Quando da bambino non volevo fare la doccia mia mamma mi spronava con un ragionamento incrollabile: "per belli apparire bisogna soffrire". Non so se sia un proverbio diffuso, e non ho mai capito perché mia madre ritenesse che era mia intenzione apparire bello, ma l'equivalente inglese dello stesso principio fa "No gain no pain": da ciò deriva quindi il titolo di questo film. Il Coppi Club torna dopo diversi mesi a una valida tamarrata: d'altra parte cosa ci si può aspettare da un film con Mark Whalberg e The Rock (non so il suo nome vero, ma tanto lo conoscono tutti con quello da wrestler) che sono patiti di fitness e palestra (non uso la parola "culturismo" perché francamente non mi è mai piaciuta)? Aggiungete che il regista è Michael Bay, e la soluzione dell'equazione è banale.
Eppure, devo riconoscerlo, questo film ha comunque qualche guizzo in più rispetto all'action-tamarr movie medio. Intanto, viene detto che è "basato su una storia vera", e la cosa sempre trovare conferma quando nei titoli di coda vengono mostrati i volti dei veri protagonisti. Ora, non che l'amo della "storia vera" mi faccia abboccare, perché una storia, che sia vera o falsa, può essere comunque buona o una ciofeca; tuttavia vedere messa in scena una serie di eventi realmente avvenuta fa pensare che non stiamo seguendo la fantasia degli autori o del regista, il che quando si parla di Bay è confortante.
La presunta "storia vera" si riassume così: Whalberg è un palestromane infarcito del mito del sogno americano, ma è anche un pezzente, e decide che per avere la sua possibilità deve guadagnarsela, possibilmente agendo fouri della legge. Recluta quindi due soci (tre se si considera la ballerina, ma lei serve a poco) e rapisce un multimilionario cliente della sua palestra. Il tizio (Tony Shalhoub, l'attore che interpretava Monk nell'omonimo telefilm [che io adoro]) fa il duro e deve essere sottoposto a pesante sevizie prima di firmare la cessione di tutte le sue proprietà. Dopodiché i tre, che sono stati riconosciuti, decidono di falro fuori, ma evidentemente non basta avere i muscoli per essere degli assassini, infatti qui commettono qualche imprudenza che gli costerà cara. Poi, come qualunque scappato di casa che si trova con un patrimonio (seguendo il modello Rocky Balboa, che è infatti tra i miti del protagonita), tutti sperperano i loro soldi e quindi si ritrovano a dover ripetere il colpo, ma stavolta si incasinano alla grande e finisce male.
Non discuto la credibilità della storia, che a quanto pare è avvenuta proprio così. Immagino possa essere stata romanzata e ravvivata, ma dovrebbe rappresentare la realtà dei fatti. A me risulta strano che il sopravvissuto che denuncia un'estorsione evidente, con tanto di documenti firmati e nomi degli intestatari, non sia stato ascoltato dalle autorità... ma evidentemente lo stereotipo del poliziotto ciccione mangiaciambelle ha un fondo di verità. Al di là di questo, devo ammettere che verso metà film, quando entra nel vivo il piano dei tre disperati, le cose si fanno interessanti. Il tono non è quello del thriller, ma piuttosto di un pulp, trabordante di humor nero, anche se a volte l'intenzione di far ridere passa il limite e finisce nel volgare o nell'esagerato. Allo stesso modo, nella prima parte del film si fa irritante quando, ogni volta che viene introdotto un nuovo personaggio, ne sentiamo la storia narrata fuori campo in prima persona, fenomeno che si ripete non solo per i tre protagonisti principali, ma anche per altri decisamente secondari.
In fin dei conti, considerando il tipo di film, gli attori se la cavano. Forse sorprende in particolare The Rock, che è ottimo a interpetare il "gigante buono" convertito al cristianesimo (non che questo gli impedisca poi di darsi alla cocaina), anche se in effetti bisognerebbe aspettarsi buone capacità recitative da un wrestler. Mi ha fatto invece un effetto strano vedere Shalhoub, che appunto ricordo in Monk (nonostante compaia anche in molti film come Gattaca, Galaxy Quest, Men in Black) come paranoico, insicuro, spaurito, comportarsi qui da perfetto stronzo prepotente, ma la sua interpretazione è più che valida. Nonostante qualche perplessità iniziale, quindi, posso dire che alla fine ritengo Pain and Gain un film all'altezza delle sue aspettative, buono da vedersi in casa con una pizza e qualche amico... che poi è la definizione del Coppi Club.
In fin dei conti, considerando il tipo di film, gli attori se la cavano. Forse sorprende in particolare The Rock, che è ottimo a interpetare il "gigante buono" convertito al cristianesimo (non che questo gli impedisca poi di darsi alla cocaina), anche se in effetti bisognerebbe aspettarsi buone capacità recitative da un wrestler. Mi ha fatto invece un effetto strano vedere Shalhoub, che appunto ricordo in Monk (nonostante compaia anche in molti film come Gattaca, Galaxy Quest, Men in Black) come paranoico, insicuro, spaurito, comportarsi qui da perfetto stronzo prepotente, ma la sua interpretazione è più che valida. Nonostante qualche perplessità iniziale, quindi, posso dire che alla fine ritengo Pain and Gain un film all'altezza delle sue aspettative, buono da vedersi in casa con una pizza e qualche amico... che poi è la definizione del Coppi Club.
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