Era dai tempi della Pandorica che il Dottore non tornava in epoca romana, ed era il caso che la faccia di Capaldi tornasse approssimativamente alle sue origini. In realtà non siamo a Roma o nei pressi, ma in Scozia, durante una campagna della Nona Legione, secondo la storia scomparsa misteriosamente. L'episodio prova a darne una spiegazione, e naturalmente la spiegazione è... aliens.
Il trio di avventurieri si trova nel mezzo di uno scontro tra i romani e i pitti (gente che stava da quelle parti ancora prima dei celti). Questi ultimi, trovandosi invasi, hanno pensato bene di aprire le porte dell'inferno e scatenare l'attacco di un mostro nei confronti dell'esercito romano contro cui non avevano nessuno possibilità. Il problema è che una volta aperte le porte dell'inferno (sì, ok, tecnicamente è un'altra dimensione, ma ai fini pratici si tratta di un'evocazione demoniaca) non si possono richiudere, e così ora ci si trova con un lupo mangia-luce che rischia di assorbire tutta l'energia dell'universo se non viene rispedito nel suo inframondo.
Questo non è un episodio memorabile per la potenza dell'idea di base, eccezionali plot twist o nemici memorabili. Per molti versi anzi assomiglia come concezioni alla media degli episodi del Classic Who, e infatti è scritto dall'autore di uno degli ultimi episodi del Settimo Dottore prima della lunga sopensione di qualche decennio. Eppure, nonostante non ci siano elementi innovativi, The Eaters of Light funziona. Funziona perché ha dei bei personaggi con cui è facile empatizzare e dinamiche equilibrate. Abbiamo due schieramenti di ragazzini, costretti a combattere perché non sanno in che altro modo comunicare, tant'è che quando si trovano a comprendersi (grazie alla magia del Tardis) qualcosa cambia nel modo in cui si vedono a vicenda. In effetti il mostro non è mai il punto centrale della storia, lo si vede un paio di volte e non si presente poi così minaccioso e invincibile, essendo poco più che un animale selvaggio. Il vero focus sono questi ragazzini che devono crescere in fretta e capire che ci sono battaglie che devono avere il coraggio di combattere da soli, senza aspettare che qualcuno lo faccia per loro.
Un altro aspetto ben riuscito di questa puntata è vedere come Bill è maturata durante la sua permanenza con il Dottore. Adesso riesce, anche da sola, a tenere testa e poi motivare i resti della legione romana, capisce da sola che tutti parlano la stessa lingua grazie alla presenza del Dottore, e ha anche l'ardire di opporglisi, da studente che è arrivato alla pari del suo insegnante, e fargli presente che non deve essere lui a intervenire. Ed è molto significativo scoprire anche che le persone "tradotte" dal Tardis parlano in modo elementare, come bambini: è così che il Dottore sente tutti quelli che incontra in giro per l'universo, da sempre? È questo che lo porta a essere protettivo, a volte paternalistico?
The Eaters of Light ha ben poco di fantascientifico, anzi si potrebbe benissimo vedere come una storia fantasy, l'origine di un mito, quello per cui i corvi fanno "cra". Ma si basa su personaggi e interpretazioni così efficaci che arriva a toccare lo spettatore. E poco importa a quel punto se ha poco senso che una creatura che si nutre di luce attacchi le persone e le prosciughi (dalla luce!?). Voto: 7.5/10
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