Non ripeto qui la premessa che ho fatto in occasione del primo post "dal libro al film", e vi rimando ad esso (che trattava The Prestige) per il disclaimer d'occasione sul paragone tra libri e film. Possiamo quindi procedere direttamente ad affrontare il libro in questione e il film da esso tratti. In questo caso si tratta di opere forse non universalmente note, ma che nel loro settore sono considerate dei classici. Breve storia per chiarire l'argomento.
Fiori per Algernon è un racconto del 1958, successivamente ampliato in romanzo nel 1966, scritto da Daniel Keyes, autore di fantascienza non troppo prolifico, ma che con questo suo lavoro ha segnato indelebilmente il genere. Il racconto, scritto in forma di diario, segue la storia di Charlie Gordon, un ritardato che viene sottoposto a un eseperimento per l'aumento delle facoltà mentali. La tecnica funziona in pieno, e gradualmente Charlie diventa non solo una persona "normale" (in termini di QI), ma un vero e proprio genio. Naturalmente questo comporta alcuni decisivi stravolgimenti nella sua vita, e buona parte della storia verte proprio sul confrontro tra la vita da "stupido" e quella da "intelligente". Pur trattandosi di fantascienza, Fiori per Algernon è un esempio di quel sottogenere cosiddetto "umanistico", in cui non sono tanto le tecnologie e la specualzione futurologica ad essere il nucleo centrale, quanto l'impatto a livello personale (intellettivo ed emotivo) sull'uomo di situazioni estreme, come può esserlo appunto un aumento massiccio dell'intelligenza. Due anni dopo l'uscita del romanzo (nel quale l'autore, riprendendo essenzialmente la storia del libro, amplia alcune sezioni sui rapporti del protagonista con la sua famiglia), è stato diffuso il film Charly (in Italia: I due mondi di Charly), interprato da Cliff Robertson, che ha vinto per questa performanche l'Oscar come miglior attore.
Il tema dell'aumento dell'intelligenza è uno dei più diffusi nella fantascienza, anche se forse si può pensare che lo sia diventato in particolare dopo l'uscita di questa storia. Anche in opere moderne e di vario genere si ritrova questa idea di base: film come Limitless, l'episodio Overclockwise in Futurama e anche HOMR ne I Simpson (quest'ultimo in particolare ha anche altre affinità nello sviluppo e nell'epilogo della storia). L'argomento risulta sempre sitmolante e affascinante, perché ponte all'attenzione un problema complesso che da sempre ogni persona si è trovata ad affrontare, ovvero la scelta tra ragione e sentimento, intelletto e felicità. Questo perché, di fatto, la vita di Charlie (e degli altri protagonisti di storie simili) non migliora una volta acquisite maggiori facoltà mentali. Anzi, una maggior capacità di comprensione sembra condurre solo a una maggior concentrazione di problemi da risolvere, così come la realizzazione del proprio precedente stato di ottusità causa frustrazione e sconforto. Insomma, in generale pare che il messaggio sia "beata ignoranza". Ma Fiori per Algernon non si ferma a questo. Il libro infatti non tratta solo l'aumento dell'intelligenza, ma si sofferma anche a mostrare come la dimensione emotiva del protagonista si faccia più complessa e sfaccettata, come i desideri e le pulsioni entrino in contraddizione, come i traumi passati e presenti vengono rielaborati alla luce delle nuove facoltà, incidendo profondamente sulla personalità del protagonista. Da questo punto di vista, si tratta sicuramente della storia più completa su questo tema, al punto che qualunque storia simile scritta in seguito non può ch essere una sua riproposizione.
Il film, che riprende il progetto di una miniserie televisiva di alcuni anni prima, anch'essa interpretata da Cliff Robertson (che ne aveva poi acquistato i diritti), riesce, pur in modo diverso dal libro, a rendere evidente il cambiamento che avviene in Charlie. Se infatti nel racconto leggevamo il diario del ragazzo, in cui si notava il progressivo miglioramento della scrittura, con una crescente complessità di frasi, lessico e punteggiatura, nel film è l'interpretazione di Robertson a passare da quella di un ingenuo baccellone a un uomo serio e sicuro di sé, per quanto tormentato interiormente. Il cambiamento è notevole, e verso la fine, quando il Charlie-genio rivede alcune immagini di se stesso nella sua condizione di ritardato, il confronto è palese e sconvolgente. Il cambiamento è però così naturale che (al pari del libro), non ci si rende conto che sta avvenendo finché non appunto non si paragonano direttamente i due differenti stati. A questo proposito, si dice che ogni attore ha una sola possibilità di interpretare un personaggio con un ritardo mentale, e che dalla sua prestaizone si decide se sia un bravo attore o uno mediocre (pensate a Tom Hank, Dustin Hoffman...): in questo caso, Robertson si è sicuramente dimostrato un eccellente professionista.
I punti di contatti tra libro e film sono molto stabili, in particolare nelle fasi iniziali in cui viene mostrata la vita di Charlie e i primi test a cui viene sottoposto, prima dell'esperimento vero e proprio. Anche le fasi immeidatamente successive, quando Charlie raggiunge un QI nella media, e diventa quindi intelligente quanto i suoi colleghi del pastificio, sono resi in maniera molto efficace, soprattutto quando i colleghi iniziano a mostrare i primi segni di animosità nei confronti di quello che finora era stato il loro scemo del villaggio. Qualche differenza si ha in seguito, quando Charlie, più che normodotato, inizia a instaurare una relazione con la dottoressa Kinnian, la sua giovane insegnante. Nel libro questo sentimento era presente, ma forse non predominante rispetto ad altri, come (almeno nel romanzo) la ricerca dei genitori, e l'autoanalisi di progressi ed effetti della terapia per l'aumento dell'intelligenza. Nel film, cedendo probabilmente ad esigenze di mercato, la componente sentimentale viene esaltata maggiormente, tanto che nelle locandine dell'epoca Charly viene presentato principalmente come una storia d'amore. Anche le fasi finali sono meno approfondite nella versione cinematografica, e (cercando di non spoilerare troppo) si assiste alla relizzazione da parte di Charlie del suo destino, che però non si vede compiere, come invece avveniva nel diario scritto da Keyes. Si può quindi dire che il film riproduce in modo abbastanza fedele la storia originale, e sicuramente riesce a coglierne quelli che sono i temi di fondo, pur spostando in seguito l'attenzione su aspetti particolari, che nel racconto erano presenti ma non determinanti. Charly rimane comunque un'opera del tutto valida, ben realizzata e adatta a qualsiasi pubblico, così com Fiori per Algernon pur essendo classificato nella categoria "fantascienza" è una storia accessibile a chiunque, e commovente come poche (parole che mi sono state dette da persone che non avevano mai sentito nominare Robert Heinlein, garantisco).
A questo punto, se avete letto tutto, e siete riusciti a non chiedervi chi sia questo "Algernon" del titolo, mi pare giusto rivelarvi che non si tratta del professore che esegue l'operazione su Charlie, né di suo padre, né del suo amico immaginario, né di una divinità norrena al quale vengono compiute offerte floreali. Algernon è un topo. Quale ruolo abbia all'interno della storia, credo che dovrete scoprirlo da soli.
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