Viva l'editoria a pagamento

Su questo blog non ho mai parlato direttamente di editoria a pagamento, è capitato di citarla di sfuggita in altri post, ma non ho mai approfondito. Forse perché quando ho iniziato a scrivere qui mi ero già fatto un'idea del fenomeno e non ritenevo ci fosse molto altro da aggiungere. Giusto per non parlare a vuoto, preciso che con "editoria a pagamento" (per gli amici dell'ambiente, detta per semplicità EAP) si intende quell'approccio di taluni editori che si limitano a richidere all'autore un contributo, di solito abbastanza consistente, e si limitano a stampare il suo manoscritto così come gli arriva, in una tiratura di qualche centinaio di copie (delle quali spesso è obbligatorio l'acquisto di almeno una parte) e bona lì.

Come ogni scrittore emergente anch'io ho avuto la mia brava esperienza con un editore a pagamento. Avvenne chiaramente agli inizi della mia attività, trovai da qualche parte (forse addirittura su un giornale, se ricordo bene) l'annuncio di una selezione in corso da parte di quello che ai tempi era il Gruppo Albatros, poi diventato Il Filo, oggi non so se abbia di nuovo cambiato nome. Si tratta comunque come uno dei più prolifici stampific... ehm, editori che esistano. Meno di dieci giorno dopo l'invio del mio manoscritto (cartaceo) mi arrivò una lettera di risposta, dove era già presente il contratto da firmare e anche un utile libriccino con le esperienze degli altri autori che avevano trovato la felicità grazie ad Albatros/Filo/quelcheè. La somma richiesta era notevole, a memoria credo sui 2.400 €, ma era pagabile anche in due-tre rate. Non vorrei dire una sciocchezza ma ho il vago ricordo che ci fossero anche i bollettini precompilati per le rate stesse. Comunque, al di là della cifra di cui comunque non disponevo, mi insospettì soprattutto quel manualetto in cui decine di scrittori raccontavano il loro rapporto di assoluta fiducia e condivisione con la casa editrice. Quei discorsi che sembravano tanto l'esperienza di Carla, che ha provato il nostro prodotto, che si vedono negli infomercial sui canali regionali della tv. Il mio senso di sparagno si attivò subito, presi qualche informazione (venti minuti di ricerca su google) e conclusi che era una truffa. Da lì imparai cos'è un editore a pagamento e in seguito non ci incappai più, anche perché è abbastanza facile riconoscerli.

Chiaramente tutti gli scrittori e professionisti del settore, primi su tutti gli editori seri, aborrono con convinzione l'EAP. Il famoso forum di scrittori Writer's Dream nacque principalmente con lo scopo di censire gli editori a pagamento e separarli da quelli onesti. Per ironia della sorte poi è stato comprato da un sito di print on demand, che è una cosa diversa ma con alcuni punti in comune alla EAP, ma questo è un altro discorso. La cosa importante da sapere è che tutti, ma proprio tutti, concordano nel dire che l'EAP è una cosa brutta e andrebbe abolita. Gli stessi editori a pagamento lo dicono, perché ci tengono a non essere classificati come tali. Molte fiere letterarie vengono valutate anche in base allo spazio che offorno agli editori di questo tipo, che sono bene o male noti al pubblico più smaliziato.

Anch'io naturalmente la penso in queto modo. L'editoria a pagamento è la morte del settore, è quanto di più aberrante esista nel mondo della letteratura e tutti dovremmo sforzarci per ostracizzare chi lavora in questo modo.

O almeno, la pensavo così fino a un po' di tempo fa. In tempi più recenti, diciamo da un annetto o giù di lì, mi sono formato un'opinione diversa. L'editoria a pagamento è legittima e per certi versi anche auspicabile, in date situazioni.
Provo a spiegarmi.

Cominciamo col sottolineare che di per sé l'EAP non è illegale. Non costituisce truffa, perché l'editore non promette niente che non mantiene. I contratti sono scritti in termini chiari e tutte le clausole sono scrupolosamente rispettate. L'autore che accetta sa, o quanto meno dichiara di sapere apponendo la sua firma, quello a cui va incontro.

Quindi il terreno su cui l'EAP viene condannata è di tipo morale e deontologico. Insomma, sotto sotto lo sappiamo che sfruttano la buona fede e ingenuità degli autori alle prime armi e ci fanno soldi sopra. Siamo dalle parti della circonvenzione di incapace, anche se forse non configurabile negli stretti termini della legge. Ma che sono dei pezzi di merda, siamo tutti d'accordo, no?

