Il Doctor Who moderno ha sempre avuto un problema coi Cybermen. Fin da quando sono stati reintrodotti nella seconda stagione, questi iconici avversari del Dottore hanno avuto l'aspetto e l'attitudine di robottoni goffi e stupidi, un esercito di omini di latta che per lo più vengono battuti con estrema facilità. Ci hanno provato diverse volte a renderli più minacciosi, ma nemmeno Neil Gaiman col suo Nightmare in Silver ci è riuscito, l'upgrade ricevuto negli ultimi anni non è servito a renderli davvero spaventosi, anche quando nel finale della stagione otto erano i cadaveri a trasformarsi in Cybermen. Peraltro nel corso delle stagioni Dalek e Cybermen hanno subìto un fenomeno di "evoluzione convergente" per cui le reciproche caratteristiche si sono accomunate sempre di più: entrambi volano, sono pressoché indistruttibili, hanno una rete neurale condivisa, convertono gli umani, hanno un soppressore di emozioni e così via. Tutto questo porta a considerare i Cybermen (ma anche i Dalek) un avversario generico, spesso carne da macello per il Dottore, da far saltare in aria a grandi numeri.
Alla fine pare che fosse tutto un problema di design. Per far tornare i Cybermen spaventosi è bastato riprendere il loro design originale del 1966, quando il Primo Dottore li incontra nel serial The Tenth Planet, memorabile anche perché porta in scena la prima "morte" e rigenerazione del Dottore, segnando la fine dell'epoca di William Hartnell. In un certo senso i Cybermen "originali" (in seguito rinominati Mondasian Cybermen, dal loro pianeta di orgiine) possono apparire ridicoli, trattandosi di attori con un calzino bianco in testa e pantaloni di stagnola. Ma proprio in questa loro apparente semplicità sta la forza di questo design: i Cybermen del 1966 sono profondamente uncanny, come mai più lo sono stati in seguito: forse giusto in Tomb of the Cybermen eravamo abbastanza vicini, ma poi la "robotizzazione" li ha resi sempre più metallici e meno umani. Quindi, meno facili da percepire come derivazioni degenerate di persone normali.
In World Enough and Time invece assistiamo proprio a questo. La progressiva evoluzione forzata che porta alla conversione degli umani in Cybermen. In un ambiente ostile e con le risorse in esaurimento, l'unica possibilità di sopravvivenza è diventare più forti, più resistenti, meno bisognosi di cure. C'è un prezzo da pagare, ed è il dolore: pain, pain, pain, ripetono i primi prototipi di uomo cibernetico, prima che gli venga abbassato il volume degli altoparlanti. L'atmosfera da ospedale psichiatrico di inizio Novecento, oppure i leggendari esperimenti dei medici nazisti, completano il quadro di inquietudine che stavolta funziona davvero, e porta a considerare sotto tutt'altra prospettiva quei costumi un po' artigianali.
Tutto questo senza considerare le altre dinamiche che si alternano e accavallano nella puntata: l'enorme astronave in prossimità del buco nero e la conseguenze dilatazione temporale tra i diversi livelli; la "prova sul campo" del Dottore per testare la capacità di Missy di agire secondo principi di altruismo; la presenza (mascherata) dell'altro Master, quello di John Simm visto per l'ultima volta con il Decimo Dottore; la morte di Bill, a pochi minuti dall'inizio dell'episodio con un buco attraverso il torace, la sorte più cruenta e inaspettata mai capitata a un companion dell'era moderna; la conversione sempre di Bill nel primo Cyberman, e il suo straziante "i waited for you"; e la scena iniziale, la rigenerazione del Dottore, probabilmente un flashforward dal finale di stagione o forse addirittura dallo speciale natalizio.
Tutto quanto amalgamato in modo omogeneo, in modo che nessun punto vitale della trama prevale troppo sugli altri, e si arriva a fine puntata con la voglia viscerale di sapere come va a finire. Purtroppo la storia di DW insegna che questi build-up perfetti si risolvono poi in una delusione quando si arriva a tirare le fila nella puntata conclusiva, ma stavolta mi sento di sperare in un finale epico come non se ne vedeva da tempo. E anche se così no fosse, resta la soddisfazione per un episodio ricco di idee e perfetto nella costruzione. Rimane da chiedersi come sarebbe stato assistere a questa puntata senza avere i punti salienti (John Simm, i vecchi Cyberman) spoilerati già da mesi.Voto: 8.5/10
Alla fine pare che fosse tutto un problema di design. Per far tornare i Cybermen spaventosi è bastato riprendere il loro design originale del 1966, quando il Primo Dottore li incontra nel serial The Tenth Planet, memorabile anche perché porta in scena la prima "morte" e rigenerazione del Dottore, segnando la fine dell'epoca di William Hartnell. In un certo senso i Cybermen "originali" (in seguito rinominati Mondasian Cybermen, dal loro pianeta di orgiine) possono apparire ridicoli, trattandosi di attori con un calzino bianco in testa e pantaloni di stagnola. Ma proprio in questa loro apparente semplicità sta la forza di questo design: i Cybermen del 1966 sono profondamente uncanny, come mai più lo sono stati in seguito: forse giusto in Tomb of the Cybermen eravamo abbastanza vicini, ma poi la "robotizzazione" li ha resi sempre più metallici e meno umani. Quindi, meno facili da percepire come derivazioni degenerate di persone normali.
In World Enough and Time invece assistiamo proprio a questo. La progressiva evoluzione forzata che porta alla conversione degli umani in Cybermen. In un ambiente ostile e con le risorse in esaurimento, l'unica possibilità di sopravvivenza è diventare più forti, più resistenti, meno bisognosi di cure. C'è un prezzo da pagare, ed è il dolore: pain, pain, pain, ripetono i primi prototipi di uomo cibernetico, prima che gli venga abbassato il volume degli altoparlanti. L'atmosfera da ospedale psichiatrico di inizio Novecento, oppure i leggendari esperimenti dei medici nazisti, completano il quadro di inquietudine che stavolta funziona davvero, e porta a considerare sotto tutt'altra prospettiva quei costumi un po' artigianali.
Tutto questo senza considerare le altre dinamiche che si alternano e accavallano nella puntata: l'enorme astronave in prossimità del buco nero e la conseguenze dilatazione temporale tra i diversi livelli; la "prova sul campo" del Dottore per testare la capacità di Missy di agire secondo principi di altruismo; la presenza (mascherata) dell'altro Master, quello di John Simm visto per l'ultima volta con il Decimo Dottore; la morte di Bill, a pochi minuti dall'inizio dell'episodio con un buco attraverso il torace, la sorte più cruenta e inaspettata mai capitata a un companion dell'era moderna; la conversione sempre di Bill nel primo Cyberman, e il suo straziante "i waited for you"; e la scena iniziale, la rigenerazione del Dottore, probabilmente un flashforward dal finale di stagione o forse addirittura dallo speciale natalizio.
Tutto quanto amalgamato in modo omogeneo, in modo che nessun punto vitale della trama prevale troppo sugli altri, e si arriva a fine puntata con la voglia viscerale di sapere come va a finire. Purtroppo la storia di DW insegna che questi build-up perfetti si risolvono poi in una delusione quando si arriva a tirare le fila nella puntata conclusiva, ma stavolta mi sento di sperare in un finale epico come non se ne vedeva da tempo. E anche se così no fosse, resta la soddisfazione per un episodio ricco di idee e perfetto nella costruzione. Rimane da chiedersi come sarebbe stato assistere a questa puntata senza avere i punti salienti (John Simm, i vecchi Cyberman) spoilerati già da mesi.Voto: 8.5/10
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