Non so se esiste una definizione precisa per quel genere di film azione/thriller con un mistero arzigogolato alla base e una serie di situazioni paradossali, grottesche, e tanto dark humor. Mi riferisco a roba come The Snatch, Slevin, In Bruges, e anche se in senso quasi parodistico Hot Fuzz. Dico che non so se ha una definizione perché se la conoscessi userei direttamente quella come chiave di ricerca per nuovi film da guardare. Infatti questo è l'unico sottogenere della famiglia "azione" che mi convince davvero, perché spesso i film seri si perdono troppo dietro l'idea di voler essere drammatici e cupi, finendo per cadere nel banale o anche nel ridicolo.
In questo film abbiamo un Robert Downey Jr. che interpreta il classico personaggio da RDJ: nichilista, opportunista, ladro (di professione). Trovandosi per caso a essere un attore, viene convinto dal suo agente ad affiancarsi a un detective (Val Kilmer) per capirne i metodi ed "entrare nella parte", salvo poi rimanere in effetti invischiato in una serie di omicidi, aggressioni e inseguimenti che nonostante gli sforzi per farsi da parte continuano a inseguire i due, e la appena ritrovata amore adolescenziale del protagonista. Senza entrare nei dettagli, che è gustoso scoprire seguendo la storia, si può dire che tutto funziona bene, e anche se la soluzione non è propriamente intuitiva, non si può ritenere che sia stata forzata (come invece era il caso della settimana scorsa). Non c'è nemmeno un vero e proprio lieto fine, e in effetti neanche una chiusura "poetica" della vicenda, con l'ultimo colpevole che ottiene quello che si merita, e in questo si vede di nuovo come la trama sia stata costruita coi piedi ben piantati per terra.
A livello di struttura, la storia punta tanto sull'humor nero, di cui RDJ è il soggetto principale, essendo un detective improvvisato che non sa come muoversi nel mondo dei delitti, mentre Val Kilmer, in quanto professionsita serio ma gay, si presta per squisite battute omofobe. Questo però non fa passare in secondo piano lo sviluppo della vicenda, che rimane sempre coerente. C'è anche da registrare un'interessante infrazione del quarto muro, in particolare all'inizio del film, quando RDJ si rivolge in prima persona al pubblico, e non lo fa solo da narratore esterno, ma proprio da attore che sta per mostrare il film in cui ha recitato. All'inizio la cosa è spiazzante, ma aiuta a focalizzare l'attenzione, e ci se ne dimentica per il resto del film... fino a quando la cosa non si ripete per l'ultima scena.
Film come questo riescono a dimostrare come per creare una storia convincente non sia necessario andarsi a inventare chissà quali storie complesse e altissime poste in gioco: bastano le aspirazioni di pochi personaggi centrali, ben calibrate per incrociarsi e definire un percorso anche non lineare ma solido.
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