Cosa ci si aspetta da un gangster movie? Boh, facendo un elenco così di getto: azione, cinismo, spacconerie, spari, cazzotti, mutilazioni, personaggi italoamericani. Cosa non ci si aspetta da un gangster movie? Lunghi, estenuanti dialoghi. Noia. Anche di un film che non mi era piaciuto come Gangster Squad non posso dire che mi ha annoiato. Questo Killing Them Softly (aka Cogan) invece, ossignoregesù...
La trama si esaurisce in poche battute: due bulletti squattrinati che hanno bisogno di fondi per droga e puttane organizzano una rapina a una partita clandestina di poker. Questo fa incazzare la malavita locale, e così i capoclan assoldano un investigatore/killer (Brad Pitt) per scovare ed eliminare i responsabili. Giusto per mettere le cose in chiaro, come solo loro sanno fare. Va bene, a partire da qui possono succedere cose interessanti, e la prima parte in effetti stuzzica, con le battute scazzone della coppia di squattrinati e le prime drammatiche e realistiche della rapina. Dopo quest'iperbole d'azione però il film precipita, in pratica proprio con l'arrivo di Pitt, in un vortice di discorsi su discorsi su discorsi, che se da una parte sono utili a far capire qualcosa sul funzionamento del sistema di fiducia/credibilità della mafia, dall'altro annacquano terribilmente la storia. Anche perché da argomenti inerenti la malavita si passa poi a divagazioni completamente fuori luogo, in particolare quando a parlare è il personaggio interpretato da Gandolfini, che pur bravo non fa che sbrodolare della sua ex moglie e di una prostituta di cui si è innamorato. Alla fine è Brady a sistemare le cose, non dopo un'interminabile sequela di blateramenti da parte di tutti coloro che appaiono sullo schermo.
Insomma, non so quale dovesse essere il messaggio del film. Ma il regista sembra così impegnato a farci capire che esiste un messaggio che si perde di vista tutto il resto. Certo ci saranno sicuramente da considerare delle precise scelte di regia e virtuosismi fotografici, ma lo spettatore medio (tra cui io stesso) ci si gratta. Perché un conto è girare qualcosa come Cosmopolis, che è sì dialogato e claustrofobico, ma ha anche un che di metafisico e surreale. Lo stesso modello non si può applicare a un film sulla mafia, perché... allora non stai facendo un film sulla mafia. È un po' come se fare un programma di cucina, ma inquadrando solo il volto dello chef, non so se mi spiego: certo, lo puoi fare, e te che lo stai girando sai cosa succede, ma cosa vuoi che ne capisca il pubblico?
Questo non toglie le buone interpretazioni di quasi tutti gli attori, dallo stesso Pitt al già citato Gandolfini, da Ray Liotta ai due ragazzotti che non so chi siano. Purtroppo però questo non basta a dare consistenza a un film che sembra girare su se stesso, pur muovendosi in un ambiente che offrirebbe centinaia di spunti validi per qualcosa di corposo e originale.
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