Quando qualche settimana è uscito al cinema It, mi è capitato di leggere numerose recensioni e commenti che riconoscevano il valore dell'opera al di là del semplice horror, per la presenza di tutta una serie di tematiche direttamente derivanti dal libro: la paura di crescere, il distacco tra le generazioni, il terrore indefinito che assume forme riconoscibili e per questo ancora più efficaci. Tutto questo, personalmente, non sono riuscito a ritrovarlo nel film di Muschietti, che mi ha lasciato l'impressione di un horror piuttosto ordinario, peraltro con pesante affidamento su jumpscare.
La premessa del film è già inquietante di suo: una creatura/entità/maledizione che ti cammina incontro, assumendo l'aspetto di una persona qualunque (nota o sconosciuta) e da cui puoi scappare solo morendo o passandola a qualcun altro. E il passaggio avviene con un rapporto sessuale: fai sesso con una persona, e l'essere inizierà a seguire questa. Se non che, nel caso riesca ad ucciderlo com'è il suo obiettivo, allora tornerà da te. Ogni "contagiato" tende quindi ad allontanare il più possibile la maledizione, facendo in modo che anche le sue vittime la passino a loro volta.
Puzza di metafora, vero? Il mostro del film non riceve nessuna origin story, non sappiamo da dove arriva, cosa lo motiva, quale siano la sua natura e i suoi poteri. Ma non è questo il punto. È evidente già dalle prime battute del film, che la creatura che segue è la rappresentazione di qualcosa. Ma di cosa?
Una delle teorie più in voga, e piuttosto facile da individuare è quella delle malattie sessuali, in particolare le più terribili come ovviamente l'AIDS. A sostegno di questa ipotesi il fatto che l'ambientazione del film sia pressappoco negli anni 80, come suggeriscono alcuni particolari sul set (le televisioni, le biciclette, l'assenza di cellulari) e anche la musica. Eppure anche senza squalificare del tutto tale ipotesi, credo che fermarsi a questo livello sia una lettura poco più che superficiale, che gratta appena la patina superficiale sotto cui si nasconde il messaggio del film.
Perché l'angoscia di It Follows non deriva soltanto da quel tizio che ti guarda e ti cammina incontro, vuole ucciderti e solo tu lo vedi. E nemmeno dal pensiero che la persona con cui hai fatto sesso potrebbe morire e allora il tizio tornerà da te. C'è un senso diffuso, più effimero ma anche più potente, che è in ultima analisi un'ansia di crescita. Il desiderio di sentirsi adulti, che viene di fatto espresso in una delle prime battute della protagonista. L'idea che se sei grande abbastanza per scopare allora sei cresciuto, ma dopo averlo fatto ti rendi conto che non è cambiato niente, anzi, non solo quel legame speciale che ti dicevano avresti sentito non c'è, ma forse hai perso anche qualche pezzo di quello che esisteva prima. Mi è parso di sentire questo tema rappresentato più volte, in molti dei rapporti in cui vediamo coinvolta la protagonista e anche in quelli solo suggeriti. Anche l'ultimo, quello che nelle intenzioni dovrebbe liberarla del tutto, non ha niente di coinvolgente o catartico. È quasi routine, solo qualcosa da ripetere perché è così che va fatto, come lavarsi i denti tre votle al giorno.
Questo abbandono dei ragazzi si percepisce anche nell'assenza di figure adulte. A parte qualche breve comparsa, quello di If Follows sembra un mondo quasi privo di genitori, tutori, anziani. I ragazzi per quanto giovani (presumo intorno ai sedici anni visto che guidano) si occupano da soli del problema, non hanno l'idea né il bisogno di avvertire nessuno che possa aiutarli. Nelle loro case sono sempre da soli, quando urlano e fuggono nessuno si interessa di quanto sta succedendo.
