Uhm, da dove iniziamo a parlare di questa puntata? Perché diamine, è una di quelle in cui ci sono davero tanti aspetti da dover toccare che boh, non so bene come affrontarli tutti. Prendiamola alla larga e partiamo allora da un argomento off-screen. L'episodio è stato scritto da Jamie Mathieson (insieme a Moffat, ma quest'ultimo probabilmente ci ha messo le mani solo per un paio di aspetti), autore di due degli episodi più interessanti di una stagione 8 che è risultata mediamente mediocre: Mummy on the Orient Express e Flatline. Peraltro scopro anche che sempre lui ha scritto anche un episodio della sfortunata ma meritevole serie Dirk Gently. Quindi si potrebbe quasi pensare che l'autore della storia non sia un aspetto secondario nel determinarne la qualità, e in Doctor Who è facile accorgersene visto che è una delle poche serie a mettere il nome dello screenwriter proprio sotto il titolo di apertura.
Stabilito questo, passiamo a qualcosa che non si è visto in The Girl Who Died. Quando le prime news sulla stagione 9 sono iniziate a circolare, e si è scoperto che tra le guest star ci sarebbe stata Maisie Williams (meglio nota come Arya Stark di Game of Thrones) ci sono subito state ipotesi sul ruolo che avrebbe ricoperto, anche esaltate dal fatto che nel primo trailer la si vedeva dire al Dottore: "Perché ci hai messo tanto?", dando ad intendere che lo conoscesse già. Molti avevano puntato su Susan Foreman, la nipote del Dottore che lo accompagnava all'inizio del suo viaggio (inizio inizio intendo, ai tempi del Primo Dottore), e altri pensavano che potesse essere un altro personaggio proveniente dal passato del Dottore (anche la serie classica). Ashildr in realtà non è niente di tutto questo: è solo una giovane abitante del villaggio vichingo in cui il Dottore e Clara sono capitati pressoché per caso. Quindi nessun collegamento precedente, ma... un probabile collegamento successivo e/o retroattivo.
Il villaggio di Ashildr viene visitato dai Mire, una razza aliena che miete tutti i guerrieri e ne estrae un pratico succo concentrato di testosterone, perché mangiare il cuore degli avversari è sempre stato il metodo migliore di assorbirne la forza, anche nelle altre Galassie. I Mire sarebbero contenti così, ma è proprio Ashildr a sfidarli e allora si può solo combattere. Il Dottore cerca di frenare gli entusiasmi: la prospettiva di una morte con onore non è così auspicabile come sembra. "Un bambino muore con onore?" chiede agli altri. Ma è proprio un bambino, anzi un neonato (come già sappiamo, il Dottore "parla bebè"), a convincerlo a rimanere e occuparsi di loro. A quel punto la soluzione più immediata è addestrare al combattimento contadini e maniscalchi rimasti al villaggio, ma è presto evidente che non è la strategia migliore. Bisogna quindi trovare una soluzione alternativa, che non preveda lo scontro diretto coi Mire, che è chiaramente impossibile da vincere.
E la soluzione, al di là dell'utilizzo delle anguille elettriche (questo forse è l'unico aspetto un po' stiracchiato dell'episodio), viene di nuovo da Ashildr. Perché la bambina ha anche un talento, che forse non è niente di eccezionale e niente di ultraterreno, ma è sufficiente: la capacità di inventare delle storie. Così basta che Ashildr usi la sua immaginazione (insieme a qualche amennicolo sottratto agli alieni) per ingannare i Mire e costringerli alla fuga con la coda tra le gambe. Non è la prima volta che la forza delle storie assume un significato centrale in Doctor Who, e di solito accade sempre in episodi molto intensi (ad esempio in The Angels Take Manhattan, o Silence in the Library).
