Tra blogsfera e social network, nelle ultime settimane c'è un notevole rimbalzo di news e commenti riguardo "
Masterpiece", un nuovo programma che dovrebbe partire a novembre su Rai3. La curiosità sta nel fatto che si tratta di un
talent show per scrittori: dopo cantanti, musicisti, ballerini, modelli, cuochi, la formula del talent si sposta così anche nel campo della letteratura, forma d'arte che da sempre è ritenuta a suo modo più sacra e nobile di altre, forse assimilabile solo alla pittura (un talent show per pittori, ve lo immaginate?). Forse è per questa concezione, probabilmente derivata dalla forma di educazione prettamente umanista con cui vengono cresciuti i ragazzi in Italia, che in larga misura l'idea del programma è stata da subito osteggiata dai più. Ancora di più, sono stati bersagliati gli "aspiranti autori" che si sono iscritti alla fase di selezione del programma.

A questo punto quindi, prima che si generino spiacevoli equivoci, sono tenuto a fare outing: anch'io mi sono iscritto a Masterpiece. Lo rivelo per due motivi: innanzitutto perché non ho niente di cui vergognarmi, e in secondo luogo perché, nel remotissimo caso in cui possa essere selezionato, non susciterò reazioni sulla scia del tu quoque.
Ma perché io, scrittore "emergente", di nicchia, con un minimo livello di dignità, ho deciso di prestarmi a questa messinscena? Provo a spiegarlo, in modo anche da prendere parte nella discussione che sta animando tanta gente, soprattutto nell'ambiente dell'editoria di piccole dimensioni.
Parto con una premessa: io non seguo i talent show. Un po' perché seguo già poco la tv (e al solito, non è una presa di posizione ideologica, è un dato di fatto: gli orari dei programmi quasi sempre non mi si incastrano, e solitamente passo il mio "tempo libero" in altro modo), un po' perché i talent venuti fuori finora non mi interessano: cantanti pop e ballerini mi fanno ridacchiare, una piccola eccezione l'ho fatta per Masterchef, di cui mi è capitato di vedere qualche puntata, ma che comunque non ho seguito regolarmente. La mia posizione quindi nei confronti di questo tipo di format è piuttosto neutrale: non mi interessa molto, ma non lo stigmatizzo. Sicuramente lo ritengo più stimolante dei reality show, di cui probabilmente è un parente prossimo. Ma ecco, francamente non saprei bene esprimere un'opinione sulla validità "artistica" di X-Factor o Amici.
Ora veniamo al punto. Cosa mi ha portato a decidere che fosse una buona idea iscrivermi a Masterpiece, sapendo già (perché lo sapevo) che sarebbe stata considerata una manovra furbetta, indegna, commerciale? Per quanto le possibilità siano infime, soprattutto perché
tra i 5000 iscritti io mi colloco nella categoria meno rappresentata, e sicuramente meno interessante per il programma (quella degli scrittori di
fantascienza), è ovvio che mi sono iscritto nella speranza di poter partecipare. Cosa spero di ottenere dalla possibile partecipazione?
Parliamoci chiaro. Fare lo scrittore, nel 2013 (ma anche nel 2008 e probabilmente nel 2036) significa principalmente una cosa: avere un pubblico. Sarà triste e svilente, ma per poter pubblicare non bisogna tanto dimostrare di essere talentuosi e originali, quanto avere una base solida di lettori. È su questa logica, consumistica quanto volete, che case editrici di tutto rispetto pubblicano i libri di personaggi come Zlatan Ibrahimovic*, Paolo Brosio, Matteo Renzi, o ancora le fanfiction delle directioner** o gli estratti delle gag dei comici di Colorado Café. Il valore letterario di tutte queste opere non è preso in considerazione da nessuno, ma si sa già che, mettendo in copertina il nome di tale autore o la foto di tale personaggio, gli acquirenti arriveranno. Personalmente, ritengo di avere una piccola base di lettori, una quindicina (forse) di persone che, se dovessi annunciare "Ehi, pubblico un libro!", potrebbero anche spendere 10-12 euro pre acquistarlo. Ma certamente non è di questo che le grandi case editrici hanno bisogno.