Sì, è vero, però anche qui mi sento di fare qualche distinzione. Sarà che negli ultimi tempi è stato un fiorire di arroganti idioti, gente che in base alla propria inesistente esperienza è convinta di sapere come si faccia una certa cosa e quando gli viene fatto notare che non hanno le competenze necessarie per valutare si incazzano anche. Di appelli all'onestà, autenticità, spontaneità, se ne sono sentiti fin troppi, in tutti gli ambiti. E francamente hanno un po' scassato le palle. Mettetici dentro chi vi pare, dai terrapiattisti ai social justice warriors, dai novax a quelli che fanno le petizioni per cambiare il design di un personaggio di animazione. E non sto a buttare il discorso nella sua trasposizione politica, ma ci siamo capiti.

Quindi ecco, il fatto è che io non ho più voglia di difendere queste teste di cazzo, detta con tutta la spontaneità che tanto apprezzerebbero. Se c'è uno di questi cretini che è convinto che sborsando duemila e passa euro il suo libro avrà finalmente il riconoscimento che merita presso i posteri, bene per lui e meglio per l'editore a pagamento che gli spilla i soldi. Non voglio arrivare a dire "se l'è cercata", ma mi è difficile provare empatia per il suo caso, come lo sarebbe per quelli che comprano Life 120. Avrei più rispetto di chi si compra 2500 € di gratta e vinci, per dire, e già lì non bisogna essere proprio delle volpi per far un investimento del genere. Quindi, editori a pagamento: lasciateli in mutande. Non mi importa più. Anzi, fate bene.

Però c'è anche un altro aspetto, che è quello che riguarda il modo in cui l'EAP inquina il mercato editoriale classico, quello serio e professionale. Come i dentisti con la laurea comprata in Bulgaria compromettono la reputazione anche di quelli che hanno studiato in scuole vere, no? Questo è un altro ordine di problema, che non riguarda il libro specifico ma tutto il settore, ed è certamente più complesso da affrontare.

Se non fosse che non esiste. Non esiste perché ciò che viene prodotto dall'EAP non compete con l'editoria propriamente detta. Anzi, non compete del tutto, perché non ha mercato. Avete mai visto in libreria i libri di Albatros/Filo/quelcheè? Li avete mai visti commentare, recensire? Forse può essere capitata qualche presentazione organizzata dall'autore nel circolo Arci del paese, ma la comunicazione si ferma lì. I libri EAP non entrano nei canali degli altri libri. Non concorreranno mai a un Campiello, non avranno mai trafiletti su Tuttolibri, nella maggior parte dei casi non li trovate nemmeno su Amazon. Semplicemente perché l'editore ha concluso il suo lavoro quando intasca i soldi dell'autore in comode rate su bollettini postali, non ha senso per lui fare attività ulteriori dopo quella meramente tipografica. Quindi non c'è da preoccuparsi che la presenza di quesi titoli brutti, non selezionati, non editati, non curati, faccia fare brutta figura ai vicini di scaffale concepiti con tanto amore. Perché non succederà mai che condividano gli stessi spazi.

Qui poi si potrebbe aprire un discorso su come la reputazione dell'editoria la stanno affogando nel fango proprio i Grandi Editori, quelli che devono saturare il mercato di nuove proposte e partecipano all'asta al ribasso, di idee, proposte, professionalità. Questo sì è un problema complesso, ma non è il caso di affrontarlo qui.

Per quanto riguarda l'EAP, invece, con le considerazioni esposte qui sopra finalmente ho trovato la pace. Spero che questi spunti di riflessione possano aiutare anche voi a smettere di preoccuparvi e vivere felici.

1 commento:

  1. Dal 2002 al 2007 circa per faccende legate ai miei siti ho conosciuto decine di autori pubblicati con Editori A Pagamento, in comune avevano una cosa: erano FELICI di avere il loro libro col loro nome da vendere ai loro amici. Veramente felici.
    Così come al bar vedo operai FELICI di poter mostrare agli amici la loro Audi nuova comperata facendo debiti, così come al lavoro ho visto colleghi vantarsi di vacanze da 8.000 euro in resort blindati in qualche "paradiso tutta sabbia e oceano cristallino" passate parcheggiati sulle sdraio a ingollare drink uno dietro l'altro.
    Sono le loro scelte, sono i loro soldi, sono i loro sogni. Chi siamo noi per dire che "fanno male", sono "ingenui", vanno "protetti", hanno la mentalità e i valori distorti dalla TV e dai social media?



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