...che poi vuol dire fine prima stagione. Ci eravamo lasciati con la prima morte (Boone) e prima nascita (Aaron) sull'isola, e un Locke disperato per il sacrificio del ragazzo che credeva in lui, che non riesce a capire che cosa la botola (a suo modo emissaria dell'isola) voglia da lui. Prima del climax finale del triplo episodio Esodo, si assiste a qualcuno dei soliti battibecchi, a un semi-interrogatorio di Locke da parte di Sayid dal quale emerge l'esistenza della botola, e facciamo la conoscenza col buon dottor Arzt, che risulta fin da subito troppo simpatico per poter sopravvivere. La storia si movimenta sul serio quando la Rousseau torna al campo dei naufraghi e li avverte dell'imminente arrivo degli Altri, che vengono per il bambino (Aaron, si suppone). Da qui si diramano più sottotrame: la spedizione per trovare la dinamite, e la prima visita alla Black Rock; la zattera parte con a bordo Michael, Walt, Jin e Sawyer, nonostante un tentativo di intrusione di Kate presto sgominato; Aaron viene effettivamente rapito, ma non dagli Altri, e tocca a Sayid e Charlie andarlo a recuperare.
Dopo aver rispolverato la serie di eventi che convergono nel finale, vediamo come il nostro nuovo spettatore reagisce a quanto gli viene mostrato. Intanto, una certa soddisfazione nell'aver azzeccato che la zattera non avrebbe portato nessuno via dall'isola, come era stato previsto. Ma da qui a intuire che gli Altri (o chiunque siano quelli) li avrebbero incrociati per rapire quel bambino, era un'altra cosa. La gente su quel motoscafo è probabilmente qualcuno che sta sull'isola, ma la mia cavia crede che non abbiano niente a che vedere con la pira dal quale proviene il fumo nero dove era stato portato Aaron. La questione del fumo e il rapimento dei bambini rimane forse una fissazione della Rousseau, che ha dato più sintomi convincenti di squilibrio (anche se con la pazzia si risolvono troppe cose alla leggera). I tre dispersi della zattera sicuramente sopravviveranno, si riuniranno al gruppo, e si ripartirà da zero (ma senza costruire altre barche). La Black Rock arenata in mezzo alla giungla può benissimo esserci arrivata con uno tsunami, e tutto sommato non ha molta importanza, quello che serve sapere viene già detto quando la esplorano. Più importante, in questa fase, è la prima vera e propria visione del mostro: quella traccia di "ombra", che in qualche modo potrebbe essere collegata ai bisbigli nella giungla, come tracce di "presenze" sull'isola, forse echi di quell'ipotetica dimensione parallela a cui tutta questa realtà potrebbe appartenere (una teoria che il mio spettatore continua a portare avanti a forza di elementi a favore). La botola poi viene fatta saltare, e naturalmente non ci viene mostrato cosa c'è dentro, soltanto la lunga scalinata che porta giù: le ipotesi per quello che si vede potrebbero essere una sorta di magazzino, un bunker di guerra o simili. Naturalmente c'è anche la possibilità che sia abitato...
A questo punto, conclusa la prima serie, si può fare anche un bilancio complessivo. Il nuovo spettatore, che sulle prime era scettico, è stato via via preso sempre di più dalla dinamica di Lost, una volta capito come affrontare la serie. La sua reazione alle molteplici domande, misteri "personali" e "collettivi" sollevati e (raramente) risolti, è duplice: da una parte la serie risulta originale, nella concezione e nella costruzione di modelli e mitologie, nella dicotomia tra le vicende dei personaggi on- e off-island; dall'altra parte, però, le trovate scontate, al limite del banale, appaiono come cadute di stile. Viene da pensare che uno show che promette così tanto, e richiede un coinvolgimento così totalizzante dello spettatore, dovrebbe osare di più, e arrivare davvero a sovvertire gli schemi, invece di ricaderci ogni volta per non dover scombinare l'epica classica a cui in ultima analisi si riferisce. Insomma, a conti fatti, questa prima stagione è piaciuta, anche se "piacere" forse non è il termine giusto: ha intrigato, al pari di una sfida, come se chi guarda non fosse l'onnipotente pubblico a cui si deve dare quello che vuole, ma un avversario da spiazzare, e che combatterà per non essere preso alla sprovvista.
E tutto questo, la mia cavia, lo ha pensato prima di vedere il logo Dharma...
A questo punto, conclusa la prima serie, si può fare anche un bilancio complessivo. Il nuovo spettatore, che sulle prime era scettico, è stato via via preso sempre di più dalla dinamica di Lost, una volta capito come affrontare la serie. La sua reazione alle molteplici domande, misteri "personali" e "collettivi" sollevati e (raramente) risolti, è duplice: da una parte la serie risulta originale, nella concezione e nella costruzione di modelli e mitologie, nella dicotomia tra le vicende dei personaggi on- e off-island; dall'altra parte, però, le trovate scontate, al limite del banale, appaiono come cadute di stile. Viene da pensare che uno show che promette così tanto, e richiede un coinvolgimento così totalizzante dello spettatore, dovrebbe osare di più, e arrivare davvero a sovvertire gli schemi, invece di ricaderci ogni volta per non dover scombinare l'epica classica a cui in ultima analisi si riferisce. Insomma, a conti fatti, questa prima stagione è piaciuta, anche se "piacere" forse non è il termine giusto: ha intrigato, al pari di una sfida, come se chi guarda non fosse l'onnipotente pubblico a cui si deve dare quello che vuole, ma un avversario da spiazzare, e che combatterà per non essere preso alla sprovvista.
E tutto questo, la mia cavia, lo ha pensato prima di vedere il logo Dharma...
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