Quell'antipatico del protagonista

Una decina di giorni fa è uscita sul blog "Tutto bene nella mia testa" una recensione di DTS che si muove a partire dallo slogan "Dorian Berti ti disprezza!" Nel post si evidenzia come Dorian, protagonista del mio romanzo, sia alla fine dei conti un personaggio odioso, irritante, detestabile. Leggendo questa breve recensione mi sono fatto una risata (perché, dai, è divertente), però poi mi è venuto da riflettere. A parte il caso specifico, che non credo sia il caso di approfondire, mi sono detto: "Beh, è vero, forse Dorian è un po' antipatico. Ma il protagonista di una storia deve per forza essere simpatico?"

Ho quindi ripercorso mentalmente alcune delle ultime letture e ho trovato che, in realtà, di protagonisti che potessi considerare a me simpatici ce n'erano davvero pochi.  Certo, influiscono molto il genere e il tono della storia che si legge, ma a ben pensarci la simpatia non è un requisito essenziale per il protagonista di una storia.

Precisazione: con "simpatia" non itendo gigioneria, non mi riferisco a un personaggio che fa battute, interpreta sketch e lancia strizzatine d'occhio al lettore. In effetti ne esistono anche di simili (ad esempio ne L'uomo di Marte, giusto per citare l'esempio più recente che mi viene), ma non è quello di cui sto parlando. La simpatia in questo senso è intesa come l'instaurarsi di un rapporto positivo tra lettore e personaggio, l'emergere di una volontà condivisa, un sostegno riversato dall'esterno all'interno del libro. Il protagonista di una storia deve possedere questo requisito? Deve ricevere il sostegno del lettore?

Personalmente, anche riesaminando le mie letture (e in particolare alcune di quelle che mi sono rimaste di più impresse), credo che non sia così. Non necessariamente, almeno. Faccio giusto un esempio, attigendo appunto a una saga che ho amato tanto: Roland di Gilead, il pistolero protagonista della saga della Torre Nera di Stephen King. Roland è testardo al limite dell'ottuso, è veloce di mano ma non altrettanto di testa, e a volte terribilmente ingenuo. In tante occasioni avrei voluto prenderlo a schiaffi e dirgli "Ahò, ma che stai a fà!?" Ciò non di meno, Roland di Gilead è un eroe, e la sua è una grande storia. 

Naturalmente la cosa vale anche al di fuori della narrativa, e si può applicare anche a film e videogame. Caden di Synecdoche New York è morboso ed egocentrico, e scivola sempre più verso il patetico. Anche Tim, il protagonista di Braid, non fa nulla per risultare simpatico, e una volta che la sua storia viene rivelata, anzi, lo si può apertamente disprezzare. Eppure continuano anche loro a essere degli eroi, e la loro è una grande storia.

Un discorso simile riesco ad applicarlo a posteriori a molti dei protagonisti delle mie storie preferite. E, prendendo l'argomento dalla direzione opposta, anche ai protagonisti delle mie storie, quelle che scrivo. La simpatia nei confronti dei miei protagonisti, anzi, credo sia l'eccezione. Quindi sto sbagliando tutto? Leggo i libri sbagliati e scrivo storie mal concepite?

No, non lo penso affatto. E la spiegazione non sta nel fatto che il protagonista di una storia può avere un suo fascino anche quando è cattivo, negativo, repellente: un anti-eroe è comunque un eroe (questa anzi è una scappatoia per farlo risultare simpatico, perché è più facile tifare per il bullo piuttosto che per il secchione). Il punto è che il protagonista deve evocare nel lettore empatia, non simpatia.

Il protagonista (l'eroe), si muove in base a un suo personale schema di valori, che può essere reso più o meno esplicitamente, ma deve comunque essere percepibile. E in base a tali valori, il lettore deve essere in grado di comprendere le sue azioni e condividerle, anche quando non sono le stesse che lui compirebbe, anche quando vanno contro la logica e il senso comune e la strizzata d'occhio. Questo, a mio avviso, è quanto si richiede al protagonista di una storia, ed è ciò che ne determina la riuscita o il fallimento agli occhi del lettore.

Roland di Gilead può essere uno stronzo e un arrogante, ma agisce in accordo ai suoi propositi, fa ciò che un pistolero dovrebbe fare. Caden Cotard porta fino all'estremo la sua incapacità di accettare il mondo, ma persevera nella sua illusione di controllo. Tim è egocentrico e ossessivo, ma fa quello che è necessario per imparare qualcosa su se stesso. E anche Dorian Berti fa quello che, se io fossi stato Dorian Berti, avrei fatto. Non è quindi un problema se Dorian vi disprezza e se il sentimento è reciproco da parte vostra, l'importante è che capiate perché Dorian fa quello che fa. E lo stesso per tutti gli altri eroi di cui leggete ogni giorno. Credo che questo sia in assoluto l'esercizio più importante a cui la narrativa deve abituarci, quello di insegnarci a mutare il nostro PoV e adattarlo a quello di un altro personaggio diverso da noi, per quanto odioso e antitetico al nostro sia.

Se un autore riesce a ottenere questo, allora può usare come protagonista anche Hitler, Gengis Khan e Vlad III Draculia. Passeranno comunque alla storia come eroi.

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