Sapevo che mi sarei trovato davanti a un film strano, ma non avevo bene la percezione di quanto "strano" potesse essere. The Lobster, preso molto alla lontana, si potrebbe considerare una distopia: un mondo in cui tutte le persone (o almeno gli adulti) sono obbligati ad avere un partner, e se non riescono a trovarlo, sono condannati a essere trasformati in animali. In un mondo del genere, venire lasciati dal compagno può comportare guai seri, perché chi è da solo può essere arrestato e diventare una bestia.
È da questa situazione che parte il protagonista, che dopo essere stato abbandonato dalla moglie viene forzatamente invitato in uno speciale centro per single, dove appunto chi è solo può cercare un partner con cui formare una coppia stabile, il tutto nel tempo massimo di qualche settimana, dopodiché scatta la trasformazione. Questa specie di resort è un posto bizzarro con regole assurde, che cerca di indottrinare al meglio i suoi occupanti sui vantaggi della vita di coppia, ed è solo trovando un compagno che se ne può uscire in forma umana.
Ma il protagonisa (la cui storia viene inizialmente narrata in terza persona da una voce femminile di cui si scoprirà l'identità solo in seguito) riesce invece a fuggire, e dal centro per coppie finisce nel gruppo di rivoluzionari che perseguono invece la vita solitaria. Qui le regole sono opposte: ogni tentativo di approccio è punito, e l'obiettivo del gruppo è proprio quello di sferrare un attacco all'albergo per single.
The Lobster è un film che procede lentamente, si prende tutto il tempo per le sue scene, ma risulta comunque scorrevole. Le situazioni surreali che si presentano di volta in volta suscitano più di un sorriso, ma al tempo stesso non si può dire che si tratti di una commedia o una parodia. In realtà, sotto il livello superficiale di assurdo, si può scorgere un messaggio piuttosto forte, qualcosa che ha a che fare con l'autodeterminazione e l'affermazione di se stessi. È embleatico infatti che il gruppo ribelle che si oppone all'ordine costituito sia a sua volta incasellato in regole precise e inderogabili, che rendono la vita dei solitari tanto schematica quanto quella delle coppie. Viene allora da pensare che il tentativo di imporre una visione, qualunque essa sia, di attribuire cateogire ed etichette alle persone (ma soprattutto, a se stessi) sia uno sforzo vano e in ultima analisi comunque limitante.
Alla luce di questa interpretazione (che è la mia, e può benissimo essere contestata) assume un senso agrodolce anche la scena finale, in cui vediamo di nuovo il protagonista in procinto di compiere l'ennesima assurdità per potersi sentire "parte di qualcosa". E allora ci si può chiedere se è davvero l'amore quello che cerchiamo, o soltanto l'affermazione la propria identità attraverso ciò che gli altri percepiscono di noi.
Forse ci ho voluto leggere fin troppo, ma penso che The Lobster sia volutamente ambiguo e aperto a interpretazioni diverse, e quando un film, pur non dicendo qualcosa di esplicito e univoco, riesce comunque a evocare certe riflessioni nello spettatore, allora è un'opera compiuta.
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