Quando poi Ashildr muore imprevedibilmente per l'utilizzo del macchinario alieno, il Dottore si confronta di nuovo con il suo antico dilemma: il modo in cui manipola le persone, le vittime che si lascia dietro, la sua abituale fuga. In questo caso il dramma è più forte del solito, forse perché Ashildr è una outcast, e proprio perché il suo ruolo è interamente positivo, creativo, ma ciò nonostante rimane coinvolta. Ed è allora che il Dottore si guarda allo specchio, letteralmente, e capisce qualcosa che stava cercando di afferrare fin dal suo esordio in Deep Breath. Il collegamento è direttamente all'episodio The Fires of Pompeii della quarta stagione, quello in cui appunto Peter Capaldi appariva come personaggio secondario, il pater familias che il Dottore decide di salvare, contravvenendo alle regole: "Salva almeno qualcuno" gli aveva chiesto lei, come rivediamo in un breve flashback. E il Dottore lo ha fatto davvero, e così, due rigenerazioni dopo, decide (inconsciamente) di assumere quel volto, per ricordarsi che lui salva le persone. In effetti fin da quando si era stabilito che il volto del Dodicesimo aveva una giustificazione, avevo pensato che il collegamento fosse proprio a quella scena in cui il Dottore aveva scelto di opporsi alle sue regole, e andare contro quella che è la storia già scritta.
Questo tema delle regole sembra ricorrere già dall'episodio precedente: in Before the Flood il Fisher King accusa il Dottore di non avere il coraggio di contravvenire alle regole che i Time Lord si impongono. Ma per Ashildr le cose cambiano, e nella sua dichiarazione sembra di rivedere qualcosa di quel Time Lord Victorius che il Decimo (sempre Tennant) si era autoproclamato, poco prima della fine del suo tempo. Vedremo se le conseguenze saranno simili, o se le maree temporali rimetteranno il Dottore sulla strada ordinaria.
Certo è che già in quest'occasione si pente molto presto di essere intervenuto quando non avrebbe dovuto: perché per salvare Ashildr, l'ha resa immortale. E il Dottore sa bene che essere immortali non è una benedizione, perché implica sopravvivere a tutti coloro che ami. E Ashildr, che in quel piccolo villaggio in cui è nata ha tutto, come può sopportare l'eternità? È chiaro che qualcosa cambia in lei, lo si vede nella sua espressione che passa dalla gioia, al dolore a... l'odio? La ragazzina (che sarà per sempre una ragazzina) sa a chi deve quella sua tortura, ed è questo che scopriremo in The Woman Who Lived. Tecnicamente quindi i due episodi non sono un'unica storia, ma il collegamento è proprio Ashildr.
Altri due temi emersi, come semplici accenni, ma forse da non sottovalutare, soprattutto perché stanno diventando ricorrenti, sono l'evoluzione di Clara e l'ibrido. Il Dottore si rivolge di nuovo a Clara facendole notare quanto è cambiata e quanto sia pronta allo scontro e al più spietato cinismo. Si inizia a delineare un contesto che potrebbe portare al cambio di companion: sarà forse il Dottore a giudicarla non più adatta a seguirlo? È vero che in passato il Dottore si è accompagnato con individui non proprio immacolati (Leela, compagna del Quarto, era sempre pronta a sfoderare il pugnale e tagliare gole), ma già nella stagione precedente questo Dottore ha espresso il suo disgusto per i soldati. Per quanto riguarda l'ibrido invece, è stato Davros a nominarlo in The Witch's Familiar, come la ragione per cui il Dottore è fuggito da Gallifrey, e adesso lui sembra considerare che Ashildr sia proprio questo: un umano con parti aliene. In effetti non credo che sia lei l'oggetto della "profezia" (che brutta parola) di Gallifrey, ma probabilmente il richiamo serve a far notare come il Dottore sia attento (almeno adesso) a questo argomento.
Per concludere, perché a questo punto ho scritto davvero troppo, The Girl Who Died è un episodio efficace sotto molti punti di vista. La storia, i temi, i sottintesi, i richiami. Il finale. E questo episodio si colloca dopo una serie di altri episodi di buon livello che mi stanno portando a pensare che qusta nona stagione sia davvero una delle migliori da diversi anni a questa parte. Voto: 9/10
Nessun commento:
Posta un commento