Coppi Night 06/09/2015 - Il gigante di ferro

Torniamo a parlare di film d'animazione, stavolta non con l'ultimo arrivato ma con uno che nel giro di pochi anni è diventato un vero classico. Personalmente l'ho scoperto piuttosto tardi, infatti l'ho visto per la prima volta appena un anno fa, e pur accostandomi con una certa diffidenza (mi viene naturale quando guardo film che sono universalmente osannati) ne sono rimasto comunque estasiato, e ho iniziato a proporlo più volte per il Coppi Club, riuscendo solo adesso a farlo vedere a tutto il gruppo.

Il gigante di ferro, tutto sommato, non ha niente di originale. La storia è per tre quarti E.T. e per il resto Rocky IV. Si tratta in fondo di una fiaba, ma intendendo il termine nel senso buono, una storia semplice che procede esattamente come si penserebbe cercando di insegnare qualcosa. E a mio avviso ci riesce.

Uno degli elementi chiave di questa riuscita a mio avviso è l'ambientazione: la storia si svolge nei primi anni 50, in un paesino americano: un'epoca e un luogo in cui la paura della Bomba, il desiderio primeggiare nel mondo e il bisogno di un nemico erano i sentimenti principali ad animare la nazione (o almeno così quel periodo è passato alla storia, quindi che fosse davvero così o no non importa a posteriori). In questo contesto l'arrivo di un GIGANTESCO ROBOT dallo spazio fa da catalizzatore per le reazioni più viscerali, che per comodità di narrazione sono concentrate tutte in un solo personaggio, l'agente del governo sulle tracce del Gigante.

Ed è qui che i temi principali del film si incastrano perfettamente, perché se da una parte l'amicizia tra il robot e il bambino porta avanti il messaggio di pace al di là dell'aspetto e delle origini (appunto, siamo dalle parti di E.T.), dall'altra c'è anche la ricerca di uno scopo, di qualcosa che definisca se stessi, e questo è vero tanto per il Gigante quanto per il "cattivo". La cosa interessante, e che nella parte finale differenzia (e rende molto più intenso) questo film rispetto ad E.T. è che il Gigante è effettivamente pericoloso, è indubbiamente stato concepito come arma, e questa sua natura giustifica in parte le ragioni di chi vorrebbe distruggerlo.

Altro dettaglio determinante è che [spoiler!] la redenzione finale del robot non avviene grazie alla "forza dell'amore" che in tanti film (non sto parando di cartoni, dico proprio film includendo tutti i prodotti "per adulti") costituisce il deus ex machina finale, ma qualcosa di più profondo, quel principio di autodeterminazione che fa pensare al Gigante di voler essere Superman. Sei chi scegli di essere, e anche se sei una macchina distruttrice in grado di cancellare la vita sul pianeta, puoi essere un eroe.

Un discorso a parte andrebbe fatto per l'animazione e il disegno di questo film. Purtropo non ho le competenze adatte per poter descrivere il tratto e lo stile, ma una parte del valore sta sicuramente anche in questo. I disegni sono particolari, spigolosi e contrastati, e riescono in qualche modo a rendere bene l'atmosfera dell'epoca, dando un senso complessivo di "maturità" al film. Il gigante di ferro disegnato come Il re leone non sarebbe stato lo stesso (e ho comunque citato un altro ottimo film).

Concludo con il sollievo di aver visto questo film in compagnia dopo averlo già visto per conto mio, perché sarebbe stato piuttosto imbarazzante trovarmi a piangere alla fine come è successo la prima volta che l'ho visto.

Nessun commento:

Posta un commento