La partecipazione a Masterpiece, quindi, sarebbe per me principalmente una vetrina. Non mi interessa, sinceramente, una eventuale vittoria (che implica una pubblicazione con Bompiani), né un particolare favore dei giurati (che se sono
quelli ipotizzati finora, rappresentano in pratica l'antitesi del mio modo di scrivere e intendere la scrittura). Il mio obiettivo, qui dichiarato apertamente, è quello di farmi vedere, conoscere, e, in seguito, magari arrivare a incuriosire qualche "pezzo grosso" al punto tale da poter avere qualche possibilità in più di strappare un contratto con diritti d'autore effettivamente retribuiti. Questo fa di me un marchettaro? Un venduto, un traditore? Bah, può darsi, ma io non ho niente di cui vergognarmi. Io non mi sento un "artista", non credo che le parole che batto al computer siano preziose colate di Creatività a futura memoria. Io sono un narratore, racconto storie e spero che queste possano intrattenere e coinvolgere il mio pubblico. Ma prima, deve
esistere, questo pubblico.
Con questo, non sto dicendo che Masterpiece sarà uno show appassionante, trasparente, virtuoso. Si tratta sempre di un prodotto televisivo, e in quanto tale sarà artificioso, forzato, esasperato. Non so bene quali potranno essere le "prove" alle quali verranno sottoposti i concorrenti, ma sicuramente saranno teatrali e in ultima analisi poco indicative del vero "talento". Sicuramente tra quei 5000 che si sono candidati (e a me non sembrano nemmeno così tanti, in realtà) ci sono ragazzini presi dal fantastic romance, casalinghe di Voghera perse nel delirio erotomane, trentenni precari nichilisti che ci raccontano dei loro compagni di bevute, pensionati che hanno rispolverato i loro canzonieri scritti in gioventù: non mi aspetto (e mi auguro che nessuno lo faccia) che da questo marasma possa emergare seriamente la qualità, ma al tempo stesso si ha comunque un interessante spaccato del mondo sommerso della scrittura e dell'editoria.
Ed è anche chiaro che agli autori del programma non interessano tanto le opere (credo sia alquanto improbabile che da qui ai primi di novembre riescano a leggere 5000 romanzi), quanto i personaggi. Forse non vi siete presi la briga di controllare, ma nel form di iscrizione c'erano domande sulla famiglia, le aspirazioni, i gusti musicali, le esperienze passate. Saranno queste ad essere valutate, piuttosto che le opere, in modo da poter definire un gruppetto di personaggi interessanti ed eterogenei. È così evidente che l'indignazione di chi si è lamentato di domande come "Qual è stata l'esperienza più importante della tua vita?/Qual è il tuo più grande rimpianto?" mi pare davvero infantile, come se ci si stupisse che quando fai la raccolta punti dell'Auchan i regali che prendi avresti potuto comprarli a un terzo di quello che hai speso per accumulare i bollini.
Ripeto, le mie probabilità di rientrare nel nucleo dei selezionati sono minime, tanto più che a domande del tipo "Quale musica ascolti? Canzoni e/o cantanti" ho fatto nomi come
Johannes Heil,
Dominik Eulberg e
Trentemoller, specificando che è improprio parlare di "canzoni" in questo contesto, e che come autori di riferimento ho indicato Douglas Adams e
Ted Chiang. Ma se dovesse capitare, non mi sentirei affatto fuori luogo, e potrei quantomeno ascrivere al mio curriculum una nuova esperienza, che tutto sommato potrebbe tornarmi utile. Come ho già detto altre volte, la mia
arte*** ha bisogno di essere alimentata, e trovare il modo di mantenermi impegnato e sul pezzo fa parte del mio lavoro (questo era in effetti uno dei motivi per cui ho aderito al progetto della
Factory I Sognatori). Va da sé che, se fra i giurati ci saranno davvero Baricco, Siti e Maraini, non solo sarò eliminato alla prima tornata, ma sarò fiero di esserlo.
Quindi, ci vediamo su Rai 3!
*Spero di averlo scritto giusto. Se così non fosse, mi scuso col dott. Ibrahimovic e mi auguro che non voglia querelarmi o bucarmi le gomme per il refuso.
**Directioner: n.f., fan (solitamente femminile, di età compresa tra gli 11 e i 18 anni) del gruppo pop inglese One Direction, che manifesta spesso sintomi di alta dipendenza e asservimento alla band. Ne parleremo in seguito su questo blog.
***Sto scherzando, ovviamente. Non c'è nessuna arte in quello che faccio.