Dal libro al film: Storia della tua vita / Arrival

Il film Arrival, uscito nel mondo il 11 novembre di quest'anno (il giorno prima dei miei trent'anni), ma che arriverà in Italia solo a gennaio dell'anno prossimo, è stato per diversi mesi la mia ossessione più pressante. Forse perché si parla dell'adattamento cinematografico di un racconto che posso definire con serenità il migliore che abbia mai letto, e una grande occasione per un film di fantascienza profondo, intelligente e coinvolgente, capace di dimostrare al pubblico cosa la fantascienza (e in particolare quella moderna) è in grado di fare. Mi sono accostato alle news con un certo scetticismo, certo che la macchina hollywoodiana avrebbe masticato il racconto di Ted Chiang e rigettato un globo insapore, e i trailer mi hanno gradualmente convinto che avevo ragione. Ma dopo aver letto i primi commenti la speranza è riaffiorata, e finalmente, visto il film, riconosco di dovere delle scuse al regista Denis Villeneuve, lo sceneggiatore Eric Heisserer e a tutto il team dietro questo grande film.


Di Storia della tua vita, il racconto da cui è tratto il film, o meglio, della raccolta Storie della tua vita, che contiene questo ed altri eccellenti racconti dello stesso Chiang, ho già parlato anni fa in un post, per cui rimando a quello per chi volesse approfondire. In questo post mi occuperò di fare un raffronto di massima tra la versione letteraria e quella cinematografica della stessa storia, come sempre tenendo ben presente le necessità diverse dei due media. Nel seguito del post sono presenti quindi dei leggeri spoiler, ma cercherò di non rivelare troppo (soprattutto il big twist del film).

Cominciamo col dire che il mio timore più grande, cioè che l'idea iniziale del racconto fosse usurpata per dare avvio a una classica storia di azione umanità vs alieni, si è rivelato infondato. Arrival riprende in modo abbastanza fedele l'idea e le tematiche di fondo di Storia della tua vita. Abbiamo la comparsa di alieni ameboidi (gli eptapodi), che si presentano agli umani in maniera del tutto pacifica e con i quali si cerca di stabilire un contatto, nonostante le evidenti difficoltà di comunicazione da entrambe le parti. Per questo viene reclutata la protagonista Louise Banks (nel film Amy Adams), una linguista di fama internazionale, che dovrà cercare il modo di interpretare il linguaggio degli alieni. Mentre la loro lingua parlata risulta per lo più impossibile da decifrare, più facile è intepretare la loro scrittura semasiografica, basata cioè su segni che rappresentano idee piuttosto che suoni della lingua parlata. Sia il racconto che il film fanno quindi una riflessione sul linguaggio e su come esso plasmi il nostro modo di pensare, ai quali si aggiungono temi come il libero arbitrio e la percezione del tempo.

In merito all'aspetto visivo, molte delle scelte eseguite nel rendere ciò che nel racconto veniva appena accennato si possono dichiarare azzeccate: le astronavi enormi, misteriose e inerti (che nel racconto in realtà non scendono nemmeno al suolo ma rimangono in orbita), gli eptapodi con la loro netta somiglianza a piovre giganti (anche per la loro capacità di emettere una sorta di inchiostro), e soprattutto la scrittura aliena, trasposta con dei suggestivi segni "a macchia di caffè" che nascondono una complessità immensa nella loro circolare semplicità. Per qualche dettaglio in più su come l'aspetto linguistico è stato sviluppato nella produzione del film, rimando a questo post (da leggere comunque dopo la visione).

Naturalmente le due interpetazioni della storia non sono del tutto sovrapponibili, e alcuni aspetti sono differenti dalla carta allo schermo. Nel racconto vengono analizzati in modo più approfondito concetti di fisica e matematica, che servono da supporto per comprendere il linguaggio degli eptapodi. Nel film invece tutto il lavoro di interpretazione viene svolto da Louise e dagli altri team di linguisti (dodici in tutto, uno per ogni nave comparsa sulla superficie terrestre), mentre gli altri scienziati, come quello interpretato da Jeremy Renner, hanno un ruolo molto più marginale. È chiaro che non era possibile esporre il Principio di Fermat nel film, ma a causa di questo si ha l'impressione che il lavoro degli interpreti sia l'unico ad avere importanza nell'instaurare un dialogo con gli alieni. Ne risulta anche annacquato il ruolo del partner di Louise, che nel film si limita ad accompagnare la protagonista nelle sue conversazioni con gli alieni, mentre nel libro è decisamente più propositivo e anche guascone nei confronti di lei (cosa che si rivela determinante verso la fine).

