È risaputo che non sono appassionato di cinepanettoni (se ancora questo termine è in uso), ma nemmeno li considero come il male primario della società. Se uno vuole pagare il biglietto del cinema per vedersi due ore di gaffe e battute in dialetto e muatnde di pizzo, bon, faccia pure. Certo bisogna avere il buon senso di riconoscere che si sta guardando una stronzata, e chi fa questi i film dovrebbe avere il buon gusto di ammettere che sta facendo soltanto una stronzata, senza presentarsi qua e là con le varie marchette come se il suo fosse un cinema sperimentale.
Da qualche anno però al cinepanettone si oppone il fenomeno Checco Zalone, coi suoi filmetti meno beceri e più profondi, il new black che mette d'accordo critica e pubblico. Ecco la rivoluzione del cinema italiano, le buone idee sviluppate come solo i leali apprendisti della commedia dell'arte possono fare!
Ma anche no. Degli altri film di Zalone ho visto solo il primo (molto distrattamente, era qualcosa come il 26 agosto e stavo cercando di addormentarmi sul divano prima di squagliarmi del tutto), e l'avevo trovato scialbo a banalotto, ma potenzialmente gradevole per chi apprezza questo genere di comicità. Quo vado? però mi sembra tutt'altra storia.
Prima di tutto perché è appunto una storia sconclusionata, squilibrata, strutturalmente sgraziata, che inizia con il protagonista che narra la propria storia, segue prima un tema, se ne dimentica e ne acchiappa un altro, torna a quello precedente, ne sovrappone un altro, lo lascia in sospeso, contraddice quanto detto prima, riparte da quello iniziale, contraddice pure quello, e a quel punto non ti sforzi nemmeno più di capire cosa vorrebbe dire. Quindi, se uno ti chiede "di che parla questo film?" non puoi rispondere davvero dicendo "è la storia di questo tizio col posto statale", perché buona parte della storia non è questo, ma nemmeno "è la storia di questo tizio che va a vivere in Norvegia", perché anche questo è meno di metà film, anche se sembra la parte centrale e più importante della storia, e così via.
Ma la cosa più irritante, è che questo film cerca così forzatamente di introdurre "temi importanti" da risultare stucchevole e indigesto. Come quando hai un amico che fa yoga e cerca di infilare in tutti i discorsi qualche riferimento allo yoga anche quando non c'entra nulla per farti capire quanto lui è illuminato e spingerti a chiedergli di parlarne ancora e illuminare anche te. Questa iniezione forzata di mulculturalità, autodeterminazione sessuale, senso di civiltà, fino anche all'ambientalismo Melevisione level (sapevate che il krill è la base dell'ecosistema artico????). Santiddio, ma si pensa davvero di potersi atteggiare così da furbetti, con quel distacco radical chic che finge di sporcarsi le mani ma mantiene in realtà le distanze da tutto questo, perché queste sono cose che voi popolo bove dovete capire, sono importanti, e io ora ve lo insegno così perché non sapreste seguire le slide in power point.
Ma a quanto pare funziona davvero così, perché questo film è stato salutato come la novità, la freschezza, il nuovo corso, e ha fatto anche uno sbotto di soldi. Tre-quattro risate le ho pure fatto, lo ammetto, per qualche battuta piazzata al momento giusto, ma tutto il resto è così leziosamente ipocrita che mi fa quasi rimpiangere l'onestà intellettuale di quei cinepanettoni che dicevamo all'inizio. E se arrivo a parlare di onestà intellettuale parlando di Carlo Vanzina e similari, capite la misura della mia disperazione.
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