Soprattutto sul primo ho qualcosa di diverso da dire. Si tratta infatti di
Strani Mondi, l'Urania Millemondi dedicato interamente a racconti di fantascienza di autori italiani. Nell'
articolo in cui ne ho parlato, ne ho fatto in realtà il pretesto per fare una panoramica sui racconti italiani di sf degli ultimi vent'anni, senza entrare nello specifico e soprattutto senza citare nessun singolo racconto o autore. Sono consapevole che questo approccio può essere stato interpretato come diplomatico (leggi "paraculo"), perché essendo in parte coinvolto in questo ambiente si capisce che non voglio pestare i piedi a nessuno, perché la mia segreta speranza è l'anno prossimo (se un anno prossimo ci sarà) di essere convocato nel dream team degli italiani su Urania. Quindi meglio starsene in disparte a guardare il carretto che passa senza dire niente di preciso, no? No. Siccome come ho scritto anche nell'articolo, uno dei passi più importanti è quello di sviluppare una critica sana e puntuale, in questa sede passerò a commentare uno per uno i racconti, magari anche solo una riga,
come fatto con Prisma qualche mese fa. Certo il mio non è un approccio da critico ma da lettore e, mi azzardo a dire, conoscitore di fantascienza, anche di quella di molti degli autori qui presenti. Quindi una base minima di conoscenza per inquadrare i lavori penso di averla. Procediamo quindi in ordine di apparizione nel libro. La
Guerra fredda di
Abbate/Di Fazio è in pratica
La Cosa riadattato nell'epoca della postverità. L'idea di fondo è buona, forse però il racconto è un po' sbilanciato con una parte introduttiva troppo lunga rispetto a quella che entra nel vivo dell'azione e rivela il tema di fondo.
Sandro Battisti per me è un autore problematico, lo ammetto. Mi è capitato di leggere altro in passato, ma già all'epoca del Premio Urania di qualche anno fa condiviso con Franceso Verso,
lessi solo il romanzo di quest'ultimo e saltai il suo, sapendo che mi sarei trovato in difficoltà. Con questo racconto ho provato la stessa sensazione. Una storia che pure ha un'idea di base interessante (il "ringiovanimento quantistico") ma inserita in un contesto talmente confuso e con un lessico e costruzione volutamente ostile che il lettore, soprattutto quello occasionale, si trova del tutto spiazzato. Ma non spiazzato nel senso buono, come una lettura che ti sorprende, spiazzato nel senso di privo di punti di riferimento, per cui arrivi alla fine e dici solo "boh". Inoltre la storia fa troppo affidamento sull'universo narrativo dell'Impero Connettivo, in cui il racconto è inquadrato ma che l'autore non si cura di esplicare, per cui chi lo legge senza sapere niente delle opere precedenti non può comprendere buona parte di quanto succede. Infine, mi sentirei di suggerire a Battisti di scrivere qualcosa che non contenga la parola "quantistico" o sue variazioni, i risultati potrebbero essere stupefacenti.
Franci Conforti è un'autrice che si è distinta negli ultimi anni e di cui in effetti non ho letto molto. Il suo racconto
Come concime ha un'ambientazione molto valida, un futuro di città viventi sorte come soluzione alla crisi ambientale, abitate da umani "normali" e mutanti di vario genere. Forse anche qui la svolta nella storia (che di per sé è fenomenale) si presenta troppo tardi, anzi proprio nell'ultima decine di righe, mentre tutta la parte precedente segue una trama investigativa che mi è sembrata solo un pretesto per far spostare qua e là il protagonista. Il racconto di
Del Popolo Riolo è un meccanismo pressoché perfetto. Si presenta come una specie di Guida Galattica per Autostoppisti, con una guida turistica per alieni in visita sulla Terra (e nello specifico a Torino), ma poi ribalta tutto con un plot twist non solo efficace ma anche di notevole impatto emotivo.
Nicola Fantini è un autore a me nuovo, il che non è un male. Il suo racconto mette a confronto una creatura artificiale ma dall'intelletto umano con gli umani veri e propri, che tornano a verificare lo stato di una remota base spaziale, con la prospettiva del non-umano. Niente di straordinariamente originale, soprattutto venendo da un
recente rewatch di Westworld, ma la storia funziona. Di
Clelia Farris c'è poco da dire, visto che la considero attualmente la migliore autrice di fantascienza in circolazione. In tutti i suoi racconti ci sono così tanti elementi da cogliere che è difficile comprendere tutto. Anche in
Geografia umana ci sono accenni tanto di cambiamenti climatici, disgregazione della società, evoluzione dei rapporti umani, migrazioni, diritti umai, libertà e responsabilità personali... un piccolo mondo contenuto in poche cartelle, ma non mi aspettavo di meno. Il racconto di
Fontana/Tortoreto mi è parso deboluccio. Una generica distopia con accenni di integralismo religioso, il piano per contrastare il regime, la torbida relazione tra l'agente e la ribelle, l'amore salvifico che arriva fuori dal nulla. Come ho già detto altre volte non sono uno sostenitore dell'originalità a tutti i costi (che poi manco esiste), ma se si lavora con i cliché narrativi allora bisogna compensare con personaggi memorabili, stile inconfondibile, struttura complessa, e niente di tutto questo si trova in questo racconto, che quindi risulta alla fine solo banale.