Uno degli aspetti più particolari di Storia della tua vita (che ne giustifica anche il titolo) sono le parti narrate in seconda persona, con le quali Louise, voce narrante, si rivolge a sua figlia, raccontandole la storia del contatto con gli eptapodi... e della sua vita. Questa impostazione non si ritrova in Arrival, ma d'altra parte sarebbe stato piuttosto difficile da rendere. Abbiamo la voce fuori campo in apertura e chiusura al film, e questa si rivolge appunto alla figlia, ma la storia si svolge tutta nel presente, senza i salti temporali che caratterizzano il racconto.

Altre differenze si trovano nello svolgimento della fase finale. Se il racconto si conclude con un anticlimax, la stessa cosa non poteva essere fatta al cinema, e così durante l'ultimo atto del film c'è un progressivo aumento di tensione, fino al catartico momento in cui tutto viene rivelato e chiarito, e la battuta di chiusura che coincide invece con il racconto. In questo senso, la trasposizione del film riesce a essere coerente, creando una situazione di conflitto e minacciando una imminente catastrofe, per poi risolverla con gli stessi strumenti messi a disposizione di Louise.


C'è anche da riconoscere che il film si preoccupa maggiormente di fornire agli eptapodi una backstory, e mentre in Storia della tua vita gli alieni arrivano e se ne vanno rimanendo sostanzialmente passivi (fungendo in pratica da oggetto con cui confrontarsi per lo sviluppo di una nuova consapevolezza), in Arrival viene rivelata la ragione del loro viaggio sulla Terra.

Una cosa che ammetto di non aver gradito molto è il fatto che un ruolo fondamentale nella risoluzione del film sia svolto dal Generale Shang, comandante dell'esercito cinese. Il personaggio e la situazione a lui associata sono stati totalmente inventati per il cinema, e anche se la sua posizione è perfettamente inserita all'interno della storia, mi ha dato l'impressione di quel solito pandering verso la Cina di cui i produttori cinematografici americani sembrano proprio non poter fare a meno negli ultimi anni.

Per il resto, fatico davvero a trovare un aspetto negativo nell'adattamento di Storia della tua vita. Considerando che si è tirato fuori due ore di film da un racconto di media lunghezza, il risultato è sicuramente notevole. E questo vale per me, che avevo già letto il racconto (più di una volta) e quindi sapevo fin dalle prime immagini cosa si sarebbe scoperto più avanti (cosa che è a sua volta una conferma del messaggio profondo della storia... ma potete capire solo dopo averlo letto/visto). Immagino che per chi arrivi a vedere Arrival senza conoscere il testo originale, l'impatto sia ancora maggiore. Penso che non si possa affermare che uno sia migliore dell'altro o il contrario, perché entrambi i prodotti riescono a veicolare nel modo per loro più efficace le stesse idee di base. Come è successo alcuni anni fa con Predestination, il film riesce anche ad arricchire alcuni aspetti rimasti secondari nel testo originale.

E questo è quanto di meglio mi potessi aspettare. Sapere che Denis Villeneuve ha per le mani il progetto di Blade Runner 2 a questo punto mi fa ben sperare.

Aggiungo soltanto che Storie della tua vita, da anni introvabile nella sua edizione di Stampa Alternativa del 2008, è stato di recente ripubbicato da Frassinelli. Nonostante l'editore avesse inizialmente evitato di usare la parola "fantascienza" nel presentare il volume, l'operazione è sicuramente meritoria e almeno è stato mentenuto il titolo originale della raccolta, invece di usare quello del film. Vero, la copertina è la locandina del libro e ve la dovete tenere così, ma ne vale comunque la pena, credetemi.

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