Ed è qui che interviene anche quell'ambientazione pressappoco anni 80, perché nonostante i dettagli che richiamano quest'epoca, vediamo anche tecnologia più recente, primo su tutti il lettore ebook di una delle ragazze. Si avverte una stranda dissonanza tra il livello tecnologico possibile e quello percepito, come se ci trovassimo in una comune luddista, ma nessuno dei personaggi lo nota, per cui si capisce che è normale così. È un effetto strano, artificioso, che contribuisce a quel generale senso di spaesamento che pervade tutto il film.
Per questo dico che It Follows è ciò che It dovrebbe (o avrebbe dovuto) essere, perché riprende molte delle stesse tematiche e le mostra in modo efficace, opprimente, disturbante. Il tutto senza un solo jumpscare.
Puzza di metafora, vero? Il mostro del film non riceve nessuna origin story, non sappiamo da dove arriva, cosa lo motiva, quale siano la sua natura e i suoi poteri. Ma non è questo il punto. È evidente già dalle prime battute del film, che la creatura che segue è la rappresentazione di qualcosa. Ma di cosa?
Una delle teorie più in voga, e piuttosto facile da individuare è quella delle malattie sessuali, in particolare le più terribili come ovviamente l'AIDS. A sostegno di questa ipotesi il fatto che l'ambientazione del film sia pressappoco negli anni 80, come suggeriscono alcuni particolari sul set (le televisioni, le biciclette, l'assenza di cellulari) e anche la musica. Eppure anche senza squalificare del tutto tale ipotesi, credo che fermarsi a questo livello sia una lettura poco più che superficiale, che gratta appena la patina superficiale sotto cui si nasconde il messaggio del film.
Perché l'angoscia di It Follows non deriva soltanto da quel tizio che ti guarda e ti cammina incontro, vuole ucciderti e solo tu lo vedi. E nemmeno dal pensiero che la persona con cui hai fatto sesso potrebbe morire e allora il tizio tornerà da te. C'è un senso diffuso, più effimero ma anche più potente, che è in ultima analisi un'ansia di crescita. Il desiderio di sentirsi adulti, che viene di fatto espresso in una delle prime battute della protagonista. L'idea che se sei grande abbastanza per scopare allora sei cresciuto, ma dopo averlo fatto ti rendi conto che non è cambiato niente, anzi, non solo quel legame speciale che ti dicevano avresti sentito non c'è, ma forse hai perso anche qualche pezzo di quello che esisteva prima. Mi è parso di sentire questo tema rappresentato più volte, in molti dei rapporti in cui vediamo coinvolta la protagonista e anche in quelli solo suggeriti. Anche l'ultimo, quello che nelle intenzioni dovrebbe liberarla del tutto, non ha niente di coinvolgente o catartico. È quasi routine, solo qualcosa da ripetere perché è così che va fatto, come lavarsi i denti tre votle al giorno.
Questo abbandono dei ragazzi si percepisce anche nell'assenza di figure adulte. A parte qualche breve comparsa, quello di If Follows sembra un mondo quasi privo di genitori, tutori, anziani. I ragazzi per quanto giovani (presumo intorno ai sedici anni visto che guidano) si occupano da soli del problema, non hanno l'idea né il bisogno di avvertire nessuno che possa aiutarli. Nelle loro case sono sempre da soli, quando urlano e fuggono nessuno si interessa di quanto sta succedendo.
Ed è qui che interviene anche quell'ambientazione pressappoco anni 80, perché nonostante i dettagli che richiamano quest'epoca, vediamo anche tecnologia più recente, primo su tutti il lettore ebook di una delle ragazze. Si avverte una stranda dissonanza tra il livello tecnologico possibile e quello percepito, come se ci trovassimo in una comune luddista, ma nessuno dei personaggi lo nota, per cui si capisce che è normale così. È un effetto strano, artificioso, che contribuisce a quel generale senso di spaesamento che pervade tutto il film.
Per questo dico che It Follows è ciò che It dovrebbe (o avrebbe dovuto) essere, perché riprende molte delle stesse tematiche e le mostra in modo efficace, opprimente, disturbante. Il tutto senza un solo jumpscare.
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