Lukha Kremo va a colpi alterni, a volte scrive cose di grande livello, altre perde un po' il tiro e manca il bersaglio, ma gli va riconosciuto che punta sempre alto, quindi quando non colpisce è per eccesso di ambizione. In questo racconto dal titolo troppo lungo, una società utopica trova il suo unico sollazzo in un gioco in realtà virtuale-che-è-più-reale-del-reale, ma non si tratta di un rehash di
Ready Player One. Qui c'è in effetti un senso più profondo nelle dinamiche che il giocatore deve scoprire da solo. A mio avviso c'è l'occasione sprecata per un metaracconto molto efficace, che rivela le sue potenzialità nelle ultime battute, proprio quando la storia si chiude in fretta.
Fatum di
Maico Morellini è un buon esempio di quello che dicevo prima per il racconto Fontana/Tortoreto: la storia dell'astronave generazionale isolata dalla Terra che lancia sonde periodiche in attesa del momento del ritorno, dove poi si scopre che la ragione dell'isolamento è ben diversa da quella presunta, non è niente di nuovo (per i profani basta l'esempio di Wall-E). Ma qui a fare la differenza è proprio il modo in cui la storia è costruita, la focalizzazione interna ai personaggi che interpretano il mondo per le loro convinzioni, la corrispondenza tra registro di scrittura e tematiche. Quindi senza aver pescato l'idea più originale del decennio, Morellini ha comunque tirato fuori un buon racconto.
Piero Schiavo Campo ha scritto un racconto di protofantascienza qualcosa che si potrebbe quasi definire Borgesiano nella sua concezione, con questa IA analogica al servizio dei sultani durante le loro conquiste dell'occidente. Peccato che la storia non vada oltre la presentazione di questa idea: la cosa viene costruita, funziona troppo bene, e allora viene dismessa, manca una vera evoluzione del contesto o dei personaggi. Comunque questa reinterpretazione storica è di sicuro affascinante.
Tonani presta a questo volume una storia ambientata su Mondo9, cosa che è allo stesso tempo forza e punto debole del racconto. Mondo9 è sicuramente una delle invenzioni di maggior successo degli ultimi anni nella sf italiana, ma il continuo ritorno a questo universo produce alla fine storie fin troppo simili. In questo
Picadura troviamo anche Naila, protagonista dell'ultimo romanzo della serie, ma proprio perché si basa su contesto e personaggi prestati da altri lavori, il racconto è poco più di uno spin-off, una breve avventura come un episodio filler di una serie tv, non ha una sua autonomia. Inoltre anche qui, il lettore che non conoscesse già gli elementi principali di Mondo9 (navi, avvelenatori, mangiaruggine ecc) troverebbe ben poche spiegaizoni per poterlo seguire. Personalmente credo che Tonani, dopo aver raggiunto ottimi risultati con Mondo9, dovrebbe trovare il coraggio di separarsene, per non rischiare di rimanere incasellato in un certo tipo di storie e personaggi che alla lunga perdono il loro lustro.
Emanuela Valentini racconta gli Hunger Games della Roma del prossimo futuro, e tutto sommato non so se è una storia abbastanza forte da reggersi da sé. Di tornei del genere ne abbiamo visti a decine, e almeno la metà delle volte quando vince l'underdog per qualche motivo si scatena la rivoluzione, come succede pure qui, anche se non mi è del tutto chiaro per quali dinamiche. Inoltre all'inizio sembra assumere una certa importanza una droga che potenzia la visione del mondo (che dà pure il titolo al racconto) ma poi la cosa non riveste importanza nel confronto finale. Credo che ci siano alcuni riferimenti alla sua precedente serie
Red Psychedelia, rivisitazione cyberpunk di Cappuccetto Rosso, ma non avendolo letto non ho potuto coglierli in pieno. Comunque sono marginali, la storia fila anche senza capirli del tutto.
Zona di contenimento di
Claudio Vastano è un altro dei punti deboli della raccolta. Se avete presente l'episodio
Hated in the Nation di Black Mirror, l'idea di base è la stessa, ma senza la parte di giustizialismo social che rende interessante quella storia. Mi è sembrato in pratica di leggere la sceneggiatura per il prologo di un monster movie, dove il primo gruppo di sprovveduti si mette in viaggio, scopre la minaccia e qualcuno ci resta secco, e poi scappa. Di fatto la vicenda non evolve oltre quel punto, affida la conclusione a un racconto a posteriori "le cose andarono così, ora invece chissà".
Vietti è uno dei pochi autori che ha uno stile riconoscibile, magari non gradito a tutti, ma comunque caratteristico. Il suo racconto è di sicuro uno dei migliori della raccolta. Per certi versi,
Essere ovale mi è sembrato una storia simile a quella di
Il potere, ma che parte da premesse inverse (handicap vs superpotere, utopia IA vs distopia umana). Comunque un connubio quasi perfetto di potenza delle idee e umanità delle emozioni. E per finire c'è il racconto
Orbita pericolosa di
Alain Voudì, che se mi chiedessero di fare una classifica dell'antologia metterei al primo posto assoluto. Una storia tutto sommato semplice nello svolgimento, ma che nasconde una
lore complessa e significativa. Un protagonsita normalissimo, un tizio qualunque forse nemmeno tanto sveglio, che fa solo il suo lavoro (e magari prova a farci la cresta sopra), ma che nel momento della crisi si trova a compiere una decisione dall'impatto enorme e sceglie la via del cuore. Riconosco che questo racconto mi ha commosso, l'ho sentito tanto vicino alla situazione di oggi che mi ha fatto quasi male. Per riassumere, come si vedrà ho tovato racconti buoni, qualcuno ottimo, altri mediocri e una manciata di passi falsi. Niente di diverso da quanto ci si aspetta di solito da una raccolta di racconti. Nel complesso per me è un
voto 7.5/10