quindi difficilmente sarà disponibile per la prossima stagione di DW. Infine, Graham ha un nuovo incontro con la sua Grace, che aveva già rivisto in It Takes You Away. È davvero un momento, e più che fargli tornare la nostalgia della compagna perduta, risveglia la sua preoccupazione per la malattia che non è sicuro di aver superato, e chiede conforto al Dottore.

Sono tutti approfondimenti validi, che finalmente danno una personalità ma soprattutto una individualità ai tre comprimari, che non hanno mai avuto occasione di distinguersi tra di loro e rispetto al Dottore. Bisogna riconoscere che il tentativo è stato fatto e avrebbe anche funzionato, non fosse che arriva davvero troppo tardi, a questo punto ormai non ce ne frega quasi nulla. In particolare per Yaz, che non ha avuto altro ruolo del cartonato usato dal Dottore per le sue exposition, non c'è davvero speranza di recupero. Voto: 6.5/10

Doctor Who 12x06 - Praxeus

Ricordate qualche settimana fa, quell'episodio terribile chiamato Orphan 55 in cui per darci un messaggio ambientalista il Dottore si fermava alla fine a parlare direttamente allo spettatore a dirgli "oh, bada che se non stai attento finisce male, non so se ci siamo capiti!?". Come abbiamo detto, quello non era assolutamente il modo di far passare un messaggio "sociale" attraverso una storia.

Praxeus è il modo di far passare un messaggio "sociale" attraverso una storia. E la cosa divertente è che il messaggio è proprio lo stesso di Orphan 55, ovvero un monito contro l'inquinamento.

Ma in Praxeus non c'è bisogno di fermarsi a chiacchierare per infilare in gola la morale allo spettatore, perché l'elemento ambientalista è integrato nella storia. La minaccia infatti è quella di un agente patogeno che si diffonde attraverso la plastica: per questo stabilisce la sua base nelle isole di plastica sparse nell'oceano indiano, prende possesso degli uccelli che hanno mangiato i rifiuti plastici, e si diffonde agli umani contaminati dalle microplastiche presenti in cibo, aria e acqua. Così quando Graham protesta "ehi ma io non ho plastica dentro di me", il Dottore ha l'occasione di rispondergli: "e invece sì, siete tutti pieni di plastica e non ve ne accorgete". Questo è il modo in cui si fa arrivare allo spettatore un monito forte e d'impatto, perché lo coinvolge in prima persona nella storia che si sta svolgendo.

Lasciamo stare che il modo in cui il virus/batterio/quelcheè arriva e si diffonde ha ben poco di credibile, ma nell'universo di Doctor Who rientra tutto nella normalità. Funziona anche bene il mistero degli avvenimenti tra loro apparentemente scollegati che invece si rivelano tutti derivanti dalla stessa causa. Alla fine il Dottore fa il suo lavoro: socpre il mistero, offre al nemico una possibilità di redenzione, trova la soluzione al problema, e salva chi era pronto a sacrificarsi. Perfetto.

Quasi, perfetto.

Il problema è che questo episodio ha una serie di personaggi secondari, e che tutti si rivelano più definiti e tridimensionali del Team Tardis che da due anni segue il Dottore. Questa stessa cosa la stiamo vedendo già da diversi episodi: abbiamo avuto Tesla ed Edison, e un episodio in cui in pratica il trio di companion era messo da parte e non se ne sentiva la mancanza. E non è un buon sintomo quando un personaggio che vedi sullo schermo per venti minuti abbia più personalità e susciti più empatia di quelli che segui da venti episodi.

Se da un parte Jodie Whittaker sembra finalmente aver trovato la sua identità nel ruolo del Dottore, dall'altra i suoi compagni continuano a mancare di un'identità individuale, hanno solo funzione in quanto "squadra" ma sono tra loro intercambiabili. Il test per capirlo è facile: se uno qualsiasi di loro smettesse di seguire il Dottore nel Tardis, cosa cambierebbe? Ecco.

Continua quindi la tendenza al miglioramento vista in questa stagione, e Praxeus è una puntata perfetatmente in media rispetto alla corrente moderna di DW, ma ci sono alcuni problemi più profondi in questa impostazione che hanno bisogno di essere risolti. Voto: 7/10

Fanta-Scienza @ Honey Bar (Genova) - 13 febbraio 2020

Giovedì 13 febbraio allo Honey Bar di Genova si terrà alle 18:30 una presentazione dell'antologia Fanta-Scienza, la raccolta di racconti basati su ricerche proposte da scienziati italiani curata da Marco Passarello, alla quale ho contribuito con il mio racconto NIMBY.

Quello stesso libro che è piaciuto tanto a Bruce Sterling, giusto per farvi capire di cosa stiamo parlando.



Alla presntazione oltre a me interverranno anche il curatore, gli autori Alessandro Vietti e Serena Barbacetto, e il ricercatore Alberto Diaspro.

Potete seguire l'evento su facebook e se siete da quelle parti fate